IL COMITATO INTERMINISTERIALE
PER LE POLITICHE DEL MARE
Nella seduta del 31 luglio 2023
Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina
dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del
Consiglio dei ministri» e successive modificazioni ed integrazioni;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante
«Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della
legge 15 marzo 1997, n. 59» e successive modificazioni ed
integrazioni;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante
«Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma
dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59», e successive
modificazioni;
Visto il decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con
modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, recante
«Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei
Ministeri», e, in particolare, l'art. 12 recante «Funzioni in materia
di coordinamento delle politiche del mare e istituzione del Comitato
interministeriale per le politiche del mare»;
Visto, altresi', il comma 11 del predetto art. 12 del decreto-legge
11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge
16 dicembre 2022, n. 204, il quale prevede che la Presidenza del
Consiglio dei ministri assicura il supporto tecnico e organizzativo
alle attivita' del Comitato interministeriale per le politiche del
mare, anche mediante il ricorso ad esperti;
Visto il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, recante
«Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi» e, in
particolare, l'art. 20 recante «Proroga di termini in materia di
politiche per il mare»;
Visti i decreti del Presidente della Repubblica in data 21 ottobre
2022 di costituzione del nuovo Governo;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 21 ottobre
2022 con il quale il Sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' stato
nominato Ministro senza portafoglio;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data
10 novembre 2022, con il quale al Ministro senza portafoglio Sen.
Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' stato conferito l'incarico per
la protezione civile e le politiche del mare;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data
12 novembre 2022, con il quale al Ministro senza portafoglio sen.
Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' delegato l'esercizio delle
funzioni di coordinamento, indirizzo, promozione d'iniziative anche
normative, vigilanza e verifica, nonche' di ogni altra funzione
attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei
ministri in materia di protezione civile, superamento delle emergenze
e ricostruzione civile, nonche' per le politiche del mare;
Visto, in particolare, l'art. 4 del decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri in data 12 novembre 2022, con il quale al
Ministro senza portafoglio sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello,
sono state delegate la Presidenza del Comitato interministeriale per
le politiche del mare, l'adozione del regolamento interno del
medesimo Comitato e la trasmissione alle Camere della relazione
annuale sullo stato di attuazione del Piano del mare di cui all'art.
12, comma 3, del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito,
con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1°
ottobre 2012, recante «Ordinamento delle strutture generali della
Presidenza del Consiglio dei ministri»;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data
16 dicembre 2022 di istituzione della «Struttura di missione per le
politiche del mare»;
Visto il decreto del Ministro per la protezione civile e le
politiche del mare, dell'8 marzo 2023 recante il «Regolamento interno
del Comitato interministeriale di coordinamento delle Politiche del
mare»;
Visti i verbali delle sedute del Comitato interministeriale per le
politiche del mare del 29 marzo 2023 e del 28 giugno 2023;
Vista la nota 24 luglio 2023 n. 1564 di Convocazione della 3ª
seduta del Comitato interministeriale per le politiche del mare in
data 31 luglio 2023;
Sulla proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche
del mare;
Delibera:
Art. 1
1. Ai sensi dell'art. 12, comma 3, del decreto-legge 11 novembre
2022, n. 173, convertito con modificazioni dalla legge 16 dicembre
2022, n. 204, e' approvato il Piano del Mare per il triennio
2023-2025, allegato alla presente delibera, di cui costituisce parte
integrante.
Art. 2
1. Il Comitato interministeriale per le politiche del mare, con il
supporto della Struttura di Missione per le politiche del mare, di
cui all'art. 3 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16
dicembre 2022, effettua il monitoraggio sull'attuazione del Piano del
mare di cui all'art. 1 e provvede al suo aggiornamento annuale in
funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorita' indicate anche
in sede europea.
Art. 3
1. La presente delibera sara' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica italiana.
Il Presidente: Musumeci
Il segretario: Perego Di Cremnago
Presidenza del Consiglio dei Ministri
MINISTRO PER LA PROTEZIONE CIVILE E LE POLITICHE DEL MARE
PIANO DEL MARE
Redatto ai sensi dell'art. 12
del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173
2023
Indice
1. INTRODUZIONE
2. DIRETTRICI
2.1 SPAZI MARITTIMI
2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo
2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale
2.1.3 Proclamazione della Zona contigua
2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva
2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale
2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo
2.2 ROTTE COMMERCIALI
2.2 ROTTE COMMERCIALI
2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori
2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori
2.2.3 Il trasporto merci in contenitore
2.2.4 Le autostrade del mare
2.2.5 La navigazione costiera di prodotti industriali e
petrolchimici
2.2.6 Le crociere
2.2.7 Il general cargo
2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche
2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo
2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di
protezione e sviluppo dei servizi marittimi
2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di
protezione e sviluppo dei servizi marittimi
2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore
2.2.10.b La semplificazione della normativa nazionale di
settore
2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima
2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica
2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore
della "blue economy"
2.3 I PORTI
2.3 I PORTI
2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo
2.3.2 Le reti ten-t
2.3.3 I bacini portuali
2.3.4 Le aree retro-portuali e l'interazione con i c.d.
"dry-ports"
2.3.5 Le Zes e le Zls
2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione
2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale
2.3.8 I dragaggi portuali
2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria
2.3.10 La transizione energetica nei porti
2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors"
2.3.12 Le autorita' di sistema portuale
2.3.13 I servizi di deposito e distribuzione dei prodotti
energetici e a servizio della pesca
2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE
2.4.1 Fonti fossili
2.4.2 Fonti rinnovabili
2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE
2.5.1 Le regole europee
2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55"
2.5.3 La tassonomia europea
2.5.4 Le regole IMO
2.5.4 Le regole IMO
2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e sulla economia del
mare
2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione
2.5.6.a I carburanti navali attuali ed i carburanti low-carbon
e zero-carbon emergenti
2.5.6.b Il ruolo dei bio-fuel per accelerare la
decarbonizzazione dello shipping
2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel
2.5.6.d I servizi di ops
2.5.6.e La produzione dei carburanti
2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio
2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo
2.6 PESCA E ACQUACOLTURA
2.6.1 Pesca
2.6.2 Acquacoltura
2.7 CANTIERISTICA
2.7.1 Cantieristica mercantile
2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field"
2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione
2.7.2 Cantieristica nautica
2.7.2.a Design e concept innovativo
2.7.2.b Propulsione ed energie
2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0
2.7.3 Cantieristica militare
2.7.4 Innovazione tecnologica
2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE
2.9 LAVORO MARITTIMO
2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita
2.9.2 Collocamento della gente di mare
2.9.3 La formazione
2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi
2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare
2.9.6 Il lavoro portuale
2.9.7 Il lavoro nella pesca
2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare
2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE
2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini
2.10.2 Aree marine protette
2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI
2.11.1 L'ambiente subacqueo
2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini
2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine
2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee
2.11.5 Polo nazionale della subacquea
2.11.6 Autorita' nazionale per il controllo delle attivita'
subacquee
2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI
2.13 TURISMI DEL MARE
2.13.1 Promozione e internazionalizzazione
2.13.2 Competivita' fiscale, burocratica e nei sistemi di
controllo
2.13.3 Il crocierismo
2.13.4 Nautica da diporto
2.13.5 Portualita' turistica
2.13.6 Il sistema balneare
2.13.7 Turismo nautico
2.13.8 Turismo sportivo
2.13.9 Turismo ambientale
2.13.10 Altri turismi legati al mare
2.13.11 Formazione e lavoro
2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI
2.14.1 Impatti e misure di adattamento
2.14.2 Misure di mitigazione
2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE
2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE
2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027
2.15.2 Le ulteriori politiche per la crescita e la competitivita'
dell'area mediterranea
2.16 SICUREZZA
2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico
2.16.2 L'approccio alle sfide
3. CONCLUSIONI
4. APPENDICE
4. APPENDICE
1. INTRODUZIONE
Il presente documento viene elaborato e approvato con cadenza
triennale dal Comitato interministeriale per le politiche del mare
(Cipom), ai sensi dell'art 12 del decreto-legge 11 novembre 2022, n.
173, recante «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle
attribuzioni dei Ministeri», convertito, con modificazioni, dalla
legge 16 dicembre 2022, n. 204.
Ferme restando le relative competenze in materia delle singole
amministrazioni, il Piano del mare contiene gli indirizzi strategici
in tema di:
- tutela e valorizzazione della risorsa mare dal punto di vista
ecologico, ambientale, logistico, economico;
- valorizzazione economica del mare con particolare riferimento
all'archeologia subacquea, al turismo, alle iniziative a favore
della pesca e dell'acquacoltura e dello sfruttamento delle
risorse energetiche;
- valorizzazione delle vie del mare e sviluppo del sistema
portuale;
- promozione e coordinamento delle politiche volte al
miglioramento della continuita' territoriale da e per le isole,
al superamento degli svantaggi derivanti dalla condizione
insulare e alla valorizzazione delle economie delle isole
minori;
- promozione del sistema-mare nazionale a livello internazionale,
in coerenza con le linee di indirizzo strategico in materia di
promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane;
- valorizzazione del demanio marittimo, con particolare
riferimento alle concessioni demaniali marittime per finalita'
turistico-ricreative.
- valorizzazione del demanio marittimo, con particolare
riferimento alle concessioni demaniali marittime per finalita'
turistico-ricreative.
Premessa indispensabile per delineare le politiche del mare, visto
come "sistema mare" nel suo complesso, e' la definizione degli
interessi marittimi nazionali, anche in relazione alla strategia di
sicurezza e difesa. Cio' richiede un'analisi delle competenze e degli
spazi geografici d'interesse, attraverso un approccio omnicomprensivo
e trasversale che valorizzi gli attori "tutelati", assieme a quelli
"tutelanti". L'Italia e' una media potenza regionale a forte
connotazione marittima, che basa la sua economia di trasformazione
sulla gestione dinamica dell'importazione di energia e materie prime
e dell'esportazione di prodotti finiti, cosa che avviene massimamente
via mare.
La marittimita' accomuna, dunque, numerosi "Utenti del Mare"1
pubblici e privati, che devono operare assieme in sinergia e
sicurezza, sia nel contesto interno sia in quello internazionale.
Il fine e' ritrovare nel mare la naturale risorsa e dimensione di
crescita per l'Italia; il metodo consiste nello stimolare da un lato
il progresso delle imprese e delle competenze marittime nazionali e
dall'altro nel garantire un uso libero, sicuro e sostenibile del
mare, tutelando la sua ricca biodiversita' e agendo al contempo a
beneficio dell'Italia e della Comunita' internazionale, passando
anche da una "crescita blu" ad una economia del mare sostenibile2 .
Nel mondo, il 90% del traffico merci viaggia via mare3 , il 99% del
traffico dati transita nelle dorsali sottomarine4 e il trasporto
marittimo e' sei volte meno inquinante di quello su gomma5 .
A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 , evidenzia
che il valore aggiunto lordo (VAL) dei settori consolidati della
"blue economy" nel 2020 e' stato di 129,1 miliardi di EUR
(contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un fatturato
complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di 3,34 milioni
di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27).
A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 , evidenzia
che il valore aggiunto lordo (VAL) dei settori consolidati della
"blue economy" nel 2020 e' stato di 129,1 miliardi di EUR
(contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un fatturato
complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di 3,34 milioni
di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27).
Parte di provvedimento in formato grafico
L'Italia rispetto agli altri Paesi europei, sia in termini di
occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The EU Blue
Economy Report 2023» rimane terza.
L'Italia rispetto agli altri Paesi europei, sia in termini di
occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The EU Blue
Economy Report 2023» rimane terza.
Parte di provvedimento in formato grafico
A livello nazionale, dall'«XI Rapporto Nazionale sull'Economia del
Mare»7 emerge che l'Italia, considerando anche la componente
indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, quasi il 9% del
complesso del valore aggiunto prodotto, con circa 914 mila persone
direttamente coinvolte con 228.190 imprese con un'incidenza del 3,8%
sul totale economia.
Una misura della capacita' di attivare sviluppo, ci e' data dal
valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo complesso e'
pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue economy"
se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende a
1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale.
Una misura della capacita' di attivare sviluppo, ci e' data dal
valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo complesso e'
pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue economy"
se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende a
1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale.
Parte di provvedimento in formato grafico
L'Italia con oltre 8.000 Km di costa, 15 Regioni che affacciano sul
mare, un importante sistema marittimo insulare e con ben 29 Aree
Marine Protette, si qualifica naturalmente come Nazione marittima al
centro del Mediterraneo, dove si sviluppa il flusso di rotte che
collegano l'Indo-Pacifico all'Oceano Atlantico e all'Europa.
In questo piccolo "Medioceano" - appena l'1% della superficie acquea
del pianeta - scorrono il 65% degli approvvigionamenti energetici
europei8 il 35% del traffico di greggio9 . L'Italia rappresenta,
quindi, il porto "naturale" d'accesso all'Europa.
L'Italia possiede la prima flotta di navi Ro-Ro del mondo ed e' la
prima in Europa per valori occupazionali nel settore del trasporto
marittimo. L'industria cantieristica nazionale primeggia nel mondo
nelle costruzioni delle navi da crociera, di quelle militari e nella
nautica da diporto.
Il comparto turistico rappresenta un elemento propulsivo
dell'economia nazionale.
La pesca, diffusa lungo tutte le coste italiane, riveste un ruolo
sociale ed ambientale di primo piano e, unitamente all'acquacoltura,
pesa nelle politiche alimentari della Nazione. Essa, tra l'altro, e'
anche materia di accordi internazionali per la gestione condivisa
delle attivita' di pesca nelle acque internazionali, dove le risorse
sono condivise.
Di particolare importanza sono altresi' le attivita' legate alla
sicurezza dove sono riconosciute in tutto il mondo le nostre
capacita' tecnologiche e industriali.
Inoltre, la dimensione subacquea e l'utilizzo delle risorse
geologiche dei fondali rappresentano alcune delle nuove frontiere in
cui l'Italia e' protagonista.
Tutto questo, anche grazie al lavoro effettuato nell'ambito dello
studio e ricerca in tutti i settori legati al mare, in cui l'Italia
si distingue al livello europeo, mediterraneo e mondiale, intimamente
legato a quello della tutela dell'ambiente che coinvolge tutte le
filiere del mare.
Le linee di comunicazione marittime che si snodano dal Mediterraneo
verso gli Oceani rappresentano oggi la via commerciale piu'
conveniente per collegare il Medio e l'Estremo Oriente con le coste
orientali americane e l'Europa. Nel prossimo futuro, l'apertura delle
rotte artiche - rispetto alle quali si e' gia' iniziato a lavorare in
ambito International Maritime Organization (IMO) con l'adozione di
norme tecniche per la navigazione in acque polari - e' destinata a
definire nuovi equilibri, coi quali l'Italia e' chiamata a
confrontarsi.
Le principali rotte commerciali scorrono attraverso i passaggi
obbligati di Gibilterra, Suez, del Golfo di Guinea e del Corno
d'Africa, oltre a quello dello Stretto di Sicilia, sulla cui
sicurezza l'Italia avverte una naturale responsabilita'. Infatti, le
rotte commerciali rappresentano le sue arterie, sono vitali ai fini
della sua sopravvivenza perche' se venissero recise, o anche solo
parzialmente ostruite, la sua economia collasserebbe. Esse devono
essere quindi mantenute libere e sicure, alla stregua del territorio
nazionale.
Oltre all'asse commerciale Est-Ovest ve n'e' un altro
energetico-securitario Nord-Sud, lungo il quale si snodano i dotti
sottomarini e le dorsali di comunicazione subacquee giacenti sui
fondali del Mediterraneo, che connettono l'Europa all'Asia e
all'Africa. L'Italia rivendica, inoltre, dei significativi interessi
nel Mediterraneo Orientale, nel Golfo di Guinea e in Mozambico,
rappresentati dall'intraprendenza della nostra flotta peschereccia e
dagli investimenti per lo sfruttamento di giacimenti energetici.
Nonostante questi interessi siano particolarmente rilevanti nell'area
del "Mediterraneo allargato"10 , essi hanno carattere globale. Il
mondo oggi non si misura piu' secondo la distanza geografica bensi'
secondo quella economica. Paesi ed aree di mare apparentemente
lontani sono in realta' economicamente vicini perche' influenzano
direttamente la nostra vita quotidiana. Circoscrivere lo sguardo alle
sole zone marittime di giurisdizione nazionale significa limitare
l'orizzonte delle opportunita' e disconoscere l'ampiezza delle
responsabilita' nazionali.
In sintesi, l'Italia intende disciplinare il "sistema-mare" in
maniera dedicata, abilitante e con un'unica visione d'insieme,
rafforzando il proprio ruolo nell'ambito del contesto internazionale.
2. DIRETTRICI
2.1 SPAZI MARITTIMI
2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo
La crescente domanda e la sempre piu' consistente esigenza di
sfruttamento di risorse marine, mediante l'estrazione di quelle
minerarie ed energetiche, la produzione di energia da fonti
rinnovabili, il trasporto marittimo, lo sfruttamento delle risorse
alieutiche, il turismo, la ricerca scientifica e la necessita' di
preservare gli ecosistemi e l'ambiente, hanno indotto l'Unione
Europea ad elaborare un'apposita strategia per la "governance"
nell'ambito della politica marittima integrata, la quale stabilisce
principi comuni per gli Stati membri per conseguire una crescita
sostenibile della blue economy. A tale scopo, i «Piani di gestione
dello spazio marittimo», che trovano il loro fondamento normativo
nella Direttiva UE 23 luglio 2014, n. 89 poi recepita nel nostro
ordinamento con il d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, hanno come
principale finalita' quella di «promuovere la crescita sostenibile
delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e
l'uso sostenibile delle risorse marine, assicurando la protezione
dell'ambiente marino e costiero mediante l'applicazione
dell'approccio ecosistemico, tenendo conto delle interazioni
terra-mare e del rafforzamento della cooperazione transfrontaliera,
in conformita' alle pertinenti disposizioni della Convenzione delle
Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) [.]».
Tali Piani, nell'ambito delle varie aree marine, opportunamente
definite, individuano specifiche "zone", in riferimento alle quali
vengono determinati i tipi di uso del mare prevalenti a livello
spaziale e temporale; per ciascuna "zona" vengono altresi' fornite
misure, raccomandazioni e indirizzi per lo svolgimento delle citate
attivita'. La pianificazione dello spazio marittimo, pertanto, ha lo
scopo di promuovere un processo pubblico trasversale alle
amministrazioni, diretto ad analizzare e organizzare la distribuzione
spaziale e temporale delle attivita' antropiche nelle zone marittime
al fine di conseguire obiettivi economici, ambientali e sociali.
Quanto al presente "Piano del mare", esso si colloca quale strumento
di indirizzo politico e di coordinamento di un'unitaria strategia
marittima nazionale, anche attraverso la proposta di successivi
interventi normativi e/o amministrativi a cura dei Dicasteri titolari
delle funzioni amministrative, da programmare nell'ottica
dell'armonizzazione e della composizione tra i vari interessi
coinvolti nello sviluppo della "blue economy".
In estrema sintesi, pertanto, puo' affermarsi che mentre i "Piani di
gestione dello spazio marittimo" indicano la distribuzione
spazio-temporale degli usi, il "Piano del mare", nella prospettiva di
una "visione d'insieme" di come strutturare l'utilizzo del mare,
predispone gli indirizzi utili ex art. 12 d.l. 11 novembre 2022, n.
173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l.
16 dicembre 2022, n. 204, nonche' le azioni generali da intraprendere
per perseguimento degli obiettivi strategici piu' volte citati. In
ottemperanza alle scadenze previste dalla normativa unionale di cui
alla richiamata Direttiva UE n. 89 del 2014, sara' necessaria
un'accelerazione dei lavori per giungere alla definitiva approvazione
di detti strumenti pianificatori.
2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale
Il presente "Piano del mare", nella discendente fase attuativa,
dovra' tenere conto, sotto il profilo strategico della proiezione
marittima dell'Italia nei mari adiacenti alle coste nazionali, della
definizione delle aree marittime soggette o assoggettabili alla
giurisdizione nazionale. Si fa riferimento nello specifico alle acque
territoriali, alla zona contigua, alla piattaforma continentale e
alla Zona economica esclusiva (ZEE), nell'ambito delle quali aree vi
e' oggi l'esigenza di realizzare un regime giuridico adeguato al
mutato quadro delle relazioni internazionali, alle sfide geopolitiche
ed ai progressi della tecnica che dia piena applicazione alle
pertinenti norme della Convenzione di Montego Bay (UNCLOS).
2.1.3 Proclamazione della Zona contigua
A differenza del mare territoriale, che e' costituito ipso iure
secondo la UNCLOS, la "Zona contigua" deve essere formalmente
proclamata dallo Stato costiero; in assenza di tale proclamazione
ufficiale, pertanto, a legislazione vigente, la stessa non puo'
ritenersi istituita nel nostro ordinamento sebbene menzionata dal
d.lgs. 25 luglio 1998 n. 28611 , dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 4212
e dal d.m. 15 agosto 2017, senza tuttavia che ne siano stati fissati
i limiti spaziali e senza che siano state introdotte norme che
definiscano le attivita' vietate e le misure sanzionatorie,
preventive e repressive, adottabili dagli organi competenti in detta
"zona" di mare.
In tal senso, non appare piu' rinviabile la proclamazione della "zona
contigua" ex art. 33 della citata UNCLOS. A tal riguardo, e'
intenzione dell'Italia procedere mediante un intervento normativo di
definizione, anche spaziale, della "zona contigua" entro il 2024.
2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva
Inoltre, il mutevole quadro delle relazioni internazionali e delle
sfide geopolitiche contemporanee evidenziano, sempre piu', la
necessita' che l'Italia dia anche concreta attuazione alla recente
legge 14 giugno 2021, n. 9113 , con la quale e' «autorizzata
l'istituzione di una zona economica esclusiva» (ZEE), nella quale ai
sensi dell'art. 2 «l'Italia esercita i diritti sovrani attribuiti
dalle norme internazionali vigenti».
Ai sensi della UNCLOS (art. 56), nella ZEE lo Stato costiero gode di
diritti sovrani ai fini dell'esplorazione, dello sfruttamento, della
conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e/o
non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del
mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo. Esercita inoltre
la propria giurisdizione in particolare in materia di installazione e
utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture in mare, di
ricerca scientifica marina, di protezione e conservazione
dell'ambiente marino. L'estensione dei diritti sovrani dello Stato
nella ZEE consentira', in particolare, lo sfruttamento sostenibile
delle energie rinnovabili, incluso l'eolico e il fotovoltaico
offshore e la forza delle maree e delle correnti. Potra' inoltre
migliorare il controllo e la gestione dei giacimenti di idrocarburi
della sottostante piattaforma continentale, inclusi quelli condivisi
con Paesi vicini a cavallo delle linee di delimitazione.
Il semplice rinvio generico dell'art. 2 della sopra richiamata legge
n. 91 del 2021 alle «norme internazionali vigenti» richiedera' una
azione puntuale di definizione del regime regolamentare relativo alle
materie su cui si estendera' la giurisdizione nazionale, inclusa la
pesca in conformita' con le disposizioni pertinenti dell'Unione
Europea, la protezione ambientale, la ricerca scientifica, le energie
rinnovabili, le installazioni artificiali. Al riguardo, va
considerato che lo Stato irradia la sua sovranita', secondo i modi
stabiliti dall'UNCLOS, in zone di mare che rappresentano ad un tempo
patrimonio esclusivo della Nazione, ma anche aree che lo Stato ha
l'obbligo e la responsabilita' di preservare nell'interesse della
Comunita' internazionale per garantirne l'uso libero e sostenibile a
beneficio delle generazioni future.
L'esigenza di disciplinare le diverse attivita' negli spazi marittimi
e' particolarmente avvertita dagli operatori economici, che
necessitano di informazioni affidabili e durevoli nel tempo per
investire nelle loro iniziative imprenditoriali. L'esigenza di
certezza dei confini marittimi trascende gli spazi marittimi
nazionali, perche' gli operatori economici devono anche conoscere
quali spazi siano da considerare sottoposti alla giurisdizione di
altri Stati e quali rientrino invece nel regime dell'alto mare.
Per quanto sopra, l'Italia intende istituire anche parzialmente la
propria ZEE entro il 2024. Tenuto conto della conformazione
geografica del Mediterraneo, i limiti della ZEE italiana non potranno
estendersi fino alle 200 miglia dalle linee di base come indicato
dalla UNCLOS (art. 57), ma richiederanno, prioritariamente e in
conformita' con la legge n. 91 del 2021, una delimitazione concordata
dei suoi limiti esterni sulla base di accordi con gli Stati il cui
territorio e' adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more
della conclusione di tali accordi, tali limiti esterni potranno
essere stabiliti, in conformita' con la suddetta Legge, in maniera
unilaterale, senza comunque compromettere od ostacolare l'accordo
finale.
Detta istituzione consentirebbe, tra l'altro, l'estensione a tale
zona dell'ambito di applicazione della normativa sulla pianificazione
spaziale marittima di cui si e' gia' detto. Per questo, e' importante
e necessario uno sforzo sinergico tra tutte le amministrazioni
competenti nell'ambito del Cipom.
Considerato che il «Piano per la Transizione Energetica Sostenibile
delle Aree idonee» (PiTESAI), redatto ai sensi dell'art. 11-ter della
legge 11 febbraio 2019, n. 12 prevede, nella sua formulazione
attuale, la decisione di non aprire piu' in futuro nuove zone marine
alle ricerche di idrocarburi e di chiudere quelle attualmente aperte
alle ricerche per le quali non vi siano istanze, e' evidente che la
regolamentazione della giurisdizione esercitabile sulla ZEE non
comportera' effetti su tale previsione, stante la valenza prioritaria
dei principi di transizione verso la decarbonizzazione alla base di
tale decisione.
2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale
Connessa alla regolamentazione della ZEE e' la disciplina delle
attivita' che possono essere svolte sulla sottostante piattaforma
continentale, stante la contiguita' fisica e concettuale14 tra i due
differenti spazi marittimi i quali, a certe condizioni, possono anche
avere limiti spaziali coincidenti. Entro il 2024 si dovra' percio'
modificare l'ormai superata legge 21 luglio 1967, n. 61315 che reca
la disciplina delle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione
degli idrocarburi liquidi e gassosi nel sottofondo marino e che
risulta addirittura antecedente alla stessa UNCLOS. Tra l'altro, tra
le risorse naturali della piattaforma continentale vi sono anche
minerali, diversi dagli idrocarburi, come i noduli polimetallici, le
terre rare, le emissioni geotermiche il cui sfruttamento (auspicato
anche dall'Unione europea in una prospettiva di affrancamento dalle
importazioni di energia) e' parte integrante del processo di
conoscenza, valorizzazione e sorveglianza della dimensione subacquea
nazionale.
2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo
Infine, la UNCLOS all'art. 17 prevede, quale eccezione inizialmente
ammessa dalle norme consuetudinarie, il «diritto di passaggio
inoffensivo», alle condizioni dalla stessa prescritte, a favore delle
navi di tutti gli Stati: passaggio inoffensivo attraverso il mare
territoriale (16 ); il carattere dell'inoffensivita' richiede di non
compiere attivita' che possano arrecare «pregiudizio alla pace, al
buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero» (17 ). Al
riguardo, l'art. 21, comma 1, della UNCLOS definisce che «lo Stato
costiero puo' emanare leggi e regolamenti, conformemente alle
disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del diritto
internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il
proprio mare territoriale», con riferimento a specifiche materie
all'uopo elencate.
Pertanto, sebbene solo indirettamente riferibile alla portata ed
estensione delle aree marittime, come definite dalla UNCLOS, in
un'ottica strategica di preservazione dell'ordine e della sicurezza
nelle acque sottoposte alla sovranita' nazionale e alla connessa
protezione dell'integrita' territoriale, si intende emanare, entro un
breve/medio periodo, normative afferenti sia alle modalita' di
transito secondo le fattispecie ex art. 19 della Convenzione, ivi
incluso il regime del passaggio degli Stretti italiani, sia alla
disciplina di una o piu' delle materie elencate nel citato art. 21
della UNCLOS.
2.2 ROTTE COMMERCIALI
Il trasporto, in particolare quello marittimo, e' stato sempre
considerato un'attivita' strumentalmente funzionale al progresso
economico di una Nazione. In tal senso, puo' senz'altro dirsi che i
singoli segmenti che compongono una qualsivoglia attivita' di
trasporto, ancor piu' se marittima, contribuiscono a formare un vero
e proprio "sistema", che e' andato progressivamente evolvendo e che
comprende vie di comunicazione, infrastrutture e logistica dedicate e
mezzi di trasporto. Al riguardo, non puo' non rilevarsi come la
pandemia prima e il conflitto russo-ucraino dopo abbiano disvelato
una forte condizionalita' e vulnerabilita' di tutto cio' che ruota
attorno al commercio, in specie quello via mare, tanto piu' grave ove
si e' dovuto prendere atto dell'incapacita' di contenere, anche solo
geograficamente, determinati effetti negativi che producono, per loro
natura, incertezza, volatilita' e instabilita'.
Le ragioni sopra accennate concorrono a caratterizzare una rinnovata
e diversa fase del processo di globalizzazione nel cui contesto e'
destinata ad assumere nuova centralita', come gia' evidenziato,
l'area del Mediterraneo e vieppiu' del "Mediterraneo allargato".
Difatti, le dinamiche economiche e geopolitiche globali, i rapporti
di scambio piu' selettivi - in cui le ragioni economiche
dell'efficienza dovranno trovare un nuovo equilibrio con interessi di
natura piu' generale - stanno progressivamente restituendo all'intera
area mediterranea quel ruolo centrale che aveva avuto in un risalente
passato.
I fattori che determinano detta progressiva trasformazione sono senza
dubbio il recupero della importanza strategia del "near-shoring"
indotto dagli eventi di cui si e' accennato sopra, nonche' dal
disallineamento tra le grandi potenze produttive, nello specifico
Stati Uniti e Cina, dalle nuove alleanze strategiche,
dall'accorciamento delle catene produttive globali e dalla spinta al
raggiungimento di un adeguato livello di indipendenza dei Paesi
europei dalle fonti energetiche (gas, in primis) in favore delle
risorse energetiche provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo. In
questo contesto, l'area mediterranea e' destinata a trasformarsi
sempre piu' da semplice area di passaggio di merci dirette verso gli
USA o in Nord Europa a fulcro di una regione economica e politica di
crescente importanza strategica.
Ovviamente l'Italia - nello specifico mediante le sue rotte marittime
- dovrebbe avvantaggiarsi della sua posizione privilegiata in detto
un contesto globale cosi' ridisegnato, potendo svolgere un ruolo
decisivo nell'intera area mediterranea sfruttandone le opportunita'
che ne conseguono. Infatti, la sua posizione strategica la propongono
quale potenziale "piattaforma logistica", perfettamente funzionale ad
un contesto di riposizionamento e ridistribuzione dei flussi del
commercio internazionale. L'Italia, pertanto, deve cogliere
l'occasione per avvantaggiarsi dalla fase di attuale riallineamento
del processo di globalizzazione e della dinamica del "supply network"
che presuppone un parziale ritorno alla regionalizzazione degli
scambi commerciali, in specie di quelli via mare, da intendersi non
in senso deteriore, bensi' funzionalmente collegata alle nuove e
diramate filiere produttive, anche in funzione del suo posizionamento
strategico che la candida altresi' al ruolo di "hub logistico", oltre
che energetico, per i flussi commerciali tra Nord Africa ed Europa
continentale. Tra l'altro, in cio', l'Italia e' avvantaggiata dalla
circostanza di avere saputo sviluppare un'importante posizione di
preminenza nell'ambito del traffico marittimo a corto raggio (c.d.
"short sea shipping"): una modalita' di trasporto pienamente in linea
proprio con le esigenze del commercio marittimo regionale.
In tal senso, e' quindi necessario acquisire la consapevolezza che
oggi, e sempre di piu', le rotte marittime, come gia' evidenziato,
sono di interesse strategico nazionale e costituiscono vere e proprie
infrastrutture su cui si innestano interessi primari dello Stato. Non
si puo' prescindere, a livello generale, dalla condizione per cui dai
servizi di trasporto via mare dipendano sia gli approvvigionamenti
energetici nazionali e la tutela delle liberta' costituzionali dei
cittadini, sia la logistica a servizio della seconda manifattura
industriale europea. A livello locale, invece, da questo genere di
servizi dipende una larga parte delle attivita' turistiche costiere e
sulle isole.
L'efficienza di una rete trasportistica sul mare, nei porti e nella
logistica terrestre rappresenta un primario interesse nazionale. Per
conseguire un'efficienza competitiva accettabile, infatti, non basta
l'eliminazione del gap infrastrutturale ed il raggiungimento di un
buon livello dei servizi, ma serve una visione centralizzata ed
olistica del trasporto. Tutto questo senza dimenticare una necessaria
riduzione delle barriere burocratiche e una regolazione omogenea di
tutti i settori coinvolti.
Infine, occorre pensare al trasporto marittimo inserito in un sistema
che dovra': (i) tenere conto della transizione energetica e del suo
impatto sul costo del trasporto delle merci e delle persone; (ii)
essere ben raccordato ai sistemi di trasporto europei ed
internazionali, in particolare ai progetti di vicinato Mediterraneo18
e delle interconnessioni intra-regionali europee ed infine; (iii)
essere inteso nella sua accezione integrata (verticalmente) da e
verso le altre modalita' del transito, deposito e trasporto delle
merci, laddove tale modello di business abbia consolidato i traffici
e favorito gli investimenti.
Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori
I servizi di collegamento di linea con le isole maggiori sono da
sempre il presupposto per garantire la "continuita' territoriale",
oggi presidiata dall'articolo 119 della Costituzione. Sulle rotte
nazionali ed internazionali, infatti, sono attivi piu' di 130 servizi
A/R che generano oltre 570 partenze settimanali con oltre 1,33
milioni di metri lineari di capacita' di stiva netta a settimana sia
sui segmenti "Ro-Ro" sia "Ro-Pax". Valutando la statistica,
maggiormente attendibile, della fase ante-Covid, nel 2019 sono stati
oltre 17 milioni i passeggeri movimentati e piu' di 106 milioni le
tonnellate di merce movimentata nei porti collegati19 .
In questo contesto, si pone la necessita' di garantire un sistema
flessibile e non costoso del trasporto garantendo qualita' e
quantita' dei servizi a livello europeo. Sara' inoltre necessario
misurare e adeguatamente lenire gli effetti incrementali del costo
del trasporto determinati dall'entrata in vigore del regime previsto
dalla Direttiva UE 10 maggio 2023, n. 959 (c.d. regime "ETS")20 .
2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori
Sulle isole minori italiane21 , distribuite in sette Regioni
(Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna),
vivono stabilmente circa 220.000 residenti. Da cio' l'esigenza di
assicurare la "continuita' territoriale" alle popolazioni isolane
nonche' il diritto alla libera circolazione delle merci e delle
persone, senza dimenticare il vitale supporto al turismo che di
frequente rappresenta la piu' importante attivita' locale22 . Le
linee marittime interessate a questi servizi, classificati di "corto
raggio", riguardano - per lo piu' - servizi marittimi regolari
connotati da presenza di operatori di servizio pubblico e, in alcuni
casi, disciplinati da contratti di servizio pubblico23 .
I servizi esistenti coprono tutti i porti delle isole minori e il
mercato dei servizi di collegamento non e' spesso caratterizzato da
un notevole livello di concorrenza con gravi disagi nei mesi
autunnali ed invernali. Senza la realizzazione di importanti
interventi infrastrutturali nei punti di approdo, e' difficile
prevedere l'incremento di suddetti servizi sia nel numero di navi sia
nella dimensione dei vettori. Appare pertanto necessario prevedere
quantomeno una ricognizione complessiva, in ordine di priorita', dei
suddetti interventi infrastrutturali da realizzazione nei punti di
approdo. Saranno importanti altresi' i risultati del monitoraggio
puntuale dei servizi da e per le isole, avviato dal Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti (d'ora in poi anche MIT) al fine di
verificare la rispondenza dei servizi alle esigenze dei cittadini, le
dinamiche dei prezzi e la qualita' ed efficienza dei mezzi.
2.2.3 Il trasporto merci in contenitore
Questi servizi rappresentano la spina dorsale della globalizzazione,
posto che la produzione si e' da tempo concentrata in Asia mentre le
aree ove avviene il maggior consumo delle merci si trovano in America
ed in Europa. Il Mediterraneo concentra oltre il 20% del trasporto
marittimo mondiale e rappresenta una via privilegiata di transito per
i traffici containerizzati ove si concentra oltre il 27% dei servizi
di linea mondiali24 . Le strategie di "near-shoring" alle quali si e'
gia' accennato - che si ipotizzano accelerare nel prossimo decennio -
non sono destinate a ridurre il ruolo del trasporto di merce in
contenitori. Saranno verosimilmente riviste le catene di
approvvigionamento solamente per una serie di prodotti e per le aree
del mondo maggiormente favorite ad ospitare i nuovi insediamenti
industriali (area del Mediterraneo e del Golfo). Una strategia che
segnera' una crescita importante, seppure rivista alla luce del
conflitto russo-ucraino che sta interessando proprio parte di
quest'area.
Nel dettaglio, si stima un aumento medio annuo delle movimentazioni
container nei porti del Mediterraneo del 3,1% per la parte
occidentale, del 4,1% per la parte orientale e del Mar Nero e del
3,6% per il Nord Africa25 .
Per quanto concerne l'Italia, in generale nei porti del Nord e'
prevalente la componente di traffico in export per ragioni legate
alla concentrazione, in quella zona, di imprese manifatturiere che
esportano il c.d. "Made in Italy".
Gli USA sono il primo cliente con circa il 24% del nostro export,
mentre le merci provenienti dall'Asia rappresentano il 18% di tutto
l'import via mare italiano26 . Il tasso di occupazione degli impianti
portuali di destinazione o partenza delle merci (c.d. "gateway")
varia sensibilmente nei differenti contesti, dimostrando la
necessita' di valutare seriamente la domanda potenziale come
condizione per la realizzazione degli investimenti a carico dello
Stato. Importanti progetti di infrastrutturazione sono in corso a
Genova, La Spezia e Livorno oltre a Trieste, ovvero nei principali
porti nazionali per il traffico "gateway"27 .
Ai servizi marittimo-portuali relativi alla merce in contenitori
viene dedicata una parte importante della politica portuale italiana.
Consolidati i regimi concessori nella gran parte degli scali italiani
attraverso il rilascio di titoli di media/lunga durata, la gran parte
di essi - rilasciati ad importanti operatori internazionali della
logistica, anche marittima - e' stata pianificata dalle Autorita' di
Sistema Portuale (d'ora in poi anche "AdSP"), prevedendo numerose
opere di grande infrastrutturazione volte ad aumentare la capacita'
ricettiva sia qualitativa (navi piu' grandi) sia quantitativa
(accrescimento della capacita' ricettiva e di inoltro della merce).
Con il fondo complementare al PNRR sono state destinate importanti
risorse per lo sviluppo dell'accessibilita' marittima e della
resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici,
nonche' per l'ammodernamento infrastrutturale e funzionale dei
terminal per contenitori.
L'obiettivo e' di continuare nell'azione di miglioramento della
competitivita' dei servizi marittimo-portuali per raggiungere
posizioni di eccellenza in ambito euro-mediterraneo. In tale
contesto, e' opportuna una pianificazione centralizzata degli
investimenti infrastrutturali, in particolare nello sviluppo dei
collegamenti di "ultimo miglio" - soprattutto ferroviari - valutando
anche la possibilita' di ridurre i costi per le manovre ferroviarie
portuali. E' importante inoltre allineare le procedure e i tempi dei
controlli doganali alle pratiche degli Stati che competono con il
nostro.
Il progetto del MIT relativo alla digitalizzazione della piattaforma
logistica nazionale ha l'obiettivo di rispondere alla sfida della
rivoluzione digitale nel segmento del trasporto merci e della
logistica a livello nazionale a partire dalle criticita' e dai
fabbisogni cui il progetto intende rispondere in modo organico e
integrato. Gli obiettivi specifici dell'iniziativa consistono
nell'incrementare: l'efficienza del trasporto merci e della
logistica; i livelli di "customer experience"; la sostenibilita'
ambientale; i livelli di sicurezza dei trasporti; i livelli di
sicurezza in termini generali; essi consistono inoltre nel favorire
il bilanciamento modale e nel ridurre la congestione.
Occorre poi affrontare le criticita' connesse al deficit di
concorrenza del settore del "transhipment" portuale nazionali,
rispetto ai competitor extra-UE, specialmente quelli localizzati
sulla costa Nordafricana e che possono offrire servizi competitivi
grazie al modesto costo del lavoro. Cio' anche in relazione al
possibile rischio di delocalizzazione degli impianti industriali.
Devono altresi' essere supportati i servizi (anche costieri) di
trasporto marittimo quale alternativa al trasporto terrestre
attribuendo agli stessi le prerogative definite dalla Comunicazione
della Commissione europea 30 aprile 1999, n. 31728 .
Infine, occorre favorire la creazione e il mantenimento di una rete
di interporti integrata con le realta' portuali (anche rendendo piu'
efficienti gli strumenti di partecipazione delle AdSP), monitorando
l'andamento dei costi dei servizi portuali alla luce dei principi
previsti dal Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 35229 nell'interesse
generale della sicurezza e degli utenti.
2.2.4 Le autostrade del mare
A seguito dell'enorme sviluppo, nella prima decade degli anni 2000,
delle Autostrade del Mare ("AdM") sia italiane sia mediterranee e del
successivo loro consolidamento e incremento nella seconda decade del
secolo, e' prevedibile che l'infrastruttura del trasporto marittimo
mantenga le sue caratteristiche sia in termini di servizi operati sia
in termini di volumi anche alla fine di questo decennio. La crescita
esponenziale del mercato delle AdM nel corso degli ultimi vent'anni
e' stata determinata anche dagli strumenti messi a disposizione dal
Governo italiano per incentivare lo "shift-modale"30 .
In questo contesto, il traffico delle AdM e' senza dubbio il segmento
del trasporto marittimo che ha registrato in Italia le migliori
performances nei cinque anni pre-pandemici. La nostra Nazione e'
leader nell'UE per merce movimentata via unita' Ro-Ro e Ro/Ro-Pax,
con un market share del 24,5% del totale UE. Nel 2009 la percentuale
era del 18%. Sempre valutando la statistica, maggiormente
attendibile, della fase ante-Covid, il segmento Ro-Ro e' cresciuto
del 23,8% dal 2014 al 2019 con un tasso di crescita annuo (c.d.
"CAGR") del 4,4%31 . Nel 2022, inoltre, le merci movimentate nei
porti italiani attraverso i Ro-Ro (120,8 milioni di tonnellate) hanno
superato quelle trasportate con i container (119,5 milioni in
container)32 .
Anche in questo strategico settore occorre rafforzare la
consapevolezza dell'importanza del trasferimento modale sulla via
marittima, ponendola, tramite il ruolo del Cipom, al centro delle
politiche di Governo. Tale modalita' non deve confinarsi al trasporto
di merce rotabile ma deve comprendere ogni merce, anche unitizzata o
alla rinfusa, il cui trasporto viene sottratto alla strada.
E' necessario, dunque, sviluppare idonee politiche per assicurare il
"level playing field" tra il servizio di trasporto marittimo e quelli
concorrenti sulle vie terrestri. Le misure economiche - sotto forma
di incentivi e compensazioni - vanno adeguatamente integrate con il
sostegno europeo laddove il trasporto marittimo benefici di reti
stradali transfrontaliere.
Nell'attesa della maturazione dei tempi per l'introduzione dei
servizi di trasporto terreste nel regime dei certificati di emissione
(il c.d. "Emissions Trading System" o "ETS") prevista nel 2025,
occorrera' prevedere un'adeguata misura per calmierare l'aumento dei
costi del trasporto marittimo rispetto alla modalita' stradale, il
cui inserimento nel regime dei certificati di emissione e' oggi
temporalmente disallineato.
Infine, sara' opportuno assicurare attenzione alla fluidificazione
del transito dei cittadini e delle merci al seguito nei servizi con
Paesi extra-UE ovvero extra Schengen, onde intercettare per via
marittima la crescente domanda di mobilita'.
2.2.5 La navigazione costiera di prodotti industriali e petrolchimici
Tra i vari contributi resi all'economia dell'Italia da parte dei
servizi di trasporto marittimo, rientra quello di consentire
all'industria italiana di inviare e ricevere prodotti grezzi o
lavorati direttamente presso gli impianti industriali situati sulla
costa, contribuendo ad attingere la merce presso la logistica
portuale33 .
Dovra' essere acquisita la consapevolezza che le catene industriali
nazionali sono spesso basate su un efficiente e poco costoso
trasporto costiero di prodotti e che, anche tali servizi,
contribuiscono in maniera rilevante alla riduzione del traffico
stradale e delle emissioni nocive. Anche in questo caso, una visione
unitaria del sistema portuale nazionale, di cui eventualmente
prendere atto in vista di una eventuale riforma da considerare quale
possibile priorita' da portare all'attenzione del Cipom (v. infra
par. 2.3), potra' consentire di individuare gli scali ove tali
traffici sono maggiormente presenti prevedendo misure di
incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione dei costi.
A tale riguardo, dovra' poi essere assicurato il rispetto
incondizionato della riserva prevista dal Regolamento CE 7 dicembre
1992, n. 357734 a favore delle imprese di navigazione dell'Unione
europea, come piu' volte ribadito dalla Commissione europea.
2.2.6 Le crociere
L'Italia e' il maggior beneficiario europeo del business generato dal
turismo crocieristico con un impatto economico annuo complessivo
stimato in 14,5 miliardi di euro, secondo le ultime rilevazioni CLIA
(raccolti nella fase ante-Covid)35 . Sempre valutando la statistica,
maggiormente attendibile, della fase ante-Covid l'impatto economico
mondiale e' salito a 154 miliardi di dollari nel 2019, superando la
soglia del milione di lavoratori coinvolti nell'industria
crocieristica (1,17 Mln) per oltre 50,2 miliardi di euro in salari.
Tuttavia, la pandemia ha inevitabilmente diminuito il volume dei
traffici, con una riduzione dell'impatto economico mondiale stimato
al 59% (63,4 miliardi di euro nel 2020). Il settore e' altresi'
"labour intensive": i posti di lavoro attivati dal comparto sono
circa 125.000 ovvero il 30% del totale europeo, mentre gli occupati
diretti sono 53.000.
Questo segmento di mercato presenta importanti potenzialita' di
crescita anche e soprattutto presso scali inediti e minori,
circostanza che potrebbe innescare - come e' accaduto per le
principali destinazioni - fenomeni di crescita del turismo locale
come effetto del volano crocieristico.
Con riferimento agli ultimi valori a consuntivo, fino al 2022, la
crocieristica ha difatti continuato a crescere sia a livello
internazionale (con ormai oltre 30 milioni di clienti annui) sia in
Italia. Sempre valutando la statistica, maggiormente attendibile,
della fase ante-Covid, il 2019 ha segnato, infatti, il record storico
del movimento passeggeri nei porti italiani, attestandosi per la
prima volta sui 12 milioni. La classifica dei porti mediterranei, con
dati a consuntivo 2022, ha confermato il primo posto di Barcellona
con oltre 2 milioni di movimenti passeggeri (+324% sul 2021) e grazie
al risultato della Spezia (+386%), sono saliti a 9 i porti italiani
all'interno della top 20 mediterranea36 .
Inoltre, nella classifica regionale, il 2022 ha registrato il
preesistente predominio della Liguria e del Lazio con la quota
maggiore di passeggeri movimentati a livello nazionale (23,5% del
totale per ciascuna regione); entrambe allineate a poco piu' di 2
milioni di crocieristi movimentati nei propri porti. Anche la
Campania e la Sicilia hanno registrato ottimi risultati,
rispettivamente +364% e + 234% rispetto all'anno precedente; piu'
distante sia la Puglia che il Friuli-Venezia Giulia, con
rispettivamente circa 600 e 500 mila passeggeri movimentati. Il dato
piu' significativo e' sicuramente relativo al fatto che le prime tre
regioni hanno concentrato il 60% della movimentazione passeggeri e il
48% delle toccate nave37 .
Occorre pertanto rafforzare il settore crocieristico che opera
regolarmente nei nostri porti e cio' anche: (i) in funzione dei piani
strategici di sviluppo del turismo adottati sia a livello nazionale
che regionale38 ; (ii) in considerazione degli annunciati ingenti
investimenti dell'industria crocieristica in Europa nei prossimi 5
anni, di cui quasi la meta' sono previsti in Italia.
Appare quindi opportuno coordinare il turismo di crociera con le
altre iniziative in essere a favore del turismo tradizionale e
considerare gli investimenti necessari per la realizzazione di nuove
infrastrutture portuali a servizio delle linee di crociera
perseguendo cosi' gli obiettivi della Conferenza di Coordinamento dei
Presidenti delle AdSP quale sede di elaborazione della complessiva
strategia portuale.
Da ultimo, in vista della prossima entrata in funzione dei nuovi
regimi per i controlli dei passeggeri ed i marittimi di Paesi terzi
in partenza o in arrivo dai/nei porti dell'area Schengen39 -
nonostante la proroga concessa a livello europeo sull'entrata in
funzione di detti sistemi (prevista entro la fine del 2024) - occorre
un adeguato coordinamento tra le amministrazioni centrali nazionali
ed unionali al fine di favorire l'interoperabilita' tra i sistemi
informatici delle predette amministrazioni e degli operatori
privati40 . Al riguardo, appare appropriato che le politiche di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
Il tutto assecondando politiche di semplificazione delle procedure di
controllo frontaliero che, in vista della prossima adozione di un
sistema di "Entry-Exit" dall'area Schengen, consentano un quadro di
esenzione dai controlli dei passeggeri che, nel rispetto delle
condizioni di sicurezza, miri ad assicurare la riduzione degli
ostacoli al transito della clientela.
2.2.7 Il general cargo
Il "general cargo"41 rappresenta uno dei settori principali della
catena logistica a servizio della nostra industria manifatturiera e
meccanica. I volumi degli scambi commerciali italiani, distinti per
modalita' di trasporto, confermano l'importanza del settore marittimo
per le nostre esportazioni. Quest'ultimo e' un settore che ricopre il
24,3%, anche se rimane predominante il ruolo del trasporto stradale
che detiene il 68,8% in virtu' dell'attraversamento dell'Arco Alpino.
Secondo le stime dell'indagine sui trasporti internazionali di merci
della Banca d'Italia42 , i costi medi per tonnellata per il segmento
di traffico di maggior rilievo del general cargo - vale a dire quella
relativa al trasporto di impianti, macchinari e mezzi di trasporto
(ivi inclusi i servizi ausiliari) - nel 2022 risultano aumentati in
termini nominali collocandosi su livelli superiori alla media
dell'ultimo decennio. Nelle restanti tipologie di traffico (quali i
prodotti chimici, i materiali da costruzione ed i prodotti forestali)
i noli hanno registrato tassi di crescita nominali elevati, con un
range del 30/40%, risentendo maggiormente di un'insufficiente
capacita' di stiva rispetto ad una domanda di trasporto che, almeno
per la prima parte dell'anno, risulta essere stata sostenuta.
Anche per tale segmento vanno sviluppate adeguate politiche di
sostegno. Cio' anche in relazione all'importanza fondamentale di tali
servizi per la competitivita' dell'industria manifatturiera italiana.
Sotto altro e diverso profilo, occorre ricordare come soprattutto il
traffico della carpenteria industriale di grandi dimensioni richieda
altissime professionalita' da parte delle maestranze sia per il
trasporto a destinazione nel porto di partenza sia per il rizzaggio a
bordo. Queste professionalita' rappresentano un'eccellenza del nostro
sistema portuale che va senz'altro valorizzata e sostenuta con
adeguate politiche di settore.
2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche
Questo comparto e' tra i piu' grandi contributori di merce nei porti
nazionali43 , la cui importanza per la societa' e per l'industria
nazionale ed europea e' indubbia, nonostante la sua scarsa evidenza.
Inoltre, il recente e piu' volte citato conflitto russo-ucraino ed il
contemporaneo processo di alleggerimento portato avanti dalla nostra
Nazione con riferimento all'affrancamento energetico dalla Russia, ha
imposto un ripensamento complessivo delle fonti di approvvigionamento
di gas. Al riguardo, e' stato possibile completare questo processo
solo sul presupposto che l'Italia potesse contare su competenze e
infrastrutture idonee per il trasporto di gas per via marittima.
E' fuor di dubbio che a questo comparto viene e verra' affidato un
ruolo particolarmente importante nella transizione energetica
nazionale perche' il trasporto e lo stoccaggio portuale di carburanti
alternativi al fossile pongono quesiti tecnici e regolatori non
comuni. Questi ultimi dovranno essere assecondati e risolti, onde non
scontare pericolosi ritardi che potrebbero ripercuotersi sulla
capacita' nazionale di assecondare le nuove politiche energetiche
determinate dal contesto internazionale e dalla transizione ecologica
voluta dall'Unione europea.
Fino ad oggi, tuttavia, e' stata dedicata scarsa attenzione ai
rigassificatori ed alle strutture di stoccaggio del gas e di altri
carburanti alternativi che, specialmente negli ultimi mesi, hanno
assunto un'importanza strategica per l'approvvigionamento e la
diversificazione delle fonti energetiche, sovrapponendosi alle
esigenze di infrastrutturazione energetica riguardante, in
particolare, l'alimentazione alternativa delle navi. Occorre tuttavia
rilevare che le azioni governative messe in campo in materia con il
fondo complementare al PNRR non hanno ad oggi avuto un completo
utilizzo per il parziale interesse manifestato dagli investitori.
Nella consapevolezza che gli orientamenti europei in materia di aiuti
di Stato vanno in direzione della non ammissibilita' delle
incentivazioni ai combustibili fossili, fra cui viene fatto rientrare
il GNL non "bio", occorre pertanto rafforzare il tema dell'energia
"che viene dal mare" e "per il mare", con interventi
infrastrutturali, logistici e procedurali specificamente dedicati.
2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo
Tra gli interventi di programmazione strategica che riguardano il
mare, e' auspicabile prendere in considerazione anche il comparto dei
trasporti fluvio-marittimi. Quest' ultimo, infatti, puo' contribuire
al decongestionamento delle arterie stradali piu' sensibili
soprattutto del quadrante Nord-Est del nostro territorio nel quale
sono presenti distretti economici e poli industriali ubicati in zone
di notevole propensione all'esportazione, con l'esigenza di
infrastrutture per scambiare beni in modo rapido ed economico.
Ad oggi, tuttavia, manca un sistema adeguato alle esigenze e la
situazione attuale porta ad una frequente congestione delle reti
autostradali e, talvolta, delle ferrovie in un'area caratterizzata
dall'ampio volume di scambi.
In tale contesto, in cui la navigazione interna dei fiumi e'
un'opportunita' di trasporto che, in Italia, rappresenta solo l'1%
del totale degli spostamenti effettuati, occorre sostenere obiettivi
di sinergia per migliorare il livello di prestazione del sistema in
vista dello sviluppo del trasporto per via d'acqua.
2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di
protezione e sviluppo dei servizi marittimi
2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore
Il legislatore nazionale ha previsto per il settore marittimo, in
coerenza con le direttrici unionali di riferimento, specifiche misure
fiscali volte a favorire nei diversi comparti impositivi la
competitivita' internazionale delle imprese.
Si tratta, in particolare, delle misure di de-fiscalizzazione delle
imprese marittime, nonche' di quelle di de-fiscalizzazione e
de-contribuzione del costo del lavoro marittimo, stabilite in
coerenza agli Orientamenti UE in materia di aiuti di Stato ai
trasporti marittimi44 . Il settore del trasporto marittimo
internazionale e' poi interessato dall'esenzione ai fini Iva delle
principali operazioni, in coerenza alla Direttiva CE 28 novembre
2006, n. 112.
Quanto al regime di sostegno, esso e' previsto in primis dalla
normativa di cui al d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con
modificazioni dalla legge 27 febbraio 1998, n. 3045 , recentemente
integrato dal d.l. 23 settembre 2022, n. 144, convertito con
modifiche dalla legge 17 novembre 2022, n. 175 in attuazione degli
impegni contenuti nella decisione della Commissione europea 11 giugno
2020, n. 3667. Tramite tale decisione, la Commissione europea ha
confermato e prorogato le misure del Registro Internazionale
Italiano, dichiarandole compatibili con il mercato interno a norma
dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFEU, alla condizione
che l'Italia dia corretta attuazione agli impegni di adeguamento
della disciplina agli Orientamenti UE, analiticamente declinati dalla
decisione stessa46 .
In ambito Iva, il settore, limitatamente ad alcune operazioni, gode
di esenzioni riguardo alle «operazioni assimilate alle cessioni
all'esportazione» disciplinate dall'art. 8-bis del d.p.r. 26 ottobre
1972, n. 633 e ai «servizi internazionali o connessi agli scambi
internazionali» disciplinati dall'art. 9 del d.p.r. n. 633 del 1972.
Le misure di aiuto, generalmente concesse da tutti gli Stati membri
dell'Unione a supporto dei loro rispettivi sistemi di trasporto
nonche' quelle di esenzione dal regime Iva, appaiono coerenti con il
quadro europeo e decisive non solo per le imprese a cui tali servizi
sono affidati ma altresi', e soprattutto, per il funzionamento e la
competitivita' - nel contesto internazionale - delle attivita' legate
all'economia del mare svolte in Italia; attivita' caratterizzate
dalla intrinseca mobilita' dei mezzi e di elementi quali la bandiera
o la sede dell'impresa che potrebbero essere facilmente delocalizzate
in Paesi a bassa o inesistente fiscalita'.
In questo contesto occorre non soltanto impegnare le risorse dello
Stato per consolidare la competitivita' delle imprese nazionali ma
anche realizzare, con il concorso delle amministrazioni interessate,
un'effettiva armonizzazione delle norme e della loro interpretazione,
creando in ultima analisi un quadro regolatorio certo. In tal senso,
appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione
necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni,
soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel
Cipom.
Sotto altro, ma non meno importante, profilo il fatto che il previsto
allargamento dei benefici concessi alle imprese di trasporto
marittimo stabilite in Italia alle attivita' dalle stesse esercitate
anche su navi che battono bandiera dell'Unione europea o dello Spazio
Economico Europeo (SSE), e non piu' limitate alle navi che battono
bandiera italiana, impone di procedere con una certa urgenza a una
complessiva rivisitazione delle norme principalmente rinvenute del
nostro codice della navigazione47 e nel suo regolamento attuativo48
(ma anche in molte norme dettate dalla legislazione e regolazione
successiva). Il tutto con lo scopo di creare un ambiente regolatorio
moderno ed efficiente nonche' in linea con quelli che sono gli
standard dei registri marittimi europei piu' avanzati.
Anche in questo ambito al Cipom spettano compiti di coordinamento
amministrativo volti a migliorare il contesto regolatorio del
settore.
2.2.10.b La semplificazione della normativa nazionale di settore
Per le ragioni piu' sopra illustrate, occorre valutare con una certa
urgenza le gia' (da piu' parti) avanzate proposte di semplificazione
ed efficientamento, anche digitale, dell'attuale legislazione di
settore.
Anche in questo settore, infatti, dal confronto con le
amministrazioni e i portatori di interessi e' stata evidenziata la
necessita' di incentivare le azioni di semplificazione volte ad
incrementare la competitivita' della bandiera italiana.
In concreto, si tratta di avviare rapidamente, da un lato, la
semplificazione di quelle norme ritenute "superate" del nostro codice
della navigazione (e del relativo regolamento di attuazione) e,
dall'altro, adeguare le relative procedure amministrative alla
digitalizzazione in modo tale da consentire una gestione
(amministrativa) efficiente volta a permettere alla navi che battono
la bandiera italiana, alla logistica portuale e al lavoro marittimo
nazionale di poter competere ad armi pari nei contesti
internazionali. Per fare questo occorre in primis allineare la
normativa primaria e secondaria di settore agli standard dei Paesi
europei piu' moderni, soprattutto sotto il profilo amministrativo,
digitale e giuslavoristico.
Nello specifico, come sopra gia' rilevato, un'efficiente
semplificazione dovrebbe poter partire da una ragionata modifica
della legislazione in materia di regime amministrativo della nave,
della digitalizzazione delle pratiche di bordo e della
semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo. E' in ogni
caso necessario che il complessivo corpus normativo che regola il
settore venga aggiornato per affrontare le odierne sfide tecnologiche
e competitive.
Ancora una volta il Cipom puo' (rectius: deve) ragionevolmente
esercitare in questo contesto il ruolo di catalizzatore delle istanze
e acceleratore dei processi di revisione delle norme e delle obsolete
pratiche amministrative. Nello specifico:
I. La semplificazione del regime amministrativo della nave
In tale ambito, occorre prevedere un aggiornamento sistematico del
codice della navigazione con riferimento, in senso non esaustivo,
alle questioni afferenti alla dismissione di bandiera, alla
sospensione temporanea dell'abilitazione alla navigazione, nonche'
all'iscrizione provvisoria in caso di acquisto e/o vendita della
nave. Occorre altresi' operare una complessiva rivisitazione della
normativa afferente alle visite di bordo delle navi da parte delle
autorita' competenti, nonche' con riferimento a tutte quelle
attivita' ispettive di bordo che trovano applicazioni disomogenee sul
territorio nazionale ed unionale49 . In questa prospettiva occorre
quindi revisionare adeguatamente anche il vigente "Regolamento di
sicurezza" di cui al d.p.r. 8 novembre 1991, n. 435.
II. La digitalizzazione delle pratiche di bordo
Occorre una progressiva digitalizzazione delle procedure
amministrative, approfittando delle tecnologie nel frattempo
affermate e disponibili, peraltro gia' utilizzate in altri ambiti
dalla Pubblica Amministrazione. In particolare, sara' opportuno
adeguatamente digitalizzare la tenuta della documentazione di bordo50
, gli adempimenti amministrativi connessi alla partenza e all'arrivo
della nave nei porti nazionali e, piu' in generale, lo scambio di
informazioni fra la nave e le competenti Autorita' Marittime,
doganali e portuali.
III. La semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo
Occorrono nuove procedure amministrative in special modo per
l'arruolamento dei marittimi mediante: (i) la creazione della c.d.
"Anagrafe digitale della gente di mare" che, attraverso una moderna
piattaforma digitale integrata, consenta di gestire gli annessi
adempimenti burocratici; (ii) l'attuazione del d.p.r. n. 18 aprile
2006, 231, con particolare riferimento alla necessaria riforma del
collocamento della gente di mare e mare e all'aggiornamento
dell'Allegato riguardante i requisiti di accesso alle professioni del
mare; (iii) la semplificazione delle procedure di stipula delle
convenzioni di arruolamento e di quelle di annotazione sul ruolo di
equipaggio (artt. 328, 329 e 331 cod. nav. e 357 reg. nav. mar.),
nonche' di quelle relative alle annotazioni sul libretto di
navigazione con riferimento alla navigazione effettuata, valorizzando
cosi' il ricorso alla modalita' digitale, (iv) l'aggiornamento e la
digitalizzazione delle procedure di imbarco e sbarco dei marittimi
sia con riferimento alla figura del comandante, sia con riferimento
al resto dell'equipaggio a bordo (artt. 223 e 236 reg. cod. nav.
mar.); (v) la semplificazione delle procedure relative alle attuali
autorizzazioni plurime necessarie per l'avvicendamento di personale
marittimo da parte del medesimo armatore che opera servizi regolari
negli stessi porti, rendendo con cio' piu' flessibile l'impiego dei
marittimi in forza alla medesima impresa di navigazione (art. 172 bis
cod. nav.); (vi) l'aggiornamento della normativa sulla retribuzione
dei marittimi51 .
IV. La certificazione marittima
Attualmente, ogni nave in esercizio opera con oltre 100 certificati
statutari, ivi compresi quelli richiesti dall'International Maritime
Organization (IMO), per i quali esiste una specifica circolare52 . Ad
essi si sommano quelli richiesti dalle varie amministrazioni
competenti.
Il rilascio della maggior parte dei gia' menzionati certificati
compete ai cosiddetti RO (in passato Enti di Classifica, oggi
"Recognized Organization") e all'Amministrazione di bandiera quando
non deleghi i RO. Il citato allargamento alle navi registrate presso
gli Stati membri della UE e dello Spazio Economico Europeo ("SEE"),
armate e operate da armatori stabiliti sul territorio nazionale del
regime di aiuto garantito al trasporto marittimo esposto alla
competizione internazionale, impone una riflessione sulla necessita'
di allineare il corredo regolamentare e le relative incombenze legate
alla operativita' della nave italiana agli standard degli altri Paesi
marittimi dell'Unione. Il tutto per scongiurare l'ipotesi di
emigrazione delle unita' verso registri europei che, nel pieno
rispetto dei requisiti dettati dalla regolazione internazionale,
garantiscono un livello regolatorio e burocratico meno complesso e
piu' attrattivo per l'operatore.
Nello specifico, le audizioni delle parti interessate hanno
evidenziato alcune consolidate criticita': ad esempio, solo alcune
amministrazioni hanno introdotto ed accettano i certificati in
formato elettronico, cosi' come non tutte le amministrazioni delegano
ai RO tutti gli accertamenti ed il rilascio della relativa
certificazione. Da questo punto di vista, anche mediante l'istituto
della delega, occorre introdurre alcune importanti novita' nel regime
dei controlli dello Stato di bandiera permettendo agli organismi
riconosciuti di effettuare le residuali visite ispettive previste
dallo Stato di bandiera medesimo, che ancora oggi sono in capo
esclusivo alle Autorita' marittime, come la certificazione
"International Ship Security" e quella per la certificazione "MLC
2006"53 .
V. Le ulteriori norme
Ulteriori procedure di semplificazione da attuare nel nostro
ordinamento riguardano, in particolare, la pubblicita' dell'ipoteca
navale nonche' il consolidamento della stessa. Trattasi di questioni
di natura procedimentale molto lunghe e complesse che - nell'ambito
dei contratti di finanziamento relativi all'acquisto delle navi -
presuppongono trascrizioni e trasferimenti di ipoteca dal registro di
provenienza a quello di nuova iscrizione della nave. Nell'ottica
della piu' volte dichiarata semplificazione e razionalizzazione delle
procedure occorre quindi riformare anche tali norme al fine di
agevolare i processi di sviluppo delle imprese di navigazione.
2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima
Pare opportuno segnalare una recente iniziativa della Commissione
europea sfociata nella proposta di revisione del quadro normativo
europeo sulla sicurezza marittima (nell'accezione di "Maritime
Safety")54 . La proposta ha il fine di rafforzare la protezione
ambientale e recepire le normative internazionali nel frattempo
sedimentate.
Nel presupposto che la normazione trattata nella proposta rappresenta
l'attuale quadro regolatorio complessivo e generale per la sicurezza
marittima nazionale ed unionale, andra' valutato attentamente
l'impatto di una sua modifica anche per scongiurare il pregiudizio
agli interessi nazionali potenzialmente determinato da possibili
impatti deteriori sulla flotta nazionale ovvero sulle attivita' di
trasporto a servizio dell'Italia ovvero allorquando si verificasse
un'alterazione del "level playing field", tra la normativa europea e
quella internazionale.
Pare pertanto opportuna una breve disamina della proposta di
revisione della normativa in questione che riguarda:
I. La revisione della Direttiva CE n. 16 del 2009sul controllo da
parte dello Stato di approdo:
In sintesi, la Commissione europea propone (principalmente) di:
ampliare l'ambito di applicazione della Direttiva55 , modificare il
profilo di rischio della nave alla luce dei cambiamenti approvati dal
Memorandum of Understanding ("MoU") di Parigi5 6; integrare i
parametri ambientali nella determinazione del profilo di rischio
delle navi e della conseguente individuazione delle navi da
ispezionare (art 10 e Allegati I e II), i.e.: utilizzare, ai fini di
valutare la sicurezza, il rating del Carbon Index Indicator ("CII")
delle navi57 ; aggiungere un nuovo parametro del profilo di rischio
della nave collegato all'utilizzo di certificati elettronici
(allegato I.1.c.iv)58 .
II. La revisione della Direttiva CE n. 21 del 2009 sulla conformita'
ai requisiti dello Stato di bandiera:
La proposta di revisione della Direttiva CE 23 aprile 2009, n. 21 ha
come obiettivo quello di allineare quest'ultima agli strumenti IMO
adottati dal 2009, tenendo in considerazione gli sviluppi tecnologici
e digitali.
Nello specifico, la Commissione propone di: recepire nel diritto
unionale le disposizioni del "Codice per l'Implementazione degli
Strumenti IMO"; stabilire misure piu' dettagliate che gli Stati di
bandiera dell'UE devono attuare per garantire la sicurezza delle navi
battenti bandiera di uno Stato membro (nuovo articolo 4-ter);
introdurre requisiti in materia di sicurezza e prevenzione
dell'inquinamento (nuovo articolo 4 quater)59 ; introdurre requisiti
per la digitalizzazione e lo scambio di informazioni60 ; modificare
le disposizioni vigenti in materia di audit dello Stato di bandiera e
dei sistemi di gestione della qualita61 ; istituire un «Gruppo ad
alto livello sulle questioni relative allo Stato di bandiera»
incaricato, tra le altre cose, anche di formulare raccomandazioni su
un approccio comune all'ispezione dello Stato di bandiera e di
sviluppare e attuare un sistema di supervisione degli enti
riconosciuti.
III. La revisione della Direttiva CE n. 35 del 2005 sull'inquinamento
provocato dalle navi e sull'introduzione di sanzioni per reati
ambientali:
E' previsto un importante ampliamento del campo di applicazione
attraverso la proposta di inclusione di ulteriori sostanze inquinanti
descritte negli Allegati III-VI della Convenzione MARPOL 73/78.
Queste sostanze comprendono acque reflue, rifiuti, acque di scarico e
residui dei depuratori di gas di scarico (Exhaust Gas Cleaning
System, "ECGS", noti anche come "scrubbers")62 .
IV. La revisione della Direttiva 2009/18/CE recante principi
fondamentali in materia di indagini sui sinistri nel settore del
trasporto marittimo:
La Commissione propone di aggiornare la Direttiva per allinearla al
"Casualty Investigation Code" dell'IMO e quindi di abrogare il
Regolamento UE 9 dicembre 2011, n. 1286 della Commissione, del 9
dicembre 2011, che adotta una metodologia comune per le indagini sui
sinistri o incidenti marittimi.
L' iniziativa appare giustificata in quanto l'IMO con la propria
Risoluzione A.1075(28), ha adottato le linee guida per assistere gli
investigatori nell'attuazione del codice di indagine sui sinistri
fornendo una metodologia dettagliata per le indagini degli stessi63 .
V. La revisione del Regolamento sull'Agenzia Europea per la Sicurezza
Marittima e abrogazione del Regolamento CE n. 1406 del 2002:
La proposta amplierebbe le competenze dell'EMSA (l'Agenzia Europea
per la Sicurezza Marittima) in una serie di ambiti, tra i quali la
sicurezza marittima, la cybersicurezza, la sostenibilita' e la
decarbonizzazione. L'EMSA verrebbe altresi' incaricata di fornire
sostegno agli Stati membri e alla Commissione nell'attuazione del
Regolamento FuelEU Maritime e della Direttiva relativa al sistema di
scambio di quote di emissione ("ETS").
2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica
A questo riguardo si dedica un intero capitolo del presente "Piano
del mare", posta l'importanza delle norme europee ed internazionali
sulla materia e gli importanti effetti che tali norme avranno sul
mondo del mare.
2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore della
"blue economy"
Il Cipom si conferma naturale sede ex lege per promuovere il
necessario coordinamento in merito ad altre recenti iniziative
europee di interesse per il settore della "blue economy", di seguito
sintetizzate, oggetto di discussione nelle sedi europee nei prossimi
mesi. Nello specifico, si fa riferimento a tre distinte iniziative
attinenti, rispettivamente, alla promozione di un trasporto merci
piu' verde, anche mediante l'intermodalita' (pacchetto «Greening
Freight Transport»), alla necessita' di affiancare agli obiettivi di
transizione energetica un piano di politica industriale europea
(denominato «Net Zero Industry Act»), e alla prevista revisione della
normativa europea sul riciclaggio delle navi (c.d. "Ship Recycling").
Si tratta di iniziative distinte nei contenuti ma accomunate dalla
rilevanza, in termini di potenziali criticita', nonche' dalle
opportunita' che il comparto marittimo potrebbe cogliere e rispetto
alle quali sembra opportuno auspicare il necessario coordinamento a
livello nazionale ed europeo. Nello specifico:
I. Il pacchetto Greening Freight Transport:
Il pacchetto "Greening Freight Transport", pubblicato in data 11
luglio 2023 dalla Commissione europea, propone un insieme di misure
legislative volte a promuovere un trasporto merci piu' pulito,
efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale.
Tale obiettivo verrebbe perseguito in particolare mediante proposte
volte all'ottimizzazione del sistema di gestione della rete
ferroviaria europea, la previsione di incentivi piu' efficaci per i
veicoli merci piu' puliti, il miglioramento delle informazioni sulle
emissioni di gas climalteranti del trasporto merci, e la proposta di
revisione della Direttiva sul trasporto combinato64 (Direttiva CEE 7
dicembre 1992, n. 106), la cui pubblicazione e' prevista in un
momento successivo.
Nello specifico, il pacchetto presentato dalla Commissione europea e'
composto dalla comunicazione COM (2023) 440 «Rendere il trasporto
merci piu' pulito», dalla proposta COM (2023) 445 di modifica della
Direttiva sui pesi e le dimensioni dei veicoli, dalla proposta di
Regolamento COM (2023) 443 per l'accesso alla infrastruttura
ferroviaria e dalla proposta di Regolamento COM (2023) 441, relativo
all'adozione di una cornice armonizzata per il calcolo delle
emissioni climalteranti del trasporto attraverso la nuova iniziativa
denominata "CountEmissionsEU". Per completare le suddette proposte,
la Commissione europea ha annunciato una successiva revisione della
Direttiva sui trasporti combinati, inclusa la possibilita' di
inserirvi misure normative, operative ed economiche volte a rendere
il trasporto intermodale piu' competitivo.
Delle misure sopra richiamate, attualmente pubblicate, l'iniziativa
"CountEmissionsEU" consisterebbe in un quadro comune per quantificare
le emissioni di gas a effetto serra dei servizi di trasporto nei
diversi modi di trasporto, inclusa la modalita' marittima. Con tale
iniziativa, la Commissione propone un approccio metodologico comune
per consentire alle imprese di calcolare le loro emissioni di gas a
effetto serra qualora decidano di pubblicare tali informazioni o
siano tenute a condividerle per motivi contrattuali. La metodologia
proposta si basa sulla norma ISO/CEN, recentemente adottata per la
quantificazione e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto
serra derivanti dal funzionamento delle catene per il trasporto di
passeggeri e di merci. Secondo la Commissione, una maggiore
trasparenza dei dati sulle emissioni di gas a effetto serra puo'
influenzare le decisioni degli utenti dei trasporti e incentivare
l'utilizzo di opzioni di trasporto piu' sostenibili.
La suddetta proposta sara' esaminata dal Parlamento europeo e dal
Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. In tale
contesto, se l'iniziativa in questione puo' rappresentare
un'opportunita' per promuovere modalita' di trasporto piu'
sostenibili, quali la modalita' marittima, appare auspicabile
assicurare nel corso del negoziato europeo che le specificita' delle
singole modalita' di trasporto e delle rispettive metodologie di
rendicontazioni esistenti vengano prese in considerazione al fine di
scongiurare rischi di possibili confronti iniqui e arbitrari o di
ulteriori oneri amministrativi per le compagnie di trasporto.
Occorrera' infine prestare particolare attenzione alla sopra-citata
proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato, la cui
pubblicazione sembra essere invece prevista nel mese di settembre
2023. La Direttiva potrebbe infatti rappresentare un'opportunita' da
cogliere rispetto alla promozione dell'intermodalita', soprattutto
alla luce degli ambiziosi target di trasferimento modale verso le
modalita' di trasporto piu' sostenibili, quali la navigazione a corto
raggio, stabilite nella strategia europea per una mobilita'
sostenibile ed intelligente adottata nel 202065 .
II. Il Net Zero Industry Act:
La proponenda misura legislativa denominata «Net Zero Industry Act»,
pubblicata in data 16 marzo 2023, potrebbe rappresentare, con le
necessarie modifiche, una opportunita' per rafforzare la
competitivita' industriale e capacita' di produzione strategica delle
tecnologie a zero emissioni nette in Europa anche per il settore
della "blue economy".
L'atto e' da alcuni visto come un tentativo europeo di contromossa
nei confronti dell'«Inflation Reduction Act» (IRA) americano,
approvato dal Congresso la scorsa estate e che ha allocato ben 369
miliardi di dollari in misure a favore del clima, prevalentemente
agevolazioni fiscali per la produzione di energia a basse emissioni
di carbonio e per l'acquisto di veicoli elettrici.
L'iniziativa in questione, proposta dalla Commissione nel quadro del
c.d. "Piano industriale del Green Deal", individua tecnologie che
apporteranno un contributo significativo alla decarbonizzazione e
che, in quanto considerate "strategiche", riceveranno un sostegno
particolare a livello europeo sulla base dei seguenti pilastri: (i)
definizione delle condizioni abilitanti: la normativa migliorera' le
condizioni per gli investimenti nelle tecnologie a zero emissioni
nette migliorando l'informazione, riducendo gli oneri amministrativi
per l'avvio di progetti e semplificando le procedure di rilascio
delle autorizzazioni; (ii) agevolazione dell'accesso ai mercati: per
migliorare la diversificazione dell'offerta di tecnologie a zero
emissioni nette, la normativa impone alle Autorita' pubbliche di
tenere conto dei criteri di sostenibilita' e resilienza per le
tecnologie a zero emissioni nette nell'ambito degli appalti pubblici
o delle aste; (iii) miglioramento delle competenze: la normativa
introduce nuove misure per garantire la disponibilita' di manodopera
qualificata; (iv) promozione dell'innovazione: la normativa consente
agli Stati membri di istituire spazi di sperimentazione normativa per
testare tecnologie innovative a zero emissioni nette e stimolare
l'innovazione in condizioni normative flessibili; (v) la "piattaforma
Europa" a zero emissioni nette sosterra' gli investimenti,
individuando le esigenze finanziarie, le strozzature e le migliori
pratiche per i progetti in tutta l'UE. Il Regolamento proposto deve
ora essere discusso e approvato dal Parlamento europeo e dal
Consiglio dell'Unione, prima della sua adozione ed entrata in vigore.
Al riguardo, occorre evidenziare che l'attuale proposta legislativa
non sembra riconoscere adeguatamente il ruolo strategico del
trasporto marittimo, e, quindi, la necessita' di sostenere lo
sviluppo delle tecnologie, dei carburanti alternativi e delle
infrastrutture richieste per la decarbonizzazione di quest'ultimo
alla luce delle peculiarita', specificita' e complessita' della
transizione energetica del settore.
Pertanto, sara' di fondamentale importanza nel corso del processo
legislativo a livello europeo che il decisore unionale consideri il
trasporto marittimo quale infrastruttura strategica dell'Unione
europea, prevedendo specifiche di politica industriale a supporto
della transizione energetica di tale comparto.
Il Cipom potrebbe svolgere un importante ruolo di coordinamento e di
raccordo tra le amministrazioni nazionali coinvolte, con l'obiettivo
di tramutare la criticita' della proposta sopra-richiamata in una
opportunita' per supportare, tramite questa iniziativa, la
competitivita' e la transizione energetica della filiera nazionale
della blue economy.
III. Il riciclaggio delle navi:
Il Regolamento UE 20 novembre 2013, n. 1257 relativo al riciclaggio
delle navi ("EU Ship Recycling Regulation") e' un atto legislativo
europeo che mira a regolare in modo piu' efficace il processo di
demolizione delle navi commerciali, al fine di prevenire
l'inquinamento ambientale e garantire condizioni di lavoro sicure e
dignitose per i lavoratori impiegati in questo settore.
Il Regolamento, in vigore dal 2014, stabilisce una serie di requisiti
e procedure che le navi commerciali devono seguire quando raggiungono
la fine della loro vita operativa e devono, dunque, essere dismesse.
Esso si applica a tutte le navi battenti bandiera di uno Stato membro
dell'UE e alle navi con bandiere di Paesi extra-UE che fanno scalo o
ancoraggio in un porto dell'Unione.
Ai sensi del suddetto Regolamento, il riciclaggio delle navi puo'
avvenire solo presso gli impianti elencati nell'elenco europeo degli
impianti di riciclaggio, come stabilito dalla decisione di esecuzione
UE 19 dicembre 2016, n. 2323 della Commissione. Gli impianti possono
essere situati nell'Unione europea o in Paesi terzi e devono
rispettare una serie di requisiti relativi alla sicurezza dei
lavoratori e alla tutela dell'ambiente.
Attualmente e' in corso una valutazione della suddetta normativa da
parte della Commissione europea la cui pubblicazione, prevista entro
fine anno, potrebbe essere accompagnata da una proposta di revisione
del richiamato Regolamento66 , anche tenendo conto dell'entrata in
vigore della Convenzione internazionale di Hong Kong sul riciclaggio
delle navi67 , prevista per il 26 giugno 2025, a seguito della
recente conclusione delle procedure di ratifica.
Tale Convenzione e' stata adottata da 63 Paesi nel 2009 e stabilisce
requisiti a livello internazionale per navi, cantieri navali, stati
di bandiera e autorita' in tema di sicurezza, condizioni di lavoro
adeguate, questioni ambientali e trattamento dei materiali pericolosi
nel riciclaggio delle navi.
L'entrata in vigore della Convenzione nel 2025 rappresenta un
importante passo in avanti nel garantire che le navi vengano
riciclate in modo sicuro e nel rispetto dell'ambiente, attraverso lo
sviluppo di strutture di riciclaggio globali sostenibili - creando
altresi' condizioni di parita' a livello internazionale.
In tale contesto, la prevista revisione del Regolamento UE 31 agosto
2013, n. 1517 potrebbe rappresentare l'occasione per affrontare le
attuali criticita' emerse nell'applicazione di quest'ultimo,
migliorandone, laddove possibile, l'efficacia. Al contempo, sarebbe
in grado di garantire il necessario allineamento con la disciplina
adottata a livello internazionale, l'unica per sua natura in grado di
assicurare efficacemente un'attuazione uniforme e condizioni di
parita' a livello internazionale nella promozione di un riciclaggio
delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente.
Rispetto alle sopraelencate materie, incluse le recenti iniziative di
matrice europea, appare auspicabile che il Cipom coordini le
amministrazioni competenti affinche' l'Italia possa partecipare ai
processi di formazione normativa e di regolazione, facendo valere in
maniera autorevole e consapevole i propri interessi nei consessi
europei ed internazionali di riferimento.
Presidiare efficacemente gli organismi europei che trattano i
numerosi temi impattanti lo shipping in modo proattivo e
continuativo, sia a livello politico sia tecnico, rappresenta non
piu' solo un'opportunita', ma un'esigenza imprescindibile dell'azione
di Governo per il tramite del Cipom.
Andrebbe valutata, di concerto con i Dicasteri competenti, la
possibilita' di rafforzare il presidio italiano a Bruxelles, ed in
particolare presso la Rappresentanza Permanente d'Italia presso la
Unione europea, in misura analoga agli effettivi di altre
rappresentanze nazionali.
Per parte sua il Cipom potra' attivare e coltivare i necessari
processi di approfondimento con le amministrazioni coinvolte
raccogliendo al contempo le osservazioni dei portatori di interesse,
utilizzando la professionalita' e la conoscenza degli esperti che
lavorano a supporto dell'Amministrazione.
Nel settore in esame occorre, in ultima analisi, affrontare la
legislazione del mare in modo olistico e con il concorso delle
amministrazioni interessate nel rispetto delle singole competenze,
onde giungere a posizioni conformi all'interesse del comparto
nazionale cosi' da consentire anche una valida e consapevole
perorazione delle proposte italiane nei consessi internazionali.
2.3 I PORTI
2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo
Con la sua tradizione marittima e la sua centralita' mediterranea,
l'Italia detiene una posizione che impone di considerare la
dimensione marittima della Nazione quale caposaldo delle politiche
del Governo. Le prospettive economiche del Continente africano
impongono altresi' di considerare quest'area del mondo come una
risorsa significativamente importante sia per la de-localizzazione
delle produzioni industriali, in particolare nel settore
dell'energia, sia come sbocco degli scambi commerciali posto
l'aumento demografico ed economico dei Paesi immediatamente
frontalieri nel bacino del Mediterraneo.
In quest'ottica si colloca il progetto del c.d. "vicinato
meridionale", ovvero di una rete di rapporti collaborativi con Paesi
in grado di assurgere al ruolo di partner impegnandosi su programmi e
progetti che includono una componente di sviluppo economico ed un
forte impegno al miglioramento della catena logistica come
effettivamente sta accadendo in alcuni Paesi dell'area "Middle East"
e del Nord Africa68 .
La centralita' geografica del Mediterraneo rispetto alle rotte
marittime Est-Ovest69 impone una profonda riflessione sul ruolo del
nostro sistema portuale e logistico a servizio dei traffici europei
nella prospettiva che il sistema portuale medesimo possa
ragionevolmente evolvere nella direzione da tempo auspicata70 dello
sfruttamento delle aree retro-portuali a servizio di attivita'
logistico-manifatturiere, anche grazie alle gia' esistenti forme di
incentivazione - sia mediante misure per la promozione dello sviluppo
dei traffici "Ro-Ro" e delle "Autostrade del Mare" attraverso
l'aggregazione e l'incentivazione della domanda di trasporto merci,
sia ricorrendo all'adozione di misure per l'incentivazione della
localizzazione di attivita' manifatturiere e logistiche nelle aree
portuali nazionali e nelle aree logistiche integrate del
Mezzogiorno71 , che devono essere opportunamente promosse anche
presso operatori internazionali potenzialmente interessati alla
re-introduzione nel territorio europeo delle attivita' industriali
gia' trasferite nei Paesi asiatici (c.d. "re-shoring"). Cio' assume
ancora maggiore rilevo in considerazione della circostanza che anche
il Nord Africa, quale area geografica sempre piu' emergente, e'
destinato a divenire un luogo attraente per nuovi impianti produttivi
in un'ottica di "near-shoring", grazie alle capacita' del territorio
di fornire alcune materie prime critiche, oltre ad un ulteriore
vantaggio competitivo in termini di costi della manodopera72 .
Per quanto sopra, e' pertanto necessario migliorare l'efficienza dei
servizi portuali, riducendo in particolare i tempi di attesa e
stazionamento delle navi nei porti nazionali che risultano ancora
decisamente elevati rispetto ai porti europei e internazionali
concorrenti. Infatti, il "just-in-time" si realizza quando all'arrivo
della nave in porto segua prontamente l'inizio delle operazioni di
carico e scarico delle merci, senza rallentamenti o soste delle navi
in rada ad attendere piu' del necessario il nulla-osta all'ingresso
in porto. Ovviamente trattandosi di un obiettivo virtuoso, lo stesso
presuppone che la gestione dell'infrastruttura portuale non venga
attuata isolatamente e frammentariamente ma mediante una
concertazione che coinvolga tutti gli operatori, pubblici e privati.
Il PNRR prevede, ad esempio, che si superi la elevata complessita'
del ciclo portuale, anche mediante il superamento della
disomogeneita' e frammentazione attuale favorita dall'assenza di
un'opportuna centralizzazione raggiunta, di fatto, solo in alcuni
specifici settori. In questo contesto, come si dira' piu' nel
dettaglio innanzi e come messo in luce nel corso delle audizioni,
particolare importanza assume il completamento dei processi di
digitalizzazione e combinazione dei sistemi informativi e
operazionali gia' in uso (quali il «Port Management Information
System»- PMIS e il «Port Community System» - PCS impiegati
rispettivamente dalle Autorita' marittima e dalle Autorita' di
Sistema Portuale) ed in grado di ottimizzare l'efficienza dello scalo
proprio perche' finalizzati a semplificare l'elevata complessita'
dell'intero ciclo portuale legato all'assistenza alla nave nelle
operazioni necessarie73 .
Puo' quindi dirsi che il concorrente contributo che i diversi fattori
geopolitici hanno portato al processo di riconduzione del
Mediterraneo al ruolo di piattaforma strategica in un contesto
logistico molto esteso pretende che le realta' portuali si adeguino
velocemente al mutato scenario complessivo.
Del resto, in generale, la scelta di un porto piuttosto che di un
altro da parte dell'utenza marittima (armatori, operatori della
logistica, operatori portuali, operatori turistici/diportistici) non
dipende piu' dal solo fattore geografico e comunque presuppone che
detto fattore venga inteso in un senso maggiormente evoluto. Il
porto, quindi, non si riduce solamente all'infrastruttura marittima,
ma deve essere inteso e riguardato in questa sua prospettiva dinamica
che valorizzi anche l'efficienza e l'affidabilita' dell'intera
connessione intermodale ad esso risalente. In conclusione, puo' dirsi
che in aggiunta alla collocazione geografica devono essere valutati
altri elementi, quali l'efficienza dell'integrazione sostenibile del
"sistema porto" nella rete logistica retroportuale e tutti quegli
altri fattori aggiuntivi che coniugano gli aspetti di sicurezza
marittima e portuale tradizionali con le nuove ed evolute esigenze
commerciali sottese all'intero settore dello shipping (movimento
delle navi, possibilita' di accosto in banchina, operazioni che
consentano alle navi di compiere le attivita' tecnico-nautiche in
sicurezza, nonche' tutte le pratiche burocratiche, amministrative e
commerciali nel minor tempo possibile).
2.3.2 Le reti ten-t
All'interno delle reti trans-europee di trasporto ("TEN-T"), il
completamento della "Core Network" (c.d. "Rete centrale") e'
programmato per il 2030 e, per sostenerne la realizzazione coordinata
tra i diversi Stati membri, l'Unione europea ha identificato nove
"Corridoi"74 .
Le reti TEN-T sono, di fatto, un insieme di infrastrutture lineari
(ferroviarie, stradali e fluviali) e puntuali (nodi urbani, porti,
interporti e aeroporti) considerate rilevanti a livello UE e la "Core
Network" e' costituita: (i) dai nodi urbani a maggiore densita'
abitativa; (ii) dai nodi intermodali di maggiore rilevanza; (iii)
dalle relative connessioni75 .
Dette reti, infatti, favoriscono l'integrazione dei Paesi europei in
vista di un mercato unico e sostengono una politica per la
de-carbonizzazione dei trasporti ed un ruolo attivo dell'Unione
europea nella "lotta" globale ai cambiamenti climatici.
In questo contesto, la priorita' a livello europeo e' quella di
assicurare la continuita' dei "Corridoi", realizzando i collegamenti
mancanti, assicurando collegamenti tra le differenti modalita' di
trasporto, eliminando i "colli di bottiglia" esistenti. Il
completamento della rete "Core" entro il 2030 richiede quindi
all'Italia uno sforzo importante, soprattutto per quanto riguarda
l'efficientamento dei collegamenti ferroviari e stradali ed il
completamento dei collegamenti di "ultimo miglio" a porti76 ed
aeroporti della rete "Core". In tal senso, sono gia' stati finanziati
programmi per collegamenti ferroviari e stradali atti a risolvere
criticita' strutturali nell'accessibilita' stradale e ferroviari di
alcuni porti italiani. In particolare, con il fondo complementare
sono stati stanziati 250 milioni per l'ultimo miglio ferroviario/
stradale a cui si vanno ad aggiungere oltre 350 milioni (PNRR), di
cui il 60% al Sud, per interventi ferroviari per il collegamento dei
porti alla rete nazionale.
In considerazione del ruolo della rete centrale e' pertanto opportuno
elaborare ed attuare appositi piani di sviluppo dei "Corridoi" con
strutture di governance tali da agevolare la realizzazione della rete
centrale. In tale scenario, il fatto che 4 dei 9 "Corridoi" giungano
o partano da porti italiani trova la sua ragione anche nella
consapevolezza raggiunta a livello europeo sul fatto che ragioni di
efficienza e competitivita' ambientale giustificano una maggiore
alimentazione da Sud dei mercati continentali77 .
Cio' richiede una relazione tra le reti TEN-T core, i "Corridoi" ed i
porti italiani che costituiscono i terminali di sistemi
multi-portuali e logistici (i c.d. «European core corridor multiport
& logistic gateway»). Naturalmente stante le caratteristiche del
territorio italiano e la numerosita' dei porti sul territorio, le
vocazioni dei singoli porti dovranno essere differenziate sulla base
delle caratteristiche funzionali ed organizzative di ciascuna realta'
in linea con gli obiettivi dei "Corridoi" medesimi.
Alla luce di quanto sopra, posto che i principali "Corridoi" sono
collegati ai porti di maggior rilievo della Nazione, e' necessario
prevedere una politica portuale nazionale che vada di pari passo e
che sia armonizzata e funzionale al raggiungimento degli obiettivi
dei "Corridoi" medesimi.
E' quindi necessario, da un lato, implementare le misure di
investimento nell'ambito del c.d. «Meccanismo per collegare
l'Europa», ovvero il c.d. «Connecting Europe Facility»78 anche per i
porti nazionali e, dall'altro, incentivare l'intermodalita'
ferro-mare tra i porti (nazionali) ed i "Corridoi" europei.
Questa e' una delle chiavi per garantire efficienza ed innovazione al
sistema produttivo nazionale sviluppando le potenzialita' delle
interconnessioni anche nell'ottica di offrire ai porti nazionali la
possibilita' di divenire hub per il traffico merci su ferrovia da e
per i poli logistici italiani ed europei contribuendo cosi' a
realizzare la c.d. «cura del ferro».
In tal senso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e
programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette
azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra
piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento
nel Cipom.
2.3.3 I bacini portuali
In questo contesto, poi, con riferimento ai bacini portuali, un
indice della razionalita' della distribuzione delle installazioni
portuali nazionali e della loro capacita' di servire i territori che
ricadono nella propria area di influenza, nonche' di interconnettersi
alle reti transeuropee, puo' essere ricavato attraverso il confronto
e la sovrapposizione dei relativi bacini di utenza commerciale79 . In
tal senso occorre implementare misure volte ad integrare detti bacini
di utenza dei cluster portuali sia nel Nord Italia sia nel Meridione
con i Corridoi TEN-T.
Cio' anche in ragione del fatto che la struttura dimensionale delle
infrastrutture portuali e' estremamente diversificata su scala
territoriale e regionale e che tale diversificazione, che altresi'
dipende dalla piu' o meno elevata specializzazione dei traffici,
dovra' sempre piu' esprimere un'evoluzione delle dotazioni
infrastrutturali in linea con la selezione dei porti della rete
"Core"80 .
2.3.4 Le aree retro-portuali e l'interazione con i c.d. "dry-ports"
La circostanza che la maggiore disponibilita' di aree retro-portuali
potenzialmente idonee all'insediamento di attivita' industriali si
trovi nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori rappresenta un ulteriore
stimolo nel contesto di una progressiva riduzione della
sotto-occupazione in quei contesti territoriali.
I porti commerciali costituiscono uno strumento dello Stato - inteso
come rete logistica complessa a servizio della Nazione - le cui
strategie complessive devono sempre essere volte a cogliere ogni
opportunita', evitando sovrapposizioni o inutili competizioni tra
scali portuali che vadano a ridurre l'efficienza complessiva degli
investimenti.
Occorre poi prendere atto che l'esperienza internazionale ha
insegnato che il porto puo' dare vita ad attivita' connesse in aree
viciniori e, parimenti, supportarne la creazione di investimenti
industriali a servizio della merce in transito o addirittura
impiegate nella produzione di merce destinata all'esportazione.
Le moderne esigenze di lavorazione ed imballaggio delle merci
(logistica), nonche' quelle di smistamento attraverso diverse
modalita' di trasporto (vale a dire l'intermodalita'), richiedono
spazi che non sono talvolta disponibili in prossimita' di molti
bacini portuali italiani. Tali attivita', tuttavia, possono piu'
opportunamente svilupparsi nelle strutture interportuali
dell'hinterland mettendo - ad esempio - in pratica servizi di
"navettamento", anche ferroviario, tra porti ed interporti81 . Un
legame piu' stretto tra i porti e gli interporti determina vantaggi
competitivi per entrambe le strutture e consente di sommare ai
servizi di trasporto ulteriori servizi ad elevato valore aggiunto
(i.e. magazzinaggio, gestione ordini, controlli qualita', assemblaggi
etc.). E' questo il modello che si sta affermando in altri mercati
europei, con una forte crescita nelle aree retro-portuali di
"distripark" all'interno delle quali, attraverso servizi di prima
trasformazione e lavorazioni intermedie delle merci, e' possibile
accrescere notevolmente il valore aggiunto della merce (si pensi, a
titolo esemplificativo ma non esclusivo, ad un container in
transito).
Alla luce di quanto sopra, affinche' detto modello possa affermarsi
anche all'interno del mercato italiano, nel quale gli spazi portuali
sono tendenzialmente limitati, e' necessario coordinare ed
omogeneizzare gli interventi su scala macro-regionale per favorire le
relazioni di sistema interporti-interporti e/o piattaforme
intermodali e porti-interporti82 .
In questo contesto, infatti, il veloce smistamento delle merci verso
i nodi interportuali grazie ad appositi servizi, quale quello di
shuttle via ferrovia, potrebbe consentire agli interporti di agire da
catalizzatori di traffico ossia da veri e propri Inland terminal (o
dry ports), dai quali gli operatori ferroviari potrebbero rilanciare
i propri servizi lungo le maggiori direttrici di traffico.
Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
2.3.5 Le Zes e le Zls
E' altresi' evidente come, nel panorama portuale nazionale, vi siano
delle realta' - specialmente nel Sud - le quali nonostante dispongano
di ampie aree retro-portuali (a differenza dei porti del Centro-Nord)
risultano essere sotto-utilizzate. In questo senso, cio' che
senz'altro si rileva ai nostri fini e' che le norme introdotte negli
anni successivi che hanno portato alla possibilita' di istituire in
Italia le Zone Economiche Speciali ("ZES") e le Zone Economiche
Logistiche Semplificate ("ZLS") hanno accentuato il ruolo di
promotore dello sviluppo degli enti portuali.
E' quindi necessario dare un fattivo impulso alle ZES ed alle ZLS
allo scopo di recuperare quanto prima lo svantaggio maturato nei
confronti delle altre Nazioni europee che hanno attivato analoghi
regimi83 . Si ritiene quindi che questa impostazione, rafforzata con
agevolazioni e semplificazioni effettive, possa costituire una leva
interessante per far si' che i porti diventino drivers per lo
sviluppo industriale del "Sistema Italia"84 . In tal senso, appare
appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione
necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni,
soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel
Cipom.
Dal punto di vista logistico, e' poi fondamentale investire in
infrastrutture ed attrezzature che rispondano alla necessita' di
crescita della capacita' portuale, all'aumento delle dimensioni delle
navi ed alla crescente domanda di collegamento con l'entroterra.
Inoltre, particolare importanza dovra' essere riconosciuta alle
strutture di protezione ed alla accessibilita' marittima. Il Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza, misura M5C385 ha previsto una
serie di interventi infrastrutturali in tali aree per un importo di
630 milioni di euro.
Sotto altro profilo, lungo l'intera catena logistica e, in
particolare, per le nuove concessioni nelle aree operative, e'
altresi' essenziale adeguarsi continuamente alla transizione
energetica, alla sicurezza informatica ed alla tutela dell'ambiente,
in particolare nella gestione dei rifiuti dei porti (ivi inclusi gli
scali minori ed i piccoli porti non commerciali) - cio' anche
mediante adeguati modelli di gestione del servizio che dovrebbero
evolversi verso una progressiva apertura al mercato86 - e nella
riduzione dell'inquinamento atmosferico e idrico.
2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione
Altrettanto importante e' continuare ad investire nell'automazione,
nella digitalizzazione e nella semplificazione dei processi.
A questo proposito, gli scali portuali nazionali e mediterranei hanno
un ruolo nevralgico nei progetti di digitalizzazione e nella
salvaguardia della sicurezza delle informazioni e della c.d. "Cyber
security"87 .
In termini generali, le stime relative alla portata macroeconomica
della transizione digitale del settore dei trasporti marittimi,
rispetto all'introduzione di nuove tecnologie quali, a titolo
esemplificativo ma non esaustivo, sistemi di intelligenza artificiale
e di robotica avanzata, promettono di contribuire alla crescita del
PIL, in tutta l'Unione europea, determinando aumenti mediamente pari
all'1,1% su base annuale, lungo tutto il decennio corrente e fino
alla conclusione del 203088 .
La digitalizzazione offre opportunita' di ampio efficientamento ed
ammodernamento nel settore logistico particolarmente - ma non solo -
nel settore del trasporto di merci in contenitore. In tale ambito,
dare piena attuazione operativa a quanto previsto dall'«European
Maritime Single Window environment» (EMSWe), sistema di interfaccia
unica ai sensi del Regolamento UE n. 1239 del 201989 , costituisce
un'importante misura di ammodernamento che mira a garantire la
possibilita' che le informazioni correlate agli obblighi di
dichiarazione possano essere fornite dalle compagnie di navigazione
in formato elettronico e soltanto una volta per ogni scalo in un
porto dell'Unione. Un ulteriore esempio e' rappresentato
dall'introduzione della tecnologia c.d. "blockchain" per la gestione
dei processi dei documenti di trasporto e la tracciabilita' delle
merci.
Le piattaforme digitali, in questo senso, possono facilitare
l'incrocio tra domanda ed offerta nel settore del trasporto
marittimo, collegando aziende che necessitano di spedire merci con
operatori del trasporto e fornendo servizi di "tracking", gestione
dei pagamenti e stoccaggio. Al momento - posto che il mondo della
logistica continua tuttora ad essere caratterizzato, nella maggior
parte dei casi, da una gestione cartacea dei documenti di trasporto
relativi alla merce o comunque dispone di sistemi digitali talvolta
obsoleti - uno degli aspetti maggiormente sfidanti attiene alla
digitalizzazione della polizza di carico. Cio' in ragione dell'ormai
articolato sistema di trasporto internazionale dei container90 .
In questo contesto - per rendere maggiormente competitivi gli scali
marittimi italiani e quindi ridurre i tempi di transito delle merci
nei porti, in termini di documentazione, dogana, movimentazione ed
organizzazione di convogli in partenza e in arrivo - come emerso nel
corso delle audizioni occorrono sforzi organizzativi ma, soprattutto,
una maggiore semplificazione amministrativa che tenda all'omogeneita'
con gli standard europei e la riduzione del numero di passaggi e
intermediari. Il tutto anche mediante il potenziamento dello
sportello unico doganale - e quindi la semplificazione delle
transazioni di importazione/esportazione - e la gestione informatica
a distanza delle pratiche, come gia' anticipato in tema di
digitalizzazione, prima dell'arrivo delle navi nel porto. In questo
senso, la semplificazione delle procedure doganali, anche nell'ottica
di accrescere la potenzialita' delle scarse superfici esistenti nei
porti italiani, deve portare ad una progressiva riduzione della
permanenza in porto della merce (ad esempio del contenitore)91 .
Occorre pertanto anche un coinvolgimento diretto delle Autorita' di
Sistema Portuale affinche', progressivamente, si dotino di un
apposito sistema informativo, il c.d. "Port Community System", che -
oltre ad avvantaggiare dal punto di vista operativo l'intera catena
della logistica portuale - agevoli il dialogo tra le amministrazioni
coinvolte e gli operatori del settore mediante i servizi informatici
offerti dalla citata infrastruttura informatica92 .
2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale
Occorre inoltre garantire il rispetto del "level playing field"
concorrenziale all'interno delle strutture portuali, in compliance
con le regole europee93 , in un contesto omogeneo e rispettoso del
principio della demanialita' necessaria delle aree destinate alle
attivita' portuali.
In tale scenario, emerge l'importanza di dotarsi di adeguati
strumenti pianificatori in linea con le previsioni dell'art. 5 della
legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante «Documento di programmazione
strategica di sistema. Piano regolatore portuale».
Detti strumenti, infatti, costituiscono - da un lato - la garanzia
del rispetto del livello di concorrenza all'interno del porto in
quanto hanno la responsabilita' di definire i contesti entro i quali
si misurano le imprese in concorrenza su quel mercato e, allo stesso
tempo, costituiscono - dall'altro lato - la garanzia di un quadro di
riferimento per tale competizione che non dovrebbe essere alterato
proprio per consentire un adeguato sfruttamento della concessione
quale requisito necessario per la realizzazione degli investimenti
che, medio tempore, l'operatore privato concessionario di un'area
portuale deve effettuare per mantenere detta area (cosi' assentita)
in efficienza94 .
Sotto altro profilo, poi, i Piani Regolatori portuali (PRP) assumono
la funzione di atto di programmazione della Pubblica Amministrazione
che fissa i criteri e le modalita' per la futura utilizzazione del
porto; tali atti, infatti, vincolano - limitandone la
discrezionalita' - la stessa amministrazione, la quale non puo'
(senza valide ragioni e motivatamente) discostarsene95 .
La valorizzazione e l'efficientamento delle realta' portuali passa
anche attraverso la piena attuazione delle disposizioni contenute
nell'art. 5 della legge n. 84 del 1994, con l'adozione dei documenti
di programmazione strategica di sistema portuale e dei Piani
Regolatori portuali per la redazione dei quali sono, peraltro, in
corso di revisione a cura del Consiglio superiore dei lavori pubblici
le relative linee guida96 . Trattasi questo di un punto centrale
della politica portuale nazionale e della regolazione in ambito
portuale che parte dalla determinazione degli obiettivi degli
strumenti di pianificazione in ambito portuale [ndr. il PRP] come
vincolanti per la Pubblica Amministrazione.
Oltre a cio' occorre poi segnalare la necessita' di forme di
semplificazione - in aggiunta a quelle gia' apportate all'art. 5
della legge n. 84 del 1994, operate con il d.l. 10 settembre 2021, n.
121, riguardanti il Documento di programmazione strategica di sistema
- relative a qualsivoglia intervento sul sedime portuale nel quale,
tra le altre, rientrano la semplificazione: (i) dei procedimenti per
l'aggiornamento della pianificazione portuale sia a livello
strategico, con il Documento di pianificazione strategica di sistema
("DPSS"), sia a livello di Piano Regolatore Portuale ("PRP"); (ii)
delle procedure decisionali e realizzative delle opere portuali o in
ambito retro-portuale; (iii) delle procedure di valutazione
ambientale e di attuazione dei dragaggi.
2.3.8 I dragaggi portuali
Deve affrontarsi in modo coordinato ed efficiente - come gia'
accennato nei paragrafi precedenti - il tema della semplificazione
delle procedure necessarie per procedere agli interventi di dragaggio
dei fondali portuali distinguendo, ove possibile, quelli necessari al
mantenimento dei fondali con quelli che sono volti al loro
approfondimento.
E' dunque impellente la necessita' di definire una normativa
nazionale - ad oggi ancora disorganicamente rintracciabile e
differentemente rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti nei siti
di interesse nazionale - che ricomprenda in maniera organica tutti i
regolamenti emanati e, in particolare, in cui siano definite in
maniera olistica: (a) i criteri e le modalita' relative alla
caratterizzazione dei sedimenti, alla valutazione della loro
qualita', nonche' alla gestione di vari passaggi autorizzativi (ad
esempio ai fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale dei
dragaggi sostenibili)97 ; (b) le modalita' di adeguamento evolutivo
delle disposizioni vigenti in linea con i principi giuridici "guida"
del quadro normativo interno ed unionale di riferimento, indirizzando
la gestione dei materiali verso reimpieghi, recuperi o ri-utilizzi98
. Auspicabile in tal senso e' altresi' il coordinamento delle
competenze nelle singole amministrazioni e l'adozione di linee guida
per guidare le scelte e i processi decisionali e autorizzativi.
Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria
Sotto altro profilo, come gia' anticipato nei paragrafi che
precedono, occorre agevolare le connessioni ferroviarie dei porti
alla rete ferroviaria nazionale e agli interporti attraverso nuove
infrastrutturazioni e semplificazioni regolatorie e amministrative.
Cio' nell'ottica di rivedere in tempi brevi le priorita' degli
interventi del gestore della rete ferroviaria in funzione
dell'esigenza di: (i) colmare, tra le altre, il deficit dei
collegamenti ferroviari dei porti del Mezzogiorno99 ; (ii) adeguare
le connessioni dei porti piu' prossimi alle aree dell'Europa centrale
ed orientale, offrendo cosi' a tutte le componenti del sistema
logistico analoghi livelli di connessione e la possibilita' di
dispiegare al meglio tutte le loro potenzialita'.
Alla luce di quanto sopra, occorre quindi incentivare lo sviluppo del
trasporto ferroviario riducendo il gap dei costi operativi (portuali)
legati alla movimentazione ferroviaria100 . Il tutto, prendendo come
riferimento l'orientamento della Commissione europea che,
nell'attuale contesto di forte incentivo alla transizione ecologica
del settore dei trasporti, ha inteso valorizzare - in linea di
principio - la conformita' della misura di aiuto di Stato oggetto
alle priorita' e finalita' stabilite nella strategia per una
mobilita' sostenibile e intelligente e nell'agenda del cd. "Green
Deal europeo"101 .
2.3.10 La transizione energetica nei porti
Occorre sostenere adeguatamente il processo di decarbonizzazione del
porto, inclusa la fornitura di energia elettrica alle navi durante la
sosta a costi competitivi, favorendo altresi' la nascita delle
comunita' energetiche portuali102 .
Per quanto riguarda il primo profilo, e' necessario che i competenti
enti gestori dei porti, nell'ambito della definizione delle
rispettive linee strategiche di sistema, tengano in debita
considerazione la totalita' delle banchine che gestiscono quei
determinati traffici e, di conseguenza, quelle specifiche attivita'
all'interno di un determinato scalo che dovrebbero essere beneficiate
dall'intervento previsto nell'ambito del PNRR.
Occorre quindi un'adeguata pianificazione programmatica coordinata
delle azioni di sistema da parte delle competenti AdSP, unitamente
alla definizione dei ruoli e dei profili di responsabilita' di tutti
gli stakeholder coinvolti, per scongiurare interventi selettivi volti
ad effettuare investimenti presso talune banchine lasciando gli
interventi presso altre in sospeso o addirittura non prevedendoli.
Per quanto attiene, invece, al secondo profilo, con l'estensione
della nozione di Comunita' Energetiche (c.d. "CER") anche all'ambito
portuale103 e' stata perseguita la finalita' di contribuire alla
crescita sostenibile dell'Italia, nonche' alla de-carbonizzazione del
sistema energetico (portuale). Sul presupposto che i porti sono tra
le infrastrutture maggiormente energivore al mondo104 , e' necessario
prevedere specifiche misure volte a far si' che le CER portuali
possano concretamente sostenere, in prospettiva, le esigenze
energetiche sia dell'intero cluster portuale sia del retro-porto105 .
Cio' in quanto, rendere i porti piu' sostenibili e' fondamentale per
garantirne la competitivita' a lungo termine. La sostenibilita',
infatti, ha un impatto positivo sulle attivita' economiche,
commerciali ed operative, sul presupposto che i Green Ports106
garantiscono la protezione dell'ambiente al pari del risparmio dei
costi. Il tutto con un effetto positivo complessivo anche
sull'economia del Sistema Italia.
In questo contesto l'Italia ha gia' attivato iniziative di sostegno
ai processi di decarbonizzazione del porto destinando risorse
pubbliche per la realizzazione dei sistemi di collegamento alla rete
elettrica di terra (OPS - Cold-Ironing) da parte delle navi
mercantili, quando queste sono all'ormeggio. I predetti investimenti
per il Cold-Ironing sono stati accompagnati da una riforma
finalizzata a velocizzare e facilitare la realizzazione dei nuovi
impianti. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha
avviato un tavolo di coordinamento affinche' sia i singoli aspetti
della connessione dei servizi di Cold-Ironing alla rete che il
modello di gestione siano uniformi. Anche da questo indispensabile
lavoro di armonizzazione dei sistemi passa l'efficienza degli
impianti e dei servizi connessi. Anche in questo caso, appare
appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione
necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni,
soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel
Cipom.
2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors"
In tale contesto occorre sostenere la creazione e lo sviluppo dei
c.d. "Green Corridors" o "corridoi verdi"107 , vale a dire
collegamenti marittimi (o, meglio, specifiche rotte commerciali) tra
due o piu' porti operate da vettori che adottino soluzioni volte ad
abbattere (e possibilmente azzerare) le emissioni. Pur nella
consapevolezza che il trasporto marittimo sia un settore ove le
emissioni di gas alteranti sono da considerarsi "hard to abate",
occorre sostenere azioni anche volte all'abbattimento delle emissioni
delle navi nei porti (specialmente per quelli collocati in
prossimita' delle zone abitate), obiettivo che sembra - almeno nel
breve periodo - essere conseguibile mediante l'utilizzo di
bio-carburanti108 .
In linea con quanto e' emerso anche nel corso dell'ultima sessione
del G7 trasporti del giugno 2023 - e sul presupposto che i "Green
shipping corridors" possano emergere come strumento per concorrere
alla de-carbonizzazione del trasporto marittimo - occorre valutare,
anche con il concorso di altre amministrazioni statali interessate,
la promozione di iniziative volte ad incentivare lo sviluppo
tecnologico, la produzione e l'utilizzo di combustibili alternativi
e, parimenti, incoraggiare gli investimenti nelle infrastrutture
portuali destinate allo stoccaggio ed alla distribuzione degli
stessi. Cio' anche ricorrendo alla introduzione di mirate misure
regolatorie e prevedendo, altresi', eventuali regimi incentivanti.
2.3.12 Le autorita' di sistema portuale
Indipendentemente dalla natura giuridica delle singole Autorita' di
Sistema Portuale, si deve prendere atto del fatto che l'ente di
gestione del porto deve avere un modello di funzione moderno e
competitivo al passo con l'esperienza (quantomeno) europea a cui deve
fare riferimento l'efficienza del nostro sistema portuale.
Alle funzioni gia' assegnate dalla legge n. 84 del 1994 alle AdSP e'
opportuno che si affianchino competenze nel coordinamento delle
attivita' logistiche anche in aree retroportuali fino a prevedere per
le AdSP la possibilita' di partecipazione in attivita' logistico e
strategiche, in un disegno unitario
Inoltre, anche nell'ottica di un aggiornamento della legge n. 84 del
1994, dovra' essere valutata una possibile riforma del sistema
portuale in una logica di semplificazione e competitivita' dei porti
italiani. Il tutto valutando di agevolare la necessaria evoluzione
delle attivita' di gestione portuale affidate alle odierne AdSP per
renderle piu' efficienti nei confronti delle mutate esigenze del
mercato rispetto a quelle vigenti al momento dell'entrata in vigore
della sopracitata legge n. 84 del 1994, e piu' competitive rispetto
ai benchmark dei principali modelli portuali europei.
Appare pertanto importante valutare, non solo un possibile
adeguamento della natura giuridica dell'Ente, ma anche di quella
propria delle attivita' gestorie migliorando il modello originario
per incrementare l'efficienza dei singoli porti. In questo contesto,
consentire alle AdSP - deputate alla gestione dei porti nazionali -
iniziative d'impresa nella catena logistica, anche attraverso forme
consortili o comunque di co-partecipazione con soggetti privati
secondo un modello gia' da tempo consolidatosi nei sistemi portuali
piu' evoluti, appare un ulteriore spunto di opportuna riflessione.
Appare, infine, non procrastinabile il rafforzamento delle funzioni
centralizzate sia nella fase della programmazione delle opere di
infrastrutturazione portuale ed extra-portuale a beneficio dei
traffici - onde scongiurare pregiudizievoli sovrapposizioni che
rischierebbero di provocare significative diseconomie e non
gioverebbero all'efficienza del sistema - sia nell'attivita' di
regolazione onde evitare che si verifichino distorsioni tali da
incidere sull'attrattivita' degli scali posto che le stesse
altererebbero il necessario "level playing field". Tra l'altro, una
visione unitaria del sistema portuale nazionale, di cui eventualmente
prendere atto in vista di una possibile riforma da considerare quale
possibile priorita' da portare all'attenzione del Cipom, potra'
consentire di individuare gli scali ove i traffici di prodotti
industriali e petrolchimici sono maggiormente presenti prevedendo
misure di incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione dei
costi (v. supra par. 2.2.5).
In quest'ottica, alcune esperienze europee - e tra queste quella
spagnola - rendono opportuno considerare la possibile individuazione
di un organo centrale con compiti di coordinamento, indirizzo,
pianificazione, regolazione e distribuzione delle risorse dello
Stato.
A livello locale, potrebbe poi considerarsi opportuno un maggiore
coinvolgimento, nella gestione operativa degli scali, dell'utenza e
degli attori esercenti i servizi e le operazioni portuali oltre ai
rappresentanti delle maestranze.
E' auspicabile, inoltre, procedere ad una revisione organica della
parte marittima del codice della navigazione al fine di operare
interventi di adeguamento ed integrazione delle norme codicistiche in
linea con le attuali esigenze ed evoluzioni del settore portuale.
Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
2.3.13 I servizi di deposito e distribuzione dei prodotti energetici
e a servizio della pesca
I depositi costieri di prodotti energetici e chimici hanno una
straordinaria importanza nel contesto della transizione ecologica,
importanza tale da identificarli come un'infrastruttura strategica
nell'ambito degli scali di competenza.
Saranno, infatti, queste infrastrutture che dovranno dotarsi del
corredo impiantistico e tecnologico per il deposito e la messa a
bordo dei bio-carburanti e di quelli sintetici di prossima
generazione ad uso marittimo ed industriale. In questo contesto
occorre prevedere, cosi' come per l'intero alveo dei servizi portuali
(ivi incluso quello del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti
prodotti dalle navi)109 , un'adeguata attivita' di regolazione per
garantire l'accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture
assieme a condizioni eque e trasparenti in linea con le regole
europee, in ossequio con quanto previsto dal Regolamento UE n. 352
del 2017110 che istituisce un quadro normativo per la fornitura dei
servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria
dei porti.
Da ultimo, nella programmazione delle politiche portuali e' infine
necessario recepire le esigenze della pesca moderna, che deve
svolgere a terra una serie di funzioni in banchine attrezzate,
pensando anche a spazi specializzati per lo smaltimento dei rifiuti
"pescati" accidentalmente che non devono essere gettati nuovamente a
mare ma correttamente e gratuitamente conferiti.
2.3.14 Raccolta dei rifiuti prodotti da nave e gestione dei relativi
impianti portuali
Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197, che ha abrogato
il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, e' stata recepita la
direttiva UE n. 883 del 2019 riguardante gli impianti portuali di
raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi. Tale normativa,
finalizzata a proteggere l'ambiente marino dagli effetti negativi
degli scarichi dei rifiuti delle navi che utilizzano porti nel
territorio dello Stato nonche' garantire il buon funzionamento del
traffico marittimo migliorando la disponibilita' e l'uso di adeguati
impianti portuali di raccolta dei rifiuti ed il conferimento degli
stessi presso tali impianti, si applica alle navi, compresi i
pescherecci e le imbarcazioni da diporto che, indipendentemente dalla
bandiera, fanno scalo presso un porto italiano. Conformemente a
quanto previsto in ambito unionale, il provvedimento attuativo impone
alle Autorita' di Sistema Portuale o, ove non istituite, alle
Autorita' marittime, l'onere di elaborare e approvare un piano di
raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi, di validita'
quinquennale, che sia tuttavia coerente con la pianificazione
regionale in materia di rifiuti.
In questo settore, ulteriori aspetti sono altresi' lambiti dalla
legge 17 maggio 2022, n. 60, c.d. "Salvamare", che ha come obiettivo
quello di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla
promozione dell'economia circolare, nonche' alla sensibilizzazione
della collettivita' per la diffusione di modelli comportamentali
virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare,
nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei
rifiuti medesimi.
Dalla comparazione del quadro normativo in esame, a legislazione
vigente, sia sul piano interpretativo sia su quello della governance
complessiva dell'intero sistema, emergono diversi aspetti che
afferenti la gestione complessiva dei rifiuti prodotti dalle navi e
del relativo conferimento degli stessi negli impianti di raccolta in
ambito portuale, che richiedono un sempre maggiore coordinamento
delle competenze e delle amministrazioni coinvolte (AdSP, Regioni,
Comuni e Autorita' marittime) nei procedimenti amministrativi
relativi ai rifiuti prodotti dalle navi presso gli scali italiani.
Alla luce di quanto sopra, emerge, a carattere generale, la
necessita' di semplificare e razionalizzare le procedure
amministrative per la gestione degli impianti portuali di raccolta
dei rifiuti prodotti dalle navi e una contestuale necessita' di
semplificazione delle norme attributive delle competenze, apportando
al contempo eventuali modifiche alle disposizioni riguardanti gli
affidamenti del servizio di raccolta rifiuti previsti da diverse
leggi speciali.
Inoltre, la richiamata legge n. 60/2022, al proprio interno, annovera
alcune definizioni che non sempre collimano con le altre norme
vigenti in materia nello specifico settore in esame (a titolo
esemplificativo, ma non esaustivo, si pensi al termine "imbarcazione
da diporto" in luogo di "unita' da diporto", che ai sensi del d.lgs.
n. 171/2005, recante il «Codice della nautica da diporto» viene
definita come «ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque
mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto»). In
generale, quindi, potrebbero essere utili interventi di coordinamento
tra i diversi testi normativi in materia a beneficio dell'utenza del
mare.
Altresi' in tema di TARI sarebbe opportuna la valutazione di un
criterio di proporzionalita' tra porti commerciali e porti turistici,
in ragione della piu' elevata potenzialita' di produzione dei rifiuti
di questi ultimi.
2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE
L'Italia per conformazione e posizione geografica e' il candidato
ideale a diventare l'hub energetico meridionale dell'Europa.
Come recentemente affermato dal Presidente della Commissione
Europea,111 la Sicilia e' infatti fondamentale per la transizione
ecologica in quanto ponte naturale verso l'Africa, un continente che,
grazie all'immenso potenziale in termini di solare, eolico ma anche
di idrogeno verde, diventera' uno dei giganti dell'energia pulita. In
tal senso, il Governo e' impegnato in un poderoso impegno diplomatico
per realizzare entro il 2023 un nuovo "Piano Mattei" per l'Africa
volto a una sempre maggiore cooperazione tra la sponda Nord e Sud del
Mediterraneo in termini di investimenti, finanziamento di progetti
comuni, trasferimento di tecnologia e know-how.
Nel contesto della nuova strategia di sviluppo energetico
dell'Italia, il mare puo' dare un contributo decisivo nella
produzione di energia da fonti rinnovabili, quali i parchi eolici
offshore ed il moto ondoso, sempre piu' importanti nel mix energetico
a livello europeo e, pur con un passo piu' rallentato, dell'Italia112
. Come gia' anticipato (v. supra, par. 2.2.8), sara', quindi,
indispensabile affrontare il tema dell'energia "che viene dal mare" e
"per il mare" - energia pulita nazionale che e' fondamentale per
raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione energetica e
dell'indipendenza energetica - con interventi infrastrutturali,
logistici e procedurali specificamente dedicati.
Inoltre, nella definizione di una politica energetica del mare che
sia efficace assumono particolare rilevanza la cooperazione
transfrontaliera, lo scambio di buone pratiche e gli strumenti di
finanziamento per sostenere il settore.
2.4.1 Fonti fossili
La fase di transizione ecologica non potra' prescindere dal
contributo delle fonti fossili. In tale contesto, le navi - quali
infrastrutture mobili - possono assicurare la flessibilita' che manca
alle infrastrutture di terra.
Per il petrolio, ad esempio, il consumo annuo di petrolio in Italia
e' di oltre 58 milioni di tonnellate ed arriva quasi tutto via mare.
E', quindi, importante preservare la competitivita' della flotta
cisterniera, anche rivedendo i criteri tassonomici europei.
Per il gas, invece, embargo e sanzioni determineranno verosimilmente
l'aumento delle gasiere nell'area mediterranea. Non potendo viaggiare
via terra, il gas viaggera' via nave ed e' quindi necessario che
l'Italia investa risorse adeguate e favorisca una strategia
industriale di lungo periodo per lo sviluppo di una flotta gasiera
operata da imprese nazionali che assicuri l'indipendenza della catena
di approvvigionamento nazionale. In tale scenario, un importante e
strategico anello della filiera, a lungo purtroppo oggetto di scarsa
attenzione, e' costituito dai rigassificatori e dalle strutture di
stoccaggio113 .
2.4.2 Fonti rinnovabili
Eolico offshore: pur rimanendo lontana dall'offerta di petrolio e
gas, la produzione di energia eolica rappresenta oggi un'industria
rilevante, con alcuni porti che fungono da hub logistici per
l'installazione dei parchi offshore114 . Il Piano nazionale integrato
energia e clima (PNIEC) prevede la produzione di 900 MW al 2030 di
eolico offshore nella nostra Nazione nell'ambito dell'obiettivo
fissato dalla Strategia europea in materia di energie rinnovabili
offshore di raggiungere a livello europeo 60 GW di eolico offshore
nel 2030 e i 300 GW nel 2050115 , ma si attendono quantitativi di
energia eolica prodotti anche superiori.
Gli impianti eolici offshore tradizionali sono oggi affiancati dalla
nuova tecnologia galleggiante che consente di costruire progetti in
acque profonde come quelle del Mediterraneo, area che sta registrando
un forte interesse da parte di molti importanti players nazionali ed
internazionali, in particolare vicino a Sicilia e Sardegna116 .
In particolare, i campi eolici galleggianti (FOW - "Floating Offshore
Wind") possono rappresentare un elemento chiave per la strategia
energetica nazionale ed europea, garantendo la massima efficienza,
per rendimenti e dimensioni, rispetto all'eolico offshore a
fondazioni fisse ("bottom fixed") e un impatto ambientale minore
rispetto all'eolico a terra117 .
Non esiste allo stato attuale in Italia una produzione industriale
delle piattaforme galleggianti necessarie all'eolico flottante.
L'Italia ha l'opportunita' di giocare d'anticipo. In questo campo
Fincantieri sta sviluppando una specifica supply chain in grado di
produrre le unita' galleggianti che sarebbero richieste dal mercato,
sfruttando sia siti esistenti sia nuovi che, in entrambi i casi,
richiedono ingenti investimenti
Le ricadute sui sistemi portuali e territoriali sono notevoli: dalla
realizzazione in loco delle piattaforme galleggianti agli effetti
derivanti sulla riconversione e specializzazione dei porti (sia per
la produzione che per le attivita' marine collegate e i servizi
dell'indotto) e sull'occupazione (sia nella fase realizzativa che per
quella manutentiva di lungo termine).
In tale ambito, e' ipotizzabile ed auspicabile la definizione di
accordi per la fornitura dell'energia prodotta in favore del porto
utilizzato come base logistica per la realizzazione dell'impianto.
Infine, occorre tenere conto della sopracitata Strategia europea in
materia di energie rinnovabili offshore, all'interno della quale si
trova esplicito riferimento al Piano di Gestione dello Spazio
Marittimo, considerato come uno strumento per l'individuazione delle
aree marittime da destinare allo sviluppo delle energie rinnovabili
in Europa e per il raggiungimento degli obiettivi strategici
nazionali in tema di energia e nel rispetto dell'Agenda verde europea
e dei Sustainable Development Goals (SDGs). A questo riguardo,
l'intero processo di identificazione delle aree idonee per
l'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile
offshore dovrebbe basarsi su criteri di tipo estensivo - al fine di
massimizzare la produzione nazionale di energia da fonti rinnovabili
- e fare leva sulle notevoli opportunita' legate allo sfruttamento
delle aree marine e a tecnologie innovative quali l'eolico
galleggiante e la generazione di energia dal moto ondoso. Al
riguardo, si segnala che il PNRR ha stanziato 675 milioni per
sostenere la realizzazione di impianti innovativi e offshore per
produrre energia pulita grazie a tecnologie ad alto potenziale di
sviluppo e sperimentali come, per l'appunto, i sistemi che sfruttano
le correnti e il moto delle onde118 .
La Strategia sottolinea inoltre che per un cambio di marcia l'UE e
gli Stati membri necessitano di un quadro a lungo termine per imprese
e investitori che promuova una coesistenza sana tra gli impianti
offshore e gli altri usi dello spazio marittimo, contribuisca alla
protezione dell'ambiente e della biodiversita' e consenta alle
comunita' di pescatori di prosperare.
Moto ondoso: pur non avendo ancora raggiunto la piena maturita' per
un pieno sviluppo industriale, lo sfruttamento dell'energia dal moto
ondoso ha trovato in Italia interessanti applicazioni su scala
prototipale, quali il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy
Converter) e il REWEC3 (Resonant Wave Energy Converter - release
3)119 , nonche' prestigio, a livello europeo e mondiale, con lo
sviluppo di numerosi brevetti e importanti attivita' di ricerca.
2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE
La transizione ecologica del trasporto marittimo, e piu' in generale
dell'industria del mare, verso l'utilizzo di combustibili alternativi
ai carburanti fossili rappresenta una sfida epocale in termini
operativi, tecnologici, finanziari, nella quale l'Italia, per la sua
posizione geografica, conformita' territoriale e dipendenza dai
traffici via mare, e' chiamata a giocare un ruolo importante.
Occorre innanzitutto partire da alcune considerazioni di base per
affrontare razionalmente e con successo, tenendo ben presenti le
specificita' nazionali, il complesso percorso verso la transizione
energetica dello shipping, uno dei settori considerati piu' difficili
da decarbonizzare.
Innanzitutto, va notato che le navi, per il loro funzionamento,
richiedono dei carburanti con un'elevata densita' energetica, sia di
massa sia di volume, che possano essere stoccati e gestiti a bordo in
modo sicuro e di cui le navi possano facilmente approvvigionarsi nei
vari porti di scalo, in modo altrettanto sicuro e con una rete di
distribuzione adeguatamente diffusa. Le navi hanno, inoltre, un ciclo
di vita pluridecennale ed i tempi di ricambio delle flotte sono
legati in modo diretto alla capacita' produttiva della cantieristica
navale. La capacita' produttiva globale annuale non supera il
migliaio di navi c.d. "maggiori". Se si tiene conto che la
consistenza della flotta mondiale e' stimata in 70-80 mila unita', si
vede chiaramente come la transizione delle flotte verso le soluzioni
alternative emergenti sara' giocoforza lenta e graduale.
Occorrera' quindi contemporaneamente, da un lato, gestire il presente
in un modo ottimale e pragmatico e, dall'altro, accelerare tutti i
possibili processi atti a favorire la transizione. In questo processo
i biocombustibili potrebbero, ad esempio, giocare un ruolo
estremamente rilevante nell'immediato perche' consentono di ridurre
significativamente l'impronta di carbonio delle navi esistenti senza
drastici interventi tecnici sulle navi e sulle infrastrutture.
L'ammontare delle risorse da stanziare per la transizione energetica,
infine, e' elevato120 ed il settore, gia' in affanno in taluni
segmenti, sara' necessariamente costretto a ribaltare sull'utenza -
carico e passeggeri - almeno parte dei costi aggiuntivi.
Nella sostanza, quindi, la transizione sara' un processo che
richiedera' un tempo non breve e nel corso del quale dovranno
necessariamente continuare ad operare le navi esistenti. Queste
ultime saranno sostituite progressivamente da naviglio di nuova
generazione e, infine, dovra' essere messa in campo una quantita' di
risorse economiche molto rilevante.
Nel corso degli ultimi anni lo shipping ha ridotto
significativamente, rispetto al passato, la propria impronta di
carbonio. Non potendo contare su carburanti alternativi ai
combustibili fossili esistenti, lo ha fatto agendo esclusivamente
sull'efficienza delle navi e sulla loro operativita', anche cercando
di contenere i costi energetici crescenti che spingono verso l'alto i
costi operativi delle flotte.
Sebbene molto sia stato fatto, esistono ancora dei margini di
miglioramento ma e' ormai del tutto evidente che senza
un'introduzione massiccia di nuovi carburanti carbon-neutral e
zero-carbon, non sia possibile fare il salto di qualita' necessario.
All'attuale scarsita' di soluzioni energetiche praticabili, che fa da
freno all'evoluzione del settore, si contrappone una crescente
accelerazione normativa che, da parte sua, vuole esercitare un'azione
di spinta verso la transizione energetica. In tale contesto,
l'ambiziosa traiettoria temporale per la decarbonizzazione del
trasporto marittimo tracciata dall'Unione europea (UE) e dalla
International Maritime Organization ("IMO") impone l'adozione di
combustibili "carbon-neutral" e "zero-carbon" in tempi rapidi ed in
quantita' crescenti. Alcune di queste normative europee come l'EU-ETS
o la FuelEU Maritime agiscono sulla leva economica, scoraggiando
l'uso dei carburanti fossili attraverso misure che rendono sempre
svantaggioso l'utilizzo di questi combustibili. Diversamente, altre
misure (come il "Carbon Index Indicator" - CII - dell'IMO) usano la
leva tecnologica al fine di ridurre le emissioni.
Oltre ai diversi approcci, e' necessario sottolineare che le misure
europee sono regionali, interessano solo i traffici in/da e per
l'Europa e rischiano di generare deviazioni delle tratte e in ogni
caso distorsioni del mercato. Per questo motivo, nel caso in cui si
raggiunga un accordo internazionale (sul piano IMO) su questioni gia'
disciplinate a livello regionale dalla UE, le norme europee
potrebbero essere riviste con lo scopo di allinearle a quelle
internazionali. Questo e', in linea con quanto gia' chiarito dalle
istituzioni europee, un obiettivo che eviterebbe una duplicazione
degli obblighi e degli oneri amministrativi per le navi che viaggiano
in Europa.
Infine, vale la pena ricordare che qualsiasi misura tecnica e/o
economica (da sola o come parte di un paniere di misure) risulta
inefficace nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, a
meno che non siano garantiti la disponibilita' di futuri carburanti,
nuove tecnologie e motori a prezzi accessibili, oltre ad avere il
personale di bordo addestrato per il proprio utilizzo in sicurezza.
2.5.1 Le regole europee
L'Unione europea ha assunto da anni la leadership nella lotta per la
difesa dell'ambiente ed ai cambiamenti climatici ed il trasporto
marittimo europeo, oltre alle norme dettate dall'IMO, e ha da tempo,
quindi, ricevuto un impianto regolatorio teso a ridurre l'impatto
ambientale dello shipping.
Questa aspirazione europea e' totalmente condivisibile, come lo e'
quella di trasformare l'UE in una societa' equa e prospera con
un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e
competitiva, in cui non vi siano emissioni nette di gas a effetto
serra nel 2050 e in cui la crescita economica sia dissociata dall'uso
delle risorse. Appare importante assicurare che la transizione
ecologica e' sostenibile anche dai punti di vista economico e
sociale, oltre che ambientale.
E', inoltre, opportuno che l'azione dell'Unione europea,
particolarmente per quanto riguarda lo shipping internazionale, tenga
conto del fatto che l'UE, per quanto attore di grandissimo peso nello
scenario mondiale, rappresenta solo una delle realta' con cui lo
shipping si trova ad operare. Come ricordato nel paragrafo
precedente, iniziative di carattere regionale presentano, quindi, il
rischio di poter ostacolare l'azione dell'IMO nella sua funzione e
prerogativa di regolatore internazionale, ponendo i Paesi terzi in
una posizione di contrasto a protezione delle loro flotte e di
mettere gli armatori europei, impegnati nei traffici internazionali,
in una situazione di svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti.
In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale.
2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55"
L'11 dicembre 2019 la Commissione europea ha adottato il c.d. "Green
Deal" europeo, ossia una serie di iniziative e proposte che hanno
l'obiettivo di far raggiungere all'Europa - primo fra tutti i
continenti - la neutralita' climatica entro il 2050.
Nell'ambito del "Green Deal", il 14 luglio 2021 la Commissione
europea ha adottato una serie di proposte, identificate con il
pacchetto "Fit for 55" che indirizzano le politiche dell'UE in
materia di clima, energia, trasporti e fiscalita' verso una riduzione
delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030
rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di un pacchetto di proposte
che interessa praticamente tutti i settori e che mira a modificare,
accelerandola, la traiettoria della decarbonizzazione in Europa,
agendo essenzialmente sulla leva economica e fiscale.
In tale contesto, nei primi mesi del 2023 si sono conclusi i
negoziati europei sulle principali proposte legislative contenute nel
citato pacchetto, tra cui l'inclusione dello shipping nel sistema
europeo di scambio di quote di emissione ETS («Emissions Trading
System») e i nuovi Regolamenti FuelEU Maritime e AFIR («Alternative
Fuels Infrastructure Regulation»).
L'ETS e' il sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione
europea; schema "cap and trade" in cui viene posto un limite (cap) al
diritto di emettere determinati inquinanti su un'area e le aziende
possono scambiare (trade) i diritti di emissione all'interno di tale
area. Viene infatti introdotto un limite alla quantita' massima di
emissioni da parte delle imprese che rientrano nel sistema e, entro
tale limite, le imprese partecipanti acquistano o vendono quote
(allowances, EUAs) di emissioni a seconda del proprio fabbisogno.
Infatti, le imprese le cui quote di emissioni non sono sufficienti a
coprire le emissioni prodotte, acquistano all'asta o da altri
soggetti le quote di emissione necessarie. Viceversa, chi ha quote di
emissioni in eccesso rispetto alle emissioni prodotte, puo' venderle.
Ai sensi della nuova Direttiva UE del Parlamento europeo e del
Consiglio, 10 maggio 2023, n. 959 recante modifica alla Direttiva CE
13 ottobre 2003, n. 87 che istituisce un sistema per lo scambio di
quote di emissioni dei gas a effetto serra (Direttiva ETS), le navi
che scalano i porti europei saranno gradualmente incluse in tale
sistema a partire dal 2024. In pratica, nel 2025 le societa' di
navigazione dovranno pagare il 40% delle emissioni di CO2 generate
nel 2024 dalle navi nei viaggi intra-UE e nei porti UE, nel 2026 il
70% delle emissioni di CO2 del 2025 e dal 2027 in poi il 100% delle
emissioni del rispettivo anno precedente, incluse le emissioni di CH4
(metano) e di N2O (biossido di azoto). Tali percentuali sono
dimezzate per le emissioni generate nei viaggi in entrata o in uscita
dall'Unione.
Relativamente alla proposta di Regolamento "FuelEU Maritime",
attualmente in fase di approvazione finale, le navi che scalano i
porti europei saranno obbligate a partire dal 2025 ad utilizzare
combustibili via via meno impattanti, pena l'applicazione di ammende.
I miglioramenti richiesti iniziano con un primo step che prevede la
riduzione dell'intensita' di carbonio nei carburanti utilizzati a
bordo del 2% nel 2025, rispetto al 2020 e successivi step ogni cinque
anni fino a raggiungere una riduzione dell'80% nel 2050. Inoltre, le
navi portacontainer e passeggeri dovranno utilizzare, a partire dal
2030, il "cold ironing" nei principali porti europei dotati del
servizio.
L'accordo raggiunto sul Regolamento AFIR, attualmente in fase di
approvazione, d'altro canto, introduce dei targets obbligatori per
gli Stati membri relativamente alla messa a terra, nei principali
porti europei della rete TEN-T, di punti per il bunkeraggio del
metano liquefatto (GNL, bio-gas liquefatto, metano sintetico
liquefatto e miscele) entro il 1° gennaio 2025 e di impianti per la
fornitura di elettricita' da terra nei porti ("cold ironing") entro
il 1° gennaio 2030. Gli Stati membri devono inoltre presentare, entro
il 1° gennaio 2025, dei piani nazionali per lo sviluppo di
infrastrutture per il rifornimento di altri carburanti alternativi
(es. metanolo, ammoniaca). Sullo specifico tema, si rinvia ai
paragrafi successivi (v. infra par. 2.4.5 e 2.4.6) relativi alla
valutazione dell'impatto delle suddette regole europee sul sistema di
trasporto marittimo nazionale e alle rispettive raccomandazioni di
policy in vista della loro attuazione, con riferimento in particolare
all'utilizzo dei proventi nazionali derivanti dall'inclusione dello
shipping nel sistema ETS.
Piu' complesse appaiono invece le discussioni, a livello di Consiglio
UE, sulla proposta del pacchetto relativa alla revisione della
"Energy Taxation Directive" (Direttiva CE 27 ottobre 2003, n. 96). La
possibilita' di giungere almeno in tempi rapidi ad un possibile
accordo su tale proposta sembra al momento remota, stante le riserve
espresse da diversi Stati membri e la regola dell'unanimita' vigente
in materia fiscale. La Direttiva CE n. 96 del 2003 che ristruttura il
quadro europeo per la tassazione dei prodotti energetici e
dell'elettricita', prevede all'art. 14 lettera c, che gli Stati
membri esentino dalla tassazione i prodotti energetici forniti per
essere utilizzati come carburanti per la navigazione europea
(compresa la pesca), diversa dalla navigazione delle imbarcazioni
private da diporto e l'elettricita' prodotta a bordo delle
imbarcazioni. Nel quadro della revisione della Direttiva, la proposta
di abolizione dell'art. 14 porterebbe quindi all'introduzione di
accise sui combustibili navali venduti nello spazio economico
europeo. In tale contesto, e' stato osservato che una tale revisione
potrebbe avere evidenti ricadute sia sui costi delle compagnie di
navigazione sia in termini di potenziali mutamenti delle attivita' di
bunkeraggio al di fuori dello spazio economico europeo.
Di converso, potrebbe essere opportuno valutare la possibilita' di
sostenere un'estensione delle esenzioni fiscali esistenti per i
carburanti convenzionali anche ai biocarburanti e al gas naturale
liquefatto121 , cosi' come all'energia elettrica a terra nei porti,
in linea con gli obiettivi del Regolamento "FuelEU Maritime".
In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale.
2.5.3 La tassonomia europea
Nell'ambito del "Green Deal europeo", la tassonomia e' un'iniziativa
che mira a disciplinare la definizione ambientale dei settori
economici al fine di indirizzare gli investimenti e finanziamenti
"verdi" attraverso un insieme di regole e criteri di vaglio
("Technical Screening Criteria"). Il sistema di tassonomia e' stato
introdotto con il Regolamento UE 18 giugno 2020, n. 852 e si sviluppa
progressivamente attraverso l'adozione di atti secondari da parte
della Commissione europea (c.d. atti delegati) che stabiliscono i
suddetti criteri di vaglio per le varie attivita' economiche sulla
base degli obiettivi climatici ed ambientali europei. In tale
contesto, il settore dei trasporti marittimi e' stato definito un
"settore transizionale", stante le complessita' di decarbonizzare
tale comparto e la cui inclusione nella tassonomia europea, come
attivita' eco-sostenibile, e' soggetta a principi specifici di
valutazione.
Tali criteri appaiono, tuttavia, molto sfidanti dal punto di vista
tecnico ed operativo, in base alle tecnologie e soluzioni energetiche
disponibili attualmente per lo shipping e non allineati alle altre
normative europee, proposte nell'ambito del pacchetto Fit for 55 (es.
Regolamento "FuelEU Maritime"). Il rischio che si pone, in assenza di
opportune modifiche ai criteri tecnici di valutazione, e' che tale
iniziativa, pensata per promuovere gli investimenti verdi, finisca
per rendere ancora piu' difficoltoso l'accesso da parte degli
operatori del settore marittimo ai finanziamenti verdi necessari per
sostenere gli ingenti investimenti richiesti per la transizione
energetica del settore. Cio' a maggior ragione se tali criteri,
pensati per guidare finanziamenti privati, venissero esportati in
strumenti di politica pubblica, come gia' in larga parte avvenuto nel
contesto dei nuovi orientamenti europei in materia di aiuti di stato
per il clima, l'energia e la protezione ambientale (c.d. "CEEAG").
2.5.4 Le regole IMO
L'azione dell'IMO122 a protezione dell'ambiente e' iniziata nel 1973
con l'adozione della Convenzione Internazionale per la Prevenzione
dell'Inquinamento causato dalle Navi ("MARPOL").
Nel 1997 e' stato aggiunto l'Allegato VI dedicato alla prevenzione
dell'inquinamento atmosferico provocato dalle navi che, oltre a
fissare stringenti limiti alle emissioni di ossidi di zolfo e di
ossidi di azoto, nel 2011 ha introdotto un capitolo che riguarda le
misure tecniche e operative obbligatorie per il miglioramento
dell'efficienza energetica, volte a ridurre le emissioni di gas serra
da parte delle navi.
Nel corso degli anni le compagnie di navigazione si sono adeguate
alle normative sempre piu' stringenti emanate dall'IMO, adottando
soluzioni tecniche ed operative che, per esempio, hanno consentito di
abbattere il tenore di zolfo dei combustibili navali dal 4,5%
all'attuale 0,5% worldwide e 0,1% nelle aree ad emissione controllata
("ECA" - Emission Control Area).
Il quarto studio dell'IMO sulle emissioni di GHG da parte delle navi,
pubblicato nell'agosto 2021, mostra come rispetto al 2008, a fronte
di un aumento dei trasporti via mare di oltre il 30% in termini di
tonnellate trasportate e di oltre il 40% in termini di lavoro di
trasporto, si sia avuta una riduzione di quasi il 7% delle emissioni
di carbonio e di quasi il 30% dell'intensita' di carbonio. Questi
risultati sono stati ottenuti introducendo le prime misure
obbligatorie prese dall'IMO a partire dal 2013: l'EEDI («Energy
Efficiency Design Index») per tutte le navi nuove ed il SEEMP («Ship
Energy Efficiency Management Plan») per tutte le navi in esercizio.
Nel 2022 sono entrate in vigore le nuove misure disegnate dall'IMO
nell'ambito della strategia iniziale per la riduzione dei GHG
adottata dall'Organizzazione nel 2018123 .
A partire dall'inizio del 2023 le nuove misure introdotte dall'IMO
richiedono a tutte le navi esistenti di calcolare il loro indice di
efficienza energetica ("EEXI" - Energy Efficiency Existing Ship
Index) che dovra' essere conforme ad una specifica base-line
identificata dall'IMO in funzione della tipologia di nave. Se la nave
non soddisfera' i requisiti, dovranno essere adottate delle soluzioni
tecniche atte a migliorare l'efficienza energetica ed a riportare
l'EEXI al valore previsto.
Sempre a partire dall'inizio del 2023, e' stato previsto che le navi
forniscano annualmente il loro indicatore di intensita' di carbonio
("CII") e il rating CII. L'intensita' di carbonio collega le
emissioni di gas serra alla quantita' di merci trasportate sulla
distanza percorsa e le navi riceveranno una valutazione della loro
efficienza energetica secondo le classi A, B, C, D ed E, dove con A
e' designata la classe migliore. Una nave classificata D per tre anni
consecutivi oppure E dovra' presentare un piano di azioni correttive,
atte a dimostrare come raggiungere l'indice C o un indice superiore.
Come si potra' leggere nel paragrafo successivo, il CII e' molto
discusso124 per la sua oggettiva incapacita', in base alla metrica
attuale, di descrivere correttamente l'efficienza della nave (ad
esempio in termini di nave in rada, nave in porto, nave ai lavori,
nave in manovra, navigazione in zavorra rispetto a navigazione con
carico e carico realmente trasportato) e di non tenere adeguatamente
in considerazione l'impatto di aspetti operativi non legati alla
volonta' dell'armatore (ad esempio soste per scioperi, congestione
nei porti o soste tecniche). Anche alla luce di tali criticita',
sara' di grande importanza la revisione del CII prevista entro il
2026.
In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale.
2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e sulla economia del mare
Le normative adottate a livello UE e IMO, sono complessivamente
destinate a produrre un profondo impatto strutturale, economico ed
operativo nel volgere di pochi anni sul sistema dei trasporti
marittimi in Italia. Si tratta di normative che per lo shipping
comportano non solo la necessita' di investimenti di enorme portata
per l'adeguamento delle flotte, ma anche - e soprattutto - la
necessita' di disporre di soluzioni tecniche e di infrastrutture al
momento non effettivamente disponibili.
Come evidenziato in vari studi125 , i carburanti alternativi e le
relative necessarie infrastrutture di produzione e distribuzione non
sono al momento sufficientemente mature e disponibili per lo shipping
e non lo saranno ragionevolmente per diversi anni. Soprattutto in una
Nazione come la nostra, dove la strada e' ancora piu' in salita
rispetto ad altri Paesi europei, anche a cagione delle
caratteristiche morfologiche dei nostri porti, quasi tutti contigui,
se non addirittura inclusi nel tessuto cittadino, che renderanno
molto difficile dotare gli stessi di impianti per lo stoccaggio e la
fornitura di tali carburanti, in genere intrinsecamente piu'
pericolosi degli attuali.
In tale contesto, stante le condizioni sopra ricordate, si prevede
che l'impatto economico dell'ETS sara' significativo su tutti i
segmenti del trasporto marittimo e in particolare per le navi ro-pax
che effettuano collegamenti con le isole maggiori e nei servizi delle
Autostrade del Mare ("AdM"), come del resto osservato nello studio
commissionato dalla Commissione Trasporti e Turismo ("TRAN") del
Parlamento europeo126 e nel Parere127 adottato da quest'ultima in
merito alla proposta di inclusione dello shipping nel sistema ETS.
Secondo stime fornite da Assarmatori, le compagnie di navigazione, a
causa di un quadro tecnologico e infrastrutturale indipendente dalla
loro volonta', non avranno la possibilita' di modificare il proprio
piano energetico e saranno soggette a costi aggiuntivi di oltre il
25-30% per ogni singola tratta all'interno di tali collegamenti.
Andranno pertanto monitorati attentamente, cosi' come stabilito dalla
stessa Direttiva ETS, i possibili trasferimenti degli extracosti
derivanti dall'ETS sul mercato, in particolare nel caso non vi
fossero alternative all'utilizzo dei carburanti fossili e conseguenti
impatti sulla continuita' territoriale con le isole - sancita nel
novellato articolo 119 della Costituzione - nonche' sugli obiettivi
di trasferimento modale delle merci dalla strada alla piu'
sostenibile modalita' di trasporto marittima.
Anche a tale riguardo, si sottolinea l'opportunita' di investire i
proventi nazionali derivanti dall'inclusione del trasporto marittimo
nel sistema ETS non ascrivibili al bilancio europeo, a beneficio
della transizione ecologica del comparto marittimo, come
sottolineato, piu' in dettaglio, nel successivo paragrafo 2.5.6.g del
presente capitolo.
Per quanto concerne il futuro Regolamento "FuelEU Maritime",
l'obbligo dell'utilizzo di carburanti alternativi per ottemperare
agli ambiziosi target di quest'ultimo, in assenza di certezze sul
loro effettivo sviluppo, disponibilita' ed approvvigionamento nei
porti, rischia di esporre il comparto armatoriale a possibili
sanzioni in caso di non disponibilita' di tali carburanti, con
potenziali impatti economici per le compagnie e il mercato. Anche in
tale contesto, sara' importante che i proventi derivanti
dall'impianto sanzionatorio vengano integralmente reinvestiti a
beneficio della transizione energetica del settore marittimo ai sensi
di quanto disposto dall'art. 20 dello stesso Regolamento "FuelEU
Maritime"128 .
Infine, la formulazione dell'algoritmo del sopracitato CII, la cui
logica di principio e' del tutto condivisibile, si scontra con
l'incapacita' della stessa di catturare adeguatamente la combinazione
delle caratteristiche tecniche e delle modalita' operative della
nave, per cui una nave migliore di un'altra dal punto di vista delle
emissioni di CO2, come caratteristiche tecniche, puo' risultare
peggiore a causa di elementi operativi spesso fuori dal controllo
dell'armatore. Questo fattore rischia di generare un'evidente
distorsione della classificazione, anche perche' spesso le
caratteristiche operative sono legate al tipo di servizio a cui la
nave e' destinata - si pensi, per il caso italiano, alle navi
traghetto che collegano la Sardegna con l'Italia continentale che in
ragione del loro servizio hanno lunghi tempi di sosta in banchina - o
nel caso in cui le soste non dipendano dalla volonta'
dell'armatore129 . Valga per tutti il caso di una nave in sosta in
rada, ad esempio, perche' in attesa di entrare in un porto
congestionato oppure ferma a causa di uno sciopero.
Ancora, e' da sottolineare che una delle poche azioni correttive
efficaci che puo' essere messa in atto per far rientrare una nave
dalla classe E verso le classi superiori e' la riduzione di
velocita'. Detto che non sempre questa e' possibile, pena
l'impossibilita' di mantenere il servizio (si pensi ai traghetti di
linea), la riduzione di velocita' comporta allo stesso tempo la
riduzione della quantita' di merce trasportata nell'unita' di tempo.
Questo significa che, su una certa linea di traffico che abbia
necessita' di una specifica quantita' di trasporto, ci potrebbe
essere una riduzione della velocita' di una nave ma l'immissione di
un'altra unita' sulla stessa linea di traffico. Dal punto di vista
ambientale questo e' un controsenso, perche' le emissioni che ne
deriverebbero ben difficilmente sarebbero inferiori.
Alla luce di quanto esposto sopra, e' quindi necessario valutare
complessivamente l'impatto dell'algoritmo di calcolo del richiamato
CII sul trasporto marittimo nazionale in vista della revisione di
quest'ultimo (entro il 1° gennaio 2026), sostenendo nelle opportune
sedi europee ed internazionali appropriate modiche migliorative, con
l'obiettivo di premiare sia l'efficienza tecnologica sia quella
operativa delle navi, riducendo effetti distorsivi identificati negli
attuali criteri di calcolo del CII, tenendo in particolare conto
degli aspetti operativi al di fuori del controllo dell'armatore
precedentemente richiamati.
Inoltre, in attesa che per la valutazione di impatto dei vari
carburanti venga reso applicabile l'approccio "well-to-wake",
l'applicazione di criteri transitori a livello IMO per la valutazione
dei bio-combustibili, sia gassosi (bio-gas) sia liquidi (bio-diesel)
riveste fondamentale importanza. Infatti, l'attuale approccio
"tank-to-wake" dell'IMO non considera le caratteristiche
sostanzialmente "carbon neutral" di questi carburanti, penalizzandone
ingiustamente il loro utilizzo130 .
Pertanto, una modifica del CII, che oltre ai necessari interventi
sulla metrica di calcolo introducesse anche correttivi relativi
all'utilizzo dei bio-combustibili, consentirebbe una valutazione
delle navi meno penalizzante e soprattutto piu' aderente alla
effettiva impronta di carbonio delle flotte.
In tal senso, la circolare IMO MEPC relativa all' «Interim Guidance
on the use on the use of biofuels under regulations 26, 27 and 28 of
MARPOL Annex VI (DCS and CII)», adottata durante la sessione IMO MEPC
80 (3-7 Luglio 2023), sembra rappresentare un passo nella giusta
direzione.
2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione
2.5.6.a I carburanti navali attuali ed i carburanti low-carbon e
zero-carbon emergenti
Al giorno d'oggi la pratica totalita' delle navi (il 99% circa in
termini di numero di unita' ed il 95% circa in termini di
tonnellaggio) e' propulsa con combustibili fossili, derivati dal
petrolio o dal gas naturale131 . I carburanti tradizionali, come
l'MDO (Marine Diesel Oil) e l'HFO (Heavy Fuel Oil), sono stati negli
anni alcuni dei pilastri su cui e' stato costruito lo sviluppo
tecnico e commerciale dello shipping. I motori a combustione interna
che usano questi combustibili, nel corso dei decenni del loro
sviluppo, hanno raggiunto un'efficienza ed un'affidabilita'
elevatissima; la catena produttiva e la logistica di distribuzione di
questi combustibili e' solida e distribuita capillarmente in tutti i
porti del mondo. Questo enorme patrimonio tecnologico, produttivo e
di infrastrutture ha contribuito a fare del trasporto marittimo uno
degli assi portanti del progresso economico e sociale globale, come
viene unanimemente riconosciuto.
Benche' i carburanti fossili si siano qualitativamente evoluti nel
tempo, riducendo progressivamente le emissioni nocive prodotte dalla
loro combustione (si pensi, ad esempio, al contenuto di zolfo),
mantengono un'impronta di carbonio significativa ed ineliminabile e,
bruciando, vanno ad aggiungere anidride carbonica fossile a quella
gia' naturalmente presente in atmosfera.
Da qui la necessita' di evolvere, in una prima fase verso
combustibili low-carbon, con un contenuto di carbonio inferiore
rispetto ai carburanti tradizionali, arrivando poi a carburanti
carbon-neutral ed in una prospettiva piu' a lungo termine
possibilmente a carburanti zero-carbon. Nei carburanti carbon-neutral
il carbonio non proviene da fonti fossili ma e' in qualche modo
riciclato, prelevandolo dall'anidride carbonica gia' presente in
atmosfera; quindi, la CO2 che si genera nella combustione non va ad
alterare il bilancio globale. I carburanti zero-carbon, come ad
esempio l'ammoniaca, non hanno contenuto di carbonio e quindi, da
questo punto di vista, il problema non sussiste.
Il gas naturale liquefatto ("LNG") e' accreditato dall'IMO di
un'impronta di carbonio inferiore rispetto ai combustibili derivati
dal petrolio; per questo motivo, soprattutto unitamente al fatto che
per questo carburante esiste una struttura produttiva consolidata ed
una logistica di distribuzione nei porti in rapida crescita132 . Nel
corso degli ultimi anni il gas naturale liquefatto e' stato
selezionato come carburante low-carbon da molte compagnie di
navigazione133 ed e' certo che questo combustibile giochera' un ruolo
nel processo di transizione. Il portafoglio ordini dei cantieri
navali vede in crescita il numero di nuove costruzioni alimentate da
questo combustibile; tuttavia, il numero di navi a gas naturale
continua ad essere marginale rispetto al numero totale delle navi in
circolazione134 .
Piu' di recente, si sta affermando come low-carbon fuel anche il
metanolo ed il numero di ordinativi di navi in grado di essere
propulse con questo carburante e' in ascesa. Dal punto di vista delle
emissioni di CO2, tenendo conto del fatto che il contenuto energetico
rispetto ai carburanti tradizionali e' meno della meta', si ha una
riduzione modesta. Tuttavia, il metanolo presenta rispetto al gas
naturale liquefatto alcuni vantaggi di natura tecnica, primo fra
tutti quello di essere liquido a temperatura ambiente e quindi di
poter essere agevolmente immagazzinato, trasportato e distribuito, in
modo simile a quanto si fa con i tradizionali combustibili fossili.
La produzione attuale di metanolo avviene quasi esclusivamente dal
syngas ottenuto dai combustibili fossili, ma il metanolo puo' essere
agevolmente prodotto da una vasta gamma di fonti di origine biologica
e quindi rinnovabili, come gli scarti agricoli e alimentari, i
rifiuti urbani, il legno ed altri tipi di biomassa; in prospettiva
questo rende il metanolo uno dei carburanti piu' interessanti per
l'impiego navale. Esistono gia' da anni alcune navi che usano
sperimentalmente il metanolo come carburante, ma gia' da quest'anno
cominceranno ad entrare in servizio, in numero crescente, navi
portacontenitori a metanolo, a riprova dell'interesse degli armatori
per questo tipo di propulsione. La morfologia portuale nazionale -
connotata da una sostanziale vicinanza ai centri abitati - rende
tuttavia problematico lo stoccaggio e la movimentazione portuale del
metanolo.
L'ammoniaca si sta delineando come il carburante zero-carbon piu'
promettente per l'impiego navale, contrariamente all'idrogeno liquido
che, per via delle criticita' connesse con la sua gestione, desta
piu' di qualche perplessita'. Al momento non esiste nessuna nave
propulsa ad ammoniaca, i costruttori di motori a combustione interna
sono tutti impegnati nello sviluppo di questa soluzione e si prevede
che il primo motore alimentato ad ammoniaca possa essere
commercializzato entro il 2024. Tuttavia, l'ammoniaca come carburante
navale, soprattutto per le navi che trasportano passeggeri, pone
alcune problematiche relative alla sicurezza - si tratta di un gas
estremamente tossico - che vanno ancora attentamente valutate e
risolte. Questo processo richiedera' degli anni prima che l'ammoniaca
trovi concreto impiego a bordo delle navi.
In sintesi, si puo' affermare che il rinnovamento delle flotte navali
si stia indirizzando decisamente verso motorizzazioni dual-fuel in
cui al carburante tradizionale derivato dal petrolio - HFO o MDO -
viene affiancato un combustibile low-carbon - LNG o il metanolo - in
grado di abbassare gia' da subito l'impronta di carbonio ma
soprattutto in grado di essere sostituito con le rispettive varianti
bio o elettro - bioLNG, bioMetanolo, eMetanolo - e, quindi, con una
fonte di energia completamente rinnovabile.
Nel mercato si assiste alla sottoscrizione di ordinativi per navi
ammonia-ready, ossia progettate per poter essere trasformate in un
secondo momento per essere messe in grado di essere propulse con
l'ammoniaca. Si tratta tuttavia, al momento, di navi assolutamente
tradizionali.
Alla luce di quanto esposto e in questo ambito, si puo' concludere
riconoscendo al Cipom la possibilita' di ricoprire un importante
ruolo di coordinamento delle Amministrazioni interessate anche per la
definizione delle strategie industriali a medio-lungo termine, sia
per la necessaria sintesi in termini di ricerca/sviluppo, produzione
e distribuzione nel contesto di un piu' ampio piano energetico
nazionale. Non v'e' dubbio che le strategie dovranno prendere in
considerazione tutte le possibili tipologie di carburanti
alternativi, inclusi i carburanti sintetici e i carburanti
rinnovabili di origine non biologica, c.d. e-fuels - nonostante
questi rappresentano una soluzione ancora ben lontana dall'essere
praticabile, soprattutto in Italia per via della loro immaturita'
tecnologica e per le note problematiche di stoccaggio e distribuzione
nel sistema portuale nazionale.
2.5.6.b Il ruolo dei bio-fuel per accelerare la decarbonizzazione
dello shipping
L'evoluzione degli ordinativi di nuove costruzioni, descritta nel
precedente paragrafo, e' fondamentale per la decarbonizzazione del
settore, ma e' un processo che viaggia con la velocita' del
rinnovamento delle flotte e che appare poco compatibile, dal punto di
vista dei tempi, con le traiettorie di decarbonizzazione disegnate in
ambito internazionale ed europeo.
Gran parte della flotta italiana e' evidentemente costituita da navi,
molte delle quali fanno e faranno sempre piu' fatica a rientrare nei
parametri richiesti. Per queste navi, in attesa di una loro graduale
sostituzione che, per quanto accelerata richiedera' dei tempi non
brevi, sara' necessario fare degli interventi tecnici o di tipo
operativo, che ne consentano un utilizzo in linea con le
regolamentazioni internazionali.
Nel corso degli ultimi anni, come gia' ricordato, lo shipping ha
ridotto significativamente rispetto al passato la propria impronta di
carbonio. Non potendo contare su carburanti alternativi ai
combustibili fossili esistenti, lo ha fatto agendo esclusivamente
attraverso il miglioramento dell'efficienza delle navi e della loro
operativita', anche alla ricerca del contenimento di costi energetici
crescenti che spingono verso l'alto i costi operativi delle flotte.
Tuttavia, senza una riduzione immediata dell'impronta di carbonio,
che solo i carburanti alternativi possono favorire, e' prevedibile
che ben presto molte navi impiegate nei servizi che toccano i porti
nazionali potrebbero essere costrette ad uscire dal mercato o a
ridurre drasticamente la loro velocita135 per soddisfare le norme IMO
su EEXI e CII. Parimenti, si potrebbe assistere ad un incremento dei
costi per soddisfare le normative europee su ETS e Fuel-EU che si
ripercuoterebbe sul costo del trasporto.
In questo processo i biocombustibili potrebbero giocare un ruolo
estremamente rilevante perche' consentirebbero di ridurre
drasticamente l'impronta di carbonio delle navi esistenti, senza
prevedere drastici interventi tecnici sulle navi e sulle
infrastrutture136 .
Ragionando in termini di sostenibilita' nel suo complesso
(economica-ambientale-sociale) appare utile inoltre ricordare che
l'origine (feed-stock) dei biocarburanti assume una significativa
importanza poiche', a seconda della loro classificazione, tali
carburanti saranno o meno ammessi all'uso da parte della industria
marittima137 .
L'attenzione deve essere quindi rivolta ai biocarburanti di seconda e
terza generazione che possono offrire delle risposte immediate e che,
se adottati in modo deciso, consentirebbero allo shipping di
allinearsi alle traiettorie di riduzione delle emissioni di GHG
previste dalle normative internazionali ed europee.
Anche in questo caso appare appropriato riconoscere al Cipom la
possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento delle
amministrazioni interessate anche per la definizione delle strategie
industriali a medio-lungo termine.
2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel
Il bio-gnl e' il corrispettivo biologico del gas naturale liquefatto,
mentre il bio-diesel e' il corrispettivo biologico degli olii
combustibili (HSFO e VLSFO) e del gasolio (MGO e MDO)138 . Occorre da
subito notare che i ragionamenti relativi al bio-gnl sono per ora
limitati ad un numero esiguo di unita', quelle alimentate a GNL,
mentre la grandissima parte del naviglio, alimentata da olio
combustibile o da gasolio, guarda con estremo interesse ai
combustibili biologici liquidi, come il bio-diesel. Quest'ultimo
potrebbe essere utilizzato, fin da subito, senza modifiche tecniche e
sfruttando l'infrastruttura di distribuzione esistente, collaudata e
distribuita in modo capillare in tutti i porti.
Per l'Italia, inoltre, l'adozione dei bio-diesel ha una valenza
strategica che puo' essere opportuno sottolineare e che si
concretizza in due aspetti particolarmente significativi. Recenti
studi hanno dimostrato come l'Italia abbia un potenziale energetico
proveniente da biomasse solide, liquide e gassose sostenibili in
grado di soddisfare quasi un terzo di tutta l'energia che serve alla
Nazione; quindi, l'Italia ha una potenzialita' produttiva interna
estremamente rilevante, che va a sommarsi a quella che importanti
industrie nazionali stanno costruendo in altri Stati139 . Questa
potenzialita' produttiva, unitamente alla collocazione geografica
dell'Italia (cioe', in prossimita' ad uno dei transiti marittimi piu'
trafficati del mondo), potrebbe consentire alla Nazione di giocare un
ruolo molto rilevante nella produzione e nella distribuzione di fuel
blended con bio-fuel per uso marino.
Occorre ribadire, ancora una volta, che per la decarbonizzazione del
trasporto marittimo sono richiesti ingenti volumi di carburanti
alternativi e che le soluzioni proposte ed adottate finora in tema di
bio-carburanti non sono risolutive per il settore, sia in termini di
volumi sia di agevolazioni.
Le navi di grande tonnellaggio sono generalmente propulse con i
motori diesel a 2 tempi a basso numero di giri, alimentati con olio
pesante (HSFO o VLSFO) a cui, per diminuirne l'impronta di CO2, non
e' necessario addizionare prodotti biologici di alta qualita', come
FAME140 e HVO141 . Per queste navi, infatti, e' possibile miscelare
all'olio pesante anche materie prime biologiche pretrattate,
rimanendo all'interno di tutti gli standard qualitativi richiesti
dalle normative internazionali. L'uso di materiale biologico
pretrattato, ad esempio olio di anacardo o altri feedstock non
elaborati come FAME o HVO e quindi con minori livelli di emissioni
well-to-wake (perche' nella fase well-to-tank mancano molte di quelle
derivanti dal processo industriale di produzione), consente una
sostanziale riduzione delle emissioni di CO2 in blending con HSFO e
VLSFO.
FAME e HVO sono invece essenziali nei blending con MDO e MGO, anche
questi ampiamente usati in campo navale, soprattutto nei motori
medium-speed ma anche nei motori low-speed - quando e' necessario
usare combustibile con tenore di zolfo inferiore allo 0,1%. A questo
riguardo e' utile sottolineare che l'imminente trasformazione del
Mediterraneo in Area SECA portera' ad un significativo aumento della
richiesta di gasolio marino e, quindi, anche di queste sue
alternative biologiche.
Quindi il blending di combustibili tradizionali con i
bio-combustibili, ferme restando le necessarie valutazioni di natura
tecnica e di sicurezza legate alle percentuali di blending
ammissibili, rappresenta un'immediata e concreta possibilita' di
azione verso la riduzione delle emissioni di CO2 da parte della
flotta mondiale esistente, mentre, nel frattempo, si deve proseguire
ed accelerare il processo di rinnovamento delle flotte alimentate con
carburanti carbon-neutral o zero-carbon.
Sebbene vi sia da parte armatoriale un interesse crescente verso i
bio-combustibili, affinche' questo interesse possa effettivamente
concretizzarsi, sono da valutare alcune azioni immediate di indirizzo
e di incentivazione.
Come sottolineato nel precedente paragrafo 2.4.5, i documenti
adottati durante MEPC80 dell'IMO142 affermano che i bio-combustibili
sono da considerarsi low-carbon o zero-carbon, e che quindi apportano
una diminuzione del CII sostanzialmente proporzionale alla quota di
blending con i combustibili tradizionali o assoluta, se usati in
purezza, istruendo i propri organismi riconosciuti di conseguenza.
Sara' opportuno dunque valutare la possibilita', come gia' previsto
in altri Paesi europei, di miscelare nei combustibili marini di
origine fossile FAME, HVO e materie prime biologiche pretrattate -
prima in via sperimentale e quindi, a buon esito dei test, in via di
normale utilizzo. Anche in questo contesto il Cipom potra' coordinare
le necessarie procedure delle amministrazioni competenti.
Occorre infine ricordare che i carburanti di origine biologica hanno
costi significativamente superiori ai carburanti tradizionali e che
in termini di disponibilita', i quantitativi per lo shipping non sono
allo stato attuale sufficienti. Questo implica che, parallelamente
alle azioni di natura politica di cui si e' detto, dovranno essere
valutate misure di incentivazione al consumo ed alla produzione dei
biofuel, in modo da riequilibrare i costi, compensando almeno
parzialmente i maggiori esborsi oltre che incrementare la produzione.
Anche in questo caso appare appropriato riconoscere al Cipom la
possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento delle
amministrazioni interessate anche per la definizione delle strategie
industriali a medio-lungo termine.
2.5.6.d I servizi di ops
I servizi di fornitura di Onshore Power ("OPS"), noti anche come
"cold ironing" - c.d. "elettrificazione della banchine" - consentono
di alimentare le navi in sosta nei porti non piu' con i
diesel-generatori di bordo ma con l'energia elettrica prelevata dalla
rete terrestre. Questo consentirebbe di ridurre le emissioni
atmosferiche ed acustiche nei porti, con evidenti e significativi
vantaggi sotto il profilo ambientale e della "qualita' della vita"
dei cittadini che abitano le zone limitrofe a tali porti.
Indubbiamente, lo sviluppo del "cold ironing" rappresenta per
l'Italia un'opportunita' concreta, da cogliere appieno, per rendere
il nostro sistema marittimo - portuale piu' efficiente dal punto di
vista energetico.
In tale contesto il progetto per la realizzazione del «Piano
Nazionale del cold ironing», nell'ambito del PNRR, e' di primaria
rilevanza, essendo strettamente connesso non solo all'ineludibile
sfida di transizione energetica per lo shipping e agli obblighi di
utilizzo e di dotazione infrastrutturali imposti dalle nuove norme
europee143 , ma anche in ragione dell'applicazione del sopracitato
CII dell'IMO.
Per evitare differenti modelli di somministrazione in ambito portuale
che possano incidere sui livelli dell'offerta dei singoli servizi di
terminal nazionali, e' fondamentale il contributo dei gruppi di
lavoro, operativi presso il MIT. Anche in questo caso, appare
appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione
necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, laddove
richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano
trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom.
2.5.6.e La produzione dei carburanti
Dal punto di vista della produzione dei nuovi carburanti alternativi
per il trasporto marittimo, risulta evidente la necessita' di avere
un'industria in grado di produrre "in modo sostenibile" i carburanti
carbon-neutral o zero-carbon nelle quantita' necessarie alla
decarbonizzazione dell'industria dello shipping.
Non e' poi secondario sottolineare il fatto che la produzione di tali
carburanti debba avvenire "in modo sostenibile". Infatti, i processi
industriali per ottenere questi combustibili sono tutti fortemente
energivori e qualcuno di essi - i combustibili di origine biologica -
presuppone un utilizzo di suolo che comporta problemi di natura etica
e sociale che vanno attentamente valutati.
E' del tutto evidente che i processi industriali dovranno essere
alimentati da energia proveniente da fonti rinnovabili, altrimenti si
giochera' una partita il cui bilancio ambientale continuera' ad
essere inevitabilmente in perdita. Infatti, l'impatto dei carburanti
deve essere valutato nel loro intero ciclo di vita, dalla produzione
fino all'utilizzo (approccio "well-to-wake", ovvero dal pozzo alla
scia della nave) e non solo nella fase finale (approccio
"tank-to-wake", dal serbatoio alla scia).
Ad esempio, attualmente l'idrogeno - considerato il combustibile
green per eccellenza - e' per la maggior parte prodotto con un
processo (c.d. "steam reforming") che utilizza gas naturale
(preferibilmente metano) e produce una grande quantita' di anidride
carbonica. Si parla di idrogeno grigio e questo non puo' essere
considerato un vettore energetico pulito; infatti, la sua combustione
non porta alla generazione di gas serra aggiuntivi, ma la sua
produzione ne rilascia in atmosfera una grande quantita', come minimo
uguale a quella che sarebbe stata rilasciata dalla combustione del
gas naturale di partenza144 .
In quest'ottica, e' infine opportuno favorire lo sviluppo delle
produzioni di idrogeno, sia direttamente da fonti rinnovabili tramite
processo di elettrolisi dell'acqua, sia attraverso processi di
produzione da reforming del biometano rinnovabile mediante
l'investimento dei fondi previsti dal PNRR per lo sviluppo delle
produzioni di idrogeno blu, verde e del biometano come materia prima.
2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio
Dall'individuazione dei carburanti e dalla loro produzione si dovra'
quindi arrivare alla distribuzione nei porti e, quindi, occorrera'
superare le barriere infrastrutturali che esistono relativamente alla
realizzazione di una efficiente e capillare rete di distribuzione.
Ad oggi, infatti, il collo di bottiglia per l'utilizzo su larga scala
nel trasporto marittimo di combustibili in grado di abbassare
sensibilmente l'impronta carbonica e' a terra, piu' specificatamente
nei porti e ancora piu' precisamente nei terminal che gestiscono
depositi costieri, chiamati oggi a fare adeguati investimenti per
rispondere alle esigenze e agli obblighi dei loro clienti, ovvero gli
armatori.
Il tema non e' da sottovalutare, particolarmente in Italia, stante le
difficolta' che ha incontrato e che tuttora incontra la realizzazione
della rete small scale per la distribuzione del gas naturale
liquefatto nei porti. La sindrome "NIMBY" (Not In My Back Yard) e'
uno degli ostacoli piu' difficili da superare quando si passa dalla
pianificazione di un'opera alla sua effettiva realizzazione,
soprattutto se si tratta di infrastrutture che possono potenzialmente
avere qualche impatto sia sull'ambiente sia sulla sicurezza. Il
rischio, di conseguenza, e' quello di una perdita di competitivita'
(e di capacita' di attrazione dei traffici) per i porti italiani e,
di conseguenza, anche per il trasporto marittimo nazionale di
prossimita'.
Oltre allo sviluppo di un'adeguata infrastrutturazione, occorre
infatti prevedere che i concessionari effettuino gli investimenti
necessari per rendere disponibili nei terminali portuali i nuovi
carburanti alternativi, soggetti ad un assetto regolatorio che
garantisca il rispetto degli obblighi concessori, l'accesso
indiscriminato e generalizzato al mercato e l'efficienza degli
impianti.
L'importanza di avere un'adeguata rete di stoccaggio e distribuzione
e' resa ancora piu' plastica dal posizionamento geografico
dell'Italia che richiede la repentina eliminazione di tutti i "colli
di bottiglia" rimasti in essere; quindi, a terra e nei porti dove
servono adeguati e rilevanti investimenti.
Risulta pertanto necessario dare attuazione rigorosa, in primo luogo,
agli obblighi infrastrutturali del nuovo Regolamento AFIR - in fase
di approvazione a livello europeo - per quanto concerne la
disponibilita' di punti di bunkeraggio di metano liquefatto entro il
1° gennaio 2025. Al riguardo, si sottolinea la necessita' sia di una
piena valorizzazione delle dotazioni infrastrutturali gia' esistenti
e in sviluppo per i prodotti gassosi presenti sul demanio marittimo,
sia di ulteriore supporto alla crescita dell'infrastruttura di
approvvigionamento del GNL e del bioGNL, con particolare riferimento
allo sviluppo dei punti di rifornimento nei porti ed al bunkeraggio
di carburante per la navigazione e per il trasporto pesante tramite
bettoline. Questo aspetto realizzabile non da ultimo attraverso nuovi
bandi per assegnare le risorse non ancora allocate e previste dal
Fondo complementare al PNRR.
In secondo luogo, e' di fondamentale importanza avviare in tempi
rapidi, con il coinvolgimento dell'intero cluster marittimo
nazionale, la stesura del piano nazionale per lo sviluppo
dell'infrastruttura nei porti nazionali per il rifornimento degli
altri carburanti alternativi sostenibili, richiesto agli stati membri
ai sensi del nuovo Regolamento AFIR e la cui bozza deve essere
inviata alla Commissione entro il 1° gennaio 2025.
2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo
L'art. 10, par. 3, della Direttiva ETS (EC n. 87 del 2003), cosi'
come emendato dalla nuova Direttiva n. 959 del 2023, dispone che «gli
Stati membri stabiliscono l'uso dei proventi della vendita all'asta
di quote» prescrivendo che detti proventi siano utilizzati per scopi
legati al clima e all'ambiente in base ad un elenco contenuto nella
medesima disposizione.
Tra gli scopi legati al clima contenuti nel suddetto elenco, di cui
al nuovo articolo 10, par. 3, lettera f, emendato dalla Direttiva n.
959 del 2023, vengono incluse misure volte a decarbonizzare il
settore marittimo, compreso il miglioramento dell'efficienza
energetica delle navi, dei porti, delle tecnologie, delle
infrastrutture e dei carburanti sostenibili alternativi.
Alla luce di quanto esposto, un accorto utilizzo a livello settoriale
degli ingenti proventi nazionali145 che saranno generati
dall'inclusione del trasporto marittimo nel sistema ETS a partire dal
2024, potrebbe rappresentare un'importante opportunita' per
supportare il processo di transizione del settore.
In linea con quanto raccomandato nel novellato articolo 10, paragrafo
3, lettera f, della Direttiva ETS, tali proventi potrebbero essere
destinanti a sostenere finanziariamente gli investimenti necessari
nella ricerca, sviluppo e innovazione di tecnologie e ad assicurare
la disponibilita' su scala commerciale dei nuovi carburanti
alternativi per il trasporto marittimo. In particolare, se destinati
al settore, tali proventi permetterebbero di colmare il differenziale
di prezzo con i carburanti fossili, realizzare un'adeguata rete
logistica per il rifornimento nei porti di tali nuovi carburanti e
dare seguito agli interventi di rinnovo delle flotte e
all'efficientamento energetico delle navi.
Nell'ottica suddetta, il Cipom potra' effettivamente coordinare le
amministrazioni per giungere al risultato di assicurare che una parte
significativa dei proventi nazionali generati dal trasporto
marittimo, non attributi al bilancio dell'Unione, venga destinata ad
un apposito fondo nazionale per la decarbonizzazione del settore146 .
Infine, pare opportuno approfondire il tema della capacita' degli
Stati membri interessati ad utilizzare tale parte significativa dei
proventi nazionali generati dal trasporto marittimo nell'ambito del
regime ETS per azioni direttamente volte alla decarbonizzazione del
comparto. Infatti, dovranno essere valutate le azioni necessarie per
consentire una revisione dei criteri di ammissibilita' contenuti
nell'attuale disciplina unionale sugli aiuti di stato in materia di
clima, energia ed ambiente («Climate, Energy and Environmental
Protection State aid guidelines», "CEEAG" 2022).
Alla luce della recente esperienza applicativa di tale disciplina nel
processo di approvazione a livello europeo del c.d. "Decreto flotte"
nazionale ("Fondo Complementare al PNRR"), occorrera' in particolare
valutare e, se del caso proporre nelle opportune sedi europee,
possibili mitigazioni dei citati requisiti per la concessione
dell'aiuto, nel rispetto della neutralita' tecnologica e sulla base
di una valutazione realistica delle soluzioni tecnologiche ed
energetiche esistenti nonche' disponibili per il settore.
Infine, e sempre per facilitare i suddetti investimenti da parte
delle compagnie impegnate nel trasporto marittimo nazionale,
occorrera' prestare particolare attenzione agli sviluppi della
tassonomia europea della finanza sostenibile, valutando la
possibilita' di rivedere in sede europea gli altrettanto sfidanti
criteri attuali di classificazione delle attivita' marittime
nell'ambito di tale iniziativa. Inoltre, alla luce delle specificita'
settoriali, degli sviluppi tecnologici e delle alternative
energetiche effettivamente disponibili, sara' necessario procedere
con una valutazione improntata al ciclo di vita delle emissioni dei
carburanti e nel rispetto del principio di neutralita' tecnologica.
2.6 PESCA E ACQUACOLTURA
2.6.1 Pesca
La pesca in Italia e' una attivita' diffusa, tradizionale, con solide
basi culturali e storiche millenarie.
Lo sviluppo della costa, la presenza di importanti laghi e lagune
costiere, rendono la pesca una attivita' presente in tutte le regioni
italiane.
Nelle politiche del mare la pesca italiana ha progressivamente perso
rilevanza economica (oggi pesca e acquacoltura italiane soddisfano
solo il 25% della domanda, con una produzione da cattura di 130.085
tonnellate nel 2020) a causa della riduzione della flotta,
conseguente allo stato di sovra-sfruttamento delle risorse biologiche
dei mari, alla riduzione degli spazi marini costieri soggetti a forte
competizione tra usi tradizionali ed emergenti, al degrado degli
ecosistemi. Nonostante cio', la pesca in Italia e' un attore
significativo tra gli usi del mare.
Il riferimento principale della pesca italiana, e' la Politica Comune
della Pesca147 , considerate le competenze esclusive dell'UE in
questa materia148 .
Il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranita' Alimentare e delle
Foreste (d'ora in poi anche MASAF), con la Direzione generale della
Pesca marittima e dell'acquacoltura, predispone il Programma
nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, unico strumento
programmatico delle produzioni acquatiche nell'ambito della politica
agroalimentare italiana.
Il MASAF opera in stretta collaborazione con le istituzioni europee,
con le regioni (competenti in materia di acquacoltura), con gli altri
Ministeri competenti nelle varie materie concorrenti che intercettano
a qualche titolo la pesca.
Il Programma triennale e' uno strumento completo, ricco di tutti i
dati necessari, e condivisi con le istituzioni europee, redatto con
la partecipazione dei portatori di interessi. Infatti, fin da quanto
indicato dalla legge 17 febbraio 1982, n. 41 il legislatore ha
avviato in Italia un costruttivo dialogo strutturato tra il mondo
della pesca e l'Amministrazione centrale competente.
Inoltre, trattando di spazi marini, va sottolineato che la pesca
condivide il mare aperto con altri Stati membri dell' UE e non solo,
dove vivono specie ittiche, fra cui quelle pelagiche altamente
migratorie, che vengono pescate da piu' flotte nazionali e che quindi
richiedono organismi internazionali per definire regole condivise di
gestione e controllo (fra di esse: la Commissione per la
conservazione dei tunnidi dell'Atlantico - ICCAT; la Commissione
generale della pesca per il Mediterraneo - CGPM, organismo della FAO,
l'OCSE). Il MASAF e' designato per il coordinamento delle attivita'
di tutte le autorita' di controllo nazionali responsabili del
rispetto delle norme della PCP. In queste politiche e' coinvolto il
Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale
(MAECI).
E' essenziale sottolineare come l'Italia e gli altri Stai membri UE
del Mediterraneo condividano questo mare con Stati terzi, soprattutto
delle sponde africana, e balcanica, che hanno importanti attivita' di
pesca. Pertanto, si deve tendere a definire regole comuni, per avere
effetti delle scelte gestionali su larga scala. Soprattutto si deve
tendere a una armonizzazione delle attivita' e dei comportamenti in
mare attraverso la Commissione generale della pesca per il
Mediterraneo e Mar Nero, una delle organizzazioni regionale che
regolano la pesca nel mondo (alcune di esse come organismi della
FAO). Una pesca non regolata crea conflitti tra pescatori che operano
in mare aperto, e non solo. E' anche difficile imporre restrizioni ai
nostri pescatori, consapevoli che altrove, nello stesso mare si
praticano attivita' con maggiori gradi di liberta', e con impatti
ambientali significativi.
L'Italia, attraverso il MAECI e il MASAF, ha manifestato un
vastissimo impegno verso la CGPM, ospitandone in Italia il quartier
generale, e dando supporto con continuita' ai suoi programmi
subregionali, in Adriatico (AdriaMed) e nello Stretto di Sicilia
(MedSudMed).
Nonostante gli sforzi dell'Unione europea e dell'Italia, la pesca
risulta essere comunque un settore "in crisi", complesso da gestire.
L'Italia, con le sue isole, e' comunque terra di pescatori, la prima
gente di mare per radici storiche, e questo richiede un impegno
politico di grande visione strategica, che vada ben oltre la portata
economica del settore.
La pesca non e' solo cattura e mercato, ma e' anche ambiente,
navigazione, controllo, cantieristica, portualita', pianificazione
spaziale, lavoro e previdenza, formazione, turismo, attivita'
ricreativa, e tanto altro.
Sintetizzando al massimo, i temi sensibili della pesca nella politica
del mare, si puo' considerare al primo punto la esigenza di pescare
garantendo la rinnovabilita' delle risorse alieutiche e minimizzando
gli impatti sulla biodiversita', attraverso la regolazione
dell'accesso agli spazi marini.
Inoltre, la politica deve generare un sistema di regole, schemi
formativi, incentivi e sanzioni per regolare l'accesso alle risorse
razionalizzandone il prelievo, secondo i principi dello sviluppo
sostenibile (Obiettivo - SDG n. 14 dell'Agenda 2030 delle Nazioni
Unite), tenendo presente che questa attivita' ha un ruolo sociale e
di presidio della fascia costiera, particolarmente rilevante in
Italia. Tutto cio' e' previsto nell'obiettivo del FEAMPA «Conservare
ed utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse
marine» ed e' sottolineato nel Piano di azione europeo per proteggere
e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e
resiliente (COM 21 febbraio 2023, n. 102), cercando di realizzare
nuove politiche che superino i limiti della PCP.
Lo stato delle risorse nel Mediterraneo e' preoccupante, anche se ci
sono alcuni segni di ripresa. Allo stato attuale, il Fondo europeo
per gli affari marittimi e la pesca (FEAMPA) prevede un quadro
europeo per la raccolta, la gestione e l'uso dei dati nel settore
della pesca come supporto ai pareri scientifici relativi alla
Politica comune della pesca.
La raccolta dei dati sulla pesca e sulla biodiversita' marina, con
solide basi scientifiche, e' essenziale per definire piani di
gestione e scelte politiche appropriate.
L'Italia dispone di una robusta ricerca scientifica e tecnologica nei
campi della pesca e dell'acquacoltura, che ha da sempre fatto parte
della biologia marina nazionale. Universita', CNR, ISPRA, CREA,
Stazione Zoologica di Napoli, cooperative di ricerca e ricercatori
del mondo associativo e sindacale, hanno contribuito alla conoscenza
nei vari capitoli del sistema pesca, con particolare attenzione agli
impatti delle catture e degli strumenti sugli ecosistemi marini alle
varie scale spazio-temporali, secondo i dettati delle norme europee
Questa rete, attraverso il sistema di raccolta dati previsto dal
FEAMPA fa riferimento di fatto dalla Direzione generale della Pesca
marittima e dell'acquacoltura del MASAF, tradizionalmente impegnata
nel supporto alla ricerca, come previsto anche dal Programma
triennale fin dai tempi della legge n. 41 del 1982. E' bene
ricordare, ancora una volta, che proprio su questa base di dati,
raccolti con metodi scientifici condivisi, sono varate misure per la
mitigazione degli impatti della mortalita' da pesca sugli stock.
Questa rete avrebbe necessita' di una razionalizzazione, mantenendo
pluralita' di partecipazione ed integrazione tra enti di ricerca,
ricerca pubblica e privata, con presenza capillare sulla costa. il
coordinamento dovrebbe essere dello Stato, e il risultato di questa
rete sarebbe il primo "istituto" diffuso di scienze della pesca degli
Stati membri dell'UE, vicino ai territori ed alle realta' ambientali
e produttive.
I dati sul controllo sono previsti dai regolamenti europei, e questa
attivita' fondamentale per il contrasto alla pesca illegale, e'
garantita dal Corpo delle Capitanerie di porto, che monitora, tra
l'altro in tempo reale, le attivita' attraverso un controllo
centralizzato.
Senza mettere in discussione l'insostituibile valore della ricerca
scientifica, resta il fatto che i piani di gestione messi in atto non
mostrano, allo stato attuale, tutta la capacita' di invertire le
tendenze rispettando gli obiettivi temporali previsti.
Si tratta di materia complessa. Certamente gli effetti della pesca
illegale, la ridotta sensibilita' di una parte sempre piu' marginale
degli operatori, il degrado degli ecosistemi dovuto ai molteplici usi
del mare, possono vanificare i risultati attesi di misure tecniche
corrette.
Ad esempio, la riduzione della flotta e' stato lo strumento primo di
conservazione, che si tende ancora a voler utilizzare come uno dei
pilastri della PCP. E' necessario identificare il limite di un
approccio che, applicato agli estremi, porterebbe all'azzeramento di
alcune attivita'. Come ricordato la Commissione europea ha presentato
recentemente un «Piano di azione per proteggere e ripristinare gli
ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente» nel quale
si propone, nel pacchetto relativo alla riduzione degli impatti
negativi della pesca sugli ecosistemi marini, in particolare
attraverso la perturbazione dei fondali, di eliminare gradualmente la
pesca di fondo, con reti a strascico e altri sistemi, in tutte le
aree marine protette entro il 2030 e di vietarla in tutte quelle di
recente istituzione, adottando misure urgenti per i siti "Natura
2000".
Tali proposte, motivate dalla necessita' di un quadro di revisione
della PCP, dalla necessita di rispettare gli impegni assunti dall'UE
in materia di Biodiversita' per il 2030, che prevedono di proteggere
il 30% dei mari, con una percentuale di aree interdette ad ogni
attivita' antropica, hanno generato molti allarmi nel mondo della
pesca, con particolare riferimento alla pesca a strascico. Si e'
diffusa infatti una lettura del Piano, che ha generato
preoccupazioni, anche accentuate dal fatto che lo stesso non da'
reale spazio alle necessarie considerazioni sociali ed economiche.
Nel caso italiano, gli attrezzi da traino rappresentano il 17,7%
della flotta, ma forniscono oltre il 30% della produzione. Ma anche i
prodotti ittici che importiamo sono in gran parte catturati con la
pesca a strascico, e politiche sensibili dovrebbero considerare
l'impatto generato dalla domanda in ecosistemi non soggetti alle
scelte dell'UE.
I pescatori allarmati da una politica che potrebbe portare alla
eliminazione allo strascico in tutti gli spazi marini, chiedono alla
politica interventi per la salvaguardia degli ecosistemi, ma anche
nuove strategie per pianificare al meglio le destinazioni d'uso dei
fondali in cui lo strascico potra' operare con profitto e stabilita'.
C'e' piena consapevolezza degli impatti dello strascico sui fondali,
rispetto a quella che era la biodiversita' prima dell'impatto
antropico. Ma oggi tali fondali marini, soggetti ed adattati a
costanti perturbazioni da molti decenni, potrebbero essere
considerati, con una forte esemplificazione, come "campi coltivati"
in cui svolgono il loro ciclo vitale una serie ridotta di specie
adattate alle condizioni perturbate, quelle di fatto su cui la pesca
si basa, e che possono essere oggetto di una corretta gestione su
base scientifica.
Sono stati effettuati molti studi sulle comunita' ittiche soggette a
strascico, ed anche i casi in cui tale attivita' e' stata poi
interdetta. I risultati di questi studi, e l'esperienza secolare dei
pescatori, potrebbero essere oggetto di considerazioni utili alla
identificazione di strategie orientate a pianificare l'uso dei
fondali per la pesca nelle aree consentite.
Certamente occorrono misure per limitare gli impatti dello strascico
sui fondali da tutelare e non destinati a questa attivita',
proteggendo con determinazione le aree marine protette, costruendo
basi ecologiche solide, con conoscenza storica dei fondali
strascicati, riducendo gli impatti degli strumenti grazie a nuove
tecnologie, utilizzando al meglio appunto la pianificazione spaziale
per collocare correttamente tali attivita' negli spazi marini e nel
tempo (Fisheries Restricted Areas, tutela delle praterie di
Posidonia, fermi temporanei, ecc.).
E' comunque necessario partire dalla pianificazione spaziale, infatti
le aree destinate alla pesca tendono ad essere fortemente ridotte, ad
esempio per il conflitto con le finalita' energetiche. E per lo piu'
i sistemi non dialogano, considerando la pesca marginale.
Anche le scelte che saranno fatte in materia di ZEE pongono molte
incertezze sulle future aree di pesca, considerando le dimensioni
della flotta italiana che spazia nel Mediterraneo, unico nostro campo
di pesca. (La pesca italiana al di fuori di questo mare e'
rappresentata da poche unita', ed anche questo aspetto dovrebbe
richiedere una serie di valutazioni politiche per valutarne l'ipotesi
di rilancio).
Il tema dell'accesso agli spazi marini per la pesca evidenzia la
urgente necessita' di politiche coordinate tra i diversi utenti del
mare, non esiste infatti una banca dati che sovrapponga tutti gli usi
del mare, che si sommano alla pesca, ed abbia la capacita' di
restituire in tempo reale informazioni a tutti gli utenti pubblici e
privati.
I sistemi in uso al Comando Generale delle Capitanerie di
Porto-Guardia Costiera-Centro di Controllo Nazionale Pesca, quali il
sistema G.I.A.N.O. («Guidance for Information and Analisys for
Operation») attivo per la pesca, potrebbero essere efficientemente
integrati con tutti gli altri sistemi di gestione dei dati.
Per quanto riguarda il traffico marittimo delle unita' da pesca,
dotate di sistema di localizzazione satellitare o di sistema
automatico di identificazione (AIS), il monitoraggio e' gestito con
grande efficacia dal «Fisheries Monitoring Centre» (FMC) del Centro
Operativo della Guardia Costiera, che gestisce dati sensibili
relativi alla nostra flotta da pesca, anche in relazione a chi opera
in prossimita' di aree considerate "a rischio".
Un approccio siffatto richiede il concorso attivo di piu'
amministrazioni, competenti nelle varie materie, e la partecipazione
degli utenti che possano rappresentare interessi contrapposti, ma che
la politica potra' armonizzare.
La pesca deve essere informata ed integrata, e questo e' compito
delle scelte politiche che dovranno predisporre gli strumenti di
coordinamento attraverso le decisioni del Cipom.
Per consolidare un nuovo percorso, e' evidente la necessita' di
presidiare con grande energia le scelte europee, qualora non avviino
processi innovativi, ad esempio inaugurando forme di cogestione nel
mondo della piccola pesca e non solo.
La saldatura tra imprese della pesca e conservazione dell'ambiente
non deve apparire un paradosso, ma l'unico strumento per garantire
sostenibilita' reale, con un'apertura da parte del Ministero
dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica ai pescatori che devono
essere attori della "blue economy" e non esclusi dalle politiche
nazionali ed europee di conservazione.
Ma senza pescatori formati, dotati di titoli di studio appropriati,
in istituti tecnici specializzati, sara' impossibile avviare un
processo di innovazione profonda.
I lavoratori della pesca devono riassumere centralita': Senza
ricambio generazionale, senza riconoscimento del lavoro usurante,
senza accesso agli ammortizzatori sociali, come quelli applicati in
agricoltura, ogni sforzo di riqualificazione del settore appare
debole. Cio' e' indispensabile in un momento in cui servono pescatori
capaci di affrontare le sfide che il "Green Deal" europeo ci pone,
anche a difesa della sovranita' alimentare che i nostri mari ci
possono in parte garantire.
A questo tema si associa la formazione che le rappresentanze
sindacali, gia' fortemente impegnate, svolgono e possono rinforzare
svolgere su tutto il territorio, anche per gli imbarcati di altre
nazionalita'.
Particolare attenzione va assegnata al potenziale occupazionale e di
supporto al turismo marino che la pesca puo' offrire, non solo con
attivita' di Pescaturismo, ma anche offrendo (si pensi al caso delle
piccole isole) servizi per visite guidate, e tanto altro. Anche in
questo caso questa opportunita' va regolata ed esemplificata sul
piano burocratico.
Ulteriore attenzione va posta al potenziale rappresentato dai
pescatori nel presidio ambientale del mare, nei processi di
monitoraggio, raccolta di rifiuti, di collaborazioni con la ricerca
scientifica.
Nella identificazione delle politiche nazionali per il mare, va
considerata con attenzione particolare la pesca sportiva o, come si
usa dire per alcune tipologie, ricreativa). Si tratta di attivita' il
cui ruolo culturale, economico ed ambientale richiede una piena
integrazione e regolazione nella politica della pesca, chiudendo i
conflitti storici tra professionisti e pescatori sportivi soprattutto
sull'uso dello spazio e sulla definizione delle regole. Naturalmente,
anche in questo caso le associazioni maggiormente rappresentative
devono essere coinvolte nel processo decisionale, nella educazione
ambientale e nel rispetto delle regole, per evitare confusioni tra le
attivita' di pesca sportiva e pesca illegale.
2.6.2 Acquacoltura
Alle produzioni da pesca si sommano quelle da acquacoltura che e'
l'attivita' che produce organismi in ambienti acquatici, sia in acque
interne, sia in ambienti marini.
Anche in questo caso, l'Italia ha una lunga storia nella produzione
di molluschi e pesci in ambienti controllati.
Basti pensare alla tradizione secolare di allevare mitili ed ostriche
in aree marine confinate ed in lagune costiere.
Questo settore dovrebbe giocare un ruolo fondamentale nella
vicarianza ed integrazione delle produzioni da pesca, ma molti sono i
limiti allo sviluppo nonostante i molteplici strumenti settoriali
introdotti da UE, Stato e Regioni.
A favore della reale assunzione del ruolo atteso dall'acquacoltura,
le politiche del mare dovranno considerare che e' necessario:
- accelerare il processo di definizione delle Zone Allocate per
l'Acquacoltura (AZA), nell'ambito della pianificazione spaziale
marittima, anche per non perdere l'accesso ai programmi europei
di supporto allo sviluppo;
- tutelare le zone umide costiere, riconoscendo le funzioni ed i
servizi ecosistemici prodotti dalle aree di acquacoltura
estensiva che contribuiscono alla conservazione di tali zone,
grazie all'intervento dei piscicoltori;
- investire sulla qualita' dei prodotti freschi e trasformati e
sui sistemi di etichettatura;
- rivedere rapidamente tutta la materia delle concessioni
demaniali, con canoni e regole appropriate, per fare assumere
al settore il ruolo strategico atteso, con una crescita
significativa delle produzioni. In questa materia, tutti i
benefici previsti dovrebbero essere estesi a tutte le tipologie
di impresa;
- considerare che molti progetti per attivita' in mare
(Produzione di energia, estrazione) potrebbero integrarsi con
impianti innovativi di acquacoltura, molte strutture potrebbero
essere adattate per ospitare nurseries o strutture attrattive
per pelagici; o essere utilizzate per finalita' naturalistiche,
pesca ricreativa, ed attivita' subacquee ad esempio.
Per fare questo e' necessario che i progetti siano disegnati in
contesti gia' predisposti alla integrazione, in cui gli uni conoscono
gli altri, sia al livello interministeriale, che tra imprese.
In generale, il bisogno di integrazione delle produzioni acquatiche
da pesca e da acquacoltura nel "sistema mare" risulta essenziale per
lo sviluppo di questi settori, per i quali gli strumenti fin qui
introdotti, soprattutto su indirizzo europeo, manifestano dei limiti,
nonostante l'impegno.
Risulterebbe prioritario far confluire la ricca base di dati della
pesca e della acquacoltura in un sistema centrale di raccolta
informatizzata dei dati sul mare. Cio' al fine di consentire un nuovo
approccio alla pianificazione della pesca e della acquacoltura che
tengano conto dei vari usi del mare e delle varie competenze
gestionali coinvolte.
La ricerca italiana in acquacoltura riveste un ruolo importante nello
scenario europeo grazie all'impegno delle Universita', del Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR), dell'Ispra, del Consiglio per la
ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA),
delle cooperative di ricerca, dell'industria. Anche in questo settore
il MASAF ha promosso attivita' di coordinamento attraverso l'avvio di
una piattaforma comune.
2.7 CANTIERISTICA
2.7.1 Cantieristica mercantile
L'industria cantieristica italiana e' un settore che, raggruppando
imprese di costruzione e riparazione navale, produttori di sistemi e
componenti ad uso navale, societa' di ricerca ed aziende di servizi
al settore, genera un'occupazione di circa 70.000 persone (90.000
persone includendo l'occupazione trainata), per un valore della
produzione di circa 9 miliardi di euro, in gran parte derivante
dall'export.
Per quel che concerne la cantieristica mercantile, fatta eccezione
per i piccoli cantieri specializzati in unita' da lavoro e piccoli
mezzi trasporto passeggeri, in Europa la produzione e' rivolta
essenzialmente alle navi da crociera. In tale contesto, i cantieri
italiani detengono posizioni di leadership a livello mondiale nella
costruzione di tali navi che, come noto, sono altamente sofisticate
dal punto di vista tecnologico e del processo produttivo. Per le navi
portacontainer e trasporto carichi alla rinfusa (solidi e liquidi),
l'Est asiatico e' invece protagonista assoluto, con un ruolo
predominante della Cina, la cui industria cantieristica negli ultimi
anni e' tuttavia riuscita a consolidare, attraverso aggressive
strategie di politica industriale (es. "Made in China 2025"), il suo
ingresso anche in segmenti di marcato tecnologicamente avanzati e
complessi, quali il settore dei traghetti, un tempo appannaggio
esclusivo dei cantieri europei.
Volgendo lo sguardo allo scenario di mercato internazionale, si
osserva che la consistenza numerica della flotta mondiale sta
registrando un incremento di oltre il 2,1% annuo ed e' in continuo
aumento. La flotta adibita al trasporto di prodotti alla rinfusa ha
subito un significativo rinnovamento nel corso degli ultimi anni per
la necessita' di un naturale svecchiamento. Le navi portacontenitori
- lo stesso si puo' dire delle navi da crociera - hanno invece
iniziato una corsa al gigantismo che sembra non fermarsi. Il rinnovo
della flotta traghetti procede, invece, a un passo diverso per una
serie di ragioni - non da ultimo il costo significativo della
tipologia di nave e la notevole "vita media" di queste unita'.
In tale contesto, risulta indispensabile recuperare il pieno
potenziale strategico che da sempre l'industria navalmeccanica
riveste per lo sviluppo economico nazionale e per l'autonomia
strategica europea. Senza un proprio settore navalmeccanica, l'Europa
dipenderebbe infatti interamente dai cantieri navali asiatici per la
costruzione, riparazione, conversione, manutenzione o adeguamento di
navi civili e militari, e dai produttori asiatici di attrezzature
marittime per la produzione di sistemi navali innovativi, verdi e
digitali, e pertanto, per garantire, la propria difesa, sicurezza, e
libero accesso ai propri mari, al commercio marittimo, ed alle
attivita' dell'economia blu nel suo complesso, nonche', come gia'
accennato, per l'attuazione delle attuali ambiziose politiche dell'UE
come il "Green Deal" europeo.
Ad esempio, i target di riduzione delle emissioni stabili a livello
europeo e dell'IMO (International Maritime Organization) per il 2050,
per essere realizzati, richiedono una totale
sostituzione/ristrutturazione dell'attuale intera flotta mondiale,
con un investimento di circa 3.000 miliardi di dollari. Considerando
la distribuzione dell'attuale capacita' produttiva mondiale, tale
processo di rinnovamento verrebbe lasciato per il 70% a due Paesi
asiatici (Cina e Corea) mentre solo l'8% delle nuove esigenze di
flotta potrebbe essere realizzato in Europa, con il rischio di
delegare il raggiungimento dei piani di decarbonizzazione del settore
marittimo europeo alla costruzione navale asiatica.
La necessita' di salvaguardare il settore della navalmeccanica si
pone quindi all'interno di un piu' ampio obiettivo di autonomia
strategica generale: se l'Europa vuole infatti svolgere il proprio
tradizionale ruolo di potenza marittima sulla scena mondiale, non
puo' che alimentare le proprie capacita' marittime commerciali e di
difesa, che non possono prescindere dalla presenza in loco di un
significativo complesso industriale (cantieri navali e produttori di
attrezzature marittime) su cui poter fare affidamento nel lungo
termine.
Occorre, pertanto, valutare opportune iniziative che permettano di
rafforzare la competitivita' dei cantieri navali italiani aumentando
la diversificazione dei mezzi prodotti e riducendo il differenziale
di prezzo con i cantieri navali asiatici. E' quindi auspicabile
valutare l'elaborazione di un piano strutturato di azioni all'interno
di un disegno condiviso a livello europeo, per rilanciare l'industria
navalmeccanica italiana dinanzi alle sfide della concorrenza (spesso
sleale) internazionale e alle esigenze della transizione green e
digitale.
2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field"
Nel 1980, l'Europa - con un ruolo chiave giocato dalla navalmeccanica
italiana - aveva una quota di mercato nei nuovi ordini ben superiore
al 50%, mentre adesso e' inferiore al 4-5%. Politiche commerciali
molto aggressive sono state attuate dai costruttori asiatici (Corea,
prima, e Cina poi) negli ultimi 30 anni, grazie ad una attivita' di
"dumping" strutturale e continuativo sostenuto da abbondanti e
diversificati sussidi statali. Il tutto e' stato possibile anche a
causa del fallimento dei negoziati multilaterali per una disciplina
settoriale volta a restaurare il "level playing field" nel mercato
della globale della cantieristica navale e l'inapplicabilita' alla
navalmeccanica sia delle procedure antidumping previste dalla World
Trade Organization ("WTO") sia dei vari strumenti di difesa
commerciali messi in campo dall'Europa, inclusi il Regolamento UE
1035 del 2016 e il recente «EU Foreign Subsidies Regulation». In
particolare:
- gli approcci multilaterali sono falliti perche' i Paesi
asiatici che forniscono il maggior volume di sovvenzioni alla
cantieristica navale da decenni bloccano i negoziati per una
disciplina settoriale globale. Alcuni di tali Paesi, inoltre,
ostacolano di fatto il ricorso al meccanismo di risoluzione
delle controversie del WTO attraverso il mancato rispetto degli
obblighi WTO in materia di trasparenza e notifica di
sovvenzioni industriali;
- le particolari caratteristiche del "prodotto" nave e della sua
compra-vendita a livello globale non consentono l'applicazione
dei tradizionali strumenti di difesa commerciale previsti dal
WTO, quali i dazi anti-sussidi o antidumping che si applicano
sui beni importati. Questo perche' le navi non vengono
generalmente "importate", nell'accezione di un loro ingresso
permanente in un territorio doganale, e le regolamentazioni del
WTO sono invece concepite per beni che entrino permanentemente
nel confine doganale di uno Stato;
- il «Regolamento (UE) 1035 del 2016 relativo alla difesa contro
i prezzi pregiudizievoli nella vendita di navi» (adottato a
fine anni '90 per trasporre a livello UE un accordo OCSE
firmato nel 1994) non e' mai divenuto applicabile a causa della
mancata entrata in vigore dell'accordo OCSE in questione a
causa della mancata ratifica da parte di una delle parti
contraenti;
- il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni
estere distorsive del mercato interno (Foreign Subsidies
Regulation), pur riconoscendo in parte il suddetto problema,
cosi come attualmente formulato non consente azioni avverso
sussidi concessi da Paesi terzi ai produttori di beni
industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto tali
sussidi sono regolati dagli strumenti WTO (rispetto ai quali
esistono le limitazioni di cui sopra per la cantieristica
navale), limitando quindi l'applicabilita' di fatto solamente
ai sussidi distorsivi del mercato interno concessi da Paesi
terzi ai prestatori di servizi.
- il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni
estere distorsive del mercato interno (Foreign Subsidies
Regulation), pur riconoscendo in parte il suddetto problema,
cosi come attualmente formulato non consente azioni avverso
sussidi concessi da Paesi terzi ai produttori di beni
industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto tali
sussidi sono regolati dagli strumenti WTO (rispetto ai quali
esistono le limitazioni di cui sopra per la cantieristica
navale), limitando quindi l'applicabilita' di fatto solamente
ai sussidi distorsivi del mercato interno concessi da Paesi
terzi ai prestatori di servizi.
Pertanto, un primo pilastro di un potenziale piano di azioni dovrebbe
contemplare, l'adozione a livello europeo di soluzioni volte a
restaurare il "level playing field", attraverso la possibile
creazione di strumenti di difesa commerciale di natura settoriale, a
livello unilaterale (in caso di probabile mancato accordo
internazionale), tale da prevenire o rendere inefficaci le pratiche
di concorrenza sleale asiatica.
2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione
A supporto di tale piano di azione, andrebbero valutare opportuni
interventi regolatori, accompagnati da adeguati strumenti di supporto
finanziario-fiscale, volti a rafforzare la competitivita' dei
cantieri italiani ed europei e a stimolare al contempo la ricerca e
l'innovazione per far fronte al complesso scenario globale. Cio' al
fine, da un lato, di promuovere lo sviluppo della capacita'
produttiva italiana, con focus sui segmenti di mercato fondamentali
per l'autonomia strategica europea (trasporto passeggeri, difesa,
energie rinnovabili offshore, navi per il trasporto di combustibili
verdi, piccolo cabotaggio etc.), con conseguente beneficio anche dei
cantieri privati cosiddetti "minori". E, dall'altro, rafforzare la
sovranita' e della superiorita' tecnologica italiana di lungo
periodo, seguendo le direttrici verdi e digitali ma anche
dell'efficienza produttiva.
Tra i suddetti interventi, si potrebbero valutare la promozione di un
quadro regolatorio che uniformi, a livello internazionale, i criteri
costruttivi agli standard europei e l'introduzione di criteri
tassonomici per l'accesso alla finanza sostenibile che stimolino gli
investimenti verdi e digitali, sia dal lato dei processi produttivi
navalmeccanici sia sul piano della domanda (in termini di rinnovo
flotte), con l'obiettivo di promuovere, laddove possibile ed
auspicabile, la sovranita' tecnologica nazionale ed europea. Al fine
di facilitare i suddetti investimenti, potrebbe essere opportuno
promuovere in sede europea una revisione degli attuali criteri
tassonomici di classificazione delle attivita' marittime alla luce
delle specificita' settoriali, degli sviluppi tecnologici e delle
alternative energetiche disponibili, sulla base di una piu' corretta
valutazione improntata al ciclo di vita delle emissioni ("well to
wake") e alla neutralita' tecnologica.
Sarebbe, inoltre, opportuno promuovere interventi europei o nazionali
di stimolo allo sviluppo tecnologico, quali il rinnovo della
Co-Programmed Partnership on Zero-Emission Waterborne Transport
("cPP" ZEWT) e la creazione di almeno una nuova "cPP" sulla
digitalizzazione del settore marittimo.
In parallelo, sarebbe auspicabile studiare possibili interventi
specifici per stimolare la creazione di una nuova capacita'
produttiva verde, digitale e ad efficienza massimizzata. Parimenti,
sarebbe utile intervenire su formazione e forza lavoro, ad esempio
attraverso l'attuazione di un "Patto per le competenze" che risolva
il problema della carenza di professionalita' ad hoc del settore.
Inoltre, la previsione di un programma di investimenti specifico,
dedicato all'industria della difesa navale, potrebbe non solo
contribuire a ottimizzare il sistema di difesa italiano all'interno
di una logica di difesa europea comune, ma anche favorire lo sviluppo
di soluzioni tecnologiche in grado di cross-fertilizzare il segmento
civile e viceversa.
Infine, andrebbe valutato lo sviluppo di un piano di rinnovo del
naviglio commerciale che possa stimolare la produzione, in Italia o
in Europa, di quelle tipologie di navi necessarie all'autonomia
strategica nazionale, sostenendo al contempo la necessaria
transizione energetica e digitale della flotta.
In tale contesto risultera' in ogni modo fondamentale il ruolo
giocato dall'Italia nella definizione di una strategia europea
dedicata al settore sulla base delle direttrici sopracitate.
2.7.2 Cantieristica nautica
La cantieristica nautica e' un asset strategico sia sotto l'aspetto
industriale, che per quanto riguarda il refit. Per questo occorre
tener conto delle nuove frontiere ed evoluzioni di mercato.
2.7.2.a Design e concept innovativo
La progettazione dovra' evolvere verso un approccio fortemente
orientato sul cliente ma anche estremamente funzionale, attingendo ai
concetti di modularita' ed eco-design oltre a ricomprendere materiali
sostenibili e design for disassembling per favorire il recupero dei
materiali stessi a fine vita dell'imbarcazione.
E' necessario sviluppare tecnologie legate a sostenibilita',
ergonomia, disassembling, modularita', nuovi materiali, integrazione,
comfort, sensoristica, accessibilita', da applicare nell'ambito delle
nuove costruzioni, del refit e della fornitura.
2.7.2.b Propulsione ed energie
L'adozione di nuove propulsioni (fondamentalmente nei prossimi anni
si andra' verso il "full electric", ma si assistera' nel lungo
periodo anche all'utilizzo di motorizzazioni ad idrogeno) richiede
necessariamente una riforma di carattere normativo. Infatti, i
registri navali oggi non consentono per motivi di sicurezza il
semplice passaggio al "full electric" in alcune condizioni di mare o
senza limite dalla costa.
Sono numerose le tecnologie in fase di sviluppo, quali ibride, "full
electric", idrogeno, "wind concept", batterie e stoccaggio energia,
riduzione NOx, magneti permanenti, e la cui applicazione riguarda
costruzione, refit, navigazione, yachting e tenderistica.
2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0
Barca e cantiere sono elementi sempre piu' interconnessi e modulari,
che dialogano anche in navigazione. I singoli componenti sono sempre
piu' tracciati sia in fase costruttiva che in fase di refit e
utilizzo.
In un complesso contesto di forti sinergie fra piu' aziende, e'
necessario un nuovo approccio a partire dall'individuazione e
gestione dei processi.
E', altresi', importante lo sviluppo di una piattaforma di
interconnessione tra filiera e cantiere, dedicata alla gestione della
commessa e dei processi in chiave "Industry 4.0" (produzione interna)
e NIM (Naval Information Modeling - coordinamento esterno).
Tra le tecnologie da sviluppare per la costruzione, il refit e la
navigazione, si segnalano: digitalizzazione a terra e bordo, IOT
controllo navigazione, automazione, rotte intelligenti,
tracciabilita', innovazioni di processo, robotica di costruzione e
smantellamento.
2.7.3 Cantieristica militare
La cantieristica militare ha attraversato, soprattutto nell'ultimo
decennio, un periodo positivo grazie ai programmi di rinnovamento e
ammodernamento della Difesa nel suo complesso, inclusa la Marina
Militare, e ai successi conseguiti sul mercato internazionale, in
particolare in Medio Oriente, Nord Africa e Stati Uniti.
Il sistema cantieristico militare di Fincantieri, incentrato su Riva
Trigoso-Muggiano col supporto di Castellammare di Stabia, ha
raggiunto un buon livello di efficienza e di distribuzione sul
territorio nazionale, ma puo' e deve ulteriormente progredire.
Fincantieri in questo periodo ha potuto avvantaggiarsi
dell'esperienza maturata sul mercato americano a contatto e in
collaborazione con un sistema industriale particolarmente competitivo
in cui ha potuto trasferire l'esperienza e le competenze acquisite
con i programmi italo-francesi sulle unita' di superficie e,
successivamente, con i programmi nazionali. La nuova scala
dimensionale internazionale ha spinto e consentito a Fincantieri di
diventare uno dei player mondiali del settore navale.
Su questa base Fincantieri sta partecipando, in collaborazione con il
partner francese, al programma finanziato dall'«European Defence
Fund» per sviluppare una classe di "European Patrol Corvette" che
dovrebbero consentire a diverse Marine europee di avere un
pattugliatore con una forte comunalita' in modo da favorire attivita'
operative, addestramento e supporto logistico quasi in comune. E'
un'occasione importante che non va sprecata perche', ovviamente, su
questo tipo di unita' vi sono obiettivamente meno vincoli e riserve
sul piano tecnologico.
A tal proposito, anche nella subacquea Fincantieri ha potuto
lanciare, insieme alla Marina Militare, una nuova classe di
sottomarini, la 212 NFS - "Near Future Submarine", in cui e' previsto
un significativo inserimento di nuovi sistemi elettronici e
sottosistemi nazionali, in collaborazione con Leonardo, in modo da
sviluppare una piu' autonoma capacita' tecnologica e industriale
nazionale, mentre proseguono i rapporti di collaborazione col partner
tedesco.
L'industria navale italiana ha migliorato la sua offerta anche nel
campo delle unita' minori specialistiche (cacciamine, soccorso
sottomarini e sorveglianza) sia per la Difesa sia per le forze di
sicurezza.
Il nuovo quadro strategico sta facendo crescere rapidamente le
esigenze navali in relazione alla diffusione e all'intensita' delle
minacce. La quantita' di unita' navali impegnate in compiti operativi
e' cresciuta sensibilmente insieme alla durata della loro presenza in
mare e alla distanza dei teatri di impiego. Non si tratta, infatti,
solo delle tradizionali operazioni di protezione delle rotte
commerciali e di controllo dei confini marittimi. La postura delle
navi russe e cinesi nel Mediterraneo, cosi' come la protezione di
cavi e dotti e delle infrastrutture energetiche, anche fuori dalle
acque territoriali, impone una maggiore presenza delle unita'
italiane.
Tutto questo si traduce in un accelerato logoramento della flotta
militare che, insieme alle aumentate esigenze, dovra' condurre a
confermare, e se possibile incrementare, i piani di ammodernamento e
di investimento della Difesa nel settore come anche, nello stesso
tempo, le azioni poste in essere per un reclutamento sempre piu'
efficace.
Le stesse capacita' industriali dovranno progressivamente adeguarsi
alla nuova domanda, razionalizzando la' dove possibile la struttura
industriale e assicurando la disponibilita' del personale necessario.
In particolare, dovra' essere rapidamente implementato il Polo
Nazionale della Subacquea di recente istituzione al fine di
affrontare le sfide dell'ambiente subacqueo, mettendo a fattor comune
le capacita' scientifiche, tecnologiche, industriali e operative
maturate in campo militare e civile.
Inoltre, andra' attentamente considerato anche l'utilizzo delle
collaborazioni nel campo della difesa e della sicurezza, sia a
livello industriale sia operativo, con gli stati costieri (che sono
195 contro 44 nel mondo) come strumento di proiezione internazionale
per tutelare i nostri interessi nazionali. Peraltro, le esportazioni
militari sono sovente corredate da un corollario di attivita', che
abbracciano l'addestramento degli equipaggi e la successiva
manutenzione delle navi consegnate. Si tratta di un formidabile
strumento politico e diplomatico, che concorre a creare dei saldi
legami di cooperazione tra le Marine e tra gli Stati.
Infine, va tenuto presente il livello della ricerca e
dell'innovazione tecnologica che caratterizza l'industria navale
delle costruzioni militari. I risultati che essa consegue si
riverberano beneficamente anche sulla cantieristica mercantile e da
diporto, consolidando e incrementando il vantaggio tecnologico
complessivo.
2.7.4 Innovazione tecnologica
L'innovazione tecnologica e' il tratto distintivo del mondo odierno.
Intensita', vastita' e rapidita' ne sono le caratteristiche piu'
appariscenti. Ma vi e' un quarto aspetto che sta richiamando una
crescente attenzione, quello del trasferimento delle conoscenze,
esperienze e competenze sul piano scientifico, tecnologico,
industriale e, seppur parzialmente, operativo.
Questo quadro deve essere tenuto presente anche nell'elaborazione e
applicazione di una nuova strategia marittima nazionale per far in
modo che le scelte di carattere politico e operativo marcino in
parallelo con la politica della ricerca e innovazione tecnologica e
con la politica industriale. Da questo punto di vista il
perseguimento di questo obiettivo potra' essere facilitato dalla
presenza nel Cipom di tutte le amministrazioni interessate.
La dimensione marittima (compresa la sua articolazione subacquea)
coinvolge gran parte delle tecnologie e molteplici settori, sia in
campo civile sia militare. Solo a titolo esemplificativo vanno
considerate quelle legate alle costruzioni e infrastrutture navali
(che sono tradizionalmente sistemi fortemente autonomi e completi, ma
che oggi sono diventati sempre piu' sistemi di sistemi a complessita'
crescente); al trasporto di persone, mezzi di locomozione e merci;
alla movimentazione e alla conservazione dei carichi (solidi,
liquidi, gassosi); alla ricerca e all'estrazione di fonti energetiche
e minerali; alla pesca e all'acquacultura; allo svolgimento di
attivita' scientifiche.
La dispersione delle attivita' svolte sul, nel e sotto il mare e'
strettamente connessa con il settore delle comunicazioni,
localizzazione e controllo della navigazione, anche grazie alle
applicazioni satellitari. Va, quindi, sempre tenuto presente che le
attivita' vi si svolgono isolate fisicamente. Questo vale, a maggior
ragione, nella dimensione subacquea e nelle infrastrutture
automatizzate localizzate a mare.
Tutte queste attivita', sempre piu' complesse e interconnesse, stanno
portando ad una elevata automazione e informatizzazione di tutte le
componenti che comporta, pero', maggiori rischi di fronte alla
minaccia cibernetica sia in termini di sicurezza sia a livello
economico.
Da una parte, quindi, la dimensione marittima va considerata come uno
dei motori dell'innovazione tecnologica, dall'altra richiede la
massima attenzione per garantirne la protezione oltre che dalle
minacce tradizionali anche da quelle cibernetiche. Nella
realizzazione del "Piano del mare" dovra', quindi, essere assicurato
anche il coordinamento di queste esigenze con la politica nazionale
volta a proteggere il Sistema Italia e, in particolare le sue
infrastrutture critiche, da tutte le minacce.
Nello stesso tempo si dovra' perseguire anche uno stretto
coordinamento fra il perseguimento degli obiettivi del "Piano del
mare" e lo sviluppo armonico delle diverse iniziative nel campo
dell'innovazione tecnologica volte a rendere sempre piu' adeguata ed
efficace la cornice di sicurezza in cui questi obiettivi devono
essere collocati.
2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE
L'industria armatoriale e' un asset strategico fondamentale per la
Nazione:
- 1260 navi di bandiera italiana per oltre 13 milioni di GT;
- oltre 42mila posti di lavoro a bordo (sui quali ruotano oltre
61mila lavoratori);
- oltre quasi 8mila posti di lavoro diretti a terra;
- 2,8 euro e' il moltiplicatore del comparto per ogni euro investito;
- il trasporto marittimo, diversamente dalle altre infrastrutture
(oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la flessibilita'
delle fonti di approvvigionamento.
- il trasporto marittimo, diversamente dalle altre infrastrutture
(oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la flessibilita'
delle fonti di approvvigionamento.
Si tratta di un'industria mobile e "silenziosa" che mette in rete e
sviluppa l'economia nazionale.
Per l'Italia il mare e' la piu' grande ricchezza naturale. Via mare
sono transitate nel 2021 il:
- 60% delle importazioni nazionali;
- 51% delle esportazioni nazionali;
- 480 milioni di tonnellate di merci - alla rinfusa (secche e
liquide) in container o a bordo di traghetti - movimentati nei
nostri porti;
- l'Italia e' leader in Europa (15% del totale europeo) con 314
milioni di merci trasportate in Short Sea Shipping;
- nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea Shipping con
252 milioni di tonnellate trasportate e una quota di mercato del
40%.
- nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea Shipping con
252 milioni di tonnellate trasportate e una quota di mercato del
40%.
L'estensione alle imprese utilizzatrici di navi di bandiera UE/SEE
dei benefici previsti dal Registro Internazionale Italiano - pilastro
comunque irrinunciabile della nostra marineria - rappresenta una
rivoluzione del settore del trasporto marittimo nazionale.
A fronte di tale profondo mutamento, per assicurare la competitivita'
delle imprese di navigazione nazionali ed evitare il c.d. "flagging
out", ovverosia di quel fenomeno principalmente rappresentato dalla
volonta' di un armatore di ricercare registri navali (o bandiere) che
possano permettere una congrua riduzione delle voci di costo e spesa
riferite, ad esempio, ad assicurazioni, equipaggi e imposte, ma anche
una semplificazione della gestione dell'imbarcazione in termini
tecnici (come, per esempio, la gestione delle dotazioni obbligatorie
di bordo). Pertanto, si rendono necessarie urgenti misure di
snellimento dei procedimenti amministrativi, di semplificazione
normativa dell'ordinamento marittimo nazionale, di
"sburocratizzazione" dei processi e di digitalizzazione delle
procedure. Negli ultimi anni, a livello internazionale, si e' infatti
assistito a un generalizzato livellamento dei costi di costruzione ed
esercizio della nave (rifornimento, oneri fiscali e contributivi,
ecc.). Il confronto competitivo tra le flotte si e' quindi spostato
sugli oneri amministrativi legati allo Stato di registrazione, a
bordo e a terra.
Al riguardo, si riscontrano criticita' che spesso derivano anche da
disposizioni nazionali appesantite rispetto al dettato unionale. In
un settore per sua natura internazionalizzato come lo shipping, tale
appesantimento e' ancor piu' rilevante nel confronto con le bandiere
di Paesi extra-UE.
E' emblematico in tal senso l'importante tema della sanita'
marittima, una materia trasversale a diversi dicasteri e il cui
quadro normativo per alcune importanti disposizioni risale alla fine
del XIX secolo con evidenti problematiche per la gestione della
flotta mercantile149 . Con particolare riferimento al trasporto
marittimo di passeggeri, l'emanazione del nuovo Regolamento sul
servizio sanitario a bordo delle navi mercantili nazionali potra'
auspicabilmente risolvere molte delle criticita' che la flotta
italiana affronta quotidianamente, a partire dalla carenza dei medici
di bordo.
In tale contesto, negli anni sono stati presentati in Parlamento
diversi progetti di legge volti a semplificare la normativa in
materia di trasporto marittimo con una serie di importanti interventi
senza oneri a carico dello Stato. E' auspicabile che tale riforma
venga perseguita concretamente e in tempi brevi quale primo
fondamentale passo per consentire alla bandiera italiana di competere
con quelle UE, al momento molto piu' al passo con i tempi.
2.9 LAVORO MARITTIMO
Per questa disciplina gli obiettivi cardine delle politiche del mare
sono: (i) il consolidamento di una governance unitaria (intesa come
regole e prassi) per il trasporto marittimo; (ii) la salvaguardia
della specialita' del settore; (iii) una complessiva semplificazione
e un profondo aggiornamento della regolamentazione del lavoro a
bordo; (iv) un tendenziale miglioramento delle condizioni di vita a
brodo; (v) una maggiore attenzione ai percorsi divulgativi e
formativi volti all'accesso alle professioni marittime e della pesca.
La competitivita' del trasporto marittimo di merci e di persone,
necessaria in ragione del ruolo strategico del settore, si consegue e
mantiene anche e soprattutto attraverso la valorizzazione dei
lavoratori del mare. Il trasporto marittimo, con le relative
attivita' ancillari oltre che la pesca, si e' qualificato, in
particolar modo nell'ultimo ventennio, come uno dei settori
maggiormente coinvolti dalla profonda evoluzione tecnologica e
digitale tutt'ora in corso. Le prospettive derivanti dai processi
connessi alla transizione ecologica previsti dagli obiettivi di
"Agenda 2030" dell'ONU e dal "Green Deal" Europeo costituiscono
altresi' elementi che impongono nuove specializzazioni di mestieri
antichi ma oggi profondamente diversi dal passato e nuove prospettive
di inclusione.
Il contesto in continuo aggiornamento, la compresenza a bordo di
professionisti di diverse nazionalita' e genere, l'evoluzione sociale
che ha caratterizzato l'esperienza europea dell'ultimo decennio -
anche rispetto alla concezione stessa del rapporto di lavoro in
termini di conciliazione con le esigenze di vita - delineano uno
scenario caratterizzato da grande complessita'. Allo stesso tempo il
comparto assicura i servizi marittimi con grande flessibilita' e
capacita' di adattamento. Tutto cio' in un contesto che, nelle
attivita' umane, appare come il piu' regolato e standardizzato a
livello mondiale150 .
Nell'ambito della generale riforma dei servizi amministrativi verso
la transizione digitale, occorre pertanto definire, in un'ottica di
semplificazione e dematerializzazione, molte procedure in materia di
lavoro marittimo151 ancora oggi affidate a strumenti e regole del
tutto superati.
Infine, non puo' non rilevarsi che ogni progetto di riforma dovra'
sempre tener conto della oggettiva specialita' del lavoro marittimo
che peraltro trova il suo fondamento nell'art. 1 cod. nav.152 .
2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita
Le ultime rilevazioni descrivono la "Shipping Industry" in Italia
come un settore fortemente concentrato, con il 2,2% delle imprese
operanti sul territorio che occupa l'80,4% degli addetti153 . Questo
elemento di stabilita' non e' tuttavia in grado di risolvere la grave
crisi da carenza di personale, in particolar modo per alcune figure
professionali del bordo - si pensi alla figura professionale dei
direttori di macchina che, fra le posizioni a bordo, e' quella di
piu' difficile reperimento per gli imbarchi - carenza che evidenzia
la necessita' di reperimento di oltre diecimila lavoratori nel
settore del trasporto e della pesca nel prossimo quinquennio. Si
osserva da piu' parti che l'attuale offerta di lavoratori italiani e
dell'Unione europea non appare in grado di soddisfare le esigenze del
mercato154 per l'oggettiva inadeguatezza delle regole che sottendono
i requisiti di accesso alle professioni del mare, le quali appaiono
ampiamente superate155 . Il lavoro marittimo e' infatti, in un certo
senso, non allineato alle ultime riforme del sistema scolastico - ed
in tal senso, appare quanto mai auspicabile anche la rivisitazione
dei programmi scolastici in riferimento alle materie nautiche - ma
soprattutto all'evoluzione dei fabbisogni di competenza
dell'industria marittima. L'alterazione dell'equilibrio tra domanda
ed offerta, riferita in modo piu' significativo alle figure
professionali del bordo, risulta altresi' dovuta alla mancanza di
strumenti efficaci volti ad individuare e raggiungere le risorse
professionali gia' formate e presenti sul territorio.
L'evoluzione tecnologica che sta coinvolgendo il settore rappresenta
infine un'opportunita' per incentivare l'occupazione attraverso
l'adozione di interventi di ammodernamento e semplificazione dei
percorsi professionali funzionali al rilancio delle carriere
marittime.
Certamente l'innovazione e la trasformazione del mondo del lavoro,
gia' in atto, potranno agevolare l'inserimento di giovani e di donne
nel settore marittimo e portuale.
La necessita' di giungere alla parita' di genere nel settore
marittimo e portuale, al fine di ridurre e quanto prima eliminare le
disuguaglianze di genere, comporta un impegno a promuovere e favorire
iniziative e percorsi volti a valorizzare il ruolo delle donne nello
shipping, quale fattore competitivo di sviluppo culturale ed
occupazionale, ed a sostenere quelli gia' in corso, come, ad esempio,
il "Patto per la parita' di genere", siglato dalle AdSP.
2.9.2 Collocamento della gente di mare
La questione del collocamento della gente di mare, gia' prevista
dal d.p.r. 18 aprile 2006, n. 231 e ancora non compiutamente
attuata, e' centrale per il rilancio delle attivita' del mare. La
norma aveva infatti previsto una nuova disciplina del collocamento e
delle relative procedure per l'imbarco dei marittimi. Tale impianto,
superando il precedente regime dettato dagli artt. 125 e 126 cod.
nav., e sul d.m. 13 ottobre 1992 n. 584156 , ha inteso procedere alla
razionalizzazione delle procedure e alla messa a disposizione delle
necessarie tecnologie informatiche in funzione del miglioramento
dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro.
L'emanazione dei d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150 e n. 151, che hanno
fra l'altro prodotto alcune innovazioni in materia di politiche
attive del lavoro, ha avuto riflessi anche sulla specifica materia
del lavoro marittimo intervenendo sul collocamento della gente di
mare, senza tuttavia portare a compimento la sua riforma. Andra'
pertanto urgentemente considerata, al fine di dare piena applicazione
al succitato d.p.r. n. 231 del 2006, l'adozione dei diversi decreti
attuativi previsti dallo stesso d.p.r. e non interessati dal disposto
del d.lgs. n. 151 del 2015. Il medesimo d.p.r. n. 231 del 2006 ha
inoltre previsto l'istituzione dell'«Anagrafe Digitale Unica
Nazionale della gente di mare», che tuttavia non e' mai entrata in
vigore. In questo senso, la soluzione e' da ricercare nel concreto
avvio di detto sistema e contestuale implementazione di un portale
unico e costantemente aggiornato e integrato con le banche dati
dell'INPS e dell'ANPAL.
La mappatura delle risorse professionali gia' formate e presenti sul
territorio nazionale, oltre all'aggiornamento delle rilevazioni circa
l'entita' del fabbisogno di professionalita' di bordo e di terra,
rappresentera' un elemento fondamentale per fronteggiare il fenomeno.
L'assenza di prassi strutturate di monitoraggio della forza lavoro e'
infatti una delle principali cause che determinano la difficolta' di
incrocio tra le risorse disponibili ed in cerca di occupazione e le
diverse opportunita' lavorative offerte dal settore. Le
amministrazioni interessate hanno riferito nel corso delle audizioni
che la realizzazione dell'infrastruttura digitale e' in fase di
completamento; circostanza questa che consolida le aspettative per
una sua prossima entrata in vigore.
A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie azioni di
impulso tese a velocizzare i suddetti processi.
2.9.3 La formazione
Nell'ambito del lavoro marittimo, il tema della formazione del
personale e della semplificazione dei percorsi propedeutici
all'accesso alle professioni del mare appare non procrastinabile
anche alla luce della strutturale carenza di personale marittimo
italiano che si riscontra diffusamente su tutto il territorio
nazionale. Nel rispetto integrale degli standard internazionali
determinati da una copiosa disciplina di matrice convenzionale, i
percorsi formativi volti all'ottenimento delle certificazioni
obbligatorie potranno essere semplificati e digitalizzati.
Altrettanto importante appare altresi' una rivisitazione dei
programmi relativi al conseguimento dei titoli professionali e
contestualmente un'omogenizzazione nazionale sullo svolgimento degli
esami professionali.
Sotto altro profilo, non v'e' dubbio che, per rilanciare
l'occupazione, in particolare in quei contesti geografici ove il
lavoro marittimo rappresenta storicamente un volano di crescita e
sviluppo sociale, occorra attuare una politica di incentivazione in
grado di compensare i costi determinati dalla formazione
obbligatoria, introducendo forme di supporto economico157 per
sostenere i giovani che, successivamente al diploma, devono
intraprendere percorsi formativi necessari all'avviamento del lavoro
marittimo e anche per incentivare, sempre dal punto di vista
retributivo, le nuove generazioni.
Il tutto non solo a garanzia della tenuta e dello sviluppo
dell'industria armatoriale e della pesca nazionale, ma anche quale
elemento di sostegno per quei territori in cui da sempre e' forte la
vocazione marittima (si pensi in particolare alle isole)158 . In
questa prospettiva occorre, quindi, realizzare il generale
ammodernamento e la semplificazione dei requisiti di accesso alle
varie professioni marittime disciplinati nell'ambito del noto
Allegato al citato d.p.r. n. 231 del 2006159 .
Oltre a quanto considerato, appare necessario attuare quanto previsto
dall'art. 8 del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 71, il quale ha introdotto
la possibilita' di agevolare percorsi formativi semplificati
nell'ambito delle norme stabilite dalla menzionata Convenzione
STCW160 per i marittimi che svolgono il proprio servizio nel settore
dei "viaggi costieri". La norma citata161 , che recepisce la
Direttiva UE 21 novembre 2012, n. 35, che modifica la Direttiva CE 19
novembre 2008, n. 106 consente ai Paesi membri di emanare
disposizioni piu' favorevoli ai lavoratori marittimi che prestano
servizio a bordo di navi battenti bandiera italiana, adibite
esclusivamente alla navigazione costiera. Con questa norma il
legislatore si e' preoccupato di disciplinare l'ambito di
applicazione delle norme STCW per i marittimi che effettuano la
navigazione costiera nazionale prevedendo la possibilita' - a certe
condizioni - di applicare disposizioni piu' favorevoli, al fine di
individuare un percorso professionale per i possessori dei titoli
nazionali per la navigazione costiera162 .
In considerazione della centralita' della formazione nei processi di
sviluppo del settore marittimo ai suoi diversi comparti (navigazione,
strutture portuali, logistica marittima, cantieristica, diporto e
pesca) e della connessa esigenza di qualificazione delle risorse
umane quale condizione imprescindibile per il potenziamento della
filiera, devono individuarsi opportunita' di intervento a piu'
livelli per il supporto alla formazione del personale del settore. In
particolare, si ipotizza la creazione e la promozione di una offerta
di alta formazione specifica dedicata alle figure apicali e ai
quadri, con l'obiettivo di potenziare le competenze di coloro che
ricoprono ruoli chiave nella pianificazione strategica aziendale,
riferita in particolare ai processi di innovazione tecnologica e di
sostenibilita'. Inoltre, occorre potenziare le politiche di supporto
alla formazione per le figure di natura tecnica che operano nelle
diverse aree funzionali del comparto, con l'obiettivo di garantire la
corretta preparazione del personale operativamente coinvolto nei
processi di innovazione. Parimenti, si potrebbe ipotizzare di
attivare il potenziamento delle politiche di supporto alla formazione
per i lavoratori che svolgono funzioni non tecniche (quali, a titolo
esemplificativo, figure dedicate a servizi complementari ed a
supporto della navigazione, pulizie, somministrazione cibi e bevande,
servizi alberghieri), al fine di garantire a costoro la corretta
familiarizzazione con i sistemi aziendali in ambito marittimo.
Infine, dovranno intensificarsi i programmi di riqualificazione e
aggiornamento professionale, in un contesto di formazione continua.
In ragione della platea coinvolta e delle evidenti specificita' della
filiera, occorrerebbe attivare la costruzione e introduzione di
metodologie formative pensate in base della specificita' del lavoro a
bordo delle navi, che sfruttino elementi di innovazione tecnologica -
quali a titolo esemplificativo il potenziamento o la creazione di
piattaforme digitali per apprendimento a distanza e e-learning,
utilizzo di simulatori, sviluppo di nuovi pacchetti didattici e di
nuovi strumenti diagnostici di controllo e verifica, individuando
nuovi modelli di certificazione delle competenze e di validazione
amministrativa della formazione in mare. Appare appropriato che le
politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a
sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano
interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un
giusto punto di riferimento nel Cipom.
2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi
Nel descritto ambito, un ruolo di rilievo potra' senz'altro essere
ricoperto dall'Agenzia governativa ANPAL Servizi, in qualita' di
coordinatore preposto alla conduzione e implementazione a sistema di
politiche attive del lavoro volte a sostenere e rilanciare
l'occupazione.
Pare opportuno evidenziare che le direttrici dell'azione di Governo
dovrebbero condurre a: (i) connettere il mondo delle imprese e quello
della formazione agevolando le opportunita' lavorative; (ii)
sostenere i lavoratori lungo tutto l'arco della carriera, favorendo e
incentivando percorsi di continuo aggiornamento delle competenze;
(iii) preparare coloro che si affacciano alla professione,
individuando soluzioni formative mirate in grado di intercettare i
fabbisogni di competenze delle imprese.
Occorre inoltre valutare il potenziamento degli strumenti finanziari
e di supporto alla conduzione delle attivita' formative
professionalizzanti messi a disposizione dall'Agenzia, con
particolare riferimento al necessario sviluppo di competenze digitali
e di tutela ambientale163 .
Ulteriore obiettivo e' infine quello di gestire la mobilita'
internazionale del lavoro e qualificare i lavoratori stranieri
mediante il loro inserimento in percorsi formativi
professionalizzanti, da svilupparsi nell'ambito di un processo di
consolidamento del sistema di relazioni con i Paesi d'origine.
2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare
Gli Istituti tecnici superiori (ITS)164 svolgono un ruolo
significativo nella formazione del personale marittimo in numerosi
settori ed ambiti legati al mondo del mare ed all'attivita' di
navigazione. Negli ultimi anni, questi istituti hanno consolidato il
proprio ruolo nel panorama formativo italiano confermandosi uno
strumento competitivo per la preparazione di risorse professionali,
soprattutto di natura tecnica, rispondendo alle esigenze manifestate
dal comparto e contribuendo, seppur ad oggi in maniera ancora non
risolutiva, ad affrontare la forte carenza di personale che colpisce
il settore.
I programmi di istruzione professionale offerti da questi soggetti
risultano importanti al fine di garantire e mantenere l'offerta di
lavoratori altamente qualificati per vari settori dell'industria del
mare. La dimensione di strutturale collaborazione, sin dalla
progettazione dell'offerta formativa, tra il mondo delle imprese e i
vari ITS attivi sul territorio, si e' dimostrata un modello
efficiente ed in grado di garantire percentuali di stabilizzazione in
azienda, a seguito della conclusione dei percorsi professionalizzanti
e senza soluzione di continuita', vicine alla totalita' degli
studenti iscritti negli istituti.
Per garantire una crescita sostenibile e un'occupazione continua
nell'industria marittima, si auspica il rafforzamento del
coordinamento tra le Autorita' nazionali e regionali, le imprese e
gli istituti di istruzione superiore. L'obiettivo e' pertanto quello
di rafforzare la centralita' dell'azione di formazione al fine di
garantire unitarieta' di coordinamento e un maggiore accesso al
sostegno statale e regionale.
E' altresi' importante consentire al sistema educativo di soddisfare
le esigenze di formazione continua e post-qualifica. Di particolare
interesse e' altresi' il beneficio rappresentato dalla collaborazione
con le Compagnie di Navigazione, anche in ragione della prassi oramai
consolidata di creazione di occasioni di confronto tra studenti e
professionisti esperti gia' imbarcati165 .
Dal punto di vista didattico, oltre a rafforzare e incrementare i
percorsi utili a conseguire l'abilitazione di ufficiale di macchina,
in considerazione della loro significativa carenza, andrebbero
incentivati percorsi formativi nei settori ove e' piu' consistente
l'offerta di lavoro ovvero nei settori del turismo nautico166 ovvero
del diporto e delle attivita' ancillari167 .
Inoltre, non meno importante, sara' promuovere campagne strutturate
volte alla sensibilizzazione ed all'orientamento professionale verso
questo strategico settore dell'economia, da rivolgersi alla
popolazione studentesca di scuole medie inferiori e superiori,
realizzate in stretto coordinamento tra Ministero del Lavoro e delle
Politiche sociali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e
il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, con
l'obiettivo di ridurre gradualmente il gap oggi rilevato tra la
domanda e l'offerta di lavoro nella filiera.
Al riguardo, la sensibilizzazione del nostro sistema educativo, in
riferimento all'importanza dello studio dei mari e delle scienze ad
esso legate, la geografia in primis, deve, quindi, avere una
prioritaria precedenza nello sviluppo dei programmi educativi
nazionali, in maniera analoga a quanto gia' avvenuto, da tempo,
in molti Paesi dell'Unione europea, ma non ancora in Italia.
Va promossa e diffusa un'adeguata conoscenza del mare, con le sue
caratteristiche e le sue problematiche, e occorre sviluppare le
opportunita' che il mare offre in un Paese come il nostro, circondato
dal mare e storicamente, culturalmente ed economicamente legato alle
attivita' marinare. Per proteggere i nostri mari e preservare il
nostro futuro e', pero', indispensabile promuovere comportamenti,
individuali e collettivi, compatibili con gli obiettivi di sviluppo
sostenibile previsti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che ha
inserito, tra i suoi obiettivi fondamentali, il goal n. 14
«Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le
risorse marine».
La manifesta esigenza di una nuova politica educativa per il mare
assume un'urgenza improrogabile, avvalorata anche dall'attuale
proclamazione, da parte dell'ONU, del «Decennio delle Scienze del
Mare», il cui obiettivo dichiarato e' quello di colmare i vuoti che
ancora oggi si registrano sul fronte della ricerca e dell'istruzione.
In tal senso, si e' espresso anche il CNR sottolineando come gli
oceani rappresentino ancora un mondo in gran parte inesplorato; si
stima, ad esempio, che solo il 5% dei loro fondali sia stato
effettivamente esplorato con sistematicita'. In ulteriore linea di
coerenza con questa emergenza risulta anche il Piano Nazionale di
Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui missione n. 4 e' ascrivibile
proprio al campo "Istruzione e ricerca".
L'Italia allora, ponendosi all'avanguardia anche in settori
strategici quali quello dell'educazione e della formazione, puo'
ambire al ruolo di forza marittima trainante del Mediterraneo, cosi'
come esplicitamente sollecitato anche dal Manifesto Unesco per la
salvaguardia dei mari e degli oceani. Anche attraverso il presente
"Piano del mare", l'Italia vuole promuovere questo cambiamento,
facilitando la genesi di una cittadinanza blue, imperniata sulla
partecipazione, la comprensione dei valori, dei bisogni e delle
prospettive utili ad incentivare anche lo sviluppo di azioni
educative e formative innovative.
A tal riguardo, il presente "Piano del mare" auspica una serie di
iniziative didattiche sui principali ambiti della geografia del mare,
della biologia marina, della blue economy, dell'etologia, aprendo
focus specifici su temi prioritari, quali i cambiamenti climatici, lo
sfruttamento delle risorse ittiche, la valorizzazione dell'energie
rinnovabili marittime, la necessita' di attivare interventi
maggiormente e trasversalmente ecocompatibili. Si restituira', cosi',
il giusto significato al valore non solo ambientale ma anche
culturale e antropologico del mare, che costituisce parte integrante
della storia di molti popoli del Mediterraneo e, in particolare,
dell'Italia.
L'educazione al mare, percio', dovra' riguardare non solo gli ITS ma
tutti i livelli dell'istruzione formale - dalle scuole di ogni ordine
e grado all'universita' - u' e informale, con una formazione dedicata
anche a cittadini al di fuori del contesto scolastico. Il "Piano del
mare" si predispone, pertanto, anche per rafforzare la concezione dei
mari e degli oceani come "bene comune" nel pieno interesse della
collettivita'.
Dall'analisi dei profili professionali, inoltre, emerge, chiaramente,
che l'attuale offerta, proveniente dall'istruzione e dalla formazione
lavorativa emanata dalla Scuola e dall'Universita' in Italia,
risponde solo in parte alle domande di competenza per il futuro.
Un'offerta, difatti, che non include adeguatamente la possibilita'
per i giovani di inserirsi in alcune delle professioni blue perche'
mancano o sono limitati i nuovi profili richiesti dall'economia
circolare. Questa criticita' non riguarda solo il futuro ma anche il
presente, ne' e' dimostrazione la carenza di molte delle figure
professionali richieste dalle attivita' piu' innovative esercitate
dalle imprese di settore che non riescono a trovare adeguate
soluzioni dall'odierno mercato del lavoro.
Le strade per giungere a un'efficace ri-educazione al mare sono
molteplici, alcune basilari rispetto ad altre, come la proposizione
di curricula verticali e interdisciplinari riguardanti il mare, un
indirizzo gia' sperimentato con efficacia in Portogallo e auspicato
nell'intera Unione europea (Lovat, 2023); cosi' come sara' importante
promuovere le relazioni tra scolaresche di localita' di aree interne
e di aree costiere; apportare un ripensamento dei libri di testo che
dedicano al mare uno spazio limitato e frammentato tra le diverse
discipline; proporre una descrizione del mare che non si limiti
all'elencazione delle geomorfologie costiere, ma prenda in
considerazione i complessi rapporti tra gli esseri umani e lo spazio
marittimo per far emergere un rapporto affettivo tra gli alunni e il
mare che sia propedeutico alla costruzione del civis maris.
In una prospettiva che renda attive e operative tali azioni educative
e formative, un ruolo rilevante deve essere svolto dal cosiddetto
Terzo Settore e l'Italia gia' annovera, al riguardo, significativi
contributi. Un supporto altamente qualificato all'attuazione del
"Piano del mare" in questo specifico comparto strategico viene
individuato nell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia
(AIIG), che persegue, tra i suoi fondamentali obiettivi, la
promozione di un'efficace educazione e formazione al mare,
annoverando sul tema diverse attivita' convegnistiche e numerose
pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali.
L'applicazione su scala nazionale delle citate azioni, indirizzate ad
un progetto di riforma sull'educazione e la formazione al mare,
portera' numerosi benefici, non ultimo, un riequilibrio del rapporto
tra domanda e offerta, inerente le "professioni blu", che
transitera', proficuamente, anche da un'implicita quanto costatante
azione di orientamento scolastica a favore degli ITS.
2.9.6 Il lavoro portuale
In tema di lavoro portuale, preliminarmente si evidenzia che il
sistema normativo vigente e' indubbiamente improntato alla
valorizzazione della risorsa lavoro e alla tutela dei lavoratori
(anche sotto il profilo economico attraverso il C.C.N.L. unico di
riferimento)168 . Tale tipologia di lavoro e' caratterizzata,
peraltro, da una elevata elasticita' al fine di consentire le
migliori combinazioni tra le esigenze della domanda (imprese
terminaliste) e dell'offerta di lavoro (compagnie del lavoro
portuale), e che andrebbe comunque monitorata.
In particolare, anche dalle audizioni delle parti interessate, si e'
rilevato un differenziale di garanzie tra i dipendenti delle imprese
ex artt. 18 e 16 della legge n. 84 del 1994, rispetto ai lavoratori
portuali temporanei (solo questi ultimi beneficiari dell'indennita'
di mancato avviamento - IMA)169 .
Al riguardo, una particolare riflessione merita anche il tema
dell'adeguatezza dei livelli occupazionali alla progressiva
diffusione dell'automazione portuale (specialmente per quel che
riguarda il traffico contenitori), nonche' dell'adeguata formazione
dei lavoratori portuali temporanei agli standard del segmento di
attivita' a cui sono avviati e delle imprese che li richiedono. Le
imprese che operano sulla base di concessioni ex art. 18 della legge
n. 84 del 1994, se - da un lato - hanno sempre meno necessita' di
manodopera portuale c.d. "tradizionale" o "generica" - dall'altro
lato - necessitano sempre piu' di personale qualificato se non
addirittura specializzato.
2.9.7 Il lavoro nella pesca
Le politiche ed i piani sullo sviluppo e sulla sostenibilita' devono
essere incentrati sulle persone e quindi avere il loro lavoro e
condizioni di vita come perno. Questo passaggio scaturisce da una
Risoluzione adottata dalla ILO, con le rappresentanze di 187 Paesi,
identificando le strategie per la ripresa dopo il COVID-19 sul mondo
del lavoro ed in particolare sui devastanti effetti sul mondo della
Pesca, come ribadito in piu' sedi dalla FAO.
La Pesca e' una attivita' in cui, per le delicate relazioni
economia-lavoro-ambiente, e' assolutamente necessario promuovere uno
sviluppo economico che vada allineato con il lavoro dignitoso
(obiettivo 8 dell'Agenda 2030).
Lo Stato, in questo specifico caso soprattutto l'UE, e' di fatto il
decisore sull'uso sostenibile delle risorse dei mari su cui i
lavoratori della pesca operano con licenza. Dunque, la relazione tra
pescatori e il Governo impone la necessita' di coniugare le politiche
di conservazione con gli effetti delle stesse sul lavoro. In questo
senso, il Cipom potra' richiamare l'attenzione di questo sensibile
tema che vede di fatto i lavoratori del mare collocati in un angolo
in cui gli stessi ammortizzatori sociali, da attivare secondo le
scelte gestionali mirate alla tutela delle risorse, non sono
incorniciati in un quadro normativo stabile come avviene per altri
lavoratori. E' pur vero che l'Italia ed i Ministeri competenti non
hanno fatto mancare strumenti in deroga per ammortizzare gli impatti,
ad esempio dei periodi di fermo. I temi di maggiore interesse che
riguardano il lavoro del sistema pesca italiana possono essere
sintetizzati nei seguenti punti essenziali:
- Formazione: una pesca moderna e sostenibile dipende dal livello di
formazione dei pescatori. Che da uno scenario tradizionale di pesca
con poche regole, contratti di lavoro consolidati dalla tradizione,
devono transitare verso i paradigmi della blue economy, che prevede
un completo rinnovamento delle idee e degli strumenti messi in
campo. Molto hanno fatto, in questa direzione, sindacati ed
associazioni della pesca. Il decreto relativo al riordino degli
Istituti Professionali (d.lgs. 13 aprile 2017, n. 61), ha dato
piena dignita' al settore pesca, attivando il corso «Pesca
commerciale e produzioni ittiche». Restano criticita' come la
possibilita' di accedere facilmente a periodi di formazione sul
lavoro, che dovranno essere superate con strumenti di
esemplificazione ad hoc.
- Titoli professionali: e' essenziale modernizzare ed esemplificare
le regole di accesso ai titoli professionali170 attuando un
aggiornamento normativo ed una rivisitazione dei programmi di
esame, proseguendo sulla linea seguita nella riforma degli ITS.
- Formazioni specializzate: e' necessario affiancare gli interventi
formativi per gli imbarcati in pesca, per il conseguimento di
specifiche figure professionali, una strategia formativa
specialistica per affrontare i nuovi temi della digitalizzazione
(si pensi al trasferimento dati per la scienza ed il controllo,
alle nuove frontiere della sicurezza in mare), alle sfide tecniche
lanciate dalla pianificazione spaziale.
- Reclutamento di lavoratori stranieri: nella pesca il fabbisogno di
lavoratori stranieri rappresenta una reale emergenza, da affrontare
con gli appropriati strumenti politici ed amministrativi, data la
delicatezza del tema. Il mondo della pesca stima una domanda per
circa 1.000 lavoratori annualmente. Attualmente la forza lavoro
totale presso le imbarcazioni italiane e' stimata intorno a 25.000
unita'. L'inserimento degli stranieri ha bisogno di utilizzare gli
spazi aperti, ad esempio quanto previsto nel decreto-legge 10 marzo
2023, n. 20, sull'ingresso e soggiorno al di fuori delle quote. Ma
naturalmente servono lavoratori in possesso di titoli e requisiti;
dunque, va incrementato lo sforzo sulla formazione e sulla
acquisizione dei titoli. Il quadro e' complesso, c'e' un impegno
presso le amministrazioni competenti ad accelerare il percorso con
la consapevolezza che la formazione degli equipaggi da pesca,
attraverso una regolare reclutamento della forza lavoro, e' una
reale emergenza. La mancanza di ricambio generazionale, dovuta
anche alle dinamiche demografiche italiane aggrava il quadro.
- Ammortizzatori sociali: il settore della pesca non accede alla
cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito
dei pescatori sono stati comunque attuati per rispondere alle
esigenze di tutela. In particolare, e' stato garantito un
indennizzo, per ogni componente dell'equipaggio in relazione ai
giorni di fermo temporaneo delle attivita' di pesca. Occorrerebbe
pertanto portare a compimento la riforma degli ammortizzatori
sociali nella pesca (CISOA). L'auspicio del mondo della pesca
sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale riforma
riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge
30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica di garantire al lavoratore
della pesca sostenibile - quale protagonista della blue economy e
delle politiche alimentari della Nazione - una tutela equa e
stabile.
- Ammortizzatori sociali: il settore della pesca non accede alla
cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito
dei pescatori sono stati comunque attuati per rispondere alle
esigenze di tutela. In particolare, e' stato garantito un
indennizzo, per ogni componente dell'equipaggio in relazione ai
giorni di fermo temporaneo delle attivita' di pesca. Occorrerebbe
pertanto portare a compimento la riforma degli ammortizzatori
sociali nella pesca (CISOA). L'auspicio del mondo della pesca
sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale riforma
riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge
30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica di garantire al lavoratore
della pesca sostenibile - quale protagonista della blue economy e
delle politiche alimentari della Nazione - una tutela equa e
stabile.
A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie azioni di
impulso tese a velocizzare i suddetti processi.
2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare
In generale e nell'ottica appena ricordata, appare opportuno
sviluppare le azioni gia' individuate dal Governo con: (i) azioni di
approfondimento conoscitivo sulla presenza e le caratteristiche delle
comunita' straniere in Italia; e (ii) azioni di sostegno alle
politiche per l'immigrazione legale e per la cooperazione
internazionale con Paesi terzi.
Pertanto, nello specifico ambito del lavoro marittimo, dette azioni
potranno essere implementate anche mediante lo sviluppo di percorsi
di formazione professionale del personale straniero presente sul
territorio per favorire il loro indirizzo verso quei settori
economici di rilevanza strategica, quale sono i diversi comparti del
trasporto marittimo, della pesca e del contesto portuale, che
maggiormente risentono della forte crisi occupazionale.
A gennaio 2023 e' stato annunciato il lancio del "Piano Mattei", che
avrebbe previsto lo sviluppo di schemi di cooperazione italiana con
Stati del continente africano e che potrebbe vedere la definitiva
presentazione in occasione del Summit intergovernativo Italia-Africa
previsto in ottobre 2023172 .
La conduzione di iniziative volte all'orientamento professionale, sia
in ambito domestico che all'estero, tarate sulle necessita' e gli
ambiti specifici che saranno oggetto di potenziamento in ragione del
previsto aumento dei flussi, e la creazione di percorsi formativi ad
hoc per le figure tecniche che saranno coinvolte all'interno di
questo progetto (quindi oggetto di maggiore domanda da parte delle
Compagnie di Navigazione), costituiranno la base da cui partire per
dare ulteriore solidita' ad una filiera, quella marittima, che pur
qualificandosi come accessoria rispetto alla realizzazione degli
obiettivi primari del Piano, risulta funzionalmente indispensabile,
come accade per le altre attivita' umane, per la buona riuscita di
questo.
2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE
2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini
La dimensione ecosistemica della sostenibilita' ha assunto crescente
centralita' nelle politiche del mare. Tutti gli usi del mare
comportano, infatti, un consumo crescente di biodiversita' con
perdita di valori, utili ed etici, per le attuali e per le future
generazioni.
E' compito della politica individuare tutti gli strumenti necessari
per garantire un uso sostenibile del mare, che consenta, alle varie
scale, di conservare l'ambiente, minimizzare gli impatti, permettere
gli usi indispensabili per la vita dell'uomo sul pianeta.
L'Italia, per la sua geografia, per la sua lunga storia di uso del
mare e delle coste, ha una reale dipendenza economica, sociale e
culturale, dalla qualita' degli ecosistemi marini.
Il tema della conservazione del mare non e' dunque materia di
esclusivo interesse naturalistico, o di tutela della biodiversita',
pur necessaria, ma e' centrale per la qualita' della nostra vita e
per preservare, tra l'altro, tutti i servizi che il mare ci rende,
con tutte le implicazioni economiche ed i riflessi sulla societa'.
L'Italia e' fortemente impegnata nella conservazione del Mare Nostrum
che ospita una significativa percentuale della biodiversita' marina
mondiale, pur in una ridotta superficie.
Cio' anche in funzione delle diverse convenzioni multilaterali e
regionali cui l'Italia e' parte e da cui discendono impegni connessi
alla conservazione e ripristino degli ecosistemi e della
biodiversita' marini. Tra queste, a titolo di esempio, oltre alla
Convenzione sulla Biodiversita', la Convenzione di Barcellona per il
mar Mediterraneo e il relativo Piano di azione, l'Unione per il
Mediterraneo (UpM), ACCOBAMS, RAMOGE, Pelagos.
L'Italia ha altresi' aderito ad iniziative globali quali 30by30, che
ha l'obiettivo, al pari della strategia europea di proteggere entro
il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani del pianeta.
Tale impegno coinvolge le Istituzioni e la societa' civile, con un
attivo lavoro delle ONG e della societa' civile in generale.
Moltissimo lavoro e' stato svolto dal Ministero dell'ambiente e della
sicurezza energetica (MASE) che, oltre ad implementare le politiche
nazionali e quelle dell'UE, partecipa attivamente a tutte le
attivita' che si svolgono nell'ambito delle organizzazioni
internazionali, nella conservazione degli ecosistemi marini, nella
lotta e controllo dell'inquinamento, nelle misure di contrasto agli
effetti dei cambiamenti climatici. Analogamente, moltissime sono le
iniziative regionali per la difesa ed il monitoraggio degli ambienti
marini, cui si aggiunge l'impegno delle associazioni.
Il "Piano del mare" deve considerare il lavoro fin qui fatto dallo
Stato e gli impegni futuri a fronte degli impatti attesi, anche dai
cambiamenti climatici e dalla acidificazione, soprattutto negli
ecosistemi piu' sensibili, come base per continuare una intensa
attivita' di salvaguardia del mare come pilastro portante di
qualsivoglia scelta politica, in qualsiasi settore. L'ambiente al
centro non deve essere un principio limite alle attivita', ma un modo
per garantire alle stesse continuita' e durabilita'. Proteggere e
salvare gli ecosistemi marini, nell'ambito di un dinamico sistema
economico, con attiva partecipazione delle imprese, significa
generare ricchezza e benessere.
2.10.2 Aree marine protette
L'Italia vanta la piu' estesa rete di aree marine protette
(AA.MM.PP.) nel Mediterraneo: n. 29 AA.MM.PP., n. 1 santuario
internazionale dei Mammiferi marini, n. 2 parchi marini archeologici,
n. 2 parchi con protezione a mare, ed una serie numerosa di aree
marine protette previste dalla legge e non ancora istituite.
La nostra Nazione deve mantenere questa leadership nella istituzione
di AMP ed aumentare la dimensione degli spazi marini protetti,
coerentemente con l'obiettivo di proteggere il 30% dei mari italiani,
adottata nell'ambito della strategia europea sulla biodiversita'.
In questa articolata materia, con particolare riferimento alle
AA.MM.PP., una serie di priorita' per il "Piano del mare" risultano
essere:
- rinforzare la ricerca scientifica per l'identificazione delle aree
prioritarie per la biodiversita' marina, con riferimenti alle
interazioni fondamentali, per la salute del mare, che avvengono tra
mare e continente;
- integrare gli obiettivi di protezione del mare con gli altri usi
all'interno del processo di pianificazione spaziale marittima;
- rinforzare la missione delle AMP con risorse appropriate per
esercitare una gestione efficace, con visioni aperte ed innovative;
- aggiornare la legge 6 dicembre 1991, n. 394 con la partecipazione
dei portatori di interessi e delle comunita' interessate;
- definire un coordinamento nazionale per la creazione di una rete
delle aree marine protette;
- coinvolgere le AA.MM.PP. nella programmazione 2021-27 "Marine
Strategy";
- ridefinire i regolamenti per la gestione in direzione di una
maggiore integrazione con i restanti usi del mare;
- esemplificare i processi autorizzativi rilasciati dalle AAMMPP;
- rendere omogenei, nel rispetto delle diversita', i regolamenti di
gestione delle AAMMPP, in modo da ottenere un indirizzo nazionale
omogeneo;
- velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali nelle
competenze della AMP, espletando correttamente gli adempimenti
previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000").
- velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali nelle
competenze della AMP, espletando correttamente gli adempimenti
previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000").
A cio' vanno aggiunte priorita' condivise come quella relativa alla
definizione dei decreti attuativi della c.d. legge "Salvamare".
Emerge chiaramente che gli strumenti del Piano, in questa materia
piu' che in altre, hanno necessita' di conoscenza scientifica, di
strumenti che consentano di fornire la "base ecologica" ad ogni altro
uso del mare. Naturalmente tutto cio' e' gia' applicato attraverso i
vari strumenti di valutazione e monitoraggio, ma la possibilita' di
coordinare i vari istituti di ricerca con competenze ecologiche sul
mare, porterebbe ad una accelerazione dei processi decisionali su
base conoscitiva.
CNR, ENEA, Universita', ISPRA, OGS, Stazione Zoologica di Napoli,
Societa' scientifiche, istituti di ricerca riconosciuti, dovrebbero
costruire una rete "con il coordinamento dello Stato" con gli
strumenti piu' avanzati della societa' dell'informazione, senza
perdere la loro identita', come piattaforma di riferimento per
decisori ed imprese.
Analogamente, tutta la didattica e la formazione dovrebbero porre
molta attenzione ad educare le nuove generazioni e renderle piu'
sensibili alla difesa del mare, con una visione realistica che gia'
integri conservazione ed usi del mare. Prendendo coscienza che
l'educazione ambientale e' uno dei primi strumenti di conservazione.
La Direttiva quadro CE sulla Strategia per l'Ambiente Marino 17
giugno 2008, n. 56 (MSFD), costituisce lo strumento con cui l'UE
vorrebbe applicare l'approccio ecosistemico all'ambiente marino, tra
i primi strumenti moderni di politica ambientale, figlio della
Convenzione sulla Biodiversita', per una governance del sistema mare
orientata a garantire la sostenibilita' degli usi del mare e delle
attivita' antropiche che comunque insistono sull'ambiente marino.
Nell'ambito del recepimento della Direttiva, il MASE ha inaugurato
una fase di confronto attivo, tra amministrazioni centrali e
regionali, ricerca scientifica, portatori di interessi: un segno
moderno per una politica del mare realmente integrata.
Tali politiche, considerata la complessita' dei temi trattati e degli
obiettivi, sono soggette a continui rinforzi di indirizzo ed
applicazione, e le politiche dell'"European Green Deal" indicano la
volonta' di rinnovare l'impegno, anche in materia marina.
In Italia la difesa degli ecosistemi marini, che richiede non solo
monitoraggio e controllo pubblico, ma anche partecipazione di tutti
gli attori economici, trarra' beneficio dal coordinamento per le
politiche del mare, grazie alla istituzionalizzazione del processo di
consultazione tra Ministeri nel Cipom, utilizzando le funzioni del
Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare.
Occorre un grande sforzo politico, che veda tutti coinvolti, per
accelerare un processo diretto a realizzare una "blue economy made in
Italy", fatta di conservazione ed usi sostenibili.
Le prospettive in questa direzione sono molto incoraggianti, e le
applicazioni di una politica di coordinamento, condivisione e
digitalizzazione dei dati, di accelerazione delle procedure grazie ad
una riduzione sistematica dei veti incrociati per competenze
settoriali, porteranno anche a superare una serie di ritardi.
Le politiche ambientali del mare devono vedere coinvolti e
collaborativi tutti i Ministeri a qualche titolo interessati,
trasformando, con uno sforzo collettivo e coordinato, la difesa degli
ecosistemi come opportunita' economica reale, con concreti benefici
sociali e di difesa della marittimita' dei nostri territori e dei
riflessi culturali conseguenti.
Su questa materia c'e' consapevolezza da tempo, ma la possibilita' di
un coordinamento ed un confronto a livello interministeriale
risultera' essere un forte acceleratore, facilitando anche gli
adempimenti verso la piena attuazione delle politiche europee, e
fornendo una capacita' piu' autorevole nel dibattito a livello
dell'Unione europea.
2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI
2.11.1 L'ambiente subacqueo
L'ambiente subacqueo, ovvero la porzione d'acqua che si estende dalla
superficie di mari, oceani, laghi e fiumi fino alle loro profondita'
nonche' lo stesso fondale, costituisce una straordinaria fonte di
risorse e di opportunita', ma anche un nuovo terreno d'incontro e
competizione internazionale tra ambizioni e interessi diversi.
I soli fondali marini si estendono su una superficie di circa 361
milioni di km2 con una profondita' media di circa 3.800 metri. In
ragione della sua ampia biodiversita' (4/5 del patrimonio globale),
la dimensione subacquea costituisce una preziosa riserva alimentare e
ambientale e svolge un'indispensabile funzione di regolazione
climatica. In quest'ambiente si sviluppano dei microrganismi
responsabili di processi di rilevanza globale, come la
re-mineralizzazione della materia organica che si deposita sui
fondali o i cicli biogeochimici planetari del carbonio e dei
principali nutrienti.
Ad oggi, solo il 20% dei fondali marini e' mappato con tecniche
moderne e disponiamo di una cartografia accurata e aggiornata per
appena il 2%. Analogamente, i parametri delle variabili geofisiche
del fondale marino (correnti, proprieta' acustiche, magnetismo,
gravita') sono ancora poco note per la difficolta' di raccogliere i
dati direttamente in situ, cosi' come risultano poco conosciute la
loro evoluzione alle crescenti pressioni indotte dalle attivita'
umane dirette e indirette, che rischiano di determinare il rapido
deterioramento degli habitat e la conseguente estinzione di alcune
specie.
D'altra parte, l'ambiente subacqueo sta acquisendo una crescente
rilevanza per la presenza di importanti infrastrutture di valenza
strategica, in comparti quali quello energetico - gasdotti,
oleodotti, elettrodotti - quello della comunicazione - cavi in fibra
ottica che abilitano il 99% del traffico dati globale -
dell'estrattivo e dello stoccaggio di anidride carbonica.
Anche in questo caso, il Mediterraneo costituisce un importante
crocevia d'infrastrutture critiche internazionali e nazionali. Siano
esse gasdotti, dorsali di connettivita' internet o quelle del settore
estrattivo, la loro protezione e' divenuta oggi una delle principali
funzioni militari della Nazione, in ragione della loro riconosciuta
rilevanza strategica.
Un altro settore di crescente interesse e' quello del turismo e
dell'archeologia subacquea, che promette risultati importanti sul
piano economico e su quello dall'inestimabile valore scientifico,
storico, culturale e artistico.
2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini
Dal punto di vista geologico, il territorio nazionale e'
caratterizzato da una geodinamica attiva che causa, tanto a terra
quanto a mare vulcanismo, terremoti, frane sottomarine con
possibilita' di generare maremoti come effetto secondario, anche se
spesso principale in termini di danno173 . Dal punto di vista della
dimensione subacquea, gli elementi di pericolosita' geologica che
principalmente interessano il territorio italiano, sono:
- le faglie sismogenetiche il cui scuotimento puo' causare onde di
maremoto;
- la presenza di canyon sottomarini le cui testate evolvono
retrogressivamente sino ad arrivare ad interessare la costa
generando frane costiere e sottraendo sedimento al bilancio
litorale;
- la presenza di falesie il cui crollo rappresenta un rischio
puntuale ma non trascurabile specie in coste ad alto sfruttamento
turistico;
- frane in ambiente marino profondo, potenzialmente in grado di
danneggiare infrastrutture strategiche come cavi di trasmissione
dati o condotte sottomarine.
- frane in ambiente marino profondo, potenzialmente in grado di
danneggiare infrastrutture strategiche come cavi di trasmissione
dati o condotte sottomarine.
Nella consapevolezza dei potenziali danni ambientali e socioeconomici
legati ai sopracitati fattori di rischio, l'Italia si impegna, con un
approccio multidisciplinare e coordinato:
- rispetto alle faglie sismogenetiche, alla realizzazione una
mappatura di dettaglio e ad una modellazione degli eventi sismici
potenzialmente correlati, delle onde di maremoto generabili, degli
effetti di amplificazione dovuti alla morfologia dei fondali e
della costa con definizione dei livelli di rischio in base alla
presenza di infrastrutture ed abitati;
- in merito alle testate di canyon, a monitorarne l'evoluzione
morfologica, per capire i tempi, i modi e le dimensioni delle
instabilita' che avvengono all'interno delle testate e,
possibilmente, individuare possibili segni premonitori di fenomeni
di grandi dimensioni;174 - in merito alle testate di canyon, a
monitorarne l'evoluzione morfologica, per capire i tempi, i modi e
le dimensioni delle instabilita' che avvengono all'interno delle
testate e, possibilmente, individuare possibili segni premonitori
di fenomeni di grandi dimensioni;
- a proseguire e finalizzare lo sforzo conoscitivo avviato dalla
comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175 , completando la
mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale
di Sicilia e il margine continentale del Tirreno centro
settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la mappa dei
punti di criticita' ritenuti di rilevanza nazionale;176 - a
proseguire e finalizzare lo sforzo conoscitivo avviato dalla
comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175 , completando la
mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale
di Sicilia e il margine continentale del Tirreno centro
settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la mappa dei
punti di criticita' ritenuti di rilevanza nazionale;
- a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il
monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere
lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente
sottomarino.
- a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il
monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere
lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente
sottomarino.
In merito a quest'ultimo punto, con particolare riferimento alle
strumentazioni per la rilevazione e il monitoraggio delle attivita'
sismiche e vulcaniche sottomarine, si e' registrato negli ultimi due
decenni un sorprendente progresso tecnologico. In questo ambito, la
distribuzione di sensori oceanografici applicate sui cavi subacquei
per telecomunicazione rappresenta una soluzione promettente per
ottenere dati estesi, longitudinali e in tempo reale che sono
fondamentali per comprendere e gestire i problemi ambientali posti
dai cambiamenti climatici, dall'innalzamento del livello del mare,
nonche' dalle attivita' sismiche e vulcaniche nei fondali marini.
Sistemi di rilevamento basati su reti di sensori posti lungo i cavi
sottomarini sono gia' impiegati con successo al largo delle coste del
Giappone e dello stato della California per preallertare le autorita'
competenti dell'imminente verificarsi di terremoti e maremoti.
Inoltre, tali infrastrutture si sono rivelate determinanti anche per
il monitoraggio dello stato di salute dei mari e degli oceani.
In Italia, in particolare nel Mar Ionio occidentale, e' attiva una
delle strutture regionali dell'EMSO («European Multidisciplinary
Seafloor and Water Column Observatory»), a circa 20 km al largo della
costa della Sicilia orientale, a oltre 2.000 metri di profondita'. Si
tratta dell'osservatorio multi-parametrico sottomarino "NEMO-SN1",
che garantisce la trasmissione in tempo reale dei dati registrati
grazie ad un cavo elettro-ottico che lo collega ad una stazione a
terra, ospitata presso i Laboratori Nazionali del Sud178
dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nel porto di Catania. Tale
cavo elettro-ottico garantisce la fornitura di energia alla
strumentazione ospitata nell'osservatorio permettendo cosi' di
acquisire lunghe serie di dati nel tempo. I dati multi-parametrici
forniti da NEMO-SN1 sono di interesse geofisico (studio della
variabilita' del campo magnetico terrestre e delle variazioni di
gravita' per maree terrestri), oceanografico e climatico
(monitoraggio delle proprieta' fisiche dell'acqua), ambientale
(monitoraggio del rumore acustico sottomarino nelle bande di
interesse indicate dalla «Marine Strategy Framework Directive» del
Parlamento Europeo,179 che identifica il rumore acustico provocato
dall'uomo come un indicatore importante nella definizione del "buono
stato ambientale" di un ecosistema marino), per la biologia marina
(rilevamento e tracciamento di cetacei ottenuta dall'analisi dei
segnali acustici misurati ad alta profondita'), per il monitoraggio
di geohazard sia per tsunami che per la rilevazione di frane
sottomarine (segnali registrati rispettivamente da sensore di
pressione assoluta e dal sismometro), sismico (grazie alla fruizione
di dati da un sito di misura in mare aperto per una migliore
descrizione della sismicita' sottomarina), vulcanico180 (attivita'
dell'Etna rilevabile dai dati su sismometro, gravimetro, idrofoni e
sensori oceanografici).
2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine
Un altro degli elementi che sanciscono la valenza strategica della
dimensione subacquea e' la presenza, nei fondali marini di vasti
giacimenti minerari ricchi di rame, cobalto, manganese, nichel e
terre rare (noduli, solfuri e croste polimetalliche), tutte materie
prime fondamentali alla transizione energetica verso le fonti
rinnovabili. Tali risorse rappresentano un fattore irrinunciabile per
lo sviluppo di innumerevoli settori: industriale, medico,
tecnico-scientifico, militare.
Molte di queste risorse, tra cui i noduli polimetallici, avendo
bisogno di elevate profondita' e lunghe distanze da costa per
formarsi in quantita' commercialmente interessante, sono localizzate
oltre la giurisdizione nazionale, in quella che l'UNCLOS definisce
l'Area, (in particolare, in alcune regioni nell'Oceano Pacifico e
nell'Oceano Indiano centrale). I minerali dell'Area si trovano a
profondita' abissali e richiedono sforzi tecnologici e investimenti
economici notevoli per poter essere prelevati. L'UNCLOS ha stabilito
che l'Area e le sue risorse costituiscono il patrimonio comune
dell'umanita', la cui gestione e' affidata all'International Seabed
Authority181 (ISA). Membro del gruppo A del Consiglio dell'ISA, ove
siedono i Paesi maggiori consumatori e importatori delle risorse
minerarie dei fondali marini (in particolare rame, zinco, nickel,
argento, molibdeno e manganese),182 l'Italia e' attualmente impegnata
nella finalizzazione del «Regolamento per lo sfruttamento delle
risorse minerali dell'Area» che dovra' disciplinare nel dettaglio
l'attivita' di estrazione mineraria dai fondali marini al di la'
della giurisdizione nazionale. Ancora assente dal novero degli Stati
detentori di concessioni di esplorazione, propedeutici al futuro
sfruttamento, anche l'Italia dovra' valutare nel breve-medio termine
l'opportunita' di dotarsi della normativa richiesta dall'Autorita'
per partecipare alle attivita' di sfruttamento e di creare le
condizioni affinche' questa sfida tecnologica, finanziaria e
industriale possa essere condivisa dalle aziende italiane secondo un
approccio precauzionale basato sul minimo impatto sugli ecosistemi
marini. In tal senso, l'Italia intende:
- promuovere e sostenere le attivita' di ricerca scientifica volte a
verificare tale impatto;
- favorire e incentivare lo sviluppo di tecnologie sostenibili, in
grado di garantire lo sfruttamento del patrimonio minerario dei
fondali nel pieno rispetto delle norme internazionali e nella
massima tutela dell'ambiente sottomarino.
- favorire e incentivare lo sviluppo di tecnologie sostenibili, in
grado di garantire lo sfruttamento del patrimonio minerario dei
fondali nel pieno rispetto delle norme internazionali e nella
massima tutela dell'ambiente sottomarino.
In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale.
2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee
L'interesse per i fondali marini e per le ricchezze che questi
contengono va di pari passo con l'effettiva capacita' di accedervi.
E' in questo contesto che, soprattutto grazie al settore
dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando la proliferazione di sistemi
senza pilota ("unmanned"), garantendo considerevoli miglioramenti,
tanto in termini di tutela e protezione della vita umana in un
ambiente potenzialmente ostile, quanto in termini di efficacia della
gestione delle attivita' manutentive delle infrastrutture subacquee
offshore. In un futuro prossimo, le profondita' dei mari assisteranno
ad un forte incremento delle attivita' di sistemi subacquei di ogni
genere - siano essi con equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo -
per la ricerca e l'utilizzazione di risorse energetiche e minerarie,
per la posa di infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici
o militari. Gia' nel presente, sussistono situazioni, ancora
localizzate, di potenziale saturazione degli spazi subacquei con
conseguenti rischi di interferenze e anche di collisione con mezzi
militari dotati di equipaggio. Nondimeno, i recenti episodi di
sabotaggio di gasdotti e cavidotti (indipendentemente dalle modalita'
con le quali si sono realizzate) hanno richiamato l'attenzione a
livello internazionale sulla vulnerabilita' delle infrastrutture
subacquee, soprattutto se situate su fondali relativamente
accessibili, evidenziando altresi' la responsabilita' degli Stati
costieri sulla pertinente piattaforma continentale anche per quanto
attiene alla prevenzione, monitoraggio e riduzione dell'inquinamento
dovuto a perdite dai dotti.183 L'interesse per i fondali marini e per
le ricchezze che questi contengono va di pari passo con l'effettiva
capacita' di accedervi. E' in questo contesto che, soprattutto grazie
al settore dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando la proliferazione
di sistemi senza pilota ("unmanned"), garantendo considerevoli
miglioramenti, tanto in termini di tutela e protezione della vita
umana in un ambiente potenzialmente ostile, quanto in termini di
efficacia della gestione delle attivita' manutentive delle
infrastrutture subacquee offshore. In un futuro prossimo, le
profondita' dei mari assisteranno ad un forte incremento delle
attivita' di sistemi subacquei di ogni genere - siano essi con
equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo - per la ricerca e
l'utilizzazione di risorse energetiche e minerarie, per la posa di
infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici o militari.
Gia' nel presente, sussistono situazioni, ancora localizzate, di
potenziale saturazione degli spazi subacquei con conseguenti rischi
di interferenze e anche di collisione con mezzi militari dotati di
equipaggio. Nondimeno, i recenti episodi di sabotaggio di gasdotti e
cavidotti (indipendentemente dalle modalita' con le quali si sono
realizzate) hanno richiamato l'attenzione a livello internazionale
sulla vulnerabilita' delle infrastrutture subacquee, soprattutto se
situate su fondali relativamente accessibili, evidenziando altresi'
la responsabilita' degli Stati costieri sulla pertinente piattaforma
continentale anche per quanto attiene alla prevenzione, monitoraggio
e riduzione dell'inquinamento dovuto a perdite dai dotti.
L'ambiente subacqueo e' pertanto una risorsa fragile e preziosa che
va tutelata e considerata anche dal punto di vista della Difesa e
della Sicurezza, investendo, gia' da oggi, in adeguate strutture
operative e tecnologie per assicurarne il controllo e operarvi
efficacemente. Emerge dunque la necessita' di impostare un approccio
unitario, in termini di visione, di tutte le realta' operanti nel
settore subacqueo. Tale approccio unitario dovrebbe parallelamente
tradursi in uno snellimento della burocrazia, che rallenta
attualmente i singoli operatori nell'ottenimento delle autorizzazioni
per le loro iniziative, penalizzandoli in termini di competitivita'.
In quest'ottica, l'Italia riconosce la peculiare rilevanza strategica
della dimensione subacquea e considera prioritari due obiettivi da
conseguire nel breve-medio termine:
- investire nella pertinente ricerca e sperimentazione;
- regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente tanto
strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia
naturali sia antropici.
- regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente tanto
strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia
naturali sia antropici.
In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale.
2.11.5 Polo nazionale della subacquea
A tal fine, l'Italia intende istituire il Polo Nazionale della
Subacquea, per dotarsi di un catalizzatore e acceleratore
tecnologico, aggregando tutte le realta' pertinenti (Istituzioni,
mondo accademico, della ricerca e industriale). Cio' al fine di:
- abilitare e sostenere la ricerca e l'innovazione per acquisire e
consolidare un crescente vantaggio tecnologico;
- conferire maggiore competitivita' alle nostre aziende e sviluppare
competenze e tecnologie sovrane;
- garantire alla Nazione la capacita' di trarre beneficio dalla
gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo.
- garantire alla Nazione la capacita' di trarre beneficio dalla
gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo.
2.11.6 Autorita' nazionale per il controllo delle attivita' subacquee
La crescente antropizzazione della dimensione subacquea rende inoltre
necessario regolamentare e controllare l'accesso agli spazi
subacquei.
Attualmente tale azione di controllo e' svolta dalle Marine Militari
nei confronti del solo traffico sottomarino militare. Vengono
demandate alla determinazione del Governo, su proposta del Cipom, le
modalita' e le azioni di controllo sulle altre attivita'. E'
naturalmente necessario completare il processo di definizione e
proclamazione degli spazi marittimi di giurisdizione italiana di cui
si e' gia' detto (v. supra par. 2.1), ancorche' sia evidente che il
controllo debba estendersi al di la' di esse, in conformita' al
diritto internazionale.
L'obiettivo e' quello d'istituire entro il 2024 un'Autorita'
Nazionale per il Controllo delle Attivita' Subacquee che, in
relazione alla sua competenza trasversale, avra' nel Cipom il suo
naturale riferimento.
Per operare con efficacia, tale organismo - raccordando e mettendo a
sistema tutte le conoscenze tecnologiche e scientifiche in ambito
subacqueo, integrate con le piu' avanzate infrastrutture di dati -
disporra' della completa e capillare conoscenza dell'ambiente
subacqueo, dal punto di vista idrografico, oceanografico, geofisico,
con particolare enfasi sui siti naturali ed antropici che necessitano
di essere protetti.
Infine, con particolare riferimento alle infrastrutture subacquee per
le comunicazioni digitali - nell'ottica della promozione del ruolo
dell'Itala come hub strategico, al centro dell'articolata rete di
cavi che serve tale settore nell'ambito del Mediterraneo - l'Italia
intende valorizzare i punti di approdo nazionali di tali
infrastrutture, incentivando quelli gia' scalabili, sicuri e pronti
ad accogliere nuovi cavi, si' da prevenirne il rischio di un'inutile
moltiplicazione.
2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI
Come gia' anticipato (v. supra par. 2.2.2), il territorio insulare
italiano e' circa un sesto di quello nazionale e la quasi totalita'
e' rappresentata da Sicilia e Sardegna. Oltre a queste due, l'Italia
conta una sessantina di isole marittime dislocate prevalentemente nel
Mar Tirreno, quaranta delle quali sono raggruppate in arcipelaghi
disposti intorno alle due isole maggiori184 . Nello specifico, sono
trentacinque i Comuni delle isole minori italiane185 , distribuiti in
sette Regioni (Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia,
Toscana) rappresentativi di circa 220mila residenti in modo stabile e
di un numero, di gran lunga superiore, di turisti quali residenti
temporanei. La posizione nel mare ha influito in maniera diversa:
alcune erano ubicate lungo rotte commerciali importanti e, per tale
ragione, hanno registrato un'alternanza di insediamenti umani lungo
tutta la loro storia. Altre isole, invece, hanno sempre offerto poco
ai propri abitanti i quali hanno vissuto in condizioni non
favorevoli, sebbene negli ultimi cinquant'anni, la vita economica
delle isole minori e' stata radicalmente trasformata dall'avvento del
turismo.
Le isole minori italiane condividono caratteristiche comuni alle
altre piccole isole del mondo (popolazione ridotta, diversita'
economica limitata, lontananza dalla terraferma, difficolta' di
accesso ai servizi fondamentali); in Europa, in particolare, esse
rappresentano una delle aree piu' vulnerabili non solo a causa degli
effetti dei cambiamenti climatici che colpiscono l'intero
Mediterraneo ma anche per la dipendenza dalle risorse della
terraferma186 .
Per le suddette ragioni, l'insularita' vive una condizione di disagio
continuo. Allo stesso tempo, le isole minori rappresentano avamposti
determinanti per la difesa del mare, ragione per cui si ritiene
appropriato che debba aumentare l'attenzione dello Stato collocando i
territori insulari al centro della programmazione nazionale in tema
di sanita', scuola, turismo, ambiente, energia, demanio, mobilita'
fra le isole, rifiuti e soprattutto il trasporto marittimo. Alla
logistica marittima delle isole minori sono infatti legati, per
natura, temi fondamentali quali quelli della salute, della scuola,
degli approvvigionamenti, della socialita' oltre, piu' in generale,
alle attivita' umane ed economiche. Al mare antistante gli ambiti
insulari sono poi strettamente correlati la fornitura di acqua, il
tema dello smaltimento dei rifiuti e l'approvvigionamento energetico.
Al riguardo, ai fini del supporto alle isole minori, di particolare
importanza e' ad esempio la creazione, con legge n. 160/2019, art. 1,
comma 553, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del
«Fondo per gli investimenti nelle isole minori»187 , nonche'
l'istituzione a opera della legge n. 178/2020188 del «Fondo per il
finanziamento di iniziative di promozione e di attrazione degli
investimenti nelle isole minori» e del «Fondo per
l'approvvigionamento idrico dei comuni delle isole minori con
popolazione inferiore a 15.000 abitanti».
Anche il PNRR ha recentemente previsto misure a favore delle isole
minori. L'attenzione del PNRR alle isole minori che e' apparsa come
un segnale positivo, sebbene si basi su un paradigma che trascura
alcune misure, come il riordino amministrativo o il riassetto dei
servizi pubblici (scuola e sanita'), altrettanto prioritarie per le
isole minori189 .
In generale, puo' dirsi comunque che crescente e' l'attenzione
governativa sul punto: in attuazione dell'art. 119, comma 6, Cost.,
la legge di bilancio 2023 ha infatti istituto uno specifico fondo -
nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture e dei
Trasporti - per garantire un completo ed efficace sistema di
collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per la Sardegna190 .
Inoltre, a conferma di cio', si evidenzia come un esplicito
riferimento a detta tematica si rinviene altresi' negli ambiti di
competenza propri del Ministro per gli affari regionali le autonomie,
come risultanti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
12 novembre 2022, recante la «Delega di funzioni in materia di affari
regionali e autonomie», nella quale rientrano (v. art. 1, comma 1,
lettere t) e u) del predetto d.p.c.m.): cura dei problemi inerenti
alle "piccole isole" e loro valorizzazione attraverso interventi di
natura territoriale, economica, sociale e culturale, comprese le
azioni governative, anche normative, dirette anche agli interventi
di cui all'art. 2, comma 41, della legge 24 dicembre 2007, n.
244, e successive modificazioni; miglioramento delle
prestazioni delle amministrazioni pubbliche e il potenziamento
delle capacita' di governance degli Enti locali, con particolare
riferimento alle aree interne e alle "isole minori".
Il miglioramento delle condizioni di vita sulle isole, in particolare
su quelle minori, e delle attivita' economiche passa anche attraverso
politiche ed iniziative che abbracciano l'intera "blue economy" e
vanno addirittura oltre per includere la necessita' di assicurare un
maggiore livello di sicurezza, anche attraverso la cooperazione
nell'ambito della Unione europea oltre ad una interoperativita' dei
sistemi di sorveglianza gia' assicurata dalle autorita' che
diuturnamente operano in mare, in base alle rispettive competenze
previste dalla normativa vigente (polizia marittima, soccorso,
sicurezza della navigazione, ecc.). Piu' nel dettaglio e nei seguenti
specifici settori puo' rilevarsi quanto segue.
Nel settore sanitario, permangono cosi', ad oggi, le principali
problematiche connesse al profilo della sanita' sulle piccole isole
ossia le difficolta' nei collegamenti con la terraferma (da cui la
sempre piu' ardua impresa di reperire personale medico disponibile a
lavorare sulle isole) e nel far fronte all'incremento della
popolazione in particolari periodi dell'anno. L'eterogeneita' delle
isole minori italiane fa si' che siano altrettanto differenti le
situazioni dei presidi sanitari. Pochissimi dei Comuni isolani hanno
un pronto soccorso (la Maddalena, Pantelleria, Lipari e Anacapri).
Solo l'Isola dell'Elba ha un DEA (Dipartimento di Emergenza e
Accettazione) di primo livello mentre, Favignana ha un
poliambulatorio. Alcuni degli altri Comuni hanno una guardia medica.
Per quanto sopra, e' necessario definire un modello efficiente di
assistenza sanitaria adattato al territorio insulare. Occorrono
presidi medici locali per superare la fragilita' e l'inefficienza di
un sistema sanitario che importa i medici dalla terraferma. Occorre
altresi' pensare ad implementare un "Piano di prevenzione ed
intervento per le emergenze sanitarie in mare", stabilendo una delle
due isole maggiori, ad esempio la Sicilia191 , per ovvia
continuita'/contiguita' geografica, quale "hub euromediterraneo per
la telemedicina"192 , utile a gestire, da remoto, emergenze di salute
sulle navi (o in localita' o aree isolate quali le piattaforme
petrolifere), attraverso l'impiego dei sistemi satellitari che
consentano la ricezione in mare aperto, e da qualunque area del globo
terrestre, di esami clinici (si pensi ad esempio a quelli
cardiologici, radiologici, ecc.) e la rapida risposta da parte del
medico competente con l'avvio di quel percorso rapido e dedicato al
fine di stabilizzare le condizioni cliniche acute del paziente e
l'avvio immediato del suo trasporto in sicurezza, garantendo in tal
modo la tempestivita' e la salvaguardia della salute in mare ai
naviganti (personale di bordo, pescatori, naufraghi, personale
militare e di altre forze di polizia, turisti, personale sanitario),
anche in prossimita' delle coste e nelle isole minori, identificate
quali aree isolate e disagiate per l'assenza o la carenza di servizi
sanitari di urgenza/emergenza. Quanto precede, al fine di garantire,
come sancito nell'art. 32 della Costituzione, il diritto alla salute
e nella tutela della salute dell'individuo e della collettivita' (si
potrebbe definirlo come un "Piano Mattei" per la salute in mare).
Il settore scolastico, sia pur in quadro di generale calo demografico
dal quale discende talvolta la difficolta' di creare nuove classi in
parte del territorio nazionale, non presenta particolari criticita'
per la scuola primaria e secondaria di primo grado sulle isole
minori, mentre sono rare le scuole secondarie di secondo grado e cio'
comporta fatica a rendere il sistema scolastico universale, poiche'
le piccole isole non dispongono di scuole superiori. Per i docenti,
per la maggior parte di coloro che provengono dall'esterno degli
ambiti insulari, e' appropriato sia riconosciuto un sistema premiale
per incentivare quantita' e qualita' del ceto insegnante.
Il settore giudiziario e' solo parzialmente disponibile sulle isole
minori piu' abitate ed assente sulle altre. Occorre definire una
strategia con le amministrazioni interessate per cogliere almeno
l'obiettivo minimo di consentire l'accesso ai servizi digitali che
potrebbero ovviare, se non altro in parte, alle lontananze derivanti
all'insularita' rispetto agli uffici giudiziari posti sul continente
o sulle isole attigue.
Il trasporto in generale, e quello marittimo in particolare,
rivestono una rilevanza fondamentale per garantire i rifornimenti
indispensabili alle isole minori italiane: dalle materie prime ai
prodotti finiti che, oltre ad alimentare l'economia insulare,
assicurano la sussistenza delle stesse comunita' insulari e
l'altrettanto fondamentale continuita' territoriale.
Il cabotaggio marittimo rappresenta, pertanto, il primo
indispensabile anello della logistica per il trasporto di beni di
prima necessita', come i prodotti alimentari e sanitari, nonche' le
materie necessarie all'approvvigionamento energetico. Al riguardo, al
fine di migliorare la continuita' territoriale marittima e agevolare
la condizione delle comunita' che vivono sulle isole italiane, appare
opportuno promuovere, nel rispetto delle rispettive competenze e dei
principi unionali in materia, indirizzi strategici che favoriscano la
semplificazione del settore dei trasporti marittimi e della
logistica, in modo da renderli efficaci, efficienti, sicuri,
sostenibili ed economicamente accessibili.
Al riguardo, il primo importante obiettivo e' quello di promuovere
delle azioni che facilitino il diritto costituzionalmente garantito
alla mobilita' attraverso modalita' di trasporto sostenibili e
accessibili. In tale contesto, e' essenziale implementare le
condizioni minime di qualita' delle modalita' di trasporto dando,
altresi', impulso ai processi di digitalizzazione delle procedure con
l'impiego di nuove tecnologie che accelerino il controllo, l'imbarco
e lo sbarco di passeggeri, mezzi e merci. Inoltre, in armonia con i
principi di sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente, e'
necessario incentivare processi che favoriscono il progressivo
rinnovamento della flotta impiegata nei trasporti insulari a favore
di modalita' di trasporto green e sostenibili, prevedendo al contempo
misure premiali a favore degli operatori che impiegano navi con
sistemi di propulsione a combustibile alternativo.
Le gia' menzionate azioni si ritiene appropriato siano
preventivamente valutate in ambito Cipom per la successiva adozione
di misure condivise tra le amministrazioni competenti per materia.
Occorre altresi' elaborare una nuova politica sui porti che spesso
versano in condizioni sub-standard limitando addirittura la capacita'
di approdo dei servizi di collegamento ripensando al punto di approdo
come alla porta di entrata per il turista e il residente. E' quindi
prioritario investire sulle infrastrutture destinate all'accoglienza
dei passeggeri all'interno dei porti minori. Detti scali minori, oggi
gestiti dagli Enti locali, salvo che per le funzioni di polizia
portuale e della navigazione in capo alle autorita' marittime
competenti, hanno maggiore difficolta' ad accedere alle risorse
necessarie per la manutenzione o il rinnovo delle infrastrutture e
dei relativi arredi. Tale potenziamento e' fondamentale per
migliorare l'esperienza di viaggio quale componente non trascurabile
per poter assicurare, tra l'altro, un'offerta turistica di qualita' e
accrescere il grado di attrattivita' dei contesti isolani
garantendone al contempo il potenziale di crescita sicuramente
insito, per tradizioni e cultura, nelle stesse.
Il recupero della portualita' esistente e la creazione o
implementazione della micro portualita' (che costituisce approdo per
le iniziative di nautica da diporto) - ad esempio mediante la
costruzione di porti turistici e la messa in sicurezza dei porti
commerciali per le isole minori, anche al fine di migliorare le
condizioni di imbarco e sbarco - e' un obiettivo possibile ma serve
una pianificazione che consenta di fissare obiettivi e tempistiche
certe, coinvolgendo tutti le parti pubbliche interessate, essendo
tali infrastrutture un importante caposaldo delle attivita' a
servizio della mobilita' turistica.
In tale contesto dovrebbe altresi' valutarsi l'opportunita' di
predisporre, coinvolgendo gli Enti locali, una mappatura degli
approdi utilizzati ed utilizzabili per i servizi di collegamento
marittimo, onde ponderare le misure di intervento e l'insistenza del
traffico diportistico, spesso antagonista rispetto alla necessita' di
mantenere approdi sufficienti alla domanda di trasporto pubblico.
Appare inoltre necessario definire e implementare nuove politiche
destinate a incentivare l'avvio alle professioni storicamente
insediate nei contesti sociali delle isole minori, in primis il
lavoro marittimo, da sempre importante anche per il tradizionale
apporto alla marineria commerciale, quello della pesca e dei diversi
comparti della industria turistica collegata al mare. Per mantenere
ed incentivare la vocazione professionale verso le discipline
marittime, occorre pertanto semplificare le condizioni di accesso
alle professioni del mare. Occorre, e anche a tale proposito il Cipom
potra' assicurare il necessario coordinamento, assicurare la diretta
e congiunta collaborazione delle Camere di Commercio, delle
Associazioni del lavoro artigianale, della Federalberghi, delle
Universita', della scuola e degli istituti professionali e di tutte
le rappresentanze di interessi che possano agevolare l'individuazione
e la implementazione delle politiche di incentivazione del lavoro
autoctono.
Tali obiettivi ben potrebbero essere raggiunti con la creazione di
Centri regionali di eccellenza delle professioni tradizionalmente
radicate sulle isole, con particolare attenzione alla rivalutazione
dei percorsi scolastici e della formazione professionale.
Va a tal proposito semplificata, pur nel rispetto delle normative
unionali e internazionali in materia, l'eccessiva regolazione delle
attivita' di formazione e di rilascio dei certificati professionali
del personale navigante193 impiegato nella navigazione di corto
raggio per superare un evidente barriera anche economica194 ,
poiche', tale condizione, rappresenta di fatto una delle ragioni
principali della perdita della vocazione marittima (tradizionalmente
alto nei contesti sociali delle isole minori).
Nel settore della pesca, l'incremento dell'acquacoltura viene
segnalata come la soluzione per rispondere all'aumento della domanda
mondiale di pescato ma al contempo occorre migliorare il livello del
contrasto alla pesca illecita. Occorre inoltre valutare la
possibilita' di prevedere un regime di sostegno - attraverso misure
premiali per i pescatori residenti nelle piccole isole - per
consolidarne il presidio nella stagione non turistica. E' necessario,
sotto altro ma non secondario profilo, intensificare il controllo
dell'inquinamento da plastica ed idrocarburi dispersi in mare anche
attraverso la riconversione delle imbarcazioni da pesca in futuro
dotati di attrezzature preposte allo scopo. Sempre in materia di
tutela ambientale occorre creare un quadro regolatorio comune per
disciplinare lo scarico in mare della salamoia prodotta dai
dissalatori onde scongiurare impatti sulle acque balneabili e sulla
pesca particolarmente importanti negli ambiti insulari, ma non solo.
Nel settore della cantieristica e' opportuna la valorizzazione dei
cantieri locali, ove esistenti, e di quelli costieri come sinergia
coste-isole, poiche' solo un'efficiente rete di assistenza la diporto
nautico rende i contesti isolani piu' attrattivi e fruibili.
Nel settore del turismo deve essere superato, se del caso valutando
specifiche politiche di incentivazione, il paradigma isole-estate con
l'allargamento dell'offerta turistica a settori diversi dalla
balneazione e dal diporto nautico quali quelli culturali (musei e
scavi archeologici che si trovano nelle isole e di cui si ha scarsa
conoscenza), ovvero la enogastronomia di prossimita'.
Nel settore energetico la problematica dell'approvvigionamento di
risorse energetiche, oltre che di quelle idriche (v. infra), riveste
particolare importanza sebbene sia una tematica da affrontare a tutto
tondo con quelle riguardanti rifiuti, mobilita' e suolo195 . Al
riguardo, grande rilevanza viene data sia dalle parti pubbliche sia
dai portatori di interesse al tema della transizione ecologica delle
attivita' sulle isole a partire dal trasporto marittimo. Si condivide
in senso unanime la necessita' di non attivare progetti solo nel
settore del fotovoltaico in quanto piu' semplice sotto l'aspetto
autorizzativo, ma vanno valutate ed adeguatamente sostenute tutte le
fonti alternative possibili sulle isole, in primis l'eolico. Infatti,
nonostante il notevole potenziale di soleggiamento e ventosita', le
installazioni di impianti da fonti rinnovabili sono molto scarse
sulle isole minori ed i numeri rimangono i piu' bassi a livello
nazionale196 . Le ragioni alla base di uno sviluppo cosi' lento delle
fonti energetiche rinnovabili sulle isole minori sono molteplici, e
riguardano sia il fotovoltaico sia l'eolico. Vincoli paesaggistici
troppo rigidi, complesse richieste di connessione, procedure di
autorizzazione intricate e spesso obsolete sono solo alcune delle
barriere non tecnologiche che impediscono di mettere in pratica
un'adeguata azione di transizione energetica in questi territori197 .
In questo contesto, occorre ribadire la necessita' di perseguire
quanto gia' da tempo posto al centro dell'azione del Governo, ovvero
l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili
locali198 , l'adozione di un programma che preveda azioni di: (i)
adeguamento infrastrutturale assieme a maggiori servizi, nonche'
interventi che tengano conto dei fabbisogni energetici e che siano
volti ad un progressivo efficientamento energetico; (ii)
realizzazione di strutture portuali-turistiche adeguate alle piu'
recenti unita' nautiche; (iii) mobilita' marittima sostenibile oltre
allo sviluppo dell'economia circolare locale; (iv) impulso alle
attivita' di innovazione tecnologica nei porti turistici (v.)
semplificazione delle procedure di autorizzazione intricate e spesso
obsolete. Devono, inoltre, essere sia valutate le ricadute dei
cambiamenti climatici nelle isole sia considerate adeguatamente le
fonti energetiche alternative, anche tenuto conto della cifra
ineguagliabile del valore ambientale e paesaggistico dei contesti in
cui tali scelte devono essere operate. In definitiva, dovranno essere
valutate politiche che - nel rispetto della diversita' dei singoli
contesti - possano delineare un approccio comune sugli obiettivi
fondamentali.
Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva che nelle piccole
isole l'acqua potabile e' un bene limitato e le soluzioni per
accedervi sono ad alto impatto ambientale, considerato l'uso delle
energie per trasportarlo o le possibili esternalita' negative degli
impianti di dissalazione. La scarsita' d'acqua rappresenta, dunque,
per molte di queste isole un problema endemico, ancora lontano
dall'essere risolto. Sono 10 le isole minori servite da condotte
sottomarine, dalla terraferma o da isole vicine (Capri, Ischia,
Procida, Sant'Antioco, San Pietro, la Maddalena, Isola d'Elba,
Favignana, Marettimo, Levanzo), mentre le navi cisterna sono ancora
il metodo esclusivo di approvvigionamento di acqua potabile per 7
isole (Ponza, Tremiti, Stromboli, Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina)
e diventano cruciali per soddisfare il fabbisogno anche su altre
isole nel periodo estivo in cui, a causa del grande aumento di
popolazione, si deve spesso ricorrere anche a razionamenti di
acqua199 . Le navi cisterna sono molto dispendiose (quasi tre volte
il costo rispetto ad un impianto di dissalazione) e poco sostenibili
in termini di emissioni climalteranti, se si considera l'energia
necessaria per la movimentazione di esse200 . In ogni caso gli
interventi da promuovere devono essere quelli volti ad innovare la
rete idrica esistente soprattutto alla luce delle ingenti perdite che
si registrano. Parallelamente dovrebbero procedere la realizzazione o
l'implementazione di impianti di depurazione delle acque reflue,
verificandone la conformita' ai limiti normativi per quanto concerne
gli scarichi (con le inevitabili ripercussioni sulla qualita' delle
acque costiere). Ad oggi, nessuna isola ha un impianto di depurazione
in grado di coprire il fabbisogno rispetto agli abitanti201 .
Sul versante dell'innovazione tecnologica, le isole - ricordano le
comunita' locali - sono il miglior laboratorio per lo sviluppo della
tecnologia associata agli usi del mare e per la ricerca marina. Per
il loro ambiente di particolare pregio, per le loro peculiari risorse
idriche e marine e per la unicita' della loro logistica del
trasporto, le isole minori possono essere considerate luoghi ideali
ove realizzare progetti di sostenibilita' ambientale autonoma che
possono essere replicati per adottare nuove tecnologie e nuovi
processi con tutti i soggetti interessati. In effetti, si deve
attribuire alle isole una capacita' unica di implementare soluzioni
integrate per la gestione delle infrastrutture e delle risorse
naturali, quali energie, trasporti e mobilita', rifiuti ed acqua non
facilmente riscontrabile sulla terra ferma. In tal senso, andrebbero
pertanto adeguatamente supportate le attivita' afferenti detto
settore.
Dovra' infine essere prestata maggiore attenzione alla modalita' del
trasporto marittimo che non potra' sottrarsi alla sfida della
decarbonizzazione, assicurando il sostegno alla transizione
energetica delle navi e degli impianti portuali, in primis
realizzando le infrastrutture OPS che devono tuttavia considerarsi
soltanto se le stesse possono essere alimentate con risorse
rinnovabili. In tale ambito, potrebbero essere valutate altre
tipologie di trasporto - per esempio con idrovolanti - per favorire
anche la celerita' dei collegamenti insulari. Parimenti, deve
ricordarsi l'importanza delle elisuperfici adeguate sia per funzioni
civili, ma soprattutto sanitarie.
Il livello dei servizi di trasporto marittimo insulare puo'
considerarsi soddisfacente sebbene in sede di audizioni siano
comunque emerse la limitatezza dei servizi e la qualita' dei mezzi
impiegati, ma dovra' prestarsi particolare attenzione alla
sostituzione delle unita' piu' datate202 . Negli ultimi decenni il
trasporto marittimo veloce e il traporto pubblico locale ("TPL")
hanno assunto sempre maggiore importanza, divenendo componenti
essenziali per le attivita' turistiche isolane, circostanza che ne
suggerisce l'opportuna valorizzazione.
In definitiva, puo' dirsi che le isole minori rappresentano una
species del piu' ampio genus "isole" ed hanno proprie, specifiche
peculiarita'. Peraltro, sono assai eterogenee fra loro e, per tale
ragione, necessitano di adeguati e mirati interventi volti a
rimuovere gli svantaggi connessi alla condizione di insularita'.
Alcune di esse sono infatti assai vicine alla terraferma mentre altre
sono molto lontane (Lampedusa, Linosa, Ustica). Ad accomunare la gran
parte di esse e' la dimensione, inferiore a 40 km² per tutte salvo
che per l'Isola d'Elba, Sant'Antioco, Pantelleria, San Pietro,
Asinara e Ischia. Ma cio' non equivale ad eguale densita' abitativa.
Cio' si riflette anche sulla maggiore o minore presenza di attivita'
produttive e sulla tipologia di esse su ciascuna isola. Ne consegue
che la necessita' o meno nonche' la natura degli interventi a
sostegno delle attivita' produttive va calibrata e adattata al
singolo caso specifico.
A tal fine, come messo in rilevo da alcuni studi di settore203 ,
potrebbe essere utile valutare l'ipotesi di rendere Zone Economiche
Speciali (ZES) tutte le isole, incluse quelle minori. Di altrettanta
utilita', sulla falsariga di esperienze virtuose straniere, potrebbe
essere la creazione di agenzie di assistenza tecnica alle isole
minori, ed in particolare alle autorita' locali isolane, per
sostenerle nella realizzazione di procedure complesse quali quelle ad
evidenza pubblica. Le suddette agenzie potrebbero coadiuvare gli
uffici anche nella partecipazione a progetti nazionali o europei per
i quali sono richieste specifiche competenze, spesso non presenti
negli organici degli Enti amministrativi insulari. In aggiunta, le
stesse agenzie possono favorire lo sviluppo delle isole migliorando
l'offerta formativa turistica, nonche' l'approccio a politiche di
sviluppo sostenibile.
Dal quadro di insieme sopra delineato emerge in definitiva l'idea di
dover favorire un approccio maggiormente integrato al tema "isole
minori". Infatti, anche in questo ambito, la situazione appare
frammentata: sono stati istituiti fondi a sostegno ma con dotazioni
aventi durata breve, si riscontrano - di recente - interventi
normativi mirati, ma ancora non in grado di coprire tutte le
tematiche connesse alle piccole realta' insulari. In sostanza,
l'attenzione verso le isole minori appare crescente, ma ancora frutto
di iniziative episodiche e frammentarie che, peraltro, non sono
ancora del tutto ispirate o guidate dal principio di insularita' come
re-introdotto nella Costituzione204 .
In tal senso, ancora una volta, appare appropriato possa essere il
Cipom la naturale sede per il coordinamento nazionale delle suddette
azioni di carattere strategico, senza trascurare quelle possibili
iniziative finalizzate ad assicurare, almeno sulle isole abitate
anche nei mesi invernali, gli indispensabili presidi di sicurezza
(vigili del fuoco, gruppi di volontari di Protezione civile,
elisuperfici, ecc.) anche dai rischi naturali.
2.13 TURISMI DEL MARE
Li abbiamo chiamati "Turismi del Mare", poiche' l'Italia e' una
"Nazione di Mare" ad altissima vocazione turistica e marittima. I
turismi del mare in Italia ricoprono, grazie anche alla sua
centralita' nell'area mediterranea, un ruolo essenziale e strategico
per riaffermare l'interesse nazionale. Bisogna considerare che tutti
gli "utenti del mare" italiani, privati e pubblici, interagisco tra
di loro e anche con tutti coloro che indirettamente hanno a che fare
con il mare o utilizzano la risorsa mare.
La capacita' attrattiva del "Prodotto Mare - Made in Italy" ci deve
sempre di piu' far ambire al primo posto nello scenario
euromediterraneo e internazionale. L'offerta turistica e l'offerta
legata alla capacita' imprenditoriale, industriale, culturale,
creativa e innovativa della nazione italiana sono gia' riconosciute a
livello mondiale e per questo vanno e andranno sempre di piu'
sostenute.
Nell'economia del mare il "turismo del mare" in termini di valore
aggiunto e di imprese rappresenta il principale settore che se visto
trasversalmente - mettendo insieme servizi di alloggio e
ristorazione, attivita' sportive e ricreative, buona parte della
filiera della cantieristica, movimentazioni passeggeri e una parte
della filiera ittica che agisce sul sistema turistico, come possiamo
vedere nelle tabelle sottostanti205 - prende quasi la totalita' del
sistema economico e imprenditoriale.
Parte di provvedimento in formato grafico
Parlando di turismo bisogna partire dalle ultime strategie nazionali
del Ministero del Turismo nel Piano Strategico Turismo 2023 -2027,
che indica 5 pilastri:
- governance;
- innovazione;
- qualita' e inclusione;
- formazione e carriere professionali;
- sostenibilita'.
e 4 obiettivi principali:
- innovare, specializzare e integrare l'offerta nazionale;
- accrescere la competitivita' del sistema turistico;
- sviluppare un marketing efficace e innovativo;
- realizzare una governance efficiente e partecipata nel processo di
elaborazione e definizione del Piano e delle politiche turistiche.
che rappresentano le linee guida per lo sviluppo sinergico del
turismo dell'Italia e conseguentemente dei turismi del mare.
2.13.1 Promozione e internazionalizzazione
I turismi del mare hanno un forte ruolo relativamente alla promozione
del "sistema -mare" nazionale a livello interno e internazionale.
Tutti i settori che lo compongono rappresentano gli elementi
necessari per la formulazione del "Destination Management" utile a
rafforzare e promuovere l'Italia Marittima come destinazione
turistica, ma anche come eccellenza dei prodotti legati al mare
targati "Made in Italy".
Dai sistemi imprenditoriali e associativi privati e pubblici emerge
l'esigenza di agire per promuovere e internazionalizzare per:
- creare un brand Italia nei segmenti del Turismo mare e un'azione di
marketing comune che permetta di costruire meglio un'offerta
turistica chiara, competitiva e riconoscibile;
- agire su sistemi di innovazione e digitalizzazione al fine di
costruire network di eccellenza per garantire un'offerta turistica
qualificata;
- semplificare e velocizzare la crescita dei turismi del mare
emergenti, favorirne la conoscenza e agire con normative snelle;
- definire e armonizzare in termini fiscali ed impositivi le norme
inerenti per rendere competitive le imprese per collocarsi e essere
vincenti nei mercati esteri;
- sostenere le imprese del turismo del mare con azioni di
internazionalizzazione;
- progettare, promuovere e sostenere un "brand Isole minori", come
attrattori qualificanti dell'offerta turistica nazionale e lo
stesso deve valere per le Aree Marine Protette italiane e Oasi;
- rafforzare la promozione, ma anche salvaguardare i patrimoni
sottomarini sia in termini ambientali e archeologici, favorendo
l'incontro tra imprese e ricerca per la costruzione di veri e
propri itinerari turistici;
- rafforzare il raccordo tra imprese e ricerca per l'applicazione di
innovative tecnologie utili alla semplificazione sia per le imprese
che per la fruizione internazionale dei turisti;
- creare e promuovere circuiti e itinerari turistici dal, al e per il
mare italiano, legati alla sua cultura, alla sua religiosita', alla
sua storia, alla sua educazione, alla sua sostenibilita' e
inclusivita', alla tradizione e sovranita' alimentare, aprendo ai
nuovi turismi del mare;
- portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un
brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione.
- portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un
brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione.
2.13.2 Competivita' fiscale, burocratica e nei sistemi di controllo
I turismi del mare necessitano di avere una forte attenzione sulle
tematiche fiscali, in quanto soffrono fortemente della competitivita'
negli investimenti, nella concorrenzialita', nell'attivita'
burocratica e di sicurezza rispetto ai Paesi esteri.
L'approccio competitivo deve tener conto di non avere norme
penalizzanti, come e' avvenuto ed avviene, sia in termini fiscali che
di controllo. Anche la sicurezza, attraverso modalita' comunicative e
preventive, puo' rappresentare uno dei plus di competitivita'
nazionale.
Per questo emerge la necessita' di porre attenzione su:
- temi specifici come Iva, Tari e Imu (specialmente per la
portualita' turistica);
- agevolazione e incentivazione all'utilizzo della bandiera italiana
sulle imbarcazioni e navi da diporto e non di penalizzazione;
- agevolazioni su investimenti legati a sostenibilita',
digitalizzazione, innovazione e sicurezza, anche in termini di
normative piu' semplici e veloci al fine di sburocratizzare i
processi e rendere piu' appetibile e concorrenziale il "prodotto
mare" nazionale;
- il Registro Internazionale che ha assicurato la competitivita'
dell'Italia e la sua stabilizzazione che appare il fondamentale
presupposto della politica per la "blue economy".
- il Registro Internazionale che ha assicurato la competitivita'
dell'Italia e la sua stabilizzazione che appare il fondamentale
presupposto della politica per la "blue economy".
2.13.3 Il crocierismo
L'Italia, per la sua inestimabile vocazione turistica e la naturale
esposizione geografica sul mar Mediterraneo, si e' affermata negli
anni come Nazione leader nella crocieristica. In Europa, in periodo
pre-Covid, il settore generava un impatto economico di quasi 50
miliardi di euro, con oltre 400.000 posti di lavoro e il 25% del
mercato concentrato in Italia206 .
Il traffico crocieristico 2022, come evidenziato nelle tabelle
sottostanti (Fonte: Risposte Turismo), risulta avere trend in
aumento:
Parte di provvedimento in formato grafico
Con l'uscita dalla pandemia e la rinascita del turismo italiano, si
stima che nel 2023 la crocieristica tornera' a movimentare circa 12,4
milioni di persone, che contribuiranno a generare valore aggiunto e
nuove opportunita' commerciali a bordo delle navi, nelle localita'
delle destinazioni e in tutta la filiera dell'indotto marittimo,
dell'accoglienza e dei trasporti.
Destagionalizzazione del turismo balneare, marketing territoriale,
sicurezza del passeggero turista, sono tre caratteristiche
fondamentali del crocierismo nazionale che contribuiscono a rendere
il "turismo che viene dal mare" una componente cruciale dell'economia
nazionale.
2.13.4 Nautica da diporto
Anche nell'ultimo biennio di instabilita' internazionale, l'industria
nautica si e' dimostrata capace di giocare un ruolo fondamentale nel
sostegno alla crescita dell'Italia, confermandosi leader assoluto nel
segmento dei superyacht, con oltre la meta' del "global order book",
prima esportatrice mondiale di unita' da diporto, con il record
storico dell'export di 3,4 miliardi di euro e leader nella produzione
di accessori e battelli pneumatici.
Il 2022 chiude con un incremento a doppia cifra, dopo un 2021 nel
quale il contributo al PIL era cresciuto del +31,4%, generando una
filiera di quasi 19.000 unita' locali di produzione per un valore
aggiunto di oltre 11 miliardi di euro e piu' di 187.742 occupati. Per
ogni addetto alla produzione, si attivano 9,2 posti di lavoro; ogni
euro investito nella produzione ne attiva 7,5 (dati Fondazione
Symbola per Confindustria Nautica).
Parte di provvedimento in formato grafico
La barca e' anche un contenitore di "Made in Italy" e di prodotti di
filiere territoriali: arredi, prodotti di design, illuminotecnica,
tessili, cuoio e pelletteria ecc. per questo il settore merita di
essere inserito fra i comparti produttivi di principale interesse
nazionale. Non a caso la nautica e' stata inserita nel recente
disegno di legge del Governo italiano sul "Made in Italy".
E' auspicabile l'implementazione del supporto fornito da ICE, sempre
secondo una logica di selezione degli obiettivi.
A differenza di quanto avvenuto per l'Automotive, l'industria sta
autonomamente investendo in ricerca tecnologica finalizzata alla
decarbonizzazione e va sostenuta in questo percorso che interessa i
carburanti alternativi al fossile, l'evoluzione delle forme di carena
finalizzate a ridurre i consumi, l'adozione di pitture antivegetative
a basso impatto ecc.
E' fondamentale individuare nel principio della neutralita'
tecnologica il cardine delle politiche di contenimento delle
emissioni di CO2 e, piu' in generale, di riduzione dell'impronta
climatica, normando lo stoccaggio e l'impiego di idrogeno e metanolo
per la propulsione e la produzione di energia a bordo.
In ottica mediterranea, e' necessaria una politica omogenea tra Paesi
marittimi EU ed extra EU per evitare sbilanciamenti e disequilibri
che vanno a danno degli operatori europei, in particolare italiani.
Infine, va rafforzata la presenza italiana ai tavoli decisionali
europei e mondiali dove portare le istanze nazionali per ridare
centralita' al Mediterraneo. E' inoltre opportuno promuovere:
- sistemi di controllo di efficienza ed efficacia dei processi e
di tracciamento dell'origine dei materiali;
- certificazioni ambientali come la 14001;
- certificazioni etiche come la SA8000;
- la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0 e
NIM (Naval Information modeling).
- la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0 e
NIM (Naval Information modeling).
2.13.5 Portualita' turistica
I porti e gli approdi in Italia sono 285, mentre gli accosti e i
punti di ormeggio sono oltre 2.000 per un totale di 160.000 posti
barca.
Una grande rete italiana di "Hub del Mare", che necessita di un
processo rapido di networking, attivando tecnologie innovative e
digitali, che si raggruppi anche in un unico brand riconoscibile
della portualita' turistica italiana, prendendo ad esempio
funzionalita' esperienze gia' localmente e regionalmente avviate. Per
questo bisogna tener conto degli adeguamenti strutturali, continui,
al fine di garantire i piu' alti standard sia in termini di qualita'
che di sostenibilita', anche con particolare attenzione alle isole
minori. Al fine di promuove un forte "Marchio Italia" di qualita'
legato ai servizi, alla sostenibilita', inclusivita' ed anche ad alto
contenuto tecnologico.
I concessionari portuali svolgono un'attivita' che non si esaurisce
nel proprio legittimo scopo lucrativo ma che trascende l'interesse
del singolo marina, per sconfinare nella pubblica utilita', laddove:
- attraverso la realizzazione e/o la gestione del porto, da' luogo
all'indiscutibile valorizzazione ed apprezzamento del territorio
demaniale ed in particolare arricchisce anche esteticamente la
costa in cui si insedia e le localita' limitrofe;
- la presenza di una struttura dedicata alla nautica da diporto
implica un innalzamento anche del prestigio delle localita' in cui
e' realizzata;
- la realizzazione e la gestione della struttura portuale importa un
maggiore afflusso di visitatori, con vantaggio anche economico
della popolazione e delle istituzioni locali e statali;
- il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte le
attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che sono
posti in grado di fruire delle strutture approntate e/o gestite
dalla societa'.
- il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte le
attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che sono
posti in grado di fruire delle strutture approntate e/o gestite
dalla societa'.
Le considerazioni emerse nel corso delle audizioni sono:
I. Le concessioni portuali sono escluse dall'ambito di applicazione
della Direttiva Bolkestein207 . Le concessioni portuali e quelle
delle altre strutture dedicate alla nautica da diporto ex d.p.r. 2
dicembre 1997, n. 509 non rientrano nel campo di applicazione della
c.d. Bolkestein, come confermato dalla stessa Direttiva e da numerosi
elementi normativi e giurisprudenziali. La disciplina di riferimento
andra' comunque armonizzata con quelle che saranno le risultanze del
Tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei
Ministri. Inoltre, la sentenza 13 Gennaio 2022, n. 229 del Consiglio
di Stato, ha sancito l'inapplicabilita' della Direttiva Bolkestein a
tutti i rapporti concessori sorti in data anteriore al termine di
trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56).
II. Procedura e selezione dei concessionari: conferma
dell'applicabilita' dell'art. 37 del codice della navigazione, in
combinato disposto con l'art. 18 del Regolamento per l'esecuzione
dello stesso codice (d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328) ovvero ai sensi
del d.p.r. 2 dicembre 1997, n. 509, ove applicabile.
III. Indennizzi in favore del concessionario uscente e durata delle
concessioni demaniali, le proposte emerse sono:
- modifica dell'attuale previsione normativa in materia di
rivalutazione Istat dei canoni concessori;
- definizione delle imprese turistiche;
- introduzione di normativa che disciplini gli oneri economici e non
relativi ai dragaggi e movimentazioni delle sabbie;
- migliore gestione dei rifiuti prodotti da nave e impianti portuali
con armonizzazione enti ed autorita' competenti
- inapplicabilita' dell'articolo 109 r.d. 18 giugno 1931, n. 773
(Tulps) ai "Marina Resorts" in analogia di quanto previsto per i
porti turistici;
- agire sulla competitivita' fiscale che permetta di rendere
concorrenziale la portualita' turistica italiana anche in termini
di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari, etc.) rispetto
agli altri Paesi.
- agire sulla competitivita' fiscale che permetta di rendere
concorrenziale la portualita' turistica italiana anche in termini
di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari, etc.) rispetto
agli altri Paesi.
Inoltre, emerge la necessita' di riqualificare le strutture dedicate
alla nautica da diporto nel rispetto della sostenibilita' ambientale,
sociale ed economica, attraverso la possibilita' di accedere a
risorse agevolate e a procedure autorizzative obbligatoriamente
semplificate, con applicazione di fiscalita' e normativa armonizzata
e certa per tutta la durata del rapporto concessorio.
Il sistema portuale turistico e' un sistema d'offerta complesso
inserito all'interno di un sovra sistema: porto, territorio, acque di
navigazione. Per questo le citta' di costa possono essere esempi di
"smart cities" sull'acqua con un ritrovato legame
uomo-tecnologia-natura e movimento.
2.13.6 Il sistema balneare
Il sistema balneare italiano e' in costante evoluzione, e' un sistema
complesso e dalla forte eterogeneita', composto per lo piu' da
aziende piccole e piccolissime, che costituiscono il motore vitale
della nostra economia turistica.
I nostri imprenditori balneari si sono sempre piu' impegnati, negli
anni, in un'azione di adeguamento e, a volte, di anticipazione delle
richieste e delle abitudini di fruizione della risorsa mare a scopo
ricreativo, per meglio poter competere a livello europeo e globale
con le altre destinazioni turistiche.
Per essere concorrenziali appare imprescindibile operare secondo un
concetto di turismo integrato, che unisca al turismo balneare il
turismo architettonico/monumentale e quello ambientale, mettendo a
reddito l'unicita' - in tal senso - della nostra Nazione.
Nell'ambito del turismo balneare, sara' sempre piu' necessario
coniugare i servizi tradizionali, come l'uso delle spiagge, i
parcheggi e il noleggio delle attrezzature, con la ristorazione e
l'intrattenimento, concentrandosi, altresi', sulla professionalita' e
sulla qualita' del servizio, che non puo' prescindere da una adeguata
formazione del "personale del mare" e sulla tutela e la sana
valorizzazione delle nostre coste e delle nostre spiagge, con le loro
splendide risorse naturali.
Tutto cio', insieme ad un indotto di qualita' e sempre piu' a
chilometro zero, che ha determinato negli ultimi anni recenti - e
deve continuare a farlo - numeri sempre in crescita in tema di
occupazione e di PIL, in una sintesi virtuosa con il settore
alberghiero, quello della nautica da diporto e della subacquea.
Sul sistema balneare un aspetto fondamentale e' costituito, per
l'incidenza economica e sociale, dal mondo dei concessionari
balneari.
Per potere dare certezza del diritto e, dunque, del futuro a tale
categoria, e' necessario sciogliere la questione delle "concessioni
balneari", del loro termine di scadenza e della necessita' o meno di
applicare una procedura di evidenza pubblica per la loro
attribuzione, in buona sostanza l'ambito di applicazione della
Direttiva CE 123 del 2006 (c.d. "Direttiva Bolkestein").
In tale ottica si inserisce il Tavolo tecnico consultivo in materia
di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito nel
2023 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che attraverso
il sistema informativo del demanio marittimo (SID) sta definendo la
mappatura delle concessioni per la successiva definizione dei criteri
tecnici per verificare la scarsita' delle risorse naturali.
Inoltre, si ritiene di osservare che alla luce delle ultime pronunce
della Giurisprudenza Europea e Nazionale e' fondamentale in primis la
sentenza 13 gennaio 2022, n. 229 del Consiglio di Stato, che ha
sancito l'inapplicabilita' della Direttiva Bolkestein a tutti i
rapporti concessori sorti in data anteriore al termine di
trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56) e al fine
della corretta applicazione dell'ambito della c.d. Direttiva
Bolkestein (Direttiva CE n.123 del 2006) la preventiva mappatura del
demanio marittimo gia' prevista ai sensi della l. 5 agosto 2022, n.
118.
Il processo di redazione e predisposizione della mappatura e
l'esercizio delle deleghe previste sempre dalla l. n. 118 del 2022
dovranno essere accompagnate da un supporto amministrativo rivolto ai
Comuni costieri al fine di poter al meglio affrontare e gestire i
nuovi procedimenti di affidamento - laddove necessari - garantendo,
in ogni caso, la fruizione dei servizi fino alle future
aggiudicazioni, anche a mezzo dell'istituto della concessione
provvisoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 reg. cod. nav.
Secondo quanto gia' previsto dalla l. n. 118 del 2022 si e' rilevata
la necessita' di normare e chiarire gli aspetti riguardanti la tutela
degli investimenti non ancora ammortizzati ed effettuati dagli
attuali concessionari demaniali nonche' salvaguardare l'economia
nazionale, rappresentata da tanti operatori (soprattutto microimprese
a carattere familiare) e gli attuali livelli occupazionali.
2.13.7 Turismo nautico
L'attivita' di noleggio e locazione di unita' attiva 2.004 unita'
locali di produzione, circa 450 milioni di euro di valore aggiunto e
3.527 occupati ed e' regolata dal codice della nautica da diporto
nell'alveo delle Convenzioni internazionali, del Diritto marittimo e
del codice della navigazione (dati Fondazione Symbola per
Confindustria nautica).
Si deve distinguere la disciplina dell'attivita' da quella
dell'impresa di noleggio e di locazione del diporto che, come anche
della portualita' turistica, deve essere considerata a tutti gli
effetti come impresa (anche) della filiera turismo, ai fini:
- delle attivita' di promozione all'estero e in Italia,
- delle iniziative di sostegno alle imprese,
- dell'individuazione dei codici ATECO
- dell'individuazione di indicatori/descrittori, rilevazioni e
analisi strutturate e sistematiche del settore
- delle politiche di connessione dei luoghi di origine o partenza del
turismo nautico con gli snodi dei trasporti
- del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica, soprattutto
in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra.
- del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica, soprattutto
in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra.
Vanno poi considerate le modalita' di fruizione del mare, che sono un
fondamentale tassello della competitivita' del nostro sistema
coste-porti e, a cascata, di quella di cantieri, servizi, turismo e
sport.
Al fine di rendere il sistema nautico italiano competitivo con
Francia, Spagna, Croazia e Grecia (nonche' Tunisia, Montenegro e
Turchia) e' pertanto necessario:
- lo snellimento e l'armonizzazione delle procedure, attraverso la
definizione di Linee guida nazionali per le procedure doganali,
d'immigrazione, sanitarie, di polizia;
- dare piena applicazione al "Bollino blu" rilasciato a seguito dei
controlli preventivi volontari su unita' da diporto e la sua
estensione alla regolarita' fiscale e contributiva degli armatori
unita', al fine di ridurre l'eccesso di controlli in mare delle
forze di polizia e ottimizzare le risorse;
- implementare le modalita' di verifica delle unita' da diporto per
via telematica.
- implementare le modalita' di verifica delle unita' da diporto per
via telematica.
Il Registro Internazionale ha assicurato la competitivita'
dell'Italia e la sua stabilizzazione appare il fondamentale
presupposto della politica per la "blue economy". Nel caso specifico
delle «Navi destinate esclusivamente al noleggio per finalita'
turistiche», di cui all'art. 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172, e'
necessario procedere a una semplificazione tecnico-normativa per
mantenere un allineamento competitivo con le normative del Registro
maltese (UE) e quello UK (extra UE).
2.13.8 Turismo sportivo
Deve essere riconosciuto il ruolo strategico delle Federazioni
sportive, dello sport dilettantistico e del diportismo quale
strumento di educazione e formazione culturale ai temi del mare.
E' suggerita una compiuta pianificazione della "Giornata del Mare"
nelle Scuole, integrata con attivita' sportive, gia' istituita
nell'ambito della riforma del codice della nautica da diporto, che
valorizzi:
- i valori del mare;
- le opportunita' delle professioni del mare;
- la tutela dell'ambiente marino;
- la fruizione consapevole delle risorse naturali.
Inoltre, bisogna incentivare tutti i turismi sportivi del mare, che
per loro natura o che per scelte strategiche premino la
sostenibilita' e la salvaguardia del mare.
Si rende necessaria una maggior attenzione agli sport marini, sia
quelli piu' affermati come la Vela, tra i piu' importanti attrattori
turistici interni e internazionali, che gli altri settori come la
subacquea, la pesca subacquea in apnea, il nuoto, il kayaking, lo
snorkeling, il windsurfing & kite, il surf da onda e tanti altri con
particolare attenzione alla formazione giovanile e alle concessioni
demaniali per quelle strutture che svolgono attivita' senza scopo di
lucro.
2.13.9 Turismo ambientale
La tutela dell'integrita' dell'ambiente marino e' il presupposto
delle attivita' legate alla fruizione, anche diportistica e sportiva,
delle coste ed e' essenziale il coinvolgimento dei fruitori del mare
per trasformare gli utenti, a cominciare dai diportisti, in
sentinelle del mare.
A 32 anni dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e' sempre piu' urgente
un aggiornamento della legge quadro sulle Aree Marine Protette, che
colmi alcune lacune normative, dia maggiore organicita' al sistema e
recepisca le migliori novita' introdotte dai singoli regolamenti di
gestione in tema di fruibilita' e compatibilita' con la nautica da
diporto. In quest'ottica dovra' essere anche considerata una piu'
puntuale regolamentazione della pesca sportiva e, in particolare, di
quella subacquea in apnea in modo da tutelarne la compatibilita'
ambientale e la sicurezza.
L'utente deve distinguere fra le aree marine protette statali, i
parchi nazionali terrestri - che, se istituiti in coincidenza con le
aree di reperimento delle gia' citate AA.MM.PP. (v. supra par.
2.10.2) possono estendere la loro perimetrazione a mare - i parchi
sommersi, che custodiscono beni archeologici, i parchi
internazionali, in parte coincidenti con aree marine protette, ma
dipendenti da trattati internazionali. Ciascuno con un suo iter
istitutivo e, soprattutto, un sistema di regole, talora in
contraddizione con gli altri.
Vanno quindi rafforzati gli strumenti di verifica delle condizioni
istitutive, implementati programmi di monitoraggio anche della
capacita' dei comuni laddove agli Enti locali e' assicurato
l'affidamento in via primaria la gestione.
2.13.10 Altri turismi legati al mare
Tra gli altri turismi bisogna considerare, tutte le attivita' a
servizio del turista legato al turismo mare ed anche quelli piu'
trasversali come la pesca-turismo.
2.13.11 Formazione e lavoro
Quanto alla formazione e agli aspetti giuslavoristici dalle audizioni
e' emersa la necessita' di implementare la funzione degli ITS e la
cultura del mare nelle scuole inferiori e superiori al fine di
promuovere il mare non solo come ecosistema ma anche come forma di
sviluppo economico ed occupazionale.
Il Sistema ITS deve rispondere alla sfida delle nuove professioni di
Industria 4.0.
Gli Istituti Tecnici Superiori devono fare squadra per favorire
l'occupazione dei giovani e rispondere alla richiesta di qualifiche
tecniche e tecnologiche sempre piu' specializzate proveniente dal
mondo del lavoro. Sono quelli che compongono il sistema ITS con
specializzazioni in settori diversi: dalle energie rinnovabili alla
meccanica, dalle scienze della vita alla mobilita' sostenibile,
dall'agroalimentare alla moda fino a beni e attivita' culturali. A
unirli e' l'obiettivo comune di offrire una formazione altamente
professionalizzante post diploma, parallela e alternativa a quella
universitaria e resa unica da una forte integrazione fra lezioni in
aula e in laboratorio, tenute da docenti provenienti dal mondo del
lavoro, e attivita' pratica sul "campo", attraverso stage aziendali
in Italia e all'estero dove i giovani possono maturare una bella
esperienza di vita e realizzare un importante investimento per il
loro futuro professionale.
Andrebbero sicuramente incentivati ITS come: ITS BACT - Tecnologie
Innovative per i Beni e le Attivita' Culturali e Turistiche, Tecnico
Superiore per il Turismo Crocieristico Internazionale, Tecnico
superiore responsabile delle produzioni e delle trasformazioni
agrarie, agro-alimentari e agro-industriali nell'ambito della cucina
di bordo, Y&B il corso per diventare Tecnico con conoscenza di tutto
il ciclo produttivo di un cantiere nautico, YA.S per specializzarsi
nella gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e apparati,
MYM per diventare esperto nella gestione delle Marine o PTP Super
Yacht Academy e tanti altri corsi.
Tra le figure individuate in termini di competenze richieste ne
risultano alcune come:
- carpentieri per la lavorazione di legno, vetroresina, acciaio,
alluminio, saldatori leghe leggere, operai specializzati in
isolazione e coibentazione, pitturazioni e stuccature,
specializzati in allestimenti e meccanica di installazione,
carpenteria di lega leggera, lucidatura e trattamento metalli,
addetti impianti di tubazione e condizionamento, condotte di
estrazione e aerazione, elettrotecnici , meccanici e motoristi,
tappezzieri specializzati nelle applicazioni marine, velai, addetti
alle movimentazioni a terra (carrelli, muletti, ecc.) e i mezzi di
sollevamento (travel lift, sincro lift, bacini di carenaggio, gru,
scali di alaggio, ecc.), sommozzatori, service manager diporto (in
particolare per porti turistici), coordinatore servizi, marinai di
porto, tecnico agenzia marittima, piloti/ormeggiatori,
autotrasportatori per imbarcazioni, forniture di carburanti,
addetti al monitoraggio dei bacini portuali, tecnici di gestione
ambientale, cuochi di bordo, hostess di bordo ecc.;
- professioni legate al diporto sia a terra che a bordo con
differenziazione dalle professioni destinate alla navigazione
mercantile e commerciale;
- professioni legate al diporto sia a terra che a bordo con
differenziazione dalle professioni destinate alla navigazione
mercantile e commerciale;
E' quindi opportuno che, nell'ambito dell'autonomia della
programmazione dei singoli ITS, siano inseriti specifici moduli
afferenti alle competenze dei settori del turismo legato al mare,
anche al fine di valorizzare le specificita' dei territori.
Non meno importante e' la realizzazione di una campagna di
comunicazione in accordo tra Ministero del Lavoro, Ministero delle
Infrastrutture e dei Trasporti e Ministro per le Politiche del Mare,
per avvicinare la domanda e l'offerta di lavoro nel settore,
mostrando concretamente ai giovani quali e quante siano le
opportunita' che il mare italiano offre loro.
Quanto alla formazione e agli aspetti giuslavoristici, come gia'
evidenziato (v. supra par. 2.9.6) dalle audizioni e' emersa la
necessita' di implementare la funzione degli ITS e la cultura del
mare nelle scuole inferiori e superiori, al fine di promuovere il
mare non solo come ecosistema ma anche come forma di sviluppo
economico ed occupazionale.
2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI
I recenti Rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change
(IPCC)208 hanno stimato che, dal periodo preindustriale (periodo di
riferimento 1850-1900), le attivita' umane hanno provocato un aumento
della temperatura media superficiale globale di circa 1°C,
attualmente in aumento di oltre 0,2°C per decennio.
Le attuali condizioni di riscaldamento della Terra stanno gia'
influenzando i sistemi naturali, la qualita' della vita e la salute
delle persone, lo sviluppo socio-economico a livello globale ed in
ambito europeo. Gli impatti dei rischi "combinati" di riscaldamento e
precipitazioni sono diventati piu' frequenti e si prevede che cio'
potra' comportare rischi crescenti per le regioni del Sud Europa.
La Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici209
evidenzia come sia fondamentale dotarsi delle conoscenze scientifiche
piu' avanzate per rispondere in modo adeguato alle sfide poste in
essere dai cambiamenti climatici, nonche' raccogliere dati relativi
ai danni, alle perdite ed ai rischi legati al clima, cosi' da
migliorare l'accuratezza della valutazione del rischio climatico.
In Italia tale approccio ha trovato prima concreta applicazione nella
definizione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti
Climatici (SNAC)210 , adottata nel 2015 dal Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare, oggi Ministero dell'Ambiente
e della Sicurezza Energetica. Al fine di dare attuazione alla SNAC e'
stata, in seguito, avviata l'elaborazione del Piano Nazionale di
Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), in via di
finalizzazione, che ha l'obiettivo di rappresentare uno strumento di
indirizzo per la pianificazione e l'attuazione delle azioni di
adattamento piu' efficaci all'interno della Nazione e per
l'integrazione dei criteri di adattamento nelle procedure e negli
strumenti di pianificazione esistenti.
Una risposta efficace agli impatti dei cambiamenti climatici, oltre
che basarsi sulle piu' moderne e avanzate conoscenze/tecnologie, deve
essere per lo piu' rapida e sistemica211 , ovvero e' necessario in
tempi non lunghi definire strategie e piani di adattamento che
coinvolgano tutti i livelli di governance e tutti i settori. La
tassonomia indicata nell'Adaptation Support Tool (AST) della
Commissione europea suggerisce le diverse fasi per arrivare ad
attuare in maniera efficace un piano di adattamento, partendo da una
valutazione degli impatti, delle vulnerabilita' e dei rischi, indotti
dai fenomeni meteo-climatici, sia attuali che futuri, procedendo poi
all'identificazione delle opportune azioni di adattamento per
contrastare i rischi e ridurre le vulnerabilita' fino
all'implementazione di tali azioni ed, infine, dando avvio al
monitoraggio delle medesime.
Le misure di adattamento possono concretizzarsi in: a) misure di tipo
strutturale e tecnologico, basate su interventi fisici e/o misure
costruttive, utili a rendere i sistemi esposti piu' resilienti agli
eventi estremi, ovvero le cosiddette misure grey; b) azioni basate su
un approccio che utilizza la natura ed i molteplici servizi forniti
dagli ecosistemi per migliorare la resilienza e la capacita' di
adattamento, le cosiddette misure green; c) interventi che includono
misure politiche, legali, sociali, gestionali e finanziarie, utili
alla governance e ad aumentare la consapevolezza in ordine ai
problemi legati al cambiamento climatico, ovvero misure di
adattamento soft; d) misure trasversali o ibride risultanti
dall'integrazione delle tre precedenti.
Con riguardo alle misure di mitigazione, con il Regolamento UE 30
giugno 2021, n. 1119, denominato anche «Normativa europea sul clima»,
l'Unione europea si e' posta l'obiettivo, legalmente vincolante,
della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050. Le emissioni
associate ai trasporti marittimi stanno assumendo un peso sempre piu'
rilevante a livello globale e le Organizzazioni internazionali, prima
fra tutte l'International Maritime Organization (IMO), stanno
lavorando per definire nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni
prodotte dal settore marittimo: l'IMO ha, infatti, adottato nel
luglio 2023 la strategia sulla riduzione delle emissioni di gas serra
delle navi (2023 IMO GHG Strategy), che rivede, in termini piu'
ambiziosi, l'obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas a
effetto serra del trasporto marittimo internazionale entro il 2050.
In tale prospettiva, e' importante, quindi, prevedere e definire
misure, affinche' sia il trasporto marittimo, sia il sistema portuale
possano avviare un percorso di progressiva riduzione delle emissioni,
attraverso l'adozione di nuove tecnologie, l'utilizzo di carburanti
ad emissioni ridotte, la predisposizione di una migliore gestione
logistica, l'ammodernamento delle infrastrutture portuali e di
collegamento con gli altri sistemi di trasporto.
2.14.1 Impatti e misure di adattamento
Nell'ambito del presente Piano, si procede ad individuare alcuni
settori o ambiti, ove si prevede che gli impatti dei cambiamenti
climatici, come il deterioramento degli ecosistemi marini e
l'innalzamento del livello del mare, possano essere da freno alla
crescita sostenibile delle zone marine, costiere e di mare aperto.
Il sistema portuale-logistico risulta tra i settori piu' vulnerabili
agli impatti dannosi provocati dai cambiamenti climatici. Gli eventi
estremi legati al clima, che si registrano con sempre maggiore
frequenza, e l'innalzamento del livello del mare sono dannosi
soprattutto per le reti e le infrastrutture di trasporto marittimo,
per quelle asservite alla comunicazione e alla logistica, nonche',
naturalmente, per gli insediamenti urbani e produttivi presenti lungo
le coste. Pertanto, risulta opportuno promuovere ed attuare strategie
finalizzate a proteggere, adattare e rendere resilienti
infrastrutture e trasporti a tali fenomeni legati ai cambiamenti
climatici, individuando tra le azioni possibili alcune misure green,
volte ad implementare interventi verdi che aiutino a migliorare
l'integrazione delle infrastrutture logistiche nel paesaggio
circostante; misure grey di tipo strutturale e tecnologico, basate su
interventi di progettazione, manutenzione e gestione delle
infrastrutture in termini di resilienza agli impatti dei cambiamenti
climatici; misure soft, tese a garantire il coinvolgimento attivo di
tutti gli stakeholders nei processi decisionali legati alle strategie
ed ai piani di adattamento.
Anche le citta' e gli insediamenti costieri potranno trovarsi ad
affrontare i gravi disagi dovuti all'innalzamento del livello del
mare ed agli eventi estremi associati alle mareggiate ed alle ondate
di calore marine212 .
Al riguardo, e' necessario, innanzitutto, disporre di banche dati di
informazioni sull'ambiente marino costiero e urbano, che considerino
sia i dati di vulnerabilita', sia quelli ambientali, nonche'
migliorare le previsioni a corto, medio e lungo termine degli eventi
estremi e delle condizioni oceanografiche, che possono influenzare le
inondazioni e la risalita del livello del mare. E' necessario,
inoltre, studiare ed attuare un insieme di interventi
infrastrutturali, che comprenda misure di disincentivazione di
attivita' in aree ad alto rischio o di insediamenti in zone esposte
ad alti rischi climatici (crescita del livello del mare). La
realizzazione di interventi istituzionali a livello locale, che
comprendano anche specifiche disposizioni normative e sistemi di
finanziamento dedicati al mantenimento di sistemi socio-ecologici
costieri sani, accresce le capacita' di adattamento nelle citta' e
negli insediamenti in riva al mare. L'implementazione di una
governance multilivello integrata delle zone costiere, la
pianificazione preventiva, l'adozione di cambiamenti comportamentali
e l'attivazione di risorse finanziarie sono idonei a fornire alle
citta' e agli insediamenti una maggiore flessibilita' di adattamento
ai cambiamenti climatici.
Gli effetti dei cambiamenti climatici stanno gia' incidendo
negativamente sugli ecosistemi marini del nostro Pianeta, costretti a
registrare una sensibile alterazione e spesso riduzione della
biodiversita' (IPCC, 2022)213 . Gli impatti sugli ecosistemi marini e
costieri potranno aggravarsi dal previsto aumento dell'intensita',
della frequenza e della durata delle ondate di calore214 , che in
alcuni casi potranno portare al collasso degli habitat.
L'innalzamento del livello del mare aumentera' il rischio di erosione
costiera e di inondazioni, minacciando la perdita di habitat e di
ecosistemi costieri specifici, e portera' ad un peggioramento della
salinizzazione delle acque sotterranee, compromettendo gli ecosistemi
costieri e l'approvvigionamento idrico dal sottosuolo. Occorre
mantenere e potenziare le capacita' di monitoraggio della
biodiversita' marina, anche in termini di sistemi in situ, in modo da
ampliare le conoscenze relative al funzionamento degli ecosistemi
marini e pianificare al meglio le azioni di mitigazione ed
adattamento degli impatti.
Le politiche del mare devono contribuire al contrasto dei cambiamenti
climatici globali con misure proattive su scala locale, partendo da
azioni di riduzione delle attivita' locali ad elevato impatto
sull'ambiente, al fine di consentire il mantenimento della
biodiversita' funzionale e dei servizi ecosistemici. La protezione e
il recupero degli ecosistemi possono rafforzarne la resilienza e
generare opportunita' per garantire il ripristino dei servizi
ecosistemici con sostanziali benefici collaterali.
Si rende necessario favorire la protezione e il ripristino degli
ecosistemi, anche attraverso la creazione di nuove aree marine
protette e/o l'estensione di quelle gia' esistenti.
Anche il rischio di aumento di fenomeni di erosione costiera ed
inondazione e' conseguenza dell'innalzamento del livello del mare,
delle variazioni delle condizioni estreme dello stato del mare
(impattanti su ecosistemi terrestri e costieri alterati o
eccessivamente antropizzati) e della diminuzione di apporti
sedimentari fluviali.
Per quanto concerne l'erosione costiera risulta essenziale
consolidare approcci integrati di monitoraggio e modellistica. al
fine di migliorare la comprensione e supportare la gestione corretta
delle coste, nonche' identificare ed elaborare piani di adattamento,
che prevedano una serie di interventi e misure per la gestione delle
coste, anche in termini di contrasto all'erosione costiera: a) misure
green (fascia inedificabile costiera, risanamento e riqualificazione
fluviale e gestione dei sedimenti fluviali, soluzioni basate sulla
natura, protezione, ripristino e gestione delle zone umide costiere,
protezione e ripristino delle praterie di Posidonia oceanica,
costruzione e rafforzamento delle dune); b) misure grey (ripascimento
delle spiagge, interventi di innalzamento ed estensione del
territorio costiero, stabilizzazione e rafforzamento delle falesie,
opere rigide di difesa opere di difesa a scogliera, muri paraonde e
banchine, barriere contro l'inondazione marina); c) misure soft (aree
marine protette, adattamento attraverso piani e programmi di gestione
integrata delle zone costiere, arretramento pianificato, sistemi di
modellazione, monitoraggio e previsione, informazione e formazione
dei cittadini sui cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze,
sistemi di early warning).
Anche la pesca, dipendendo dalla produttivita' degli ecosistemi e
dalla consistenza e distribuzione delle risorse sfruttate, e'
soggetta direttamente ed indirettamente agli impatti dei cambiamenti
climatici. Il riscaldamento degli oceani e' attualmente considerato
una delle principali forzanti che causano cambiamenti nella struttura
delle comunita' marine, influenzando le specie marine in termini di
distribuzione, di tassi di crescita, di periodo riproduttivo, di
taglia di maturita', di reclutamento e di mortalita'. Alterazioni dei
cicli biogeochimici marino-costiero, indotte da alterazioni
fisico-chimiche della struttura e della dinamica dell'ecosistema
marino (legate ai cambiamenti climatici), possono modificare la
produzione primaria e impattare sugli ecosistemi rilevanti per la
pesca e l'acquacoltura. La disponibilita' di risorse alieutiche e'
estremamente sensibile alle alterazioni indotte dai cambiamenti
climatici sulle strutture e sulla dinamica degli ecosistemi marini.
Sempre a causa del riscaldamento degli oceani e dei mari si sta
determinando uno spostamento geografico delle specie marine piu'
sensibili alla temperatura, con crescente diffusione di specie
aliene.
L'acquacoltura e' anch'essa considerata tra i settori socio-economici
piu' vulnerabili ai cambiamenti climatici, sebbene la valutazione
degli impatti sia resa complessa dalla diversificazione dei sistemi
produttivi, delle tecnologie adottate, delle specie, della
localizzazione geografica, delle caratteristiche ambientali del sito,
nonche' dalla possibile combinazione di piu' fattori d'impatto
(socio-economici, demografici, tecnologici e di governance).
Gli effetti che i cambiamenti climatici possono avere sullo sviluppo
del settore sono: (i) riduzione o aumento delle performance delle
specie allevate; (ii) cambiamenti nel ciclo riproduttivo delle
specie, con conseguente riduzione del reclutamento naturale e della
disponibilita' di seme; (iii) condizioni di stress, insorgenza di
malattie, eventi di mortalita' per le condizioni ambientali mutate
e/o sfavorevoli; (iv) episodi di contaminazione legata alla qualita'
delle acque; (v) danni alle infrastrutture e perdita di materiale
biologico in relazione ad eventi meteo-marini estremi.
Sia per la pesca e sia per l'acquacoltura e' necessario acquisire
conoscenze piu' puntuali e dettagliate sugli effetti dei cambiamenti
climatici sulle diverse specie pescate e su quelle di allevamento
(biologia, ecologia, genetica e patologia), anche attraverso test
sperimentali, sviluppo di osservatori ben distribuiti, che
coinvolgano gli operatori ed applichino modelli previsionali ed
indicatori specifici. In particolare, per l'acquacoltura sara'
necessario valutare la possibilita' di selezionare specie/strain
tolleranti alle condizioni indotte dai cambiamenti climatici. Per
entrambi i settori si dovranno sviluppare metodi di analisi della
vulnerabilita' dei diversi sistemi produttivi. Inoltre, e' necessario
implementare i sistemi di monitoraggio e di previsione anche
attraverso l'utilizzo di dati satellitari, modelli numerici e sistemi
di raccolta dati relativi alle caratteristiche fisico-chimiche e
biologiche dei corpi idrici e del mare, anche con il coinvolgimento
degli operatori.
E' necessario promuovere pratiche di gestione sostenibile degli
ecosistemi marini e, in particolare, la divulgazione delle
informazioni sugli impatti dei cambiamenti climatici, promuovendo la
consapevolezza pubblica in ordine alla necessita' di adattare gli
stili di vita dei settori della popolazione maggiormente sensibili
alle conseguenze dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini,
con particolare riguardo alla pesca e all'acquacoltura.
L'aumento dell'incidenza degli eventi estremi meteo-climatici,
l'innalzamento del livello del mare e i fenomeni di erosione costiera
produrranno impatti di rilievo anche sul patrimonio culturale marino
e costiero e sulla sua stessa conservazione.
Al riguardo, si rendono necessari interventi per definire programmi
ed azioni di monitoraggio dei parametri microclimatici necessari per
poter valutare il degrado di materiali e sistemi caratterizzanti i
beni culturali, incluso i fenomeni costieri (ad esempio, aumento di
temperatura del mare, erosione). Si potranno effettuare studi mirati
sui diversi sistemi attivi e passivi o combinati che possono essere
impiegati per la stabilizzazione delle condizioni microclimatiche e
di qualita' dell'aria, al fine di sviluppare le piu' opportune
strategie di adattamento.
La presenza turistica in Italia e' generata per la maggior parte dal
turismo balneare, sebbene la situazione possa essere destinata a
mutare a causa degli impatti dei cambiamenti climatici sul settore
turistico, particolarmente sensibile alle caratteristiche
meteorologiche e di comfort climatico, soprattutto nel caso del
turismo balneare.
Gli impatti principali dei cambiamenti climatici sul turismo balneare
in Italia sono connessi alla possibile perdita di attrattiva del
clima mediterraneo che rischia di diventare "troppo caldo",
all'erosione delle coste e ad eventi meteo-climatici estremi, che
possono mettere a rischio le infrastrutture turistiche balneari e
non.
Ne conseguono effetti diretti, che riguarderanno un cambiamento delle
mete turistiche verso le zone alle piu' alte latitudini e lo
spostamento temporale della stagione turistica, con un aumento
dell'afflusso vacanziero sulle coste italiane nei mesi piu'
temperati; ma anche effetti indiretti, per cui la pressione antropica
potra' aumentare la vulnerabilita' agli impatti dei cambiamenti
climatici delle coste italiane, riducendo la capacita' di resilienza
naturale degli ambienti costieri.
Gli impatti indiretti attesi riguardano l'aggravarsi dei fenomeni
erosivi e la conseguente scomparsa di aree costiere e di
infrastrutture rilevanti per le attivita' turistiche, la
desertificazione/diminuzione delle risorse idriche (con maggior
rischio di incendi), la crescente competizione tra usi energetici
alternativi (con conseguenti maggiori costi per i servizi turistici),
l'esplosione demografica di organismi, quali alghe e meduse, che mal
si conciliano con il turismo, e l'incremento dell'incidenza di eventi
estremi.
Si dovranno individuare azioni di adattamento destinate ad
incentivare la prevenzione dei rischi per la salute dei turisti,
dovuti al verificarsi di eventi estremi o di altre situazioni
negative, che possano compromettere la destinazione turistica, cosi'
come a favorire la destagionalizzazione ed a promuovere buone
pratiche di risparmio e gestione ottimale della risorsa idrica.
Appare auspicabile, al riguardo, incentivare il ruolo delle aree
marine protette nella promozione dell'offerta turistica e delle nuove
tipologie di turismo (ad esempio, l'ittiturismo, il turismo
subacqueo).
2.14.2 Misure di mitigazione
Il trasporto marittimo puo' assumere un ruolo centrale per l'Italia
nella sfida alla decarbonizzazione e alla sostenibilita', grazie
anche al progressivo orientamento verso modalita' piu' sostenibili,
in particolare, promuovendo il crescente utilizzo della via marittima
rispetto a quella stradale.
Come gia' sopra richiamato, il sistema portuale-logistico e' tra i
piu' vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici ed e',
quindi, necessario procedere rapidamente all'adozione di misure che
consentano di perseguire contestualmente la riduzione delle emissioni
di gas serra e, al tempo stesso, di adattare queste infrastrutture
alle nuove condizioni climatiche. Tali misure consentono, inoltre, di
ridurre l'impatto sulla qualita' dell'aria nelle citta', in cui sono
presenti anche infrastrutture portuali, che rappresentano sovente una
delle principali fonti emissive di inquinanti atmosferici.
Il mare, inoltre, dovra' svolgere un ruolo centrale anche nella
produzione di energie rinnovabili, come emerge dai lavori svolti
nell'ambito dell'aggiornamento del Piano nazionale integrato per
l'energia e il clima e dalla relazione del Ministro dell'Ambiente e
della Sicurezza Energetica, allegata al Documento di economia e
finanza 2023, oltre che dalla Strategia nazionale di
decarbonizzazione dell'economia italiana, adottata nel 2021.
Secondo gli scenari elaborati in questi ambiti, l'elettrificazione
degli usi finali dell'energia riveste un ruolo chiave nell'ambito
della decarbonizzazione, ma cio' solo a condizione che sia fortemente
incentivata la produzione di elettricita' da fonti rinnovabili. La
produzione eolica offshore rappresentera', pertanto, un fattore
determinante affinche' cio' avvenga, sebbene si debbano prendere
verosimilmente in considerazione anche altre forme di produzione
elettrica rinnovabile, prima fra tutte quella fotovoltaica flottante,
ma anche quella derivante da onde e maree.
E' fondamentale che l'adozione di tali politiche, si realizzi in
tempi ragionevolmente brevi, sempre garantendo comunque la
salvaguardia degli ecosistemi e la sinergia con le misure di
adattamento.
Anche in questo caso, potrebbe rivelarsi opportuno che le politiche
di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema
tutte le suddette misure, soprattutto laddove richiedano interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom.
2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE
La politica del mare non puo' prescindere dalle politiche europee ed
internazionali alla cui formazione ed implementazione l'Italia
partecipa attivamente con il proprio contributo, sia di conoscenza
sia finanziario. In questo modo la Nazione assicura il supporto
necessario e contribuisce fattivamente a quanto previsto dalla
politica di coesione215 . Tale politica coinvolge diversi livelli di
governo (centrali e locali), attribuendo un ruolo formale (e
fondamentale) al "Partenariato Economico e Sociale", finanziando
programmi, singoli progetti e programmi a titolarita' regionale,
locale e centrale. Il suo scopo principale e' incrementare le
opportunita' di sviluppo economico e sociale al fine di ridurre i
divari e le disparita' tra territori, agendo in particolare nelle
aree meno sviluppate e a supporto delle comunita' e persone con
maggiori necessita'.
2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027
Per il periodo 2021-2027, la politica di coesione dell'Unione europea
si compone di due obiettivi, volti a rafforzare la coesione
economica, sociale e territoriale. Il primo riguarda gli Investimenti
a favore dell'Occupazione e della Crescita ("IOC"), che nel periodo
di riferimento ricevera' il sostegno finanziario dal Fondo europeo di
sviluppo regionale ("FESR"), dal Fondo sociale europeo Plus ("FSE+"),
dal Fondo di coesione ("FC") (destinato agli Stati membri con un
reddito nazionale lordo (RNL) pro capite inferiore al 90% della media
dell'UE-27 e di cui, quindi, non beneficia l'Italia) e infine dal
Fondo per la giusta transizione ("JTF"). Il secondo, consiste nella
Cooperazione Territoriale Europea ("CTE")216 , comunemente conosciuta
come Interreg, finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale
("FESR") e dagli strumenti di finanziamento esterno dell'Unione come
lo strumento di assistenza preadesione (IPA III) e lo strumento di
vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale
(NDICI).
Entrambe gli obiettivi costituiscono riferimenti essenziali per il
settore marittimo e operano in sinergia con le finalita' degli
interventi attivati a livello nazionale e complementari alla
programmazione comunitaria, finanziati con le risorse del Fondo di
Rotazione di cui alla legge n. 183/1987, nonche' ulteriori risorse
nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione. Ai Fondi europei che
sostengono la politica di coesione 2021-2027 si aggiunge il Fondo
Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l'Acquacoltura (FEAMPA).
Complessivamente e nel periodo considerato, per cio' che riguarda
l'Italia, si e' prevista la partecipazione a 19 programmi della
CTE217 , i quali rientrano nella realizzazione degli 86 programmi218
previsti dalla politica di coesione dell'UE, cofinanziati a valere
sui Fondi strutturali219 . Oltre alla quota di finanziamento del FESR
e al co-finanziamento nazionale, detti progetti includono anche
quelle dello European Neighbourhood Instrument ("ENI") e dello
Instrument for Pre-accession Assistance ("IPA"). La dotazione
complessiva dei nuovi programmi 2021-2027 e' superiore ai 3 miliardi
di euro (per tutte le nazioni coinvolte) ed impiega fondi FESR e
nazionali per circa 1.2 miliardi, in sostanziale continuita' con gli
importi disponibili per il periodo 2014-2020. Nel 2022 si sono
concluse le attivita' di programmazione del ciclo 2021-2027220 .
L'Italia ha ottenuto il rafforzamento della cooperazione
mediterranea, sostenuto il valore della concentrazione geografica e
tematica in tutti i programmi, cosi' come l'opportunita' di
utilizzare al meglio la maggiore flessibilita' tra programmi e
strumenti contenuti nelle nuove proposte regolamentari. E' stato,
inoltre, affermato il principio della necessita' di collegare gli
ampliamenti delle aree dei programmi a fronte di un maggiore impegno
finanziario da parte dei Paesi.
In Italia, e' il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le
Politiche di Coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza,
competente per le attivita' del coordinamento e della programmazione
delle politiche di coesione e di sviluppo territoriale che in ambito
Macro-strategie (EUSAIR ed EUSALP) e iniziativa strategica WestMED
esercita tale funzione in stretto coordinamento con il MAECI. In tal
senso, nel quadro delle sue attivita', e' coinvolto in varie
strategie: tematiche, territoriali, misure speciali di sostegno in
particolare nel Mezzogiorno, macroregionali e di bacino marittimo
dell'Unione europea. Queste ultime riguardano specifiche aree
geografiche europee di diversi Stati membri che richiedono un
approccio condiviso e azioni coordinate e/o armonizzate a livello di
piu' Stati e/o regioni per affrontare sfide e problematiche comuni.
Sempre nell'ambito della politica di coesione dell'Unione europea
2021-2027, l'Italia partecipa all'EUSAIR (European Strategy for the
Adriatic and Ionian Region), la piu' rilevante per il Cipom delle due
strategie macroregionali (EUSAIR e EUSALP), in quanto incentrata
fortemente sul Mare (Adriatico), nonche' all' Iniziativa di bacino
marittimo per lo sviluppo sostenibile dell'economia blu nel
Mediterraneo occidentale ("Iniziativa WestMED").
Piu' nel dettaglio, per cio' che concerne l'EUSAIR, si tratta di una
iniziativa lanciata nel 2014 che coinvolge dieci Paesi221 .
L'obiettivo della strategia e' promuovere una prosperita' economica e
sociale sostenibile nella regione, mediante la crescita e la
creazione di posti di lavoro e il miglioramento della sua
attrattivita', competitivita' e connettivita', preservando al tempo
stesso l'ambiente e assicurandosi che gli ecosistemi costieri e
marini restino sani ed equilibrati. Al momento, e' in fase di
revisione per adeguare le priorita' d'intervento alle nuove sfide
europee del "Green deal" e della digitalizzazione.
Per quanto riguarda invece l'iniziativa WestMED, si tratta del
risultato diretto della dichiarazione ministeriale euromediterranea
sull'economia blu, approvata dall'Unione per il Mediterraneo il 17
novembre 2015. Tale dichiarazione ha sollecitato i Paesi partecipanti
ad esplorare il valore aggiunto e la fattibilita' di strategie
marittime appropriate a livello subregionale, prendendo come punto di
riferimento l'esperienza del dialogo "5+5" che coinvolge Algeria,
Francia, Italia, Libia, Malta, Mauritania, Marocco, Portogallo,
Spagna e Tunisia. I tre obiettivi strategici comprendono: la
creazione di uno spazio marittimo piu' sicuro e protetto, un'economia
blu intelligente e resiliente e una migliore governance del mare.
Ogni strategia coinvolge un insieme ampio ed eterogeneo di attori e
presenta dispositivi governativi peculiari. La Commissione europea
riveste un ruolo di primo piano nel coordinamento strategico delle
principali tappe della strategia. In ciascuno Stato partecipante, i
coordinatori nazionali sono responsabili per il coordinamento
generale e per il sostegno all'attuazione delle strategie.
Sia la strategia EUSAIR sia l'iniziativa WestMED si sono evolute nel
tempo, passando da un approccio principalmente basato sulla
cooperazione tra governi nazionali a un approccio sempre piu'
orientato alla governance multilivello, capace di fornire
un'opportunita' di orientamento tematico a sostegno dell'integrazione
dei fondi su obiettivi di medio-lungo termine. Nella definizione
della nuova politica di coesione 2021-2027, e' stata evidenziata la
sfida posta dal processo di "embedding"222 delle priorita' sia della
strategia EUSAIR sia dell'iniziativa WestMED nei programmi della
coesione. Rispetto ad altri programmi, i Programmi Interreg offrono
specifiche potenzialita' di costruzione di partenariati multilivello
di carattere transnazionale e transfrontaliero per l'adozione di
approcci comuni ed armonizzati.
Dalla tabella che segue, puo' essere apprezzata a titolo
esemplificativo la corrispondenza tra alcune azioni prioritarie
identificate nel quadro della Strategia EUSAIR e dell'iniziativa
WestMED e ambiti di intervento dei programmi della cooperazione
territoriale europea, ed principali ambiti che la legge assegna al
Cipom:
Parte di provvedimento in formato grafico
Da questa analisi, non necessariamente esaustiva, puo' scaturire
l'impegno del Governo a coltivare, in modo fattivo ed efficiente, i
programmi unionali ed internazionali di cooperazione.
2.15.2 Le ulteriori politiche per la crescita e la competitivita'
dell'area mediterranea
L'Italia, per la sua posizione geografica e le sue tradizioni, e'
anche chiamata a promuovere l'intesa multilaterale con i Paesi
dell'area mediterranea. In questa ottica, occorrerebbe definire e
sviluppare una strategia che promuova alcune politiche comuni nei
diversi campi dell'economia del mare riaffermando i valori legati
agli interessi nazionali in modo armonico e congiunto, chiaramente
nel rispetto del diritto internazionale e pattizio e degli
ordinamenti degli Stati aderenti.
In questo contesto potrebbe valutarsi di dare ulteriore impulso
all'Unione per il Mediterraneo ("UpM")223 , e cioe' l'organizzazione
intergovernativa fondata nel 2008 in occasione del Vertice di Parigi
per il Mediterraneo, realizzato al fine di rafforzare il Partenariato
euromediterraneo ("PEM") istituito nel 1995 sotto il nome di Processo
di Barcellona.
Come e' noto, l'Unione ha tra i suoi obiettivi anche quello di
promuovere la stabilita' e l'integrazione in tutta la regione
mediterranea, fungendo da forum di discussione di questioni
strategiche regionali basato sui principi di comproprieta',
codecisione e responsabilita' condivisa tra le due sponde del
Mediterraneo. Il suo obiettivo principale e' quello di aumentare
l'integrazione Nord-Sud e Sud-Nord nella regione mediterranea al fine
di sostenere lo sviluppo socioeconomico dei diversi Paesi dell'area
mediterranea e garantire la stabilita' nella regione, favorendo lo
sviluppo umano e promuovendo quello sostenibile224 .
Anche in questo contesto, quindi, il Cipom potrebbe utilmente
rappresentare un fattore coagulante degli interessi della "blue
economy" diffusi, e accelerante nel processo di sintesi delle
iniziative governative per l'area mediterranea.
2.16 SICUREZZA
La "sicurezza" nel contesto del "Piano del mare" comprende, data la
molteplicita' delle tematiche coinvolte, un'inevitabile pluralita' di
accezioni. Esse spaziano da quella che e' nota come safety e riguarda
appunto la "sicurezza" di navi e imbarcazioni, quanto a dotazioni ed
equipaggiamento, formazione degli equipaggi, organizzazione per la
ricerca ed il soccorso in mare, fino alla security, ovvero le azioni
preventive e le attivita' di contrasto attivo di atti illeciti via
mare, fino alla sicurezza di proiezione. La security assume una
connotazione piu' marcatamente militare quanto piu' ci si allontana
dalle acque territoriali. Costituiscono, accezioni intermedie, quelle
della sicurezza dei terminali portuali (c.d. "Port Security") e
quella derivante dai "comparti di specialita'" delle Forze di
polizia, tutti caratterizzati dal prefisso "sicurezza", ivi inclusa
la "sicurezza del mare"225 . Quest'ultima, a similitudine degli altri
comparti di specialita', e' espressione della pubblica sicurezza con
valenza eminentemente territoriale, riferibile anche agli ambiti
marittimi nei quali lo Stato esercita la propria sovranita'. Si
aggiunge, inoltre, la sicurezza cibernetica e la "maritime security",
intesa come il contrasto alle attivita' illecite che precludono il
libero uso del mare. Oggi, la dimensione marittima e' sempre piu' al
centro di contese e controversie internazionali e interne per il
guadagno di un vantaggio strategico ed economico in una determinata
area.
2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico
La complessita' degli scenari e l'ambiguita' nell'interpretazione dei
fenomeni alimentano un quadro geopolitico e geostrategico di
difficile prevedibilita', caratterizzato da una continua evoluzione.
Sempre piu' frequentemente, manifestazioni locali mostrano
ripercussioni globali, rivelando come le differenti trame che
compongono il manto della sicurezza siano fittamente intessute tra
loro. In altri termini, tale portato alimenta il fenomeno che
potremmo definire "globalizzazione dei fenomeni di insicurezza
locale", legando strettamente la sicurezza dell'Italia a quella del
"Mediterraneo allargato" fino all'Indo Pacifico.
Non solo: il frequente ricorso a strumenti di "guerra ibrida" sfuma
la linea di confine tra rivalita' e scontro, ampliando l'estensione
della "zona grigia" destinata al confronto, portando la sicurezza
domestica e quella internazionale a convergere gradualmente in uno
spazio di manovra attraversato trasversalmente da una continua
competizione nei domini tanto operativo, quanto
economico-finanziario, informativo e cibernetico, con preoccupanti
prospettive di estensione al dominio spaziale e al dominio marittimo,
incluso l'ambito subacqueo, quale vera e propria nuova dimensione di
crescita, sviluppo e confronto.
Il complesso quadro fin qui descritto caratterizza lo stato di
«competizione duratura», ovvero di tensione internazionale permanente
e latente, per perseguire, anche attraverso l'adozione di
comportamenti particolarmente assertivi, obiettivi specifici indicati
nelle varie agende nazionali di politica estera. Cio' accade anche in
mare, a causa dei fenomeni della territorializzazione e del
"lawfare", cioe' di un uso strumentale, a volte spregiudicato, del
diritto internazionale e del diritto internazionale marittimo in
particolare.
Questi fenomeni mirano all'appropriazione degli spazi marittimi e
all'accesso esclusivo delle risorse che in essi risiedono. I loro
effetti sono particolarmente sensibili nel bacino del Mediterraneo,
meno di un quinto della cui superficie e' rimasta scevra da dispute
da parte dei 21 stati costieri che vi si affacciano.
A questo proposito va sottolineato che negli ultimi anni la
competizione fra i Paesi affacciati sul Mediterraneo per la
definizione di proprie Zone economiche esclusive (ZEE) ha
"territorializzato" il mare di casa (v. supra par. 2.1). Dall'ideale
del mare libero e sicuro alla realta' delle acque contese e
contestate il salto di qualita' e' considerevole. Siamo una
generazione indietro rispetto agli altri "Paesi medioceanici" perche'
ci siamo rappresentati il Mediterraneo come dovrebbe essere invece di
studiare come sia. Recuperare il terreno perduto, anche in termini di
percezione e comunicazione pubblica, e' urgente. Il varo della legge
che promuove la definizione di una nostra ZEE (v. supra par. 2.1.4)
offre l'occasione per rivendicare e proteggere l'area marittima che
riteniamo essere di nostra responsabilita', sulla base del diritto
internazionale.
2.16.2 L'approccio alle sfide
La sorveglianza e il controllo delle acque d'interesse nazionale - in
un'accezione piu' ampia - necessitano di una risposta multilivello -
inter-agenzia e interministeriale - in grado di coprire un'ampia area
geografica che includa sia le aree marittime di diretta
responsabilita' - incluse la ZEE e la Zona contigua (v. supra par.
2.1) - sia le aree oltre la giurisdizione nazionale lungo le
principali rotte commerciali.
Negli spazi marittimi di giurisdizione e, in proiezione, oltre i loro
limiti, l'Italia persegue la difesa e sicurezza marittima sia
nell'ambito del sistema di alleanze euroatlantiche sia direttamente,
svolgendo un'attivita' di deterrenza, prevenzione e contrasto alle
attivita' illecite in mare. Essa svolge inoltre una mirata attivita'
di presenza e sorveglianza nelle aree di maggiore interesse
nazionale, in prossimita' di quelle ove si sviluppano delle crisi
regionali e lungo le linee di approvvigionamento strategico.
Assume carattere prioritario preservare la liberta' di navigazione,
in particolare nei punti di "strozzatura", c.d. "choke points".
Rilevano tra questi lo Stretto di Sicilia e i Mari Adriatico e Jonio,
caratterizzati dalla straordinaria valenza commerciale e securitaria
delle rotte e dei dotti che vi scorrono.
Nel merito, lo Stretto di Sicilia offre la possibilita' di
controllare la rotta transoceanica Est-Ovest fra Indo-Pacifico e
Atlantico. Lungo l'asse Sud-Nord vi scorrono una parte sempre piu'
importante dei flussi energetici, oltre ai flussi migratori che hanno
origine nel Sahel e nell'Africa profonda, orientale e occidentale,
nonche' ai traffici illeciti di sostanze stupefacenti e distinte
forme di contrabbando gestiti da organizzazioni criminali, anche a
carattere internazionale.
Anche i Mari Adriatico e Jonio rivestono un primario interesse
strategico euroatlantico e sono teatro di diverse iniziative sotto
egida nazionale - quale l'"Adrion" - o di altri Paesi, quali quella
dei Tre Mari226 . Adriatico e Jonio completano infatti una cerniera
lungo l'asse Nord-Sud che corre dall'Artico al Mar Nero e al Mar
Mediterraneo, attraversando il Mar Baltico e sfociando
nell'Indopacifico.
Tale azione costituisce un fattore abilitante per l'attivita' di
tutti gli operatori del cluster marittimo nazionale e internazionale,
perche' ne rappresenta il pre-requisito: un mare poco sicuro e' un
mare piu' costoso.
Infatti, in assenza della liberta' di navigazione e dell'uso sicuro
del mare, il nostro sistema di import-export rischierebbe lo stallo
offrendo un vantaggio competitivo ad altre rotte e porti lontani
dalla principale direttrice commerciale/mercantile mediterranea227 .
L'area del "Mediterraneo allargato", in cui si proietta l'azione
della difesa, costituisce un settore di elevata rilevanza strategica
ed economica.
Nel corso dei precedenti decenni, si e' assistito a un progressivo
ampliamento dei suoi confini concettuali, funzionale ad includere
cause e origini dei principali fenomeni convergenti nella sfera degli
interessi strategici nazionali. Nel quadro di questi interessi
rientrano la liberta' di navigazione, il commercio e il connesso
sistema di trasporti, le sopra menzionate risorse energetiche, il
posizionamento diplomatico, economico, industriale, la ricerca
scientifica, la difesa dei connazionali all'estero, la promozione
ampia e trasversale della marittimita'.
Il concetto di "Mediterraneo allargato", come gia' definito, e'
pertanto in continuo divenire e non e' ancorato a rigidi vincoli
geografici.
La presenza di importanti fattori di criticita' (radicati in
particolare nei sottosistemi meridionale e orientale), nonche' la
coesistenza di interessi spesso divergenti di attori interni ed
esterni all'area (quali Russia e Cina) sono elementi che continuano
ad alimentare la complessita' e la mutevolezza dello scenario.
La crescente rilevanza di dimensioni d'azione non-fisiche (quali
cyberspazio o dominio informativo), la citata interdipendenza di
fondo dei fenomeni regionali e la necessaria condivisione di
interessi nei beni pubblici globali (i c.d. "global commons") rendono
dunque opportuno individuare un orizzonte strategico maggiormente
elastico.
Inoltre, gli eventi che hanno interessato infrastrutture critiche
sottomarine implicano un urgente approfondimento delle gia' attuali
tematiche inerenti le capacita' esprimibili nell'ambiente subacqueo.
Si pensi che gia' oggi la quasi totalita' dei dati trasmessi per le
comunicazioni digitali viaggia su cavi sottomarini. Allo stesso
tempo, oltre l'80% dei fondali di mari e oceani risulta inesplorato.
In tale ambiente, pero', la rapida innovazione tecnologica avvenuta
negli ultimi tempi ha consentito di compiere passi straordinari,
rendendo di fatto sempre maggiore - ed a basso costo -
l'accessibilita' alle alte profondita' e ai fondali marini. Cio'
schiude la disponibilita' di nuove risorse (energetiche, minerarie,
ittiche) a disposizione delle comunita'. Contestualmente, la diffusa
accessibilita' incrementa anche le minacce e i rischi che possono
concretizzarsi nell'ambiente subacqueo e in particolare alle
infrastrutture di sensibilita' strategica. Questa configurazione,
insieme alla prospettiva di un prossimo incremento della
"abitabilita'" degli abissi e dei fondali, rende di fatto l'ambiente
marino sotto la superficie una vera e propria dimensione fisica, la
quinta dopo terra, aria, acqua e spazio. Di conseguenza e' necessario
predisporre un'organizzazione che permetta di regolarizzare sia a
livello nazionale che a livello internazionale le interazioni in
questa dimensione, in particolare in termini di governance, di
sfruttamento e di tutela.
In sintesi, e' necessario proteggere il complesso sistema produttivo
e di trasporto marittimo composto dalle linee di comunicazione, dai
porti, dagli interporti, dai centri nodali di smistamento e dal
retroterra della catena logistica, dalla flotta mercantile,
crocieristica e peschereccia, nonche' dagli oleodotti e gasdotti
sottomarini, dalle navi e piattaforme petrolifere offshore e dai
parchi eolici marini. Temi, questi, che in passato sono stati
trattati esclusivamente per i loro risvolti economici e che
richiedono d'essere invece ricondotti in un'unica visione strategica
d'insieme.
In particolare, dovra' essere mantenuta una forte attenzione sul
mantenimento del controllo di alcuni asset strategici, come i
principali porti, utilizzando tutta la strumentazione giuridica e
finanziaria disponibile per evitare che eventuali investimenti esteri
possano limitare l'autonomia strategica della nostra Nazione. Negli
ultimi anni vi e' stato, infatti, un esplicito interessamento a
questi scali da parte straniera. Questioni che abbiamo finora
trattato come locali e unicamente commerciali, mentre ne e' evidente
il grado strategico. Lo scalo di Taranto e' ideale da e verso Suez
(come tale individuato dalla Cina oltre vent'anni fa, nel contesto
delle "vie marittime della seta"), quello di Trieste, non solo quale
emporio mitteleuropeo ma come perno delle connessioni
infrastrutturali, militari e civili, fra Adriatico e Baltico.
La sorveglianza e il controllo degli spazi marittimi d'interesse
nazionale - nell'accezione piu' ampia ed estesa a tutte le dimensioni
- necessitano dunque di un'azione multilivello, inter-agenzia e
interministeriale, che deve sfociare nel coordinamento di tutte le
risorse militari e civili nazionali, con un approccio integrato con i
nostri alleati e partner. Quest'azione deve essere, inoltre,
concettualmente declinata ovunque risiedano i nostri interessi
nazionali. Si tratta di un'area estremamente ampia, che supera i
confini delle acque di giurisdizione nazionale e si estende oltre il
"Mediterraneo allargato".
Su questa base allargata (medio-oceanica) poggia l'interesse italiano
per le vastita' marine. L'Italia non e' una grande potenza mondiale e
non ha una diretta proiezione negli oceani Atlantico e Indo-Pacifico.
Ma la sua sicurezza nel mare di casa - il Mediterraneo classico -
dipende dalla sicurezza nell'Oceano mondo.
Necessariamente, mentre negli spazi piu' prossimi l'Italia esercita
prevalentemente le proprie responsabilita' in maniera diretta, per
garantire la sicurezza marittima di quelli piu' distanti essa tende
progressivamente a ricorrere ad accordi e alleanze internazionali.
Cio' richiede:
- l'impiego sinergico di tutti gli strumenti del potere nazionale
(Politico, Diplomatico, Informativo, Militare ed Economico) per
l'affermazione e la tutela degli interessi sul mare;
- la condivisione delle informazioni necessarie a mitigare i rischi
identificati;
- il coordinamento degli indirizzi strategici delle politiche del
mare;
- la condivisione delle informazioni relative ai traffici marittimi;
- il raccordo operativo tra le varie amministrazioni competenti, ai
fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare.
- il raccordo operativo tra le varie amministrazioni competenti, ai
fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare.
Risulta pertanto indispensabile mitigare i fattori di rischio
indentificati, nonche' monitorare il traffico e le minacce a cui
questo si dovesse trovare esposto - ad altissime profondita' ed anche
ben oltre i confini nazionali - tra cui potremmo annoverare, senza
esclusione di altre fattispecie:
- il crimine marittimo e la pirateria, incluse attivita' come il
contrabbando, il traffico di sostanze stupefacenti e di persone,
gestite da organizzazioni anche a carattere internazionale: sistemi
sempre piu' complessi e interconnessi offrono opportunita' di
interferenze e azioni malevole. Nei prossimi decenni i conflitti,
il degrado economico e i cambiamenti climatici potrebbero aumentare
i livelli di instabilita', il numero di stati falliti o scarsamente
governati, generando condizioni sempre piu' favorevoli al crimine
marittimo e alla pirateria. L'Italia continuera' ad impegnarsi -
insieme con alleati e partner - per rafforzare le proprie capacita'
e il quadro normativo per il contrasto alla criminalita'
organizzata e alla pirateria. Occorrera' sviluppare quindi a
livello inter-agenzia e interministeriale un processo di revisione
continua delle linee guida per il coordinamento e il contrasto di
tali minacce;
- la pesca indiscriminata, nota anche come pesca illegale, non
dichiarata e non regolamentata (IUU, Illegal, Unreported, and
Unregulated Fishing), rappresenta una seria minaccia per le risorse
ittiche e gli ecosistemi marini. Questa pratica dannosa implica lo
sfruttamento del mare al di fuori dei confini legali e dei
regolamenti stabiliti dalle autorita' competenti. L'Italia, come
molti altri Paesi, si impegna attivamente nella lotta alla pesca
indiscriminata e nella promozione di pratiche sostenibili e
responsabili. La gestione e la conservazione delle risorse ittiche
sono cruciali per garantire la sostenibilita' a lungo termine degli
stock e preservare gli ecosistemi marini. Per contrastare la pesca
indiscriminata, l'Italia adotta diverse misure a livello nazionale
e internazionale, nel rispetto degli accordi internazionali
sottoscritti e della partecipazione alle organizzazioni
internazionali di riferimento. L'obiettivo principale e' garantire
la sostenibilita' delle risorse ittiche preservando gli ecosistemi
marini per le generazioni future.
- lo sfruttamento indiscriminato e incontrollato dei fondali marini
che, oltre che portare all'appropriazione esclusiva di risorse
naturali, potrebbe arrecare indirettamente danni gravissimi
all'ambiente anche nelle aree limitrofe.
- il terrorismo: le sempre piu' diffuse aree di instabilita' e
conflitto, cosi' come le diverse piattaforme digitali,
continueranno a fornire una base per l'attivita' terroristica
(indipendente o riconducibile ad organismi statali) attraverso
attacchi a navi o infrastrutture strategiche offshore. Le
metodologie di attacco potrebbero nel tempo evolvere, includendo
l'impiego di tecnologie emergenti che hanno anche aperto l'accesso
agli spazi subacquei ad un numero sempre maggiore di attori a costi
sempre piu' contenuti. Assistiamo a una nuova corsa agli "abissi"
e, alla luce degli attuali scenari, e' necessario agire in anticipo
per predisporre adeguate condizioni di tutela degli interessi
nazionali che insistono in tale dimensione. Sara' quindi necessario
disporre di un ampio ventaglio di capacita' dispiegabili anche ad
altissime profondita', in grado sia di garantire il controllo e la
tutela della dimensione subacquea, ivi comprese le infrastrutture
che vi risiedono, sia un'adeguata capacita' di monitoraggio e
intervento. Ancora una volta un approccio condiviso e
collaborativo, sia nel contesto nazionale sia internazionale, e'
alla base delle soluzioni di prevenzione e contrasto;
- gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento tecnologico sta
rendendo le infrastrutture critiche nazionali sempre piu'
vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi che
piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard, regolamenti e
linee guida appropriate in questi settori. In questo campo e'
fondamentale condividere la responsabilita' della tutela e della
protezione tra istituzioni ed industria nell'ottica sia di
sviluppare nuovi sistemi di protezione, sia di aumentare la
resilienza del sistema nazionale.
- gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento tecnologico sta
rendendo le infrastrutture critiche nazionali sempre piu'
vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi che
piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard, regolamenti e
linee guida appropriate in questi settori. In questo campo e'
fondamentale condividere la responsabilita' della tutela e della
protezione tra istituzioni ed industria nell'ottica sia di
sviluppare nuovi sistemi di protezione, sia di aumentare la
resilienza del sistema nazionale.
Tutto cio' e' perseguibile attraverso un quadro aggiornato della
situazione marittima, da condividere a livello interforze,
interagenzia e interministeriale, a beneficio di tutte le
amministrazioni e nel rispetto delle loro diverse competenze. Tale
dispositivo avra' il suo naturale riferimento nel Cipom. Le modalita'
di implementazione del Dispositivo interministeriale sono decise in
ambito di Governo.
Le sfide che nel nostro tempo provengono dal mare e dai suoi fondali
richiedono un approccio collegiale integrato e sinergico che
coinvolga tutti gli attori, istituzionali e non, con funzioni e
competenze attinenti alla marittimita'.
La sicurezza marittima puo' dunque essere garantita solo attraverso
un'azione coordinata, condivisa e integrata in una visione d'insieme,
fra tutte le strutture civili e militari che vi partecipano, a
livello locale come a quello nazionale, unitamente allo sviluppo e
alla valorizzazione di un patrimonio tecnologico avanzato e
all'avanguardia, nel cui ambito e' indispensabile garantire una
cornice di sicurezza abilitante per le attivita' del cluster
marittimo.
3. CONCLUSIONI
Cio' che e' emerso con forza nella redazione del Piano del mare e'
l'esigenza di esprimere una visione armoniosa, alta e
onnicomprensiva, per fare di questo documento uno strumento di
programmazione unitario e coordinato sulle strategie da adottare
nelle politiche del mare.
L'Italia intende guardare al mare oltre l'orizzonte con occhi nuovi e
con un diverso approccio che non sia soltanto economicistico, ma
anche con una chiara strategia di sicurezza, in un Mediterraneo
baricentro tra interessi di diverse Potenze e, quindi, in una
posizione esposta e da tutelare. Ecco perche' si rende necessario
superare la visione essenzialmente commerciale che l'Italia ha finora
avuto della geopolitica marittima.
E' ormai urgente adottare dei provvedimenti che incentivino la
competitivita' delle nostre imprese, delle nostre associazioni, dei
nostri territori, con particolare attenzione alle isole minori; dei
provvedimenti che tutelino il nostro patrimonio marino, accompagnando
la transizione dalla "crescita blu" ad una economia del mare
sostenibile;228 dei provvedimenti che rendano piu' efficiente ed
efficace l'azione complessiva dello Stato sul mare, in termini di
sicurezza nazionale, sul rispetto dei vincoli internazionali e di
tutela della territorialita' delle acque.
In particolare, si rende necessario sviluppare azioni coerenti con le
direttrici che possano anche:
- snellire la burocrazia, semplificando i rapporti tra imprese,
territori e PA, riducendo il numero di passaggi e i tempi per
compierli, attraverso la messa a sistema degli interlocutori
istituzionali; imprenditori marittimi e istituzioni devono
raccordarsi agevolmente semplificando il livello regolatorio, di
intese, nulla osta e altri atti di assenso comunque
denominati, nella stesura delle normative attuative di settore da
parte dei dicasteri competenti attraverso l'attivazione di
conferenze di servizi semplificate;
- adottare normative chiare e politiche fiscali certe, al fine di
rendere piu' competitive le filiere del mare;
- internazionalizzare, promuovere e comunicare l'economia del mare
"Made in Italy";
- digitalizzare l'intero settore marittimo, per conferirgli maggiore
competitivita' e appetibilita' a livello internazionale, colmando i
gap di interconnessione nazionale attraverso l'adozione di un'unica
banca dati in cui gli attori pubblici e privati possano far
convergere ed attingere l'informazione, partendo dagli strumenti
per la pianificazione spaziale, per semplificare e velocizzare le
procedure autorizzative; tale strumento potrebbe essere gestito dal
Cipom (o dal Ministero della Protezione Civile e del Mare) ed
essere messo a disposizione di tutte le pertinenti realta'
pubbliche e private;
- rafforzare quantitativamente e qualitativamente la rappresentanza
della marittimita' italiana nell'Unione Europea e nelle sedi
internazionali preposte;
- allineare la normativa del settore marittimo a quella gia' assai
attenta dell'Unione Europea, evitando d'adottare delle norme piu'
restrittive solo per l'Italia, norme che avrebbero il solo effetto
di penalizzare la nostra competitivita';
- inquadrare in maniera trasversale il tema della formazione del
personale marittimo e del mantenimento delle relative qualifiche,
cui e' necessario guardare, anche in questo caso, con occhi
orientati alla semplificazione e alla competitivita';
- attuare delle politiche ambientali orientate alla sostenibilita',
nelle dimensioni ecologica, economica, sociale e giuridica, che
coinvolgano nel processo le attivita' produttive;
- favorire e sostenere network e cluster nazionali di tutti gli
utenti del mare, partendo da quelli istituzionalmente riconosciuti
a livello nazionale ed europeo, anche attraverso nuovi sistemi
tecnologici innovativi, che possano rafforzare e maggiormente
qualificare l'offerta marittima italiana sia a livello nazionale
che internazionale;
- facilitare le sinergie tra istituzioni, territori, imprese,
associazioni, autorita' civili, autorita' militari e cittadini che
operano sul e per il mare;
- affrontare in maniera innovativa la questione del dragaggio dei
porti e dei loro accessi; si tratta di un aspetto estremamente
delicato, che rischia di penalizzare i nostri sorgitori e, con
essi, i nostri imprenditori marittimi; un tema, questo, che
abbraccia interessi trasversali e richiede un approccio parimenti
trasversale, consapevole ma agile;
- incentivare la transizione energetica, attraverso un'azione dello
Stato consapevole e determinata;
- sostenere l'innovazione tecnologica, mettendo insieme il mondo
delle imprese e il mondo della ricerca, che e' alla base della
competitivita' delle nostre imprese marittime;
- migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione complessiva dello
Stato sul mare;
- promuovere, a cominciare dalla scuola primaria, una nuova cultura
del mare, attraverso l'approccio multidisciplinare (letteratura,
mito, storia, antropologia, economia, archeologia, scienza, arte),
finalizzato ad approfondire la conoscenza di questo straordinario
elemento della natura per migliorarne la salvaguardia e la
valorizzazione.
In sintesi, e' necessario addivenire a un punto d'equilibrio tra
esigenze apparentemente contrastanti.
La disciplina delle attivita' marittime deve essere permeata: da
unicita' di visione, perche' e' unico il patrimonio del mare; da
trasversalita', perche' nello scrivere una norma e' fondamentale la
consapevolezza degli effetti che inevitabilmente si riverberano su
piu' ambiti, una consapevolezza marittima, che richiede una
formazione e una preparazione specifiche; da omogeneita'
d'applicazione, perche' gli operatori economici hanno esigenza di
confrontarsi con procedure agili, consolidate e prevedibili, pur nel
rispetto della tutela di peculiarita' locali meritevoli di
attenzione.
Serve adottare un approccio corale, per orientare le politiche del
mare in maniera armoniosa, per sprigionare le straordinarie
potenzialita' marittime dell'Italia, per sostenere lo sviluppo
d'iniziative tese a valorizzare il patrimonio delle opportunita' di
cui disponiamo.
Questo sforzo implica anche la diffusione della cultura marittima, il
recupero e la valorizzazione delle nostre antiche tradizioni
marinare, l'accento sulla comunicazione e sulla promozione di un
pensiero strategico. Per essere efficace, questa trasformazione deve
poggiare su una solida base culturale e sulla piu' ampia
partecipazione non solo dei soggetti strettamente interessati, ma di
tutti i cittadini.
4. APPENDICE
Il presente "Piano del mare" nazionale e' il risultato della
sinergica azione di coordinamento, programmazione ed indirizzo
strategico svolta dal Comitato interministeriale per le politiche del
mare (Cipom), istituito con il decreto-legge 11 novembre 2022, n.
173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1,
legge 16 dicembre 2022, n. 204, e presieduto dal Ministro per la
Protezione civile e le Politiche del mare e composto dai seguenti
Ministri:
♦ Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale;
♦ Ministro della difesa;
♦ Ministro dell'economia e delle finanze;
♦ Ministro delle imprese e del made in italy;
♦ Ministro dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle
foreste;
♦ Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica;
♦ Ministro delle infrastrutture e dei trasporti;
♦ Ministro della cultura;
♦ Ministro del turismo;
♦ Ministro per gli affari regionali e le autonomie;
♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione
e il PNRR.
♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione
e il PNRR.
Il presente "Piano" e' stato redatto con il supporto della Struttura
di missione per le politiche del mare e il contributo dei
sottoelencati dieci esperti, nominati dal Ministro per la Protezione
civile e le Politiche del mare ai sensi dell'art. 9, comma 2 del
d.lgs. n. 303 del 1999:
♦ ACAMPORA Dott. Giovanni - Presidente ASSONAUTICA;
♦ CARACCIOLO Prof. Lucio - Professore di relazioni internazionali e
studi strategici, direttore della rivista "Limes";
♦ CATAUDELLA Prof. Stefano - Professore emerito di ecologia
applicata nell'Universita' di "Tor Vergata";
♦ CORDARO Avv. Salvatore - Avvocato cassazionista - gia' assessore
della Regione siciliana al Territorio e all'ambiente;
♦ NONES Prof. Michele - Gia' consigliere PCM e ministeriale per
questioni di sicurezza; Vicepresidente IAI;
♦ PISANI Dott. Vincenzo - Fondazione Leonardo Civilta' delle
Macchine;
♦ RIBUFFO Amm. Pierpaolo - Ammiraglio di Divisione - Comandante
Interregionale Marittimo Nord;
♦ ROSSI Avv. Alberto - Segretario generale ASSARMATORI;
♦ SISTO Dott. Luca - Direttore generale CONFITARMA;
♦ TELLARINI Prof.ssa Greta - Professoressa di diritto della
navigazione e dei trasporti.
♦ TELLARINI Prof.ssa Greta - Professoressa di diritto della
navigazione e dei trasporti.
Hanno altresi' contribuito al "Piano", nella qualita' di Consiglieri
del Ministro:
♦ Prof. Claudio GAMBINO, professore associato di geografia
nell'Universita' Kore di Enna;
♦ Avv. Giacomo GARGANO, professore associato di diritto
amministrativo nell'Universita' Kore di Enna;
♦ Capitano Luigi LANERA;
♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di diritto
della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma.
♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di diritto
della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma.
Portatori di interesse o stakeholder:
• AGCI - AGRITAL • CONFETRA • LEGAPESCA COOP
• COLDIRETTI - IMPRESA
• AGRIPESCA - UCI PESCA • LEGA NAVALE
• AERO • CONFARCA • LEONARDO S.P.A.
• AIAD • CONFCOMMERCIO • MAREVIVO
• AIDNI • CONFINDUSTRIA • OGS TRIESTE
• OP TONNIERI DEL
• AIDIM • CONFINDUSTRIA NAUTICA TIRRENO
• OSSERVATORIO
NAZIONALE PER LA
• AIPAS • CONFTRASPORTO TUTELA DEL MARE
• OSSERVATORIO
• ALL•PESCA • CONFITARMA NAZIONALE PESCA
• ALIS • CONFSAL PESCA • PESCAGRI - CIA
• CONFIMPRESE DEMANIALI
• ANCI ITALIA • SAIPEM
• CONFARTIGIANATO
• ANASPED IMPRESE BALNEARI • SNAM
• ANEV • CONFESERCENTI • RINA
• CONSORZIO • TIM S.P.A.
• ANCIM MEDITERRANEO (SPARKLE)
• CONFTURISMO -
• ANIM CONFCOMMERCIO • TERNA
• SEGRETARIATO
UNIONE PER IL
• ANCIP • DCGCMCC MEDITERRANEO
• ALLEANZE COOP•
ITALIANE PESCA • DRASS • SIB ITALIA
• SIB
• AMI • ELETTRICITA' FUTURA CONFCOMMERCIO
• AMA • ENI • UE COOP
• UGL
• ANAPI • ELETTRONICA S.P.A. AGROALIMENTARE
• ANGOPI • FEDERCOOPESCA • UILA PESCA
• ANTEP • FAITA FEDERCAMPING • UIL TRASPORTI
• ANTA • FAI CISL • UGL MARE
• FEDAGRIPESCA -
• ASSITERMINAL CONFCOOPERATIVE • UNASCA
• FEDERAGENTI -
• API ASSAGENTI • UNEM
• UNCI -
• ARCHEOCLUB ITALIA • FEDEPILOTI AGROALIMENTARE
• ARCI PESCA FISA • FEDERALBERGHI • UNIPORT - FISE
• ARPACAL • FEDERBALNEARI • UNICOOP PESCA
• ASSOCAD • FEDESPEDI - ANTEP • USCLAC - UNCDIM
• WEST MED -
• ASSOARPA • FEDERIMORCHIATORI NATIONAL HUB
• ASSONAVE • FEDER OP.IT • WWF
• ASSAGENTI • FEDERLOGISTICA
• ASSARMATORI • FEDERTERZIARIO
• ASSORIMORCHIATORI • FEDERAZIONE DEL MARE
• ASSOPORTI • FEDERMARE
• ASSOCIAZIONE
MARINERIE D'ITALIA • FEDERPESCA
• ASSOCIAZIONE PESCA
AGRI CIA • FEDERTURISMO
• ASSOBALNEARI • FINCANTIERI S.P.A.
• ASSOCOSTIERI • FIBA CONFESERCENTI
• ASSOITTICA • FIPIA
• ASSOGASLIQUIDI-
FEDERCHIMICA • FILT-CGIL
• ASSOLOGISTICA • FIPO
• ASSONAT • FIPSAS CONI
• ASSONAUTICA • FIT-CISL
• ASSORISORSE • FLAI CGIL
• ASSOMARINAS • GREENPEACE
• IMPRESA PESCA - ASS.
• ASSOTURISMO PESCA ED ACQUACOLTURA
• INTERNATIONAL
• ASSOITTICA PROPELLER CLUBS
• ISTITUTO ITALIANO DI
• BE.WA.RE. NAVIGAZIONE
• CLIA • INTERMARINE S.P.A.
• BIG - CLUSTER • ITS ACADEMY
TECNOLOGICO NAZIONALE FONDAZIONE CABOTO
• LEGACOOP -
• CNA AGROALIMENTARE
• CNSD • LEGAMBIENTE
Amministrazioni pubbliche ed Enti pubblici:
• Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
• Ministero dell'Interno
• Ministero dell'Istruzione e del Merito
• Comitato Offshore
• Dipartimento per le Politiche di coesione
• CONI
• ANPAL
• INAIL
• INPS
Enti di ricerca:
• Centro Resilienza Coste
• CESMAR
• Comitato Sicurezza delle Attivita' Off-shore
• CNR
• CONSIMA
• ENEA
• EURISPES - Osservatorio Isole Minori
• ISPRA
• Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale
• NOEL - UNIVERSITA' MEDITERRANEA
• OGS TRIESTE
• Universita' La Sapienza - Cattedra di Geologia Marina (Prof. F.
CHIOCCI)
• Universita' Roma 3
• INGV
• INGV
Il flusso di lavoro prodromico all'approvazione del primo "Piano del
mare" italiano e' iniziato il 29 marzo 2023 con la prima riunione del
Cipom nella quale il Presidente, il Ministro per la Protezione civile
e le Politiche del mare Senatore Nello Musumeci, ha illustrato il
metodo di lavoro che le articolazioni amministrative dipendenti
avrebbero seguito per raggiungere detto importante primo obiettivo,
evidenziando come lo stesso sarebbe stato il piu' inclusivo
possibile, dando voce a tutti i portatori d'interessi e alle
amministrazioni facenti parte del Cipom.
A tal fine, dopo questo primo incontro, la Struttura di Missione per
le Politiche del Mare ha organizzato dieci audizioni tematiche con
tutti gli stakeholder in ambito marittimo, al fine di acquisire dagli
stessi tutte le criticita' rappresentate, nonche' le informazioni
necessarie per realizzare un Piano completo che consentisse di
elaborare possibili soluzioni rispetto alle citate criticita' per un
rilancio complessivo della blue economy nazionale.
Nello specifico, le audizioni hanno riguardato le seguenti aree
tematiche, con la partecipazione riepilogata nella Tabella 1 di
seguito riportata:
♦ 26 aprile 2023 ("Porti e logistica");
♦ 28 aprile 2023 ("Rotte marittime e spedizioni");
♦ 3 maggio 2023 ("Ecosistemi, biodiversita' e risorse marine
viventi");
♦ 10 maggio 2023 ("Risorse energetiche, immersioni e geologia
marina");
♦ 17 maggio 2023 ("Beni culturali, turismo/crociera, sport, demanio
marittimo");
♦ 23 maggio 2023 ("Sicurezza; promozione e proiezione del sistema
marittimo nazionale a livello internazionale");
♦ 29 maggio 2023 ("Lavoro e formazione");
♦ 29 maggio 2023 ("Isole minori");
♦ 5 giugno 2023 ("Lavoro e formazione. - Settore della pesca");
♦ 7 giugno 2023 ("Approfondimenti).
In data 5 luglio 2023, sono stati convocati, per un ulteriore
confronto sul redigendo Piano, i Vertici della Marina Militare, della
Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto, nonche'
delle Agenzie del Demanio e delle Dogane.
Le audizioni per il "Piano del mare" hanno richiesto un'intensa
attivita' di gestione e coordinamento da parte della Struttura di
Missione per le Politiche del mare che ha organizzato e svolto, alla
presenza dei dieci esperti designati, un totale di n. 83 audizioni,
ascoltando oltre n. 190 stakeholder e raccogliendo n. 139 contributi
presentati dai diversi portatori d'interesse.
Si evince un'elevata percentuale di partecipazione alle audizioni,
sintomo di un forte interesse alle tematiche della blue economy
nazionale, sia da parte dei portatori di interesse che da parte delle
Pubbliche Amministrazioni, raggiungendo, in vari casi, livelli di
partecipazione molto vicini al 100%.
Terminate le audizioni degli stakeholder, si e' proceduto a elaborare
la prima bozza di Piano del mare.
Il 28 giugno 2023 e' stata convocata la seconda seduta del Cipom al
fine di illustrare, alle diverse Amministrazioni facenti parte del
Comitato, l'andamento dei lavori di redazione del Piano e la
necessita' di un continuo coinvolgimento delle stesse per eventuali
osservazioni e ampliamento delle aree tematiche trattate dal Piano.
Il presente "Piano del mare" e' stato approvato all'unanimita' il 31
luglio 2023, nel corso della terza seduta del Cipom.
---------------------------------------
1 Vds. Comunicazione Commissione Europea 17 Maggio 2021, n. 240
Final.
2 Vds. Comunicazione Commissione Europea n. 240 del 2021 Final.
3 Vds. Italian Maritime Economy, Rapporto SRM, 2021.
4 Vds. Undersea Telecommunication Cables: Technology Overview and
Issues for Congress, Congressional Research Service, September 13,
2022.
5 Il trasporto via mare contribuisce sole per il 3% alle emissioni di
gas serra
https://ec.europa.eu/research-and-innovation/en/horizon-magazine/emis
sions-free-sailing-full-steam-ahead-ocean-going-shipping
6 Vds. «The EU Blue Economy Report 2023».
7 Vds. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare», Centro Studi
Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare.
8 Elaborazione SRM Assoporti e UNEM 2022 (presentazione rapporto 4°
«MED & ITALIAN ENERGY REPORT» di SRM e dell'ESL@Energy Center del
politecnico di Torino, 1 dic. 2022).
9 Ibidem; greggio e' inteso come petrolio e GNL.
10 Il "Mediterraneo allargato" e' un concetto geopolitico e
geostrategico identificabile con la Regione che include aree
immediatamente contigue al Mediterraneo "in senso stretto", e si
allarga ad oriente verso il Mar Nero, il Medio Oriente e - tramite
Suez - il Mar Rosso, il Golfo Persico, il Corno d'Africa, l'Oceano
Indiano e a occidente - attraverso Gibilterra - verso il Golfo di
Guinea (fonte: Ministero della Difesa, Strategia di Sicurezza e
Difesa per il Mediterraneo, ed. 2022).
11 Recante il «Testo unico delle disposizioni concernenti la
disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero», poi modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, meglio
nota come legge "Bossi-Fini".
12 Recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio».
13 Recante l'«Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il
limite esterno del mare territoriale».
14 Mentre la ZEE deve essere proclamata per divenire effettiva, la
piattaforma continentale, costituendo secondo l'art. 76, paragrafo 1,
dell'UNCLOS, un prolungamento naturale del territorio emerso,
appartiene allo Stato costiero ab initio ed ipso jure. Ai sensi
dell'art. 77, paragrafo 3, della stessa Convenzione, «I diritti dello
Stato costiero sulla piattaforma continentale non dipendono
dall'occupazione effettiva o fittizia o da qualsiasi specifica
proclamazione».
15 Recante norme sulla «Ricerca e coltivazione degli idrocarburi
liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma
continentale e modificazioni alla l. 11 gennaio 1957, n. 6, sulla
ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi»,
ulteriormente modificata dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, di
ratifica ed esecuzione dell'UNCLOS, che sostituisce la definizione di
Piattaforma Continentale con quella dell'art 76 della UNCLOS.
16 Conformemente a quanto previsto all'art. 125 della Convenzione di
Montego Bay, godono del diritto di passaggio inoffensivo anche gli
Stati privi di litorale.
17 Vds. Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare -
Montego Bay (UNCLOS) 1982, art. 19.
18 In questa ottica si colloca la politica di vicinato della UE di
cui all'articolo 8 del TUE, ovvero di una rete di rapporti
collaborativi con Paesi in grado di assurgere al ruolo di partner
impegnandosi su programmi e progetti che includono una componente di
sviluppo economico e un forte impegno al miglioramento della catena
logistica, come effettivamente sta accadendo in alcuni Paesi
dell'area Middle East and North Africa, quale - a titolo
esemplificativo ma non esclusivo - il Marocco. Trattasi, nella
sostanza, di una politica bilaterale tra l'Unione europea e ciascuno
Stato partner, che prevede iniziative di cooperazione regionale: il
partenariato orientale (c.d. "PO") e l'Unione per il Mediterraneo
(UpM), etc.
19 In particolare, i servizi di collegamento marittimo Ro-Ro/Pax
attivi nelle due isole maggiori hanno movimentato piu' di 30 milioni
di tonnellate di merce e oltre 6 milioni di passeggeri.
20 Vds. Direttiva UE n. 959 del 2023 del Parlamento europeo e del
Consiglio recante modifica della Direttiva CE 13 ottobre 2003, n. 87,
che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei
gas a effetto serra nell'Unione.
21 Piu' approfonditamente sulle isole minori italiane nell'ottica del
presente Piano del mare si rinvia infra al par. 2.12.
22 Risulta quindi evidente il legame indissolubile tra insularita' e
trasporto marittimo insulare.
23 Nel 2019 sono stati oltre 26 milioni i passeggeri che hanno
utilizzato il trasporto marittimo locale.
24 Il raddoppio del Canale di Suez (completato nel 2015) e il
progetto "Belt and Road Initiative", promosso dalla Cina fin dal
2013, rendono l'area nel cui centro e' situato l'Italia un luogo di
interesse logistico prioritario.
25 Cfr. «Drewry Maritime Research, Container Forecast - Q1 2022».
26 Cfr. «Rapporto Shipping Industry Italia - Il contributo della
Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021.
27 Nel Sud sono presenti le maggiori strutture portuali per i servizi
marittimi di "transhipment" (Gioia Tauro, Taranto e Cagliari).
28 Cosi' come precisato anche dall'articolo 21 del Regolamento UE 11
dicembre 2013, n. 1315.
29 Che istituisce un quadro normativo per la fornitura dei servizi
portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei
porti.
30 Quali i cc.dd. "Ecobonus" e "Marebonus".
31 Cfr., ex multis, «Rapporto Shipping Industry Italia - Il
contributo della Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma
2021, pag. 16.
32 Cfr. «Ports Infographics Maritime Economy 2023».
33 I piu' diffusi afferiscono al trasporto dei prodotti siderurgici e
delle rinfuse liquide, in particolar modo per quanto riguarda i
settori petrolifero e chimico a servizio dell'industria nazionale.
34 Trattasi del Regolamento (CE) che concerne l'applicazione del
principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi
fra Stati membri ("cabotaggio marittimo").
35 Cfr., ex multis, Paper Cassa Depositi e Prestiti dal titolo
«Crocieristica e Covid-19: Alcuni fatti stilizzati», 2020, nonche'
vedasi il Report CLIA «State of the cruise industry outlook», 2022.
36 Completano il podio dello scorso anno Civitavecchia e Marsiglia
(entrambe in significativa crescita passeggeri sul 2021). Nelle
successive posizioni ci sono Marsiglia, Palma de Mallorca, con Napoli
e Genova a contendersi il quinto posto.
37 Cfr., ex multis, «Il traffico crocieristico in Italia nel 2022 e
le previsioni per il 2023», Risposte al Turismo, speciale crociere,
edizione 2023.
38 Cio' scongiurando, tuttavia, lo sfruttamento di approdi
eventualmente situati in aree private presenti all'interno di alcune
realta' portuali nazionali le quali, al contrario, dovrebbero essere
oggetto di demanializzazione.
39 L'entrata in funzione del nuovo regime per i controlli dei
passeggeri e dei marittimi di Paesi terzi in partenza o in arrivo
dai/nei porti Schengen in attuazione del Regolamento UE 30 novembre
2017, n. 2226 avra' un impatto sulle compagnie di traghetti e
crociere nelle tratte con Paesi terzi. Tale normativa introduce a
livello europeo due sistemi: (i) il sistema di controllo degli
ingressi e delle uscite, c.d. "EES" (Entry-Exit System), che si
applichera' a tutti i viaggiatori di Paesi terzi che desiderano
entrare nell'area Schengen per un breve periodo (massimo 90 giorni
ogni 180); (ii) il sistema di informazione e autorizzazione ai
viaggi, c.d. "ETIAS" (European Travel Information and Authorisation
System) che, invece, si applichera' solo ai cittadini di Paesi terzi
esenti dall'obbligo di visto.
40 In questo senso, occorre altresi' un impegno a livello
internazionale per fare in modo che almeno i passeggeri delle
compagnie crocieristiche che si imbarcano in un porto Schengen e
sbarcano nuovamente nello stesso porto od in un altro, sempre in area
Schengen, siano esentati da tali controlli.
41 Che ricomprende nel proprio alveo merce pallettizzata, in balle,
in fusti, in casse, oppure grandi macchinari fuori sagoma (c.d.
"project cargo").
42 Cfr. Statistiche della Banca d'Italia relative alla «Indagine sui
trasporti internazionali di merci», giugno 2023:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-trasporti-internaz
ionali/2023-indagine-trasporti-internazionali/Statistiche ITM 0806202
3.pdf.
43 Per quanto riguarda le rinfuse liquide imbarcate e sbarcate nei
porti italiani, il 2022 ha registrato 169.016.474 tonnellate. In
crescita quindi del 3,2% rispetto ai 163.796.753 del 2021 (anche se,
nel 2019, il totale registrato era pari a 182.808.394 tonnellate). Le
rinfuse solide, invece, nei dodici mesi terminati il 31 dicembre
scorso erano state 61.071.582 tonnellate, il 7,3% in piu' rispetto ai
56.937.187 di tonnellate del 2021 (nonche' ai 59.661.023 di
tonnellate registrate nel 2019). Per contro, ancora al di sotto del
periodo pre-Covid sono le altre merci varie (ovvero i traffici break
bulk) che nel 2019 valevano 23.368.829 tonnellate, nel 2021 erano
state 20.360.044 tonnellate e l'anno scorso 19.664.663 tonnellate.
44 Vds. Comunicazione della Commissione europea (2004) 43, rubricata
«Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti
marittimi».
45 Trattasi, in particolare: (a) del credito d'imposta corrispondente
all'Irpef dovuta sulle retribuzioni corrisposte al personale
imbarcato a bordo di navi iscritte nel Registro internazionale (Cfr.
articolo 4, comma 1); (b) della riduzione dell'80% del reddito
derivante dall'utilizzazione delle predette navi (Cfr. articolo 4,
comma 2); (c) dell'esonero dal versamento di contributi previdenziali
e assistenziali per il personale imbarcato (Cfr. articolo 6); (d)
della riduzione dell'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni (Cfr.
articolo 9-quater).
46 Inoltre, il settore del trasporto marittimo beneficia del regime
opzionale della c.d. "Tonnage Tax" di cui agli articoli 155-161 del
T.U.I.R (d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917).
47 Cfr. regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 e s.m.i..
48 Cfr. d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328 e s.m.i..
49 Un esempio sono le attivita' di collaudo degli apparati
radioelettrici di bordo delle navi italiane effettuate all'estero da
parte degli ispettori ministeriali al solo fine del rilascio e del
rinnovo della licenza radio.
50 Comprese le carte, i libri, il certificato di iscrizione, i
diversi giornali di bordo come il giornale nautico, il giornale di
carico, il giornale radio telegrafico e tutti gli altri documenti
previsti dal codice della navigazione, nonche' il registro
dell'orario di lavoro.
51 Anche normando la questione irrisolta della corresponsione degli
anticipi di denaro a bordo delle navi impiegate sulle tratte
internazionali.
52 Cfr. Circolare IMO «List of certificates and documents required to
be carried on board ships, 2022».
53 In questo modo all'Amministrazione resterebbe la certificazione
della "Flag State Inspection", assumendo cosi' un ruolo di verifica
ispettiva postuma - cosi' come avviene nelle ispezioni alle navi
battenti bandiera straniera che scalano i porti nazionali - con
verifiche a 360° su tutta la certificazione statutaria e con il
controllo indiretto sulle attivita' certificative degli stessi
Organismi.
54 Vds. proposta presentata in data 1 giugno 2023.
55 Integrando nel quadro delle ispezioni delle navi anche la
Convenzione IMO «Ballast Water Management» e la Convenzione di
Nairobi «Wreck Removal» (rispettivamente sulla gestione delle acque
di zavorra e sulla rimozione dei relitti).
56 Inerenti ai criteri di ponderazione (weighting points) applicati a
determinate tipologie di navi e il fattore di ponderazione basato
sulla ratifica delle convenzioni internazionali da parte dello Stato
di bandiera.
57 Cio' comporterebbe che le navi che rientrano nelle categorie D-E
verrebbero considerate come navi potenzialmente piu' rischiose dal
punto di vita della Maritime Safety.
58 Questa misura mirerebbe ad incoraggiare il rilascio di certificati
elettronici da parte degli Stati di bandiera o delle organizzazioni
riconosciute che agiscono per loro conto. Le navi che utilizzeranno
certificati elettronici sarebbero quindi considerate navi a minor
rischio e quindi potenzialmente esposte ad un numero minore di
ispezioni Port State control.
59 Tra cui l'obbligo per l'Amministrazione di ciascuno Stato membro
di «fare affidamento su risorse adeguate, commisurate alle dimensioni
e al tipo della propria flotta» e di «assicurare la supervisione
delle attivita' degli ispettori dello Stato di bandiera, ispettori
statali e organizzazioni riconosciute» ("Ros", Recognised
Organisations).
60 Gli Stati membri sono tenuti a rendere consultabile un elenco di
informazioni relative alle navi battenti la loro bandiera (elenco di
cui all'articolo 6), in un formato elettronico compatibile e
interoperabile con le banche dati sulla sicurezza marittima
dell'Unione.
61 Conferendo alla Commissione e all'EMSA maggiore controllo e
specificando ulteriormente i requisiti per i sistemi di gestione
della qualita' e per le valutazioni annuali delle prestazioni.
62 Inoltre, la Direttiva stabilisce che le sanzioni penali saranno
introdotte dalla proposta di Direttiva europea del 2023 sui Reati
Ambientali, attualmente in fase di negoziazione interistituzionale,
che prevedra' sanzioni penali per i reati piu' gravi contro
l'ambiente, come gli scarichi illeciti provenienti dalle navi e il
riciclaggio improprio di componenti inquinanti delle navi, al fine di
garantire un solido sistema di enforcement e sanzioni.
63 La proposta ha l'effetto, tra l'altro, di estendere il campo di
applicazione ai pescherecci, compresi quelli di lunghezza inferiore a
15 metri; fornire orientamenti in relazione agli incidenti che si
verificano, coinvolgendo le navi in porto e coprendo cosi' la
sicurezza dei portuali e dei lavoratori portuali (articolo 5.6).
64 La Direttiva sul trasporto combinato promuove il passaggio dal
trasporto merci su strada a modi di trasporto a basse emissioni come
le vie navigabili interne, il trasporto marittimo a corto raggio e
ferroviario.
65 La Strategia europea per una Mobilita' intelligente e sostenibile
(COM/2020/789) fissa dei target specifici di incremento del
trasferimento modale verso lo short sea shipping del 25 % entro il
2030 e del 50% entro il 2050.
66 Ai sensi del Regolamento UE 1257 del 2023, la Commissione si
impegna a riesaminare il presente Regolamento al piu' tardi, entro i
diciotto mesi precedenti alla data di entrata in vigore della
Convenzione di Hong Kong.
67 Vds. «Hong Kong International Convention for the Safe and
Environmentally Sound Recycling of Ships» (HKC), 2009.
68 Ad oggi, detto progetto e' virato verso una prospettiva di
cooperazione industriale e di "cluster" con l'aggiunta di elementi
che potrebbero rivelarsi cruciali nello sviluppo delle filiere
UE-Mediterraneo e con un impatto notevole sulle direttrici di
traffico marittimo sia con riferimento ai traffici passeggeri sia per
i traffici merci. Il programma pluriennale 2021-2027 per il vicinato
meridionale definisce, infatti, seppur preliminarmente, le priorita'
e gli obiettivi della cooperazione regionale unionale, cfr. Studio
«Il mare che verra'. Analisi strategica sulle opportunita' del
Mediterraneo. Lo sviluppo industriale, il reshoring, la
ricostruzione, la ripresa del mercato turistico e le ricadute
possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'» (pp. 15 e
ss.).
69 Vds. «Ports Infographics Maritime Economy 2023» secondo cui, in
termini di commercio internazionale, circa il 70% delle merci che
sono movimentate in valore avviene via mare e dal Mediterraneo,
scenario competitivo dei nostri porti, passa il 27% delle rotte
strategiche mondiali.
70 Vds. Piano Strategico Nazionale della Portualita' e della
Logistica, pubblicato nel 2015, nel quale viene precisato come si
debba prendere atto del fatto che - anche lato terra - le scelte
industriali e logistiche degli operatori di settore contribuiscono in
misura non trascurabile a determinare i traffici portuali e di cio'
deve tenersi conto compiutamente nella definizione delle previsioni
di domanda (cfr. p. 153 del Piano).
71 Cfr. «Piano Strategico Nazionale della Portualita' e della
Logistica», pp. 177-185.
72 Cfr. Studio «Il mare che verra'. Analisi strategica sulle
opportunita' del Mediterraneo. Lo sviluppo industriale, il reshoring,
la ricostruzione, la ripresa del mercato turistico e le ricadute
possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'», p. 22.
73 In tal senso, giova rilevare che anche il «Piano Strategico
Nazionale per la Portualita' e la Logistica», approvato con d.p.c.m.
26 agosto 2015, all'obiettivo n. 6, individua come prioritaria detta
necessita' da attuare attraverso la piattaforma logistica nazionale.
La direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n.
137 del 20 marzo 2018 ha indicato le «Linee guida per omogeneizzare
ed organizzare i sistemi Port Community System (PCS)» attraverso la
Piattaforma Logistica Nazionale poi concretamente attuata.
74 Quattro dei nove Corridoi TEN-T interessano l'Italia: (a) il
Corridoio Mediterraneo che attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est,
congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e
Ravenna; (b) il Corridoio Reno Alpi che passa per i valichi di
Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; (c) il Corridoio
Baltico Adriatico che collega l'Austria e la Slovenia ai porti del
Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine,
Padova e Bologna; (d) il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo che parte
dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze,
Livorno e Roma con i principali centri urbani del sud come Napoli,
Bari, Catanzaro, Messina e Palermo.
75 In questo senso, infatti, si colloca il Regolamento UE 11 dicembre
2013, n. 1315 che ha definito la rete di trasporto trans-europea
TENT-T e che prevede la creazione di una rete articolata su due
livelli per lo sviluppo della rete internazionale: (i) la c.d.
"Comprehensive Network", ovvero una rete globale da realizzarsi entro
il 2050 che mira a garantire la piena copertura del territorio
dell'Unione europea e l'accessibilita' a tutte le regioni; (ii) la
c.d. "Core Network", ovvero una rete centrale a livello unionale (da
realizzarsi entro il 2030) che comprende le parti di rete globale che
rivestono la piu' alta importanza strategica ai fini del
conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete transeuropea
dei trasporti. La sua realizzazione si basa su un «approccio per
corridoi».
76 I porti italiani nelle TEN-T si distribuiscono sulla rete centrale
(core), che comprende: Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia
Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto,
Trieste, Venezia; la rete complessiva ("comprehensive") a sua volta
comprende i porti di: Brindisi, Carloforte, Chioggia, Civitavecchia,
Fiumicino, Gaeta, Gela, Golfo Aranci, La Maddalena, Marina di
Carrara, Messina, Milazzo, Monfalcone, Olbia, Palau, Piombino, Porto
Levante, Porto Torres, Porto- ferraio, Portovesme, Reggio Calabria,
Salerno, Savona Vado, Siracusa e Trapani. A questi, il MIT ha
proposto che siano aggiunti altri 5 porti. Nell'ambito rete dei porti
marittimi di interesse nazionale gli scali ammontano a 58,
distribuiti nelle 16 Autorita' di Sistema Portuale.
77 Cfr. «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana - Secondo
Rapporto» - 2016 pp. 43-46.
78 Trattasi dello strumento dell'UE per gli investimenti strategici
nelle infrastrutture di trasporto. Si veda, al riguardo, la lista dei
progetti TEN-T che riceveranno finanziamenti europei, per un totale
di 6.2 miliardi di euro, a seguito dell'ultimo bando CEF, relativi -
inter alia - allo sviluppo di infrastrutture per la navigazione e il
corto raggio ed il c.d. "Cold-Ironing". Detti progetti - selezionati
dalla Commissione europea che ne sosterra' oltre l'80% del
finanziamento - riguardano, tra le altre, i porti marittimi di
Irlanda, Grecia, Spagna, Lettonia, Olanda e Polonia:
https://cinea.ec.europa.eu/news-events/news/transport-infrastructure-
european-commission-accelerates-shift-sustainable-and-smart-mobility-
ten-t-2023-06-22 en.
79 Rappresentato, cioe', dalla superficie su cui insiste l'insieme
dei servizi e delle attivita' economiche che - a seconda dello
sviluppo dell'offerta logistica e dei livelli di accessibilita' -
gravitano sul porto.
80 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in
una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica
europea», Maggio 2022, pag. 78, in cui viene precisato che - a fronte
di un numero elevato di porti, pur notevolmente differenti per
dimensione e capacita' di traffico - risultano esservi alcune
incongruenze nei dati medi di numero e lunghezza degli accosti e
superficie delle banchine per porto, come pure nei dati medi di
lunghezza dell'accosto e superficie delle banchine per accosto. Viene
infatti riportato che «[.] Adottando come riferimenti i valori medi
nazionali, si rilevano diverse combinazioni, almeno apparentemente
contraddittorie; cosi', una portualita' regionale puo' avere una
dotazione media di accosti elevata e una lunghezza ancor piu'
elevata, ma bassa nella superficie di banchine; all'opposto, si
rilevano pochi accosti e lunghezze ridotte, ma ampie superfici di
banchine. [.]».
81 Cfr., ex multis, T. Nooteboom, J.P. Rodrigue, «Port
regionalization: towards a new phase in port development», in
«Maritime policy and management» n. 3, 2005 - stessi autori, «The
terminaliation of supply chains: reassessing port-hinterland
logitical reletionships», in «Maritime policy and management», n. 2,
2009, nonche' lo studio relativo alla «Iniziativa di studio sulla
portualita' italiana» - Dipartimento per la programmazione ed il
coordinamento della politica Economica della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, 2014 (p. 47 e ss.).
82 Il tutto, ad esempio, implementando anche servizi di
"navettamento" ferroviario.
83 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in
una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica
europea», Maggio 2022, pp. 152-153.
84 Il tutto, ad esempio, in linea con quanto previsto anche nelle
c.d. "Azioni" 1 e 2 di cui al Piano Strategico della Portualita' e
della Logistica aventi ad oggetto, segnatamente, «Misure per la
semplificazione e a velocizzazione delle procedure, dei controlli
degli interventi su porti di interesse nazionale» e «Misure per
l'efficientamento dei servizi portuali e l'aumento della
competitivita' degli operatori».
85 Investimento 4 operata con Decreto interministeriale 3 dicembre
2021, n. 492 del «Interventi infrastrutturali per le Zone Economiche
Speciali (ZES)».
86 Il tutto, peraltro, in linea sia con la normativa sia con la
giurisprudenza di riferimento, nella misura in cui la pluralita' di
operatori per l'erogazione del servizio e' ritenuta compatibile con
il mercato interno e, da un punto di vista organizzativo, fa si' che
il servizio in esame possa essere svolto anche da imprese iscritte
nel registro ex art. 68 cod. nav. in possesso di idonei requisiti.
Tale orientamento - che va di pari passo anche con quanto contenuto
nel Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 352 nella misura in cui non
e' esclusa la possibilita' di affidare a piu' operatori il servizio
di ritiro rifiuti prodotti dalle navi - va nel senso di dare piena
liberta' al mercato sul presupposto che la selezione dell'operatore
del servizio e' rimessa al soggetto che usufruira' del servizio e a
carico del quale sono posti i relativi costi, in un regime
concorrenziale.
87 Come evidenziato nell'ambito di numerose analisi condotte in
ambito nazionale ed internazionale, da ultimo l'approfondimento
condotto da RAM S.p.A. a maggio 2023 dedicato a «Il ruolo
dell'innovazione tecnologica digitale per la blue economy e per la
portualita' italiana».
88 Cfr. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare» Centro Studi
Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare, 2023.
89 Cfr. Regolamento UE 2019 del Parlamento europeo e del Consiglio 20
giugno 2019, n. 1239 che «istituisce un sistema di interfaccia unica
marittima europea e che abroga la direttiva 2010/65/CE».
90 Cfr. Paper R.A.M. - Logistica, Infrastrutture, Trasporti S.p.A.
dal titolo «Il ruolo dell'innovazione tecnologica digitale per la
blue economy e per la portualita' italiana» - maggio 2023, pp. 25 ss.
91 Cfr. ex multis «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» -
Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica
Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2014 (pag.
55), nonche' «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del
mare in una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia
strategica europea», Maggio 2022, pag. 206.
92 Inoltre, l'applicazione di tale procedura potrebbe fornire anche
la possibilita' di appositi servizi di c.d. "tracking" che
conseguentemente avrebbero un impatto positivo sia sulla sicurezza e
sul monitoraggio delle merci presenti nelle aree portuali sia sulla
"velocizzazione" delle connesse operazioni portuali.
93 Cfr. Articolo 56-ter, Sezione 15, rubricato «Aiuti a favore dei
porti marittimi», di cui al Regolamento UE della Commissione 14
giugno 2017, n. 1084 «che modifica il regolamento (UE) n. 651/2014
per quanto riguarda gli aiuti alle infrastrutture portuali e
aeroportuali [.]». Il tutto tenendo conto del principio secondo cui
le infrastrutture portuali sovvenzionate sono messe a disposizione
degli utenti interessati su base paritaria e non discriminatoria alle
condizioni di mercato.
94 Cfr. ex multis il parere del Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici ("CSLP") n. 44 del 2017 che ha chiarito che: (a) l'obiettivo
del PRP sia quello di tutelare la concorrenza; (b) il PRP rappresenta
una garanzia per gli investimenti e crea affidamento per il soggetto
concessionario.
95 In sostanza, quindi, ai sensi di quanto previsto anche dall'art. 5
della legge n. 84 del 1994, i PRP sono strumenti di autolimitazione
dell'AdSP nell'attivita' di assentimento delle concessioni demaniali.
96 Cfr. ex multis anche quanto contenuto nella delibera n. 130 del
2017 dell'Autorita' di Regolazione dei Trasporti avente ad oggetto la
conclusione del procedimento di verifica delle condizioni di
regolazione / accesso alle infrastrutture presso un importante scalo
nazionale.
97 In applicazione di quanto previsto dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77
(in G.U., 31 maggio 2021, n. 129), convertito, con modificazioni,
dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, recante la «Governance del Piano
nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento
delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle
procedure», all'articolo 6-bis, ha disposto che il MIT di concerto
con il MASE e MIC debba approvare il Piano nazionale dei dragaggi
sostenibili, anche sulla base della programmazione delle AdSP e delle
Regioni con particolare riferimento ai programmi finanziati dal PNC e
di ulteriori risorse europee, nazionali, regionali e delle medesime
AdSP.
98 Circostanza questa gia' evidenziata anche all'interno dello Studio
dal titolo: «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» -
Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica
Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2014 (pag.
82).
99 Sul punto, infatti, si osservi che la dotazione degli accosti
dotati di binari collegati e non collegati alla rete ferroviaria
risulta molto concentrata in poche AdSP e quasi tutte nel Nord. Le
AdSP meglio dotate di accosti collegati alla rete ferroviaria
risultano essere quelle del Mar Ligure Occidentale (15,2%), del Mar
Adriatico Settentrionale (44,7%) ed Orientale (10,2%). In termini
incidenza degli accosti dotati di binari collegati alla rete
ferroviaria su quelli totali si rileva nell'AdSP del Mar Ligure
Orientale (62,5%), dell'Adriatico Settentrionale (52,9%) e Centrale
(83,3%) e del Mare dello Stretto (50%). Trattasi pertanto di dati che
evidenziano la ridotta capacita' di sviluppare traffici intermodali
su ferrovia nella generalita' delle AdSP, pur con alcune rilevanti
eccezioni reperibili in quelle del Nord. Al tempo stesso, tuttavia, i
dati sugli accosti dotati di binari, ma non collegati alla rete
ferroviaria, potrebbero rappresentare delle opportunita' di
investimento per provvedere al loro allaccio (in tal senso cfr.
«Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in una
prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea»,
maggio 2022, pag. 91).
100 Il differenziale del costo "portuale" associato al trasporto
ferroviario delle merci da/per il porto rispetto alla concorrente
modalita' del trasporto su strada e', nella grande sostanza, quello
relativo all'espletamento del servizio di manovra ferroviaria da
parte delle societa' concessionarie. Tale costo disincentiva lo
sviluppo del trasporto ferroviario delle merci in ambito portuale,
incidendo significativamente nella componente dei costi fissi
dell'attivita' di impresa del singolo operatore di trasporto
multimodale e, di conseguenza, non agevola l'incremento della quota
ferroviaria del traffico portuale.
101 Ci si riferisce, in particolare, alla Decisione della Commissione
europea 3 marzo 2022, n. 1427 final in merito al regime di aiuto di
Stato adottato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia volto ad
incoraggiare il passaggio del traffico merci dalla strada alla
ferrovia o al trasporto per vie navigabili nella Regione
Friuli-Venezia Giulia. La Commissione europea ha ritenuto che tale
regime di aiuto di Stato fosse vantaggioso sia per l'ambiente sia per
il trasferimento modale da soluzioni di trasporto esclusivamente su
strada a soluzioni di trasporto meno inquinanti.
102 Posto che, a seguito delle previsioni contenute nel d.l. 17
maggio 2022, n. 50 e nella successiva legge di conversione, ha
modificato la precedente disciplina normativa nel senso di consentire
anche alle Autorita' di Sistema Portuale l'utilizzo delle CER per il
soddisfacimento delle esigenze energivore in ambito portuale. La
norma, peraltro, prescrive espressamente (art. 9, comma 2) che le
comunita' energetiche rinnovabili portuali siano istituite in
coerenza con il documento di pianificazione energetica e ambientale,
di cui all'articolo 4- bis, legge n. 84 del 1994, ai sensi del quale
le AdSP devono perseguire adeguati obiettivi, con particolare
riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2, definendo nel
documento gli indirizzi strategici per la implementazione di
specifiche misure al fine di migliorare l'efficienza energetica e di
promuovere l'uso delle energie rinnovabili in ambito portuale.
103 Cfr. Regolamento UE 1084 del 2017, articolo 56-ter.
104 Vds. «Le Comunita' Energetiche Portuali» - Diritto Pubblico
Europeo - Rassegna on-line - Fascicolo I, 2023, Prof. Avv. U. Patroni
Griffi.
105 Il tutto, al netto di una preliminare definizione degli aspetti
energetici, finanziari e giuridici (Cfr., ex multis, M. Caroli, «Le
Comunita' Energetiche: da fenomeno emergente a modello di
transizione», in M L. De Vidovich, L. Tricarico e M. Zulaniello,
«Community energy map, Una ricognizione delle prime esperienze di
comunita' energetiche rinnovabili» p. 13).
106 Il cui progetto, gia' previsto anche nell'alveo della Missione 3
del PNRR avente ad oggetto le «Infrastrutture per una mobilita'
sostenibile», ha l'obiettivo di finanziare interventi per
l'efficientamento energetico, la riduzione delle emissioni di CO2 e
di altre emissioni inquinanti nei porti per promuovere la
sostenibilita' ambientale delle attivita' portuali, anche a beneficio
delle aree urbane circostanti.
107 Vds. definizione IMO, secondo cui «[.] A green shipping corridor
is a shipping route on which zero-carbon emissions ships and other
emissions reduction programmes are deployed, and emissions reductions
are measured and enabled through public and private actions and
policies [.]». Vedasi altresi' i contenuti della «Green Shipping
Conference 2023» dell'IMO:
https://www.imo.org/en/About/Events/Pages/Green-Shipping-conference.a
spx.
108 Entro il 2025, infatti, dovrebbero essere istituiti i primi 6
"Green Corridors" ed entro il 2030 potrebbe raggiungersi la soglia
delle 200 navi cargo a zero emissioni. Il tutto, contestualizzando
tale dato, corrisponderebbe a circa il 5% dell'intera flotta oceanica
mondiale a zero emissioni.
109 Di cui al d.lgs. 8 novembre 2021, n. 197.
110 La cui vigenza in tutti gli Stati membri e' divenuta effettiva a
partire dal 24 marzo 2019.
111 Discorso di apertura della Presidente von der Leyen per
l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Universita' degli Studi di
Palermo, 23 febbraio 2023.
112 Nel 2021 l'approvvigionamento energetico nazionale e' stato
costituito come segue: 40,9% gas naturale; 32,9% petrolio e prodotti
petroliferi; 19,5% rinnovabili e bioliquidi; 3,6% combustibili
solidi; 2,4% energia elettrica; 0,8 % rifiuti non rinnovabili. Si
conferma, inoltre, la dipendenza dell'Italia da fonti di
approvvigionamento estere: nel 2021 la produzione nazionale di fonti
energetiche e' diminuita complessivamente del 3,4% mentre le
importazioni nette di energia sono aumentate dell'8,3%. (cfr.
Ministero della Transizione Ecologica, «La situazione energetica
nazionale nel 2021», luglio 2022).
113 Al momento l'Italia ha tre impianti di rigassificazione, uno
sulla terra ferma, in Liguria (Panigaglia), e due in mare, di fronte
le coste della Toscana (Livorno) e del Veneto (Porto Viro). Il
Governo ha deciso di potenziare la capacita' di rigassificazione
italiana aggiungendo altri due impianti, a Ravenna e a Piombino.
114 Nel 2022, a Taranto, e' stato inaugurato Beleolico, il primo
parco eolico marino del Mediterraneo, costituito da 10 turbine per
una potenza complessiva di circa 30 MW ed una conseguente produzione
stimata di oltre 58.000 MWh/anno, pari al fabbisogno energetico di
60.000 persone.
Tale parco e' stato assemblato nel porto di Taranto e poi installato
in mare nei pressi del Molo Polisettoriale. Un accordo tra la
societa' che gestisce l'impianto e l'AdSP MI consente a quest'ultima
di approvvigionarsi parzialmente dell'energia prodotta per le proprie
esigenze di consumo. In particolare, l'impianto fornira' energia al
porto di Taranto (almeno il 10%) e punta anche a fornire, attraverso
l'elettrolisi, idrogeno verde all'acciaieria ex Ilva e alla
raffineria Eni.
Altri tre progetti "storici", invece, sono ancora in fase di
negoziazione con le realta' locali (Sulcis, Canale di Sicilia e
Rimini).
115 Con la Comunicazione COM 19 novembre 2020, n. 741 final la
Commissione europea ha pubblicato una strategia per sfruttare le
energie rinnovabili offshore al fine di sostituire i combustibili
fossili e creare opportunita' industriali e posti di lavoro verdi. A
tal riguardo, secondo la Commissione europea, l'industria delle
energie rinnovabili del mare dovra' aumentare di 25 volte entro il
2050 per sostenere gli obiettivi del Green Deal in maniera che sia
compatibile con gli obiettivi della strategia dell'UE per la
biodiversita' e, al tempo stesso, in equilibrio con altre attivita'
come la pesca e l'acquacoltura. Al settore energetico offshore viene
riconosciuto dalla UE un ruolo potenziale fondamentale in un'economia
moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. Il
piano per l'obiettivo climatico 2030 della UE ha illustrato perche' e
come le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte di
almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e, per
questo, la strategia della Commissione europea per sfruttare le
energie rinnovabili offshore dichiara che sara' necessario accrescere
il settore dell'eolico offshore «. che secondo le stime richiedera'
meno del 3% dello spazio marittimo europeo e puo' pertanto essere
compatibile con gli obiettivi della strategia dell'UE sulla
biodiversita'». Il Mar Mediterraneo «. presenta un elevato potenziale
di energia eolica offshore (per lo piu' galleggiante), un buon
potenziale di energia del moto ondoso e un potenziale localizzato di
energia delle maree».
In merito a quanto precede, la strategia sulle energie rinnovabili
offshore afferma inoltre che «Tra le tecnologie delle energie
rinnovabili quelle offshore presentano il maggiore potenziale di
espansione. Sulla base dei 12 GW di capacita' eolica offshore
attualmente installata, la Commissione ritiene realistico e
realizzabile l'obiettivo di disporre entro il 2030 di una capacita'
installata di almeno 60 GW di energia eolica offshore e di almeno 1
GW di energia oceanica, in modo da raggiungere rispettivamente 300 GW
e 40 GW di capacita' installata entro il 2050.».
116 Ne e' un esempio il parco eolico flottante a largo delle coste
siciliane, il cui progetto prevede la realizzazione di 74
aerogeneratori da 15 MW ciascuno a 50 km da Mazara del Vallo. La
potenza complessiva e' di 1.100 MW a una distanza minima di circa 50
km dalla costa siciliana. Un ulteriore progetto riguarda la
realizzazione di un impianto eolico offshore al largo di Marsala,
costituito da 21 turbine da 12 MW ciascuna, per una capacita' totale
di circa 250 MW. Sempre in Sicilia, nell'estate 2022, sono stati
depositati altri due progetti per due parchi eolici offshore,
rispettivamente a Trapani e Porto Empedocle.
117 Il posizionamento delle pale eoliche in mare aperto permette di
intercettare la risorsa eolica laddove e' piu' abbondante e, quindi,
di massimizzare la produzione di energia, ridurre l'uso del suolo (1
progetto in mare sostituisce circa 20 progetti su terraferma),
limitare l'uso del terreno alle opere di connessione (di solito gia'
in zone industriali), minimizzare, data l'assenza di una fondazione
fissa, l'impatto ambientale durante tutte le fasi di vita
dell'impianto, ma anche quello visivo tipico degli impianti a terra e
le interferenze con le attivita' costiere, di navigazione e di pesca.
La struttura degli impianti galleggianti, rispetto alla versione
bottom fixed e terrestre, ha una serie di componenti strutturali
innovativi tra cui il floater: una base galleggiante con strutture
che raggiungono gli 80/100 m per lato e dal peso di 4000 t. Per
produrre in serie manufatti di tali dimensioni e' richiesta una
specifica competenza progettuale e tecnologica, oltre ad una diffusa
capacita' produttiva e finanziaria (ad esempio, per la produzione di
30 piattaforme galleggianti all'anno sono necessari oltre 120 mila
ton. di acciaio lavorato).
118 PNRR, Investimento 1.3: Promozione impianti innovativi (incluso
offshore).
119 Il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) e' inserito
all'interno di uno scafo galleggiante, il cui utilizzo ottimale e' in
mare aperto, anche in array. I primi impianti pilota sono stati
installati al largo di Ravenna e dell'isola di Pantelleria. Il REWEC3
(Resonant Wave Energy Converter - release 3) si inserisce all'interno
delle dighe portuali, trasformandole in infrastrutture 'attive',
capaci cioe' di produrre energia elettrica dalle onde, per porti
Green. I primi impianti pilota sono stati realizzati all'interno dei
porti di Civitavecchia e di Salerno. A Salerno e' in corso una
sperimentazione.
120 Secondo uno studio del 2020 del «Global Maritime Forum»,
organizzazione internazionale no-profit impegnata a disegnare il
futuro del commercio marittimo mondiale globale per uno sviluppo
economico sostenibile, «La portata degli investimenti cumulativi
necessari tra il 2030 e il 2050 per raggiungere l'obiettivo dell'IMO
[.] e' di circa 1-1,4 trilioni di dollari»
(https://www.globalmaritimeforum.org/news/the-scale-of-investment-nee
ded-to-decarbonize-international-shipping). Gran parte di queste
risorse e' legata agli investimenti nelle infrastrutture terrestri e
negli impianti di produzione di combustibili a basse emissioni di
carbonio, compresi lo stoccaggio, il bunkeraggio ed il trasporto; si
stima che il 10-15% di questi costi sia connesso direttamente con le
navi. Si tratta comunque di valutazioni in continua evoluzione ed
aggiornamento, altri studi stimano due o tre volte superiore,
rispetto alla cifra individuata dal Global Maritime Forum,
l'ammontare delle risorse da mettere in campo per la transizione
energetica del settore marittimo.
121 In tale contesto, sarebbe auspicabile valutare una estensione
della possibilita' di usufruire di incentivi fiscali anche per quei
volumi di bioGNL destinati alla navigazione internazionale, oltre che
nelle acque interne, massimizzando la penetrazione delle rinnovabili
nel settore marittimo.
122 Le regole IMO si applicano in modo uniforme all'intero settore
mondiale del trasporto e consentono di evitare l'alterazione della
concorrenza internazionale tra gli operatori, garantendo un ambiente
equo e regolato. Le misure introdotte dall'IMO hanno la
caratteristica di fissare gli obiettivi lasciando liberi gli
operatori di scegliere le soluzioni tecniche atte a conseguirli.
Questa "neutralita' tecnologica" costituisce un valore molto
importante perche' consente lo sviluppo di varie soluzioni che,
testate e validate sul piano operativo, vengono poi affidate alla
scelta dal mercato.
123 Avendo come riferimento il 2008, la suddetta strategia prevedeva
per il 2030 la riduzione di almeno il 40% dell'intensita' di
carbonio, per il 2050 la riduzione di almeno il 70% dell'intensita'
di carbonio e del 50% del valore assoluto delle emissioni di gas
serra, con l'obiettivo dichiarato di «emissioni zero il prima
possibile, entro la fine di questo secolo». Il 7 luglio 2023, gli
Stati membri dell'IMO, riuniti presso il Comitato per la protezione
dell'ambiente marino (MEPC 80), hanno adottato la Strategia IMO 2023
relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra delle navi, con
obiettivi rafforzati per affrontare le emissioni nocive. La strategia
riveduta dell'IMO sui gas a effetto serra include una maggiore
ambizione comune di raggiungere l'azzeramento delle emissioni nette
di gas a effetto serra del trasporto marittimo internazionale entro
il 2050, un impegno a garantire l'adozione di combustibili
alternativi a zero o quasi zero emissioni entro il 2030, nonche'
punti di controllo indicativi relativi alla strategia per il 2030 e
il 2040.
124 Anche a livello internazionale, con la pubblicazione di studi e
analisi sempre piu' completi e approfonditi, si sta prendendo
coscienza di come il CII, voluto dall'IMO, rischi non solo di non
raggiungere l'ambizioso traguardo di una riduzione dell'impronta
carbonica del trasporto marittimo, ma anzi di essere in tal senso
controproducente.
125 Da ultimo il rapporto «Decarbonizzazare i trasporti. Evidenze
scientifiche e proposte di policy», a cura della struttura per la
transizione ecologica della mobilita' e delle infrastrutture del
MIMS, aprile 2022.
126 «The aviation and maritime sectors and the EU-ETS: challenges and
impacts» (2021)
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/690886/IPOL_S
TU(2021)690886 EN.pdf
127 Parere della Commissione TRAN del Parlamento europeo, adottato il
14 maggio 2022
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TRAN-AD-704649_EN.pdf
128 Vds. Article 20 FuelEU Maritime Regulation: «Member States should
shall endeavour to ensure that the revenues generated from FuelEU
penalties, or the equivalent in financial value of those revenues,
are used to support the rapid deployment and use of renewable and low
carbon fuels in the maritime sector, by stimulating the production of
greater quantities of renewable and low carbon fuels for the maritime
sector, facilitating the construction of appropriate bunkering
facilities or electric connection ports in ports, and supporting the
development, testing and deployment of the most innovative
technologies in the fleet to achieve significant emission
reductions».
129 Durante la sosta il lavoro di trasporto e' nullo, perche' e'
nulla la distanza percorsa; tuttavia, allo stesso momento la nave
continua a bruciare combustibile per alimentare i servizi di bordo
necessari alla propria agibilita' e sicurezza. Questa fase di sosta
penalizza fortemente il calcolo del CII e due navi assolutamente
simili - o addirittura la stessa nave in condizioni operative diverse
- possono ottenere dei valori del CII molto diversi tra loro.
130 Al contrario, soprattutto il bio-diesel potrebbe essere allo
stato attuale l'unica via percorribile per iniziare immediatamente ad
abbattere l'impronta di carbonio di una larghissima parte delle
flotta esistente, in attesa che per i fuel alternativi emergenti
siano resi disponibili adeguati livelli di produzione e
distribuzione, tenendo anche conto che i tempi di sostituzione delle
flotte saranno necessariamente pluridecennali, per ragioni tecniche,
economiche e di capacita' produttiva della cantieristica mondiale.
131 I primi fuel distillati come l'MDO o residuali come l'HFO, sono
largamente preponderanti ma le navi alimentate con l'LNG (Liquefied
Natural Gas) stanno crescendo in numero ed in dimensione.
132 Attualmente sono presenti ed operativi sul territorio nazionale
due depositi di GNL (Oristano e Ravenna) e tre terminali di
rigassificazione (Rovigo, Livorno, Panigaglia), questi ultimi non
sono ancora in grado di fornire servizi di bunkeraggio ma sono in
corso progetti in fase avanzata di adeguamento di tali infrastrutture
per poter garantire servizi di small scale e di reloading, per
soddisfare la domanda dei mezzi navali alimentati a GNL.
133 Rispetto all'utilizzo di un combustibile tradizionale, tenendo
conto del contenuto energetico dei diversi fuel, il calcolo porta ad
una diminuzione dell'ordine del 25% della CO2 emessa, consentendo
alla nave di rispettare piu' facilmente le sempre piu' stringenti
normative in materia di emissioni di CO2. Da un punto di vista
ambientale, l'utilizzo di gas liquefatti come GNL e GPL consente di
traguardare importanti riduzioni delle emissioni di altre sostanze
inquinanti, con riduzioni fino al 90% delle emissioni di PM, NOx ed
SOx. L'impronta carbonica dei prodotti risulta ancor piu' rilevante
se si considera che la futura disponibilita' di prodotti bio e
rinnovabili (bioGPL, bioGNL, dimetiletere rinnovabile) sara'
direttamente implementabile sia nell'infrastruttura logistica
(stoccaggio e distribuzione) sia negli apparecchi utilizzatori, senza
necessita' di apportare alcun tipo di adeguamento significativo. Lo
sviluppo delle filiere bio e rinnovabili, inoltre, consentira' di
attivare importanti sinergie industriali in ottica di economia
circolare, valorizzando ancor piu' il comparto marittimo in un
approccio di sistema integrato.
134 L'edizione 2022 dello studio «Maritime Forecast to 2050» del
Det-Norske-Veritas riporta che il numero di navi in servizio
alimentato a GNL e' pari a 923 unita', equivalenti al 5,39% del
tonnellaggio mondiale.
135 La riduzione di velocita', con una conseguente amplificata
riduzione dei consumi, e' uno dei pochi parametri attraverso cui in
molti casi si puo' agire per diminuire l'impronta di carbonio di una
nave. Occorre osservare che la riduzione di velocita' implica, a
parita' di domanda di trasporto, l'inserimento sulla linea di altra
capacita' di carico, ossia di altre navi. In questo modo si rischia
che, per rendere compliant alla norma la singola nave, se ne riduca
la velocita' in una misura tale che sia necessario inserire una
seconda unita' nella stessa linea, con un risultato positivo per la
singola nave ma negativo per l'ambiente.
136 Da un lato, sia il bio-gas sia il bio-diesel possono essere
bruciati nei motori esistenti miscelandoli (drop-in) al gas naturale
liquefatto o al diesel tradizionali. Dall'altro, prelevando il
carbonio dall'atmosfera e non dal sottosuolo questi fuel risultano
carbon-neutral ed in qualche caso addirittura carbon-negative;
pertanto, addizionando ad esempio il 30% di bio-diesel al diesel
fossile si potrebbe ottenere una riduzione anche del 30%
dell'impronta di carbonio della nave, utilizzando processi produttivi
che utilizzino energie rinnovabili.
137 I biocarburanti si differenziano in via generale in tre categorie
distinte: (a) di prima generazione - quelli che vengono prodotti con
l'utilizzo di materie prime e destinati, solitamente,
all'alimentazione umana o animale. Esistono giustificate perplessita'
rispetto all'utilizzo di queste biomasse ai fini della produzione di
biofuels perche' potrebbero distruggere le filiere alimentari
soprattutto dei Paesi poveri ed in via di sviluppo; (b) di seconda
generazione - derivano da biomasse non in competizione con il ciclo
agroalimentare, quindi non destinate all'alimentazione dell'uomo e
degli animali, ossia provenienti da colture di suoli aridi e
semiaridi e prodotti con tecniche che non comportano sottrazione di
terreno agricolo alla produzione alimentare o cambi di destinazione
agricola; (c) di terza generazione (biocarburanti avanzati) -
prodotti dagli scarti industriali, rifiuti organici, biomasse
lignocellulosiche, sottoprodotti agricoli, scarti industriali. Tali
sono ad esempio i biocombustibili gassosi come biometano prodotto
dalla filiera della digestione anaerobica di rifiuti organici.
138 HSFO (High Sulphur Fuel Oil) e VLSFO (Very Low Sulphur Fuel Oil)
sono prodotti residuali della distillazione del petrolio, mentre MGO
(Marine Gas Oil) ed MDO (Marine Diesel Oil) sono prodotti distillati.
139 Si pensi al ruolo degli agri-hub nei progetti ENI avviati in
Africa.
140 FAME (Fatty Acid Methyk Ester) deriva da lipidi come oli vegetali
(ad esempio olio di palma, olio di soia, olio di colza), grassi
animali (ad esempio olio di sego) e olio da cucina usato; ha
un'impronta di un carbonio well-to-wake che e' circa il 50% rispetto
a quella dell'MGO (38-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ.
141 HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) e' prodotto dalla stessa
biomassa di FAME ma puo' essere prodotto anche da colture residuali e
rifiuti industriali e agricoli; a seconda della biomassa utilizzata
puo' avere un'impronta di carbonio well-to-wake inferiore al 10% di
quella dell'MGO (8-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ.
142 Interim guidance on the use biofuels under regulations 26, 27 and
28 of MARPOL Annex VI (DCS and CII) (IMO MEPC.1/Circ.905).
143 Come sottolineato nei precedenti paragrafi, i regolamenti europei
FuelEU Maritime e AFIR, entrambi in fase finale di approvazione,
stabiliscono obblighi di utilizzo per le navi passeggeri e
porta-container e di dotazione infrastrutturale nei grandi porti
europei della rete TEN-T del cold ironing.
144 Per arrivare all'idrogeno verde occorre che l'energia elettrica
necessaria per l'elettrolisi dell'acqua, tramite la quale si ottiene
l'idrogeno, sia prodotta senza alcuna emissione di anidride
carbonica, quindi attraverso parchi eolici o solari, impianti
idroelettrici o di sfruttamento delle maree, quindi attraverso
energie rinnovabili, oppure attraverso l'energia nucleare.
145 Come sottolineato in vari documenti della Commissione europea,
«la vendita all'asta delle quote (ETS) genera entrate considerevoli»
che gli Stati membri sono tenuti ad impiegare nell'azione per il
clima, nella trasformazione energetica e nell'innovazione
tecnologica.
146 In Italia, la disciplina nazionale delle aste per le quote di
emissione CO2 e' attualmente contenuta nel decreto legislativo 9
giugno 2020, n. 473, di recepimento della Direttiva UE 14 marzo 2018,
n. 410 che modifica la Direttiva ETS. Tale disciplina sara' oggetto
di revisione a seguito dell'atto di recepimento nel diritto interno
delle modifiche introdotte dalla nuova Direttiva n. 959 del 2023.
L'articolo 4, comma 1 del d.lgs. 9 giugno 2020, n. 47 disciplina il
Comitato nazionale ETS quale Autorita' nazionale competente per
l'attuazione delle disposizioni della Direttiva ETS. Ai sensi del
medesimo articolo, il Comitato e' composto da dieci membri con
diritto di voto, di cui tre del Ministero dell'Ambiente (compreso il
Presidente del Comitato), tre del Ministero dello Sviluppo Economico,
uno del Ministero della Giustizia con diritto di voto esclusivamente
sulle questioni inerenti l'attivita' sanzionatoria, tre del Ministero
dei Trasporti e delle Infrastrutture (di cui due appartenenti
all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC)) con diritto di voto
esclusivamente sulle questioni inerenti al trasporto aereo.
147 Regolamento UE n. 1380 del 2013
148 Artt. 38 e ss. 44 TFUE
149 Tra queste, a titolo di esempio si segnalano: normativa relativa
alle visite mediche dei marittimi, sproporzione delle tabelle
medicinali di bordo, irreperibilita' di medicinali e delle bombole
ossigeno medicale di bordo.
150 La disciplina lavoristica del settore vede la coesistenza di
normative internazionali ed europee, in aggiunta al complesso quadro
normativo italiano. In ambito internazionale, caposaldo della
disciplina del lavoro marittimo e' la Maritime Labour Convention del
2006, la quale presenta un quadro normativo di base applicabile nella
quasi totalita' dei contesti marittimi nazionali. Nella disciplina
internazionale si inserisce una normativa nazionale speciale del
lavoro marittimo estremamente regolata, affidata a diverse
Amministrazioni facenti capo a differenti dicasteri, ed in molti casi
non piu' adeguata alle dinamiche legate all'attivita' di navigazione
moderna e alla relativa gestione del rapporto di lavoro.
151 Si fa riferimento, in particolare, (i) alle procedure di
convalida degli imbarchi e sbarchi dei marittimi, delle carte di
bordo, dei registri dell'orario di lavoro, ancora obbligatoriamente
cartacee, (ii) alle procedure di arruolamento del personale marittimo
(artt. 328 e 329 cod. nav.), con la quale, sulla base della positiva
esperienza maturata nel periodo pandemico, si propone di unificare in
un'unica disposizione, equiparandole, la procedura per la
stipulazione delle convenzioni di arruolamento in Italia e quella per
la stipulazione delle convenzioni di arruolamento all'estero, facendo
sempre salva la specialita' del contratto di arruolamento e la
solennita' della forma prevista dalle vigenti disposizioni, (iii)
alle procedure di impiego dei marittimi su mezzi dello stesso tipo,
appartenenti al medesimo armatore, adibiti al servizio nell'ambito
dei porti e delle rade o a servizi pubblici di linea o privati di
carattere locale e nazionale, anche rientranti sotto la competenza di
autorita' marittime diverse.
152 La specialita' della materia emerge con particolare evidenza
dalla questione relativa all'incremento del contributo addizionale
NASpI, dovuto nei casi di rinnovo del contratto di lavoro a tempo
determinato, la cui attribuzione e' finalizzata a disincentivare
l'abuso della forma del contratto a termine. Da piu' parti si segnala
la necessita' che venga chiarita al piu' presto l'inapplicabilita' ai
contratti di arruolamento di cui all'art. 325 cod. nav. proprio in
virtu' della specialita' della materia e posto che il rapporto di
lavoro marittimo risulta strutturalmente caratterizzato da
discontinuita', secondo una logica di avvicendamento tra imbarchi e
sbarchi sull'unita' navale.
153 Cfr. «Rapporto Shipping Industry Italia - Il contributo della
Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021.
154 Si fa riferimento, ad esempio, a direttori e ufficiali di
macchina, ufficiali elettrotecnici, elettricisti, operai meccanici,
carpentieri, ottonai, tankisti, cuochi equipaggio, etc. Nella
stagione estiva emerge anche una forte carenza di personale
alberghiero.
155 Si fa riferimento, nello specifico, all'allegato al d.p.r. 231
del 2006 che disciplina i requisiti di accesso alle professioni del
mare nonche' alla legge 4 agosto 1955, n. 727e al d.p.r. 14 luglio
1957, n. 1065 che disciplinano l'accesso alla professione del cuoco
di bordo.
156 E' il noto Regolamento recante le norme degli uffici di
collocamento della gente di mare.
157 Misure meritoriamente introdotte dal recente decreto-legge 4
maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3
luglio 2023, n. 85 che all'art. 36 comma 1-bis implementa alcune
importanti forme di sostegno finanziario alla formazione iniziale del
personale marittimo. In particolare, il presente disposto normativo
ha previsto che al fine di incrementare la sicurezza del trasporto
marittimo e' istituito, nello stato di previsione del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, un fondo con una dotazione di 1
milione di euro per l'anno 2023 e di 2 milioni di euro per ciascuno
degli anni dal 2024 al 2026, destinato all'erogazione di contributi
alle imprese armatoriali per la formazione iniziale del personale
impiegato sulle navi, con particolare riferimento alle figure
professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina e
camera.
158 La recente legge n. 85 del 2023, di conversione del d.l. n. 48
del 2023 "Lavoro", ha istituito un fondo di un milione di euro per il
2023 e due milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 destinato
all'erogazione di contributi alle imprese armatoriali per la
formazione iniziale del personale, con particolare riferimento alle
figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina
e camera.
159 Nell'ambito della riconosciuta specialita' del lavoro marittimo,
ed in considerazione della natura complessa ed estremamente tecnica e
faticosa che caratterizza l'attivita' lavorativa condotta a bordo del
mezzo navale, il Piano del mare riconosce l'opportunita' di valutarne
l'inserimento all'interno dell'elenco dei lavori usuranti.
160 La convenzione STCW dell'IMO e' una delle quattro principali
convenzioni marittime su scala mondiale. Le altre tre sono la
Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in
mare (SOLAS), la Convenzione internazionale sulla prevenzione
dell'inquinamento marino (MARPOL) e la Convenzione sul lavoro
marittimo (MLC). Nel gennaio del 2006 e' iniziata una revisione
generale della Convenzione STCW, culminata nella conferenza dei
Contraenti della Convenzione STCW, (Manila, 2010) nella quale sono
stati approvati, tra gli altri, una serie di emendamenti che
aggiornano, anche alla luce delle nuove tecnologie, gli standard di
competenza richiesti e introducono nuovi requisiti
per l'addestramento e la certificazione.
161 L'art. 8 rubricato «Viaggi costieri» del d.lgs. n. 71 del 2015 al
comma 1 dispone che:
- «[.] Le disposizioni del presente decreto si applicano anche ai
lavoratori marittimi che prestano servizio a bordo di navi battenti
bandiera italiana, adibite alla navigazione costiera»; e al comma 2:
- «[.] Con provvedimenti dell'autorita' competente di cui
all'articolo 3, comma 1, possono essere determinate disposizioni piu'
favorevoli, che soddisfano le disposizioni della sez. A/1-3 del
codice STCW, in materia di istruzione e formazione per i lavoratori
marittimi che prestano la propria opera a bordo di unita' adibite
esclusivamente a viaggi costieri. [.]».
162 Sul punto si osserva che nel 2018, a seguito di una procedura
d'infrazione aperta nei confronti dell'Italia dalla Commissione nel
2017 su specifici rilievi posti dall'EMSA che riguardavano la
corretta attuazione della direttiva 2008/106/CE del Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, il Ministero ha dovuto
integrare il percorso professionale per la navigazione costiera per i
marittimi in possesso delle abilitazioni di coperta (soprattutto gli
ufficiali) impiegati su unita' con stazza uguale o superiore a 500 GT
(vds. Decreto ministeriale del MIT del 22 novembre 2018 allegato).
163 In coerenza con gli obiettivi stessi posti dal PNRR, il quale ha
definito come prioritaria la formazione continua e competitiva delle
professionalita' impiegate nei settori maggiormente coinvolti dal
profondo processo di evoluzione tecnologica oggi in corso. Da questo
punto di vista, l'esperienza nell'utilizzo dello strumento del Fondo
Nuove Competenze ha dimostrato il valore del modello.
164 Introdotti nel nostro ordinamento con d.p.c.m. 25 gennaio 2008,
gli ITS hanno rappresentato la prima esperienza in Italia di
un'offerta formativa post-secondaria e non universitaria,
professionalizzante, simile a diversi modelli consolidati e gia'
presenti in altri Paesi UE, quali le Fachhochschule ("scuola tecnica
superiore") tedesche o il Brevet Technicien Superieur ("licenza di
tecnico superiore") francese. Questa tipologia di istituto, in ambito
europeo, e' accomunata dalle caratteristiche di: 1. cercare di
favorire l'inserimento diretto nel mondo del lavoro; 2. rispondere
alla richiesta delle aziende di personale con formazione terziaria
non universitaria, dotato di esperienza pratica; 3. essere il
naturale proseguimento di un precedente percorso formativo svolto in
alternanza scuola-lavoro; 4. permettere anche la formazione continua
di professionisti gia' impiegati.
165 Detto elemento, basato su un approccio alla formazione anche di
tipo esperienziale a bordo delle navi, ha dimostrato la propria
efficacia sia nel consolidamento delle competenze tecniche oggetto
dell'erogazione della formazione, sia dal punto di vista, forse
ancora piu' rilevante, dell'attrattivita' delle opportunita' di
carriera nel settore marittimo in fase di orientamento professionale
degli studenti che si affacciano al mondo del lavoro.
166 ITS come: ITS BACT - Tecnologie Innovative per i Beni e le
Attivita' Culturali e Turistiche, Tecnico Superiore per il Turismo
Crocieristico Internazionale, Tecnico superiore responsabile delle
produzioni e delle trasformazioni agrarie, agro-alimentari e
agro-industriali nell'ambito della cucina di bordo.
167 Y&B il corso per diventare Tecnico con conoscenza di tutto il
ciclo produttivo di un cantiere nautico, YAS per specializzarsi nella
gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e apparati, MYM
per diventare esperto nella gestione delle Marine o PTP Super Yacht
Academy.
168 Cfr. C.C.N.L. dei Lavoratori dei porti.
169 Vale a dire l'indennita' di mancato avviamento.
170 Marinaio autorizzato alla pesca, Meccanico motorista, Meccanico
navale di 2^ classe, Motorista abilitato, Capobarca per la pesca
costiera.
171 Cfr. art. 3, d.lgs. (CpS) 12 agosto 1947, n. 869, recante «Nuove
disposizioni sulle integrazioni salariali».
172 Il Piano si svilupperebbe secondo due obiettivi cardine, quali
sono il necessario consolidamento dei processi di diversificazione
delle forniture energetiche, nell'ottica di un'eliminazione totale
della dipendenza italiana dal Gas di provenienza russa entro il
periodo 2024/2025, e la qualificazione dell'Italia in Europa come hub
energetico di riferimento per il Mediterraneo.
173 Dal punto di vista delle conoscenze sui georischi marini,
l'Italia e' particolarmente avanzata. In quest'ambito, si segnala il
progetto MAGIC («MArine Geohazard along the Italian Coasts»),
condotto dal Dipartimento di Protezione Civile negli anni 2007-2013,
finalizzato alla mappatura dei lineamenti di pericolosita' dei mari
italiani. Tale iniziativa, che ha coinvolto l'intera comunita' degli
istituti di ricerca operanti nel campo della geologia marina, con un
budget superiore ai 7 milioni di euro, ha rilevato come nei nostri
mari i lineamenti di pericolosita' siano estremamente frequenti. In
particolare, sono stati individuati oltre 200 "Punti di Criticita'",
successivamente classificati e gerarchizzati in collaborazione con il
Dipartimento di Protezione Civile, selezionando 18 testate di canyon,
8 frane, 3 lineamenti tettonici, 3 apparti vulcanici e 3 aree con
fuoriuscita di fluidi in cui le condizioni di pericolosita' sono
state ritenute particolarmente gravi. I risultati della mappatura non
solo hanno evidenziato la rilevanza del fenomeno ma gia'
costituiscono uno strumento operativo per l'individuazione di
lineamenti responsabili di eventi futuri e di definizione della
situazione ex ante per la comprensione dei cambiamenti intervenuti.
174 Tale monitoraggio e' possibile, ad esempio, attraverso rilievi
batimetrici ripetuti nel tempo integrati dall'analisi di immagini
satellitari ad alta risoluzione.
175 Si fa riferimento, ad esempio, al progetto MAGIC, menzionato
nella nota 174.
176 A titolo di esempio si puo' citare il porto di Gioia Tauro, uno
dei piu' grandi porti per container del Mediterraneo e principale
entry point per soccorsi via nave in caso di evento sismico in
Calabria, il cui ingresso e' situato in prossimita' (poche decine di
metri) della testata del Canyon sottomarino.
177 La messa a punto di strumentazioni per il monitoraggio di aree
critiche (ad es. strutture portuali soggette a cedimenti o versanti
potenzialmente suscettibili di instabilita' gravitativa, come nel
caso della Sciara del Fuoco a Stromboli) e' fondamentale per a)
individuare eventi di instabilita' sottomarina in concomitanza con
eventi sismici rilevati dalla rete sismica e/o di eruzioni
vulcaniche, al fine di definirne la signature; b) individuare
possibili segnali precursori di eventi di instabilita' specie se ad
alto potenziale tsunami-genico; c) analizzare e registrare processi
erosivo/deposizionale attivi a fondo mare, eventualmente correlandoli
ad eventi meteomarini o di piena fluviale di elevata intensita'.
178 I Laboratori Nazionali del Sud (LNS) sono uno dei quattro
laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con sede a
Catania. Svolgono diverse attivita' legate alla fisica e alla fisica
delle particelle. Per l'Astrofisica Particellare e' in costruzione
una grande infrastruttura di ricerca sottomarina (KM3NeT) per la
rivelazione di neutrini presso una sede dei LNS situata a Portopalo
di Capo Passero (SI). KM3NeT e' il piu' grande telescopio sottomarino
mai realizzato. L'osservatorio sottomarino consentira' agli
scienziati di identificare le sorgenti dei neutrini di alta energia
provenienti da eventi catastrofici nell'universo, e di studiare le
proprieta' fondamentali di queste particelle, le piu' elusive che si
conoscano perche' interagiscono pochissimo con la materia e, proprio
per questo, per osservarle sono necessari rivelatori di grandi
dimensioni.
Ai LNS sono inoltre operativi una sala di irraggiamento per la
proton-terapia (CATANA), un laboratorio per i beni culturali
(LANDIS), un laboratorio per la radioattivita' ambientale e altri
laboratori per attivita' multidisciplinari (fotonica, biologia,
chimica, ecc.).
179 Vds. Direttiva CE n. 56 del 2008.
180 La posizione dell'osservatorio e' strategica anche per la sua
vicinanza al vulcano Etna. L'interpretazione delle misure geofisiche
prese a mare alla profondita' di 2000 metri, congiuntamente
all'analisi dei dati rilevati dalle stazioni geofisiche a terra,
contribuiscono a migliorare la conoscenza del vulcano.
181 Istituita nel 1994 in base alla Convenzione delle Nazioni Unite
sul diritto del mare (UNCLOS), l'International Seabed Authority, ISA)
si occupa di amministrare, per conto degli Stati membri, le risorse
minerarie dei fondali marini dell'Area, nonche' di assicurare che
l'ambiente marino sia protetto nello svolgimento di queste attivita'
e infine che la ricerca scientifica marina e la conoscenza dei
fondali vengano promosse.
182 Inoltre, l'Italia ha contribuito ai lavori della commissione
tecnico legale in tutte le fasi piu' rilevanti delle attivita'
dell'ISA, da quelle organizzative del suo funzionamento, alla
redazione dei regolamenti di esplorazione sino alla preparazione del
codice di sfruttamento. Esperti italiani provenienti a diverse
discipline sono, infatti, stati eletti membri della Commissione sin
dal 1997.
183 In questo contesto, si ricorda la disciplina internazionale che
regola la posa dei cavi sottomarini, in particolare la Convenzione di
Montego Bay del 1982 sul diritto del mare, che distingue le regole
esistenti per il mare territoriale da una parte, e la Zona economica
esclusiva e il mare internazionale dall'altra. Per il mare
territoriale (fino a 12 miglia dalla linea di base) la posa di cavi
sottomarini cosi' come il collegamento con le infrastrutture
terrestri puo' avvenire solo con il consenso dello Stato
territoriale, che ne disciplina anche il percorso della posa nonche'
le modalita' di protezione. Nella zona economica esclusiva (fino a
200 miglia nautiche dalla linea di base) vige il principio della
liberta' della posa dei cavi sottomarini. Sebbene lo Stato
territoriale possa richiedere di approvarne il tracciato (affinche'
non interferisca con le attivita' di pesca o sfruttamento minerario
del sottosuolo), non ha facolta' di porre un divieto sulla posa dei
cavi nei confronti di altri Stati. In alto mare, infine, si afferma
il principio di totale liberta' di posa dei cavi sottomarini.
184 Il territorio insulare italiano e' pari a circa 49.798 km²,
mentre il territorio nazionale totale ricopre una superficie di circa
301.278 km², vds. EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e
Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023.
185 Il calcolo ricomprende anche le isole dell'arcipelago spezzino e
l'Asinara, sostanzialmente disabitate o, comunque, con una
popolazione inferiore a 50 unita'. Queste isole sono dette "minori"
in quanto hanno tutte una superficie inferiore ai 1.000 km². Esse
occupano un'area complessiva di oltre 800 km², di cui 224 sono di
pertinenza dell'Isola d'Elba - la piu' grande - seguita da
Sant'Antioco (115,6 km²) e Pantelleria (84,5 km²); solo altre tre
sono al di sopra dei 40 km² (San Pietro, Asinara, Ischia) mentre le
restanti sono piu' piccole. Non tutte le isole minori sono abitate;
lo sono poco meno di 30 per un totale di abitanti inferiore a 200mila
unita' (poco piu' dello 0,3% della popolazione italiana). Fatta
eccezione per Ischia (oltre 62mila abitanti) e l'Isola d'Elba (31mila
abitanti circa), tutte le altre isole minori hanno una popolazione
inferiore ai 15mila abitanti. Possono cosi' individuarsi 2 gruppi: il
primo, che comprende quelle con un numero di abitanti superiore a
10mila, e' composto da Capri, Sant'Antioco, le Isole Eolie nel loro
insieme, la Maddalena e Procida; il secondo, piu' consistente,
raggruppa le isole con meno di 10mila abitanti: Pantelleria, le
Pelagie, San Pietro, le Egadi, Ponza, Salina, il Giglio e Ustica.
Infine, ci sono realta' che hanno meno di 1.000 abitanti (Ventotene,
le Tremiti e Capraia). Ivi, 4.
186 Ivi, 5.
187 Il Fondo e' destinato a finanziare progetti di sviluppo
infrastrutturale o di riqualificazione del territorio di Comuni
ricompresi nell'ambito delle isole minori, cosi' come individuate
dalla legge n. 448 del 2001.
188 Legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023».
189 In questi termini A. Gallia - S. Malatesta, «Le isole minori
italiane nelle missioni del PNRR. Una visione sul futuro», in
Documenti geografici, 2022, 161 e ss, DOI: 10.19246
https://www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/349
190 V. art. 1 c. 494 l. 197 del 2022 (bilancio per l'anno 2023) ed il
successivo comma 495 che prevede: «Il fondo di cui al comma 494 e'
destinato al finanziamento di interventi per la mobilita' dei
cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna».
191 In tal modo, nell'ottica di una internazionalizzazione della
telemedicina, la Sicilia diventerebbe una sorta di cerniera tra
l'Europa, il Continente africano ed il Medio Oriente. Dallo sviluppo
della Telemedicina con il suo impiego nelle emergenze sanitarie
attraverso il sistema satellitare e' naturale ricavarne un modello
validato, snello ed appropriato esportabile e condivisibile con altre
realta' sanitarie quali quelle dei Paesi del Nord Africa, ma anche
del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente dove le criticita'
sanitarie sono strettamente correlate al loro contesto sociale, allo
stato di poverta' o di carenza scolastica, oltre ai problemi di
natura politica ed ai conflitti etnico-religiosi. In tal modo, la
Sicilia diventerebbe un collante di promozione culturale, sanitaria e
sociale, quindi di sviluppo sociale di nazioni in stato di
precarieta' economica e sociale.
192 L'innovazione tecnologica in sanita' pubblica con la creazione e
l'implementazione della telemedicina e del monitoraggio da remoto
nelle aree disagiate, sulle imbarcazioni, nei porti favorisce nel
cittadino la cultura della sicurezza delle cure, ne migliora la
fiducia nei confronti del SSN ed e' elemento di garanzia e
motivazione per implementare la scelta di viaggi culturali, ma anche
per il turismo sportivo, ecc. e, di riflesso per la conoscenza ed
interesse per il mare, per le aree protette e per la tutela delle
stesse. Molti cittadini oggi, soprattutto di fasce d'eta' piu'
elevate o affette da patologie croniche e' costretto a scegliere le
mete turistiche soprattutto in correlazione ai servizi sanitari
presenti sul luogo.
193 Vds. in tale contesto il d.lgs. n. 71 del 2015, recante
«Attuazione della direttiva 2012/35/UE, che modifica la direttiva
2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente
di mare» che gia' prevede la possibilita' di agevolare percorsi
semplificati - nell'ambito delle norme stabilite dalle convenzioni
internazionali - per i marittimi che svolgono il proprio lavoro a
bordo delle navi impegnate nei viaggi costieri.
194 Il costo della formazione e della certificazione professionale
del personale marittimo e' un tema attuale, in parte affrontato dal
Governo con il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (d.l. Lavoro),
recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo
del lavoro poi convertito con modificazioni con legge 3 luglio 2023,
n. 85.
195 In questo senso anche il «Rapporto dell'Osservatorio isole
sostenibili, Le sfide della transizione ecologica nelle isole
minori», edizione 2023.
196 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023.
197 Ibidem.
198 Vds. il Libro Bianco sull'Energia - Ancim, Nov 2019.
199 Dati Osservatorio isole sostenibili, Le sfide per le isole minori
e le buone pratiche dal mondo, edizione 2022.
200 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023.
201 Ibidem.
202 Le linee marittime interessate a questi servizi, classificati di
"corto raggio", riguardano - per lo piu' - servizi marittimi regolari
connotati da obblighi di servizio pubblico e, in alcuni casi,
disciplinati da contratti di servizio pubblico. L'eta' media dei
mezzi Ro-Pax si attesta ad oltre i 35 anni, mentre quella delle
unita' veloci e' superiore ai 25 anni. In termini di stazza lorda, su
un totale di circa 225.000 TSL, l'89% circa e' costituito da unita'
Ro-Pax e il restante 11% da unita' veloci.
203 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023.
204 Ibidem.
205 Fonte «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare», Centro
Studi Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare.
206 Deloitte &Touche, Universita' di Genova e Universita' di Amburgo.
207 Direttiva CE del Parlamento Europeo e del consiglio 12 dicembre
2006, n. 123.
208 IPCC, 2021: Climate Change 2021: The Physical Science Basis.
Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the
Intergovernmental Panel on Climate Change [Masson-Delmotte, V., P.
Zhai, A. Pirani, S.L. Connors, C. Pean, S. Berger, N. Caud, Y. Chen,
L. Goldfarb, M.I. Gomis, M. Huang, K. Leitzell, E. Lonnoy, J.B.R.
Matthews, T.K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu, and B. Zhou
(eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and
New York, NY, USA, 2391 pp. doi:10.1017/9781009157896. IPCC, 2022:
Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability.
Contribution of Working Group II to the Sixth Assessment Report of
the Intergovernmental Panel on Climate Change [H.-O. Pörtner, D.C.
Roberts, M. Tignor, E.S. Poloczanska, K. Mintenbeck, A. Alegria, M.
Craig, S. Langsdorf, S. Löschke, V. Möller, A. Okem, B. Rama (eds.)].
Cambridge University Press. Cambridge University Press, Cambridge, UK
and New York, NY, USA, 3056 pp., doi:10.1017/9781009325844.
209 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al
Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato
delle Regioni «Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici
- La nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti
climatici». Bruxelles, 24.2.2021 COM(2021) 82 final.
210
https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/clima/s
trategia adattamentoCC.pdf. La Strategia, con i tre rapporti che la
supportano, rappresenta un primo quadro di riferimento per
l'adattamento nazionale e fornisce obiettivi, principi ed un set di
azioni settoriali ed intersettoriali di adattamento.
211 Cfr.
https://climate-adapt.eea.europa.eu/en/knowledge/tools/adaptation-sup
port-tool.
212 Eventi di mareggiate e acqua alta eccezionale a Venezia descritti
in Il clima in Italia nel 2022, Report SNPA 36/2023.
213 Cfr. IPCC FAQ 5.1: How is life in the sea affected by climate
change' https://www.ipcc.ch/srocc/about/faq/final-faq-chapter-5
214 Vds. Il clima in Italia nel 2022, Report SNPA 36/2023: stime
aggiornate della temperatura dei mari italiani.
215 Trae fondamento sia dal Trattato sul funzionamento dell'Unione
europea (art. 174) sia dalla Costituzione italiana (art. 3, comma 2,
e art. 119, comma 5) che richiedono interventi specifici per favorire
uno sviluppo armonico e una rimozione degli squilibri economici e
sociali. La politica di coesione e' promossa e sostenuta dall'UE con
i Fondi strutturali che finanziano programmi con una gestione
condivisa tra Stato membro e Commissione.
216 La finalita' degli interventi CTE consiste nel promuovere la
collaborazione tra i territori dei diversi Stati membri mediante lo
sviluppo di azioni congiunte, scambi di esperienze e costruzione di
reti tra attori nazionali, regionali e locali per contribuire allo
sviluppo economico, sociale e territoriale.
217 I quali comprendono: Interreg Area Alpina, Interreg ESPON 2030,
Interreg EURO MEDITERRANEO (EURO MED), Interreg Europa, Interreg
Europa centrale, Interreg Francia-Italia (ALCOTRA), Interreg
Grecia-Italia, Interreg IPA ADRION, Interreg IPA South ADRIATIC,
Interreg Interact, Interreg Italia-Austria, Interreg Italia-Croazia,
Interreg Italia-Francia (Marittimo), Interreg Italia-Malta, Interreg
Italia-Slovenia, Interreg Italia-Svizzera, Interreg NEXT Bacino del
Mediterraneo (NEXT MED), Interreg NEXT Italia Tunisia e Interreg
URBACT IV.
218 Circa 86 programmi: 64 Transfrontalieri di cui: 49 sui confini
interni dell'UE, 10 sui confini con i Paesi in pre-adesione (Interreg
IPA) e 5 sui confini esterni all'UE (Interreg Next); 13
Transnazionali a sostegno di ampie aree di cooperazione; 4
interregionali per il sostegno all'efficacia della politica di
coesione (Interreg Europe; ESPON; URBACT; INTERACT); 5 dedicati alle
regioni d'oltremare https://interreg.eu/about-interreg/
219 Sono 67 programmi, declinati in 38 regionali, 10 nazionali e 19
CTE questi ultimi interamente dedicati alla "blue economy".
220 Fonte: Relazione Annuale sulla CTE 2022, consultabile al seguente
indirizzo:
https://www.agenziacoesione.gov.it/news_istituzionali/relazione-annua
le-sulla-partecipazione-italiana-ai-programmi-cte-eni-ipa-ii-anno-202
2/
221 Quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Grecia, Croazia) e sei
Paesi non-UE (Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro,
Macedonia del Nord e Repubblica di San Marino).
222 Processo di incorporazione delle priorita' identificate dalle
strategie nei Programmi della coesione, mainstream e di cooperazione
territoriale europea. Sebbene questo processo sarebbe orientato
prevalentemente ai Programmi mainstream, anche in considerazione del
loro volume finanziario, oggi la cooperazione territoriale riveste un
ruolo importante in questo sistema nella programmazione 2021-2027.
223 L'UpM riunisce i Paesi dell'Unione europea e 15 Paesi delle
sponde meridionali e orientali del Mediterraneo: Algeria,
Bosnia-Erzegovina, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Mauritania,
Monaco, Montenegro, Marocco, Autorita' palestinese, Siria, Tunisia e
Turchia. La Libia, invece, ne fa parte come Stato osservatore.
L'Unione ha lo scopo di promuovere la stabilita' e l'integrazione in
tutta la regione mediterranea, al fine di sostenere lo sviluppo
socioeconomico dei diversi Paesi e garantire la stabilita' nella
regione. A tal fine, individua e svolge attivita' di assistenza a
progetti di interesse regionale, ai quali conferisce il proprio
supporto. Questi progetti ed iniziative si concentrano su sei settori
di attivita', come prescritto dagli Stati membri dell'UpM: sviluppo
imprenditoriale, alta formazione e ricerca, affari sociali e civili,
energia e azioni per il clima, trasporti e sviluppo urbano, acqua e
ambiente.
224 L'UpM prevede un doppio Segretario generale: uno nominato dai
Paesi della sponda Sud ed uno nominato da quelli della sponda Nord.
L'UE, attraverso la Commissione europea, partecipa all'UpM
costituendo una traccia e un indirizzo per l'evoluzione della stessa
Unione.
225 Vds. d.lgs. 16 agosto 2016, n. 177, art. 2, comma 1, lett. c) 1).
226 L'iniziativa dei Tre Mari - Baltico-Nero-Adriatico - e' promossa
dalla Polonia con l'avallo statunitense, con la Romania in Mar Nero e
la Croazia in Adriatico che agiscono da perni. Un'iniziativa
pervasivamente duale, civile e militare, che abbraccia i settori
dell'approvvigionamento energetico, delle infrastrutture autostradali
e ferroviarie e quello dello sviluppo della portualita', coi progetti
europei del corridoio Gdynia/Danzica-Trieste e del progetto nazionale
di alta velocita' Trieste-Ancona.
227 Episodi come quello dell'incagliamento della nave portacontainer
Ever Given nel Canale di Suez ne hanno mostrato con chiarezza la
vulnerabilita' e le conseguenze critiche sull'intero sistema di
logistica e approvvigionamenti mondiale.
228 Comunicazione della Commissione Europea 17 maggio 2021, n. 240
final.