Approvazione del Piano del mare per il triennio 2023-2025. (23A05758)(GU n.248 del 23-10-2023 - Suppl. Ordinario n. 36)
IL COMITATO INTERMINISTERIALE PER LE POLITICHE DEL MARE Nella seduta del 31 luglio 2023 Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400, recante «Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri» e successive modificazioni ed integrazioni; Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, recante «Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59» e successive modificazioni ed integrazioni; Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante «Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59», e successive modificazioni; Visto il decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, recante «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri», e, in particolare, l'art. 12 recante «Funzioni in materia di coordinamento delle politiche del mare e istituzione del Comitato interministeriale per le politiche del mare»; Visto, altresi', il comma 11 del predetto art. 12 del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, il quale prevede che la Presidenza del Consiglio dei ministri assicura il supporto tecnico e organizzativo alle attivita' del Comitato interministeriale per le politiche del mare, anche mediante il ricorso ad esperti; Visto il decreto-legge 29 dicembre 2022, n. 198, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2023, n. 14, recante «Disposizioni urgenti in materia di termini legislativi» e, in particolare, l'art. 20 recante «Proroga di termini in materia di politiche per il mare»; Visti i decreti del Presidente della Repubblica in data 21 ottobre 2022 di costituzione del nuovo Governo; Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 21 ottobre 2022 con il quale il Sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' stato nominato Ministro senza portafoglio; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 10 novembre 2022, con il quale al Ministro senza portafoglio Sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' stato conferito l'incarico per la protezione civile e le politiche del mare; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 12 novembre 2022, con il quale al Ministro senza portafoglio sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' delegato l'esercizio delle funzioni di coordinamento, indirizzo, promozione d'iniziative anche normative, vigilanza e verifica, nonche' di ogni altra funzione attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei ministri in materia di protezione civile, superamento delle emergenze e ricostruzione civile, nonche' per le politiche del mare; Visto, in particolare, l'art. 4 del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 12 novembre 2022, con il quale al Ministro senza portafoglio sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, sono state delegate la Presidenza del Comitato interministeriale per le politiche del mare, l'adozione del regolamento interno del medesimo Comitato e la trasmissione alle Camere della relazione annuale sullo stato di attuazione del Piano del mare di cui all'art. 12, comma 3, del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 1° ottobre 2012, recante «Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri»; Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in data 16 dicembre 2022 di istituzione della «Struttura di missione per le politiche del mare»; Visto il decreto del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, dell'8 marzo 2023 recante il «Regolamento interno del Comitato interministeriale di coordinamento delle Politiche del mare»; Visti i verbali delle sedute del Comitato interministeriale per le politiche del mare del 29 marzo 2023 e del 28 giugno 2023; Vista la nota 24 luglio 2023 n. 1564 di Convocazione della 3ª seduta del Comitato interministeriale per le politiche del mare in data 31 luglio 2023; Sulla proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare; Delibera: Art. 1 1. Ai sensi dell'art. 12, comma 3, del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito con modificazioni dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204, e' approvato il Piano del Mare per il triennio 2023-2025, allegato alla presente delibera, di cui costituisce parte integrante.
Art. 2 1. Il Comitato interministeriale per le politiche del mare, con il supporto della Struttura di Missione per le politiche del mare, di cui all'art. 3 decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 dicembre 2022, effettua il monitoraggio sull'attuazione del Piano del mare di cui all'art. 1 e provvede al suo aggiornamento annuale in funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorita' indicate anche in sede europea.
Art. 3 1. La presente delibera sara' pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il Presidente: Musumeci Il segretario: Perego Di Cremnago
Presidenza del Consiglio dei Ministri MINISTRO PER LA PROTEZIONE CIVILE E LE POLITICHE DEL MARE PIANO DEL MARE Redatto ai sensi dell'art. 12 del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173 2023 Indice 1. INTRODUZIONE 2. DIRETTRICI 2.1 SPAZI MARITTIMI 2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo 2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale 2.1.3 Proclamazione della Zona contigua 2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva 2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale 2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo 2.2 ROTTE COMMERCIALI 2.2 ROTTE COMMERCIALI 2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori 2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori 2.2.3 Il trasporto merci in contenitore 2.2.4 Le autostrade del mare 2.2.5 La navigazione costiera di prodotti industriali e petrolchimici 2.2.6 Le crociere 2.2.7 Il general cargo 2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche 2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo 2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di protezione e sviluppo dei servizi marittimi 2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di protezione e sviluppo dei servizi marittimi 2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore 2.2.10.b La semplificazione della normativa nazionale di settore 2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima 2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica 2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore della "blue economy" 2.3 I PORTI 2.3 I PORTI 2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo 2.3.2 Le reti ten-t 2.3.3 I bacini portuali 2.3.4 Le aree retro-portuali e l'interazione con i c.d. "dry-ports" 2.3.5 Le Zes e le Zls 2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione 2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale 2.3.8 I dragaggi portuali 2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria 2.3.10 La transizione energetica nei porti 2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors" 2.3.12 Le autorita' di sistema portuale 2.3.13 I servizi di deposito e distribuzione dei prodotti energetici e a servizio della pesca 2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE 2.4.1 Fonti fossili 2.4.2 Fonti rinnovabili 2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE 2.5.1 Le regole europee 2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55" 2.5.3 La tassonomia europea 2.5.4 Le regole IMO 2.5.4 Le regole IMO 2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e sulla economia del mare 2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione 2.5.6.a I carburanti navali attuali ed i carburanti low-carbon e zero-carbon emergenti 2.5.6.b Il ruolo dei bio-fuel per accelerare la decarbonizzazione dello shipping 2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel 2.5.6.d I servizi di ops 2.5.6.e La produzione dei carburanti 2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio 2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo 2.6 PESCA E ACQUACOLTURA 2.6.1 Pesca 2.6.2 Acquacoltura 2.7 CANTIERISTICA 2.7.1 Cantieristica mercantile 2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field" 2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione 2.7.2 Cantieristica nautica 2.7.2.a Design e concept innovativo 2.7.2.b Propulsione ed energie 2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0 2.7.3 Cantieristica militare 2.7.4 Innovazione tecnologica 2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE 2.9 LAVORO MARITTIMO 2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita 2.9.2 Collocamento della gente di mare 2.9.3 La formazione 2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi 2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare 2.9.6 Il lavoro portuale 2.9.7 Il lavoro nella pesca 2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare 2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE 2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini 2.10.2 Aree marine protette 2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI 2.11.1 L'ambiente subacqueo 2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini 2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine 2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee 2.11.5 Polo nazionale della subacquea 2.11.6 Autorita' nazionale per il controllo delle attivita' subacquee 2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI 2.13 TURISMI DEL MARE 2.13.1 Promozione e internazionalizzazione 2.13.2 Competivita' fiscale, burocratica e nei sistemi di controllo 2.13.3 Il crocierismo 2.13.4 Nautica da diporto 2.13.5 Portualita' turistica 2.13.6 Il sistema balneare 2.13.7 Turismo nautico 2.13.8 Turismo sportivo 2.13.9 Turismo ambientale 2.13.10 Altri turismi legati al mare 2.13.11 Formazione e lavoro 2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI 2.14.1 Impatti e misure di adattamento 2.14.2 Misure di mitigazione 2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE 2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE 2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027 2.15.2 Le ulteriori politiche per la crescita e la competitivita' dell'area mediterranea 2.16 SICUREZZA 2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico 2.16.2 L'approccio alle sfide 3. CONCLUSIONI 4. APPENDICE 4. APPENDICE 1. INTRODUZIONE Il presente documento viene elaborato e approvato con cadenza triennale dal Comitato interministeriale per le politiche del mare (Cipom), ai sensi dell'art 12 del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, recante «Disposizioni urgenti in materia di riordino delle attribuzioni dei Ministeri», convertito, con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204. Ferme restando le relative competenze in materia delle singole amministrazioni, il Piano del mare contiene gli indirizzi strategici in tema di: - tutela e valorizzazione della risorsa mare dal punto di vista ecologico, ambientale, logistico, economico; - valorizzazione economica del mare con particolare riferimento all'archeologia subacquea, al turismo, alle iniziative a favore della pesca e dell'acquacoltura e dello sfruttamento delle risorse energetiche; - valorizzazione delle vie del mare e sviluppo del sistema portuale; - promozione e coordinamento delle politiche volte al miglioramento della continuita' territoriale da e per le isole, al superamento degli svantaggi derivanti dalla condizione insulare e alla valorizzazione delle economie delle isole minori; - promozione del sistema-mare nazionale a livello internazionale, in coerenza con le linee di indirizzo strategico in materia di promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane; - valorizzazione del demanio marittimo, con particolare riferimento alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative. - valorizzazione del demanio marittimo, con particolare riferimento alle concessioni demaniali marittime per finalita' turistico-ricreative. Premessa indispensabile per delineare le politiche del mare, visto come "sistema mare" nel suo complesso, e' la definizione degli interessi marittimi nazionali, anche in relazione alla strategia di sicurezza e difesa. Cio' richiede un'analisi delle competenze e degli spazi geografici d'interesse, attraverso un approccio omnicomprensivo e trasversale che valorizzi gli attori "tutelati", assieme a quelli "tutelanti". L'Italia e' una media potenza regionale a forte connotazione marittima, che basa la sua economia di trasformazione sulla gestione dinamica dell'importazione di energia e materie prime e dell'esportazione di prodotti finiti, cosa che avviene massimamente via mare. La marittimita' accomuna, dunque, numerosi "Utenti del Mare"1 pubblici e privati, che devono operare assieme in sinergia e sicurezza, sia nel contesto interno sia in quello internazionale. Il fine e' ritrovare nel mare la naturale risorsa e dimensione di crescita per l'Italia; il metodo consiste nello stimolare da un lato il progresso delle imprese e delle competenze marittime nazionali e dall'altro nel garantire un uso libero, sicuro e sostenibile del mare, tutelando la sua ricca biodiversita' e agendo al contempo a beneficio dell'Italia e della Comunita' internazionale, passando anche da una "crescita blu" ad una economia del mare sostenibile2 . Nel mondo, il 90% del traffico merci viaggia via mare3 , il 99% del traffico dati transita nelle dorsali sottomarine4 e il trasporto marittimo e' sei volte meno inquinante di quello su gomma5 . A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 , evidenzia che il valore aggiunto lordo (VAL) dei settori consolidati della "blue economy" nel 2020 e' stato di 129,1 miliardi di EUR (contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un fatturato complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di 3,34 milioni di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27). A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 , evidenzia che il valore aggiunto lordo (VAL) dei settori consolidati della "blue economy" nel 2020 e' stato di 129,1 miliardi di EUR (contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un fatturato complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di 3,34 milioni di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27). Parte di provvedimento in formato grafico L'Italia rispetto agli altri Paesi europei, sia in termini di occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The EU Blue Economy Report 2023» rimane terza. L'Italia rispetto agli altri Paesi europei, sia in termini di occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The EU Blue Economy Report 2023» rimane terza. Parte di provvedimento in formato grafico A livello nazionale, dall'«XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare»7 emerge che l'Italia, considerando anche la componente indiretta, arriva a circa 143 miliardi di euro, quasi il 9% del complesso del valore aggiunto prodotto, con circa 914 mila persone direttamente coinvolte con 228.190 imprese con un'incidenza del 3,8% sul totale economia. Una misura della capacita' di attivare sviluppo, ci e' data dal valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo complesso e' pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue economy" se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende a 1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale. Una misura della capacita' di attivare sviluppo, ci e' data dal valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo complesso e' pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue economy" se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende a 1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale. Parte di provvedimento in formato grafico L'Italia con oltre 8.000 Km di costa, 15 Regioni che affacciano sul mare, un importante sistema marittimo insulare e con ben 29 Aree Marine Protette, si qualifica naturalmente come Nazione marittima al centro del Mediterraneo, dove si sviluppa il flusso di rotte che collegano l'Indo-Pacifico all'Oceano Atlantico e all'Europa. In questo piccolo "Medioceano" - appena l'1% della superficie acquea del pianeta - scorrono il 65% degli approvvigionamenti energetici europei8 il 35% del traffico di greggio9 . L'Italia rappresenta, quindi, il porto "naturale" d'accesso all'Europa. L'Italia possiede la prima flotta di navi Ro-Ro del mondo ed e' la prima in Europa per valori occupazionali nel settore del trasporto marittimo. L'industria cantieristica nazionale primeggia nel mondo nelle costruzioni delle navi da crociera, di quelle militari e nella nautica da diporto. Il comparto turistico rappresenta un elemento propulsivo dell'economia nazionale. La pesca, diffusa lungo tutte le coste italiane, riveste un ruolo sociale ed ambientale di primo piano e, unitamente all'acquacoltura, pesa nelle politiche alimentari della Nazione. Essa, tra l'altro, e' anche materia di accordi internazionali per la gestione condivisa delle attivita' di pesca nelle acque internazionali, dove le risorse sono condivise. Di particolare importanza sono altresi' le attivita' legate alla sicurezza dove sono riconosciute in tutto il mondo le nostre capacita' tecnologiche e industriali. Inoltre, la dimensione subacquea e l'utilizzo delle risorse geologiche dei fondali rappresentano alcune delle nuove frontiere in cui l'Italia e' protagonista. Tutto questo, anche grazie al lavoro effettuato nell'ambito dello studio e ricerca in tutti i settori legati al mare, in cui l'Italia si distingue al livello europeo, mediterraneo e mondiale, intimamente legato a quello della tutela dell'ambiente che coinvolge tutte le filiere del mare. Le linee di comunicazione marittime che si snodano dal Mediterraneo verso gli Oceani rappresentano oggi la via commerciale piu' conveniente per collegare il Medio e l'Estremo Oriente con le coste orientali americane e l'Europa. Nel prossimo futuro, l'apertura delle rotte artiche - rispetto alle quali si e' gia' iniziato a lavorare in ambito International Maritime Organization (IMO) con l'adozione di norme tecniche per la navigazione in acque polari - e' destinata a definire nuovi equilibri, coi quali l'Italia e' chiamata a confrontarsi. Le principali rotte commerciali scorrono attraverso i passaggi obbligati di Gibilterra, Suez, del Golfo di Guinea e del Corno d'Africa, oltre a quello dello Stretto di Sicilia, sulla cui sicurezza l'Italia avverte una naturale responsabilita'. Infatti, le rotte commerciali rappresentano le sue arterie, sono vitali ai fini della sua sopravvivenza perche' se venissero recise, o anche solo parzialmente ostruite, la sua economia collasserebbe. Esse devono essere quindi mantenute libere e sicure, alla stregua del territorio nazionale. Oltre all'asse commerciale Est-Ovest ve n'e' un altro energetico-securitario Nord-Sud, lungo il quale si snodano i dotti sottomarini e le dorsali di comunicazione subacquee giacenti sui fondali del Mediterraneo, che connettono l'Europa all'Asia e all'Africa. L'Italia rivendica, inoltre, dei significativi interessi nel Mediterraneo Orientale, nel Golfo di Guinea e in Mozambico, rappresentati dall'intraprendenza della nostra flotta peschereccia e dagli investimenti per lo sfruttamento di giacimenti energetici. Nonostante questi interessi siano particolarmente rilevanti nell'area del "Mediterraneo allargato"10 , essi hanno carattere globale. Il mondo oggi non si misura piu' secondo la distanza geografica bensi' secondo quella economica. Paesi ed aree di mare apparentemente lontani sono in realta' economicamente vicini perche' influenzano direttamente la nostra vita quotidiana. Circoscrivere lo sguardo alle sole zone marittime di giurisdizione nazionale significa limitare l'orizzonte delle opportunita' e disconoscere l'ampiezza delle responsabilita' nazionali. In sintesi, l'Italia intende disciplinare il "sistema-mare" in maniera dedicata, abilitante e con un'unica visione d'insieme, rafforzando il proprio ruolo nell'ambito del contesto internazionale. 2. DIRETTRICI 2.1 SPAZI MARITTIMI 2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo La crescente domanda e la sempre piu' consistente esigenza di sfruttamento di risorse marine, mediante l'estrazione di quelle minerarie ed energetiche, la produzione di energia da fonti rinnovabili, il trasporto marittimo, lo sfruttamento delle risorse alieutiche, il turismo, la ricerca scientifica e la necessita' di preservare gli ecosistemi e l'ambiente, hanno indotto l'Unione Europea ad elaborare un'apposita strategia per la "governance" nell'ambito della politica marittima integrata, la quale stabilisce principi comuni per gli Stati membri per conseguire una crescita sostenibile della blue economy. A tale scopo, i «Piani di gestione dello spazio marittimo», che trovano il loro fondamento normativo nella Direttiva UE 23 luglio 2014, n. 89 poi recepita nel nostro ordinamento con il d.lgs. 17 ottobre 2016, n. 201, hanno come principale finalita' quella di «promuovere la crescita sostenibile delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e l'uso sostenibile delle risorse marine, assicurando la protezione dell'ambiente marino e costiero mediante l'applicazione dell'approccio ecosistemico, tenendo conto delle interazioni terra-mare e del rafforzamento della cooperazione transfrontaliera, in conformita' alle pertinenti disposizioni della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) [.]». Tali Piani, nell'ambito delle varie aree marine, opportunamente definite, individuano specifiche "zone", in riferimento alle quali vengono determinati i tipi di uso del mare prevalenti a livello spaziale e temporale; per ciascuna "zona" vengono altresi' fornite misure, raccomandazioni e indirizzi per lo svolgimento delle citate attivita'. La pianificazione dello spazio marittimo, pertanto, ha lo scopo di promuovere un processo pubblico trasversale alle amministrazioni, diretto ad analizzare e organizzare la distribuzione spaziale e temporale delle attivita' antropiche nelle zone marittime al fine di conseguire obiettivi economici, ambientali e sociali. Quanto al presente "Piano del mare", esso si colloca quale strumento di indirizzo politico e di coordinamento di un'unitaria strategia marittima nazionale, anche attraverso la proposta di successivi interventi normativi e/o amministrativi a cura dei Dicasteri titolari delle funzioni amministrative, da programmare nell'ottica dell'armonizzazione e della composizione tra i vari interessi coinvolti nello sviluppo della "blue economy". In estrema sintesi, pertanto, puo' affermarsi che mentre i "Piani di gestione dello spazio marittimo" indicano la distribuzione spazio-temporale degli usi, il "Piano del mare", nella prospettiva di una "visione d'insieme" di come strutturare l'utilizzo del mare, predispone gli indirizzi utili ex art. 12 d.l. 11 novembre 2022, n. 173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l. 16 dicembre 2022, n. 204, nonche' le azioni generali da intraprendere per perseguimento degli obiettivi strategici piu' volte citati. In ottemperanza alle scadenze previste dalla normativa unionale di cui alla richiamata Direttiva UE n. 89 del 2014, sara' necessaria un'accelerazione dei lavori per giungere alla definitiva approvazione di detti strumenti pianificatori. 2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale Il presente "Piano del mare", nella discendente fase attuativa, dovra' tenere conto, sotto il profilo strategico della proiezione marittima dell'Italia nei mari adiacenti alle coste nazionali, della definizione delle aree marittime soggette o assoggettabili alla giurisdizione nazionale. Si fa riferimento nello specifico alle acque territoriali, alla zona contigua, alla piattaforma continentale e alla Zona economica esclusiva (ZEE), nell'ambito delle quali aree vi e' oggi l'esigenza di realizzare un regime giuridico adeguato al mutato quadro delle relazioni internazionali, alle sfide geopolitiche ed ai progressi della tecnica che dia piena applicazione alle pertinenti norme della Convenzione di Montego Bay (UNCLOS). 2.1.3 Proclamazione della Zona contigua A differenza del mare territoriale, che e' costituito ipso iure secondo la UNCLOS, la "Zona contigua" deve essere formalmente proclamata dallo Stato costiero; in assenza di tale proclamazione ufficiale, pertanto, a legislazione vigente, la stessa non puo' ritenersi istituita nel nostro ordinamento sebbene menzionata dal d.lgs. 25 luglio 1998 n. 28611 , dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 4212 e dal d.m. 15 agosto 2017, senza tuttavia che ne siano stati fissati i limiti spaziali e senza che siano state introdotte norme che definiscano le attivita' vietate e le misure sanzionatorie, preventive e repressive, adottabili dagli organi competenti in detta "zona" di mare. In tal senso, non appare piu' rinviabile la proclamazione della "zona contigua" ex art. 33 della citata UNCLOS. A tal riguardo, e' intenzione dell'Italia procedere mediante un intervento normativo di definizione, anche spaziale, della "zona contigua" entro il 2024. 2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva Inoltre, il mutevole quadro delle relazioni internazionali e delle sfide geopolitiche contemporanee evidenziano, sempre piu', la necessita' che l'Italia dia anche concreta attuazione alla recente legge 14 giugno 2021, n. 9113 , con la quale e' «autorizzata l'istituzione di una zona economica esclusiva» (ZEE), nella quale ai sensi dell'art. 2 «l'Italia esercita i diritti sovrani attribuiti dalle norme internazionali vigenti». Ai sensi della UNCLOS (art. 56), nella ZEE lo Stato costiero gode di diritti sovrani ai fini dell'esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e/o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo. Esercita inoltre la propria giurisdizione in particolare in materia di installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture in mare, di ricerca scientifica marina, di protezione e conservazione dell'ambiente marino. L'estensione dei diritti sovrani dello Stato nella ZEE consentira', in particolare, lo sfruttamento sostenibile delle energie rinnovabili, incluso l'eolico e il fotovoltaico offshore e la forza delle maree e delle correnti. Potra' inoltre migliorare il controllo e la gestione dei giacimenti di idrocarburi della sottostante piattaforma continentale, inclusi quelli condivisi con Paesi vicini a cavallo delle linee di delimitazione. Il semplice rinvio generico dell'art. 2 della sopra richiamata legge n. 91 del 2021 alle «norme internazionali vigenti» richiedera' una azione puntuale di definizione del regime regolamentare relativo alle materie su cui si estendera' la giurisdizione nazionale, inclusa la pesca in conformita' con le disposizioni pertinenti dell'Unione Europea, la protezione ambientale, la ricerca scientifica, le energie rinnovabili, le installazioni artificiali. Al riguardo, va considerato che lo Stato irradia la sua sovranita', secondo i modi stabiliti dall'UNCLOS, in zone di mare che rappresentano ad un tempo patrimonio esclusivo della Nazione, ma anche aree che lo Stato ha l'obbligo e la responsabilita' di preservare nell'interesse della Comunita' internazionale per garantirne l'uso libero e sostenibile a beneficio delle generazioni future. L'esigenza di disciplinare le diverse attivita' negli spazi marittimi e' particolarmente avvertita dagli operatori economici, che necessitano di informazioni affidabili e durevoli nel tempo per investire nelle loro iniziative imprenditoriali. L'esigenza di certezza dei confini marittimi trascende gli spazi marittimi nazionali, perche' gli operatori economici devono anche conoscere quali spazi siano da considerare sottoposti alla giurisdizione di altri Stati e quali rientrino invece nel regime dell'alto mare. Per quanto sopra, l'Italia intende istituire anche parzialmente la propria ZEE entro il 2024. Tenuto conto della conformazione geografica del Mediterraneo, i limiti della ZEE italiana non potranno estendersi fino alle 200 miglia dalle linee di base come indicato dalla UNCLOS (art. 57), ma richiederanno, prioritariamente e in conformita' con la legge n. 91 del 2021, una delimitazione concordata dei suoi limiti esterni sulla base di accordi con gli Stati il cui territorio e' adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more della conclusione di tali accordi, tali limiti esterni potranno essere stabiliti, in conformita' con la suddetta Legge, in maniera unilaterale, senza comunque compromettere od ostacolare l'accordo finale. Detta istituzione consentirebbe, tra l'altro, l'estensione a tale zona dell'ambito di applicazione della normativa sulla pianificazione spaziale marittima di cui si e' gia' detto. Per questo, e' importante e necessario uno sforzo sinergico tra tutte le amministrazioni competenti nell'ambito del Cipom. Considerato che il «Piano per la Transizione Energetica Sostenibile delle Aree idonee» (PiTESAI), redatto ai sensi dell'art. 11-ter della legge 11 febbraio 2019, n. 12 prevede, nella sua formulazione attuale, la decisione di non aprire piu' in futuro nuove zone marine alle ricerche di idrocarburi e di chiudere quelle attualmente aperte alle ricerche per le quali non vi siano istanze, e' evidente che la regolamentazione della giurisdizione esercitabile sulla ZEE non comportera' effetti su tale previsione, stante la valenza prioritaria dei principi di transizione verso la decarbonizzazione alla base di tale decisione. 2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale Connessa alla regolamentazione della ZEE e' la disciplina delle attivita' che possono essere svolte sulla sottostante piattaforma continentale, stante la contiguita' fisica e concettuale14 tra i due differenti spazi marittimi i quali, a certe condizioni, possono anche avere limiti spaziali coincidenti. Entro il 2024 si dovra' percio' modificare l'ormai superata legge 21 luglio 1967, n. 61315 che reca la disciplina delle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel sottofondo marino e che risulta addirittura antecedente alla stessa UNCLOS. Tra l'altro, tra le risorse naturali della piattaforma continentale vi sono anche minerali, diversi dagli idrocarburi, come i noduli polimetallici, le terre rare, le emissioni geotermiche il cui sfruttamento (auspicato anche dall'Unione europea in una prospettiva di affrancamento dalle importazioni di energia) e' parte integrante del processo di conoscenza, valorizzazione e sorveglianza della dimensione subacquea nazionale. 2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo Infine, la UNCLOS all'art. 17 prevede, quale eccezione inizialmente ammessa dalle norme consuetudinarie, il «diritto di passaggio inoffensivo», alle condizioni dalla stessa prescritte, a favore delle navi di tutti gli Stati: passaggio inoffensivo attraverso il mare territoriale (16 ); il carattere dell'inoffensivita' richiede di non compiere attivita' che possano arrecare «pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero» (17 ). Al riguardo, l'art. 21, comma 1, della UNCLOS definisce che «lo Stato costiero puo' emanare leggi e regolamenti, conformemente alle disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del diritto internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso il proprio mare territoriale», con riferimento a specifiche materie all'uopo elencate. Pertanto, sebbene solo indirettamente riferibile alla portata ed estensione delle aree marittime, come definite dalla UNCLOS, in un'ottica strategica di preservazione dell'ordine e della sicurezza nelle acque sottoposte alla sovranita' nazionale e alla connessa protezione dell'integrita' territoriale, si intende emanare, entro un breve/medio periodo, normative afferenti sia alle modalita' di transito secondo le fattispecie ex art. 19 della Convenzione, ivi incluso il regime del passaggio degli Stretti italiani, sia alla disciplina di una o piu' delle materie elencate nel citato art. 21 della UNCLOS. 2.2 ROTTE COMMERCIALI Il trasporto, in particolare quello marittimo, e' stato sempre considerato un'attivita' strumentalmente funzionale al progresso economico di una Nazione. In tal senso, puo' senz'altro dirsi che i singoli segmenti che compongono una qualsivoglia attivita' di trasporto, ancor piu' se marittima, contribuiscono a formare un vero e proprio "sistema", che e' andato progressivamente evolvendo e che comprende vie di comunicazione, infrastrutture e logistica dedicate e mezzi di trasporto. Al riguardo, non puo' non rilevarsi come la pandemia prima e il conflitto russo-ucraino dopo abbiano disvelato una forte condizionalita' e vulnerabilita' di tutto cio' che ruota attorno al commercio, in specie quello via mare, tanto piu' grave ove si e' dovuto prendere atto dell'incapacita' di contenere, anche solo geograficamente, determinati effetti negativi che producono, per loro natura, incertezza, volatilita' e instabilita'. Le ragioni sopra accennate concorrono a caratterizzare una rinnovata e diversa fase del processo di globalizzazione nel cui contesto e' destinata ad assumere nuova centralita', come gia' evidenziato, l'area del Mediterraneo e vieppiu' del "Mediterraneo allargato". Difatti, le dinamiche economiche e geopolitiche globali, i rapporti di scambio piu' selettivi - in cui le ragioni economiche dell'efficienza dovranno trovare un nuovo equilibrio con interessi di natura piu' generale - stanno progressivamente restituendo all'intera area mediterranea quel ruolo centrale che aveva avuto in un risalente passato. I fattori che determinano detta progressiva trasformazione sono senza dubbio il recupero della importanza strategia del "near-shoring" indotto dagli eventi di cui si e' accennato sopra, nonche' dal disallineamento tra le grandi potenze produttive, nello specifico Stati Uniti e Cina, dalle nuove alleanze strategiche, dall'accorciamento delle catene produttive globali e dalla spinta al raggiungimento di un adeguato livello di indipendenza dei Paesi europei dalle fonti energetiche (gas, in primis) in favore delle risorse energetiche provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo. In questo contesto, l'area mediterranea e' destinata a trasformarsi sempre piu' da semplice area di passaggio di merci dirette verso gli USA o in Nord Europa a fulcro di una regione economica e politica di crescente importanza strategica. Ovviamente l'Italia - nello specifico mediante le sue rotte marittime - dovrebbe avvantaggiarsi della sua posizione privilegiata in detto un contesto globale cosi' ridisegnato, potendo svolgere un ruolo decisivo nell'intera area mediterranea sfruttandone le opportunita' che ne conseguono. Infatti, la sua posizione strategica la propongono quale potenziale "piattaforma logistica", perfettamente funzionale ad un contesto di riposizionamento e ridistribuzione dei flussi del commercio internazionale. L'Italia, pertanto, deve cogliere l'occasione per avvantaggiarsi dalla fase di attuale riallineamento del processo di globalizzazione e della dinamica del "supply network" che presuppone un parziale ritorno alla regionalizzazione degli scambi commerciali, in specie di quelli via mare, da intendersi non in senso deteriore, bensi' funzionalmente collegata alle nuove e diramate filiere produttive, anche in funzione del suo posizionamento strategico che la candida altresi' al ruolo di "hub logistico", oltre che energetico, per i flussi commerciali tra Nord Africa ed Europa continentale. Tra l'altro, in cio', l'Italia e' avvantaggiata dalla circostanza di avere saputo sviluppare un'importante posizione di preminenza nell'ambito del traffico marittimo a corto raggio (c.d. "short sea shipping"): una modalita' di trasporto pienamente in linea proprio con le esigenze del commercio marittimo regionale. In tal senso, e' quindi necessario acquisire la consapevolezza che oggi, e sempre di piu', le rotte marittime, come gia' evidenziato, sono di interesse strategico nazionale e costituiscono vere e proprie infrastrutture su cui si innestano interessi primari dello Stato. Non si puo' prescindere, a livello generale, dalla condizione per cui dai servizi di trasporto via mare dipendano sia gli approvvigionamenti energetici nazionali e la tutela delle liberta' costituzionali dei cittadini, sia la logistica a servizio della seconda manifattura industriale europea. A livello locale, invece, da questo genere di servizi dipende una larga parte delle attivita' turistiche costiere e sulle isole. L'efficienza di una rete trasportistica sul mare, nei porti e nella logistica terrestre rappresenta un primario interesse nazionale. Per conseguire un'efficienza competitiva accettabile, infatti, non basta l'eliminazione del gap infrastrutturale ed il raggiungimento di un buon livello dei servizi, ma serve una visione centralizzata ed olistica del trasporto. Tutto questo senza dimenticare una necessaria riduzione delle barriere burocratiche e una regolazione omogenea di tutti i settori coinvolti. Infine, occorre pensare al trasporto marittimo inserito in un sistema che dovra': (i) tenere conto della transizione energetica e del suo impatto sul costo del trasporto delle merci e delle persone; (ii) essere ben raccordato ai sistemi di trasporto europei ed internazionali, in particolare ai progetti di vicinato Mediterraneo18 e delle interconnessioni intra-regionali europee ed infine; (iii) essere inteso nella sua accezione integrata (verticalmente) da e verso le altre modalita' del transito, deposito e trasporto delle merci, laddove tale modello di business abbia consolidato i traffici e favorito gli investimenti. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori I servizi di collegamento di linea con le isole maggiori sono da sempre il presupposto per garantire la "continuita' territoriale", oggi presidiata dall'articolo 119 della Costituzione. Sulle rotte nazionali ed internazionali, infatti, sono attivi piu' di 130 servizi A/R che generano oltre 570 partenze settimanali con oltre 1,33 milioni di metri lineari di capacita' di stiva netta a settimana sia sui segmenti "Ro-Ro" sia "Ro-Pax". Valutando la statistica, maggiormente attendibile, della fase ante-Covid, nel 2019 sono stati oltre 17 milioni i passeggeri movimentati e piu' di 106 milioni le tonnellate di merce movimentata nei porti collegati19 . In questo contesto, si pone la necessita' di garantire un sistema flessibile e non costoso del trasporto garantendo qualita' e quantita' dei servizi a livello europeo. Sara' inoltre necessario misurare e adeguatamente lenire gli effetti incrementali del costo del trasporto determinati dall'entrata in vigore del regime previsto dalla Direttiva UE 10 maggio 2023, n. 959 (c.d. regime "ETS")20 . 2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori Sulle isole minori italiane21 , distribuite in sette Regioni (Liguria, Toscana, Lazio, Campania, Puglia, Sicilia e Sardegna), vivono stabilmente circa 220.000 residenti. Da cio' l'esigenza di assicurare la "continuita' territoriale" alle popolazioni isolane nonche' il diritto alla libera circolazione delle merci e delle persone, senza dimenticare il vitale supporto al turismo che di frequente rappresenta la piu' importante attivita' locale22 . Le linee marittime interessate a questi servizi, classificati di "corto raggio", riguardano - per lo piu' - servizi marittimi regolari connotati da presenza di operatori di servizio pubblico e, in alcuni casi, disciplinati da contratti di servizio pubblico23 . I servizi esistenti coprono tutti i porti delle isole minori e il mercato dei servizi di collegamento non e' spesso caratterizzato da un notevole livello di concorrenza con gravi disagi nei mesi autunnali ed invernali. Senza la realizzazione di importanti interventi infrastrutturali nei punti di approdo, e' difficile prevedere l'incremento di suddetti servizi sia nel numero di navi sia nella dimensione dei vettori. Appare pertanto necessario prevedere quantomeno una ricognizione complessiva, in ordine di priorita', dei suddetti interventi infrastrutturali da realizzazione nei punti di approdo. Saranno importanti altresi' i risultati del monitoraggio puntuale dei servizi da e per le isole, avviato dal Ministero delle infrastrutture e dei trasporti (d'ora in poi anche MIT) al fine di verificare la rispondenza dei servizi alle esigenze dei cittadini, le dinamiche dei prezzi e la qualita' ed efficienza dei mezzi. 2.2.3 Il trasporto merci in contenitore Questi servizi rappresentano la spina dorsale della globalizzazione, posto che la produzione si e' da tempo concentrata in Asia mentre le aree ove avviene il maggior consumo delle merci si trovano in America ed in Europa. Il Mediterraneo concentra oltre il 20% del trasporto marittimo mondiale e rappresenta una via privilegiata di transito per i traffici containerizzati ove si concentra oltre il 27% dei servizi di linea mondiali24 . Le strategie di "near-shoring" alle quali si e' gia' accennato - che si ipotizzano accelerare nel prossimo decennio - non sono destinate a ridurre il ruolo del trasporto di merce in contenitori. Saranno verosimilmente riviste le catene di approvvigionamento solamente per una serie di prodotti e per le aree del mondo maggiormente favorite ad ospitare i nuovi insediamenti industriali (area del Mediterraneo e del Golfo). Una strategia che segnera' una crescita importante, seppure rivista alla luce del conflitto russo-ucraino che sta interessando proprio parte di quest'area. Nel dettaglio, si stima un aumento medio annuo delle movimentazioni container nei porti del Mediterraneo del 3,1% per la parte occidentale, del 4,1% per la parte orientale e del Mar Nero e del 3,6% per il Nord Africa25 . Per quanto concerne l'Italia, in generale nei porti del Nord e' prevalente la componente di traffico in export per ragioni legate alla concentrazione, in quella zona, di imprese manifatturiere che esportano il c.d. "Made in Italy". Gli USA sono il primo cliente con circa il 24% del nostro export, mentre le merci provenienti dall'Asia rappresentano il 18% di tutto l'import via mare italiano26 . Il tasso di occupazione degli impianti portuali di destinazione o partenza delle merci (c.d. "gateway") varia sensibilmente nei differenti contesti, dimostrando la necessita' di valutare seriamente la domanda potenziale come condizione per la realizzazione degli investimenti a carico dello Stato. Importanti progetti di infrastrutturazione sono in corso a Genova, La Spezia e Livorno oltre a Trieste, ovvero nei principali porti nazionali per il traffico "gateway"27 . Ai servizi marittimo-portuali relativi alla merce in contenitori viene dedicata una parte importante della politica portuale italiana. Consolidati i regimi concessori nella gran parte degli scali italiani attraverso il rilascio di titoli di media/lunga durata, la gran parte di essi - rilasciati ad importanti operatori internazionali della logistica, anche marittima - e' stata pianificata dalle Autorita' di Sistema Portuale (d'ora in poi anche "AdSP"), prevedendo numerose opere di grande infrastrutturazione volte ad aumentare la capacita' ricettiva sia qualitativa (navi piu' grandi) sia quantitativa (accrescimento della capacita' ricettiva e di inoltro della merce). Con il fondo complementare al PNRR sono state destinate importanti risorse per lo sviluppo dell'accessibilita' marittima e della resilienza delle infrastrutture portuali ai cambiamenti climatici, nonche' per l'ammodernamento infrastrutturale e funzionale dei terminal per contenitori. L'obiettivo e' di continuare nell'azione di miglioramento della competitivita' dei servizi marittimo-portuali per raggiungere posizioni di eccellenza in ambito euro-mediterraneo. In tale contesto, e' opportuna una pianificazione centralizzata degli investimenti infrastrutturali, in particolare nello sviluppo dei collegamenti di "ultimo miglio" - soprattutto ferroviari - valutando anche la possibilita' di ridurre i costi per le manovre ferroviarie portuali. E' importante inoltre allineare le procedure e i tempi dei controlli doganali alle pratiche degli Stati che competono con il nostro. Il progetto del MIT relativo alla digitalizzazione della piattaforma logistica nazionale ha l'obiettivo di rispondere alla sfida della rivoluzione digitale nel segmento del trasporto merci e della logistica a livello nazionale a partire dalle criticita' e dai fabbisogni cui il progetto intende rispondere in modo organico e integrato. Gli obiettivi specifici dell'iniziativa consistono nell'incrementare: l'efficienza del trasporto merci e della logistica; i livelli di "customer experience"; la sostenibilita' ambientale; i livelli di sicurezza dei trasporti; i livelli di sicurezza in termini generali; essi consistono inoltre nel favorire il bilanciamento modale e nel ridurre la congestione. Occorre poi affrontare le criticita' connesse al deficit di concorrenza del settore del "transhipment" portuale nazionali, rispetto ai competitor extra-UE, specialmente quelli localizzati sulla costa Nordafricana e che possono offrire servizi competitivi grazie al modesto costo del lavoro. Cio' anche in relazione al possibile rischio di delocalizzazione degli impianti industriali. Devono altresi' essere supportati i servizi (anche costieri) di trasporto marittimo quale alternativa al trasporto terrestre attribuendo agli stessi le prerogative definite dalla Comunicazione della Commissione europea 30 aprile 1999, n. 31728 . Infine, occorre favorire la creazione e il mantenimento di una rete di interporti integrata con le realta' portuali (anche rendendo piu' efficienti gli strumenti di partecipazione delle AdSP), monitorando l'andamento dei costi dei servizi portuali alla luce dei principi previsti dal Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 35229 nell'interesse generale della sicurezza e degli utenti. 2.2.4 Le autostrade del mare A seguito dell'enorme sviluppo, nella prima decade degli anni 2000, delle Autostrade del Mare ("AdM") sia italiane sia mediterranee e del successivo loro consolidamento e incremento nella seconda decade del secolo, e' prevedibile che l'infrastruttura del trasporto marittimo mantenga le sue caratteristiche sia in termini di servizi operati sia in termini di volumi anche alla fine di questo decennio. La crescita esponenziale del mercato delle AdM nel corso degli ultimi vent'anni e' stata determinata anche dagli strumenti messi a disposizione dal Governo italiano per incentivare lo "shift-modale"30 . In questo contesto, il traffico delle AdM e' senza dubbio il segmento del trasporto marittimo che ha registrato in Italia le migliori performances nei cinque anni pre-pandemici. La nostra Nazione e' leader nell'UE per merce movimentata via unita' Ro-Ro e Ro/Ro-Pax, con un market share del 24,5% del totale UE. Nel 2009 la percentuale era del 18%. Sempre valutando la statistica, maggiormente attendibile, della fase ante-Covid, il segmento Ro-Ro e' cresciuto del 23,8% dal 2014 al 2019 con un tasso di crescita annuo (c.d. "CAGR") del 4,4%31 . Nel 2022, inoltre, le merci movimentate nei porti italiani attraverso i Ro-Ro (120,8 milioni di tonnellate) hanno superato quelle trasportate con i container (119,5 milioni in container)32 . Anche in questo strategico settore occorre rafforzare la consapevolezza dell'importanza del trasferimento modale sulla via marittima, ponendola, tramite il ruolo del Cipom, al centro delle politiche di Governo. Tale modalita' non deve confinarsi al trasporto di merce rotabile ma deve comprendere ogni merce, anche unitizzata o alla rinfusa, il cui trasporto viene sottratto alla strada. E' necessario, dunque, sviluppare idonee politiche per assicurare il "level playing field" tra il servizio di trasporto marittimo e quelli concorrenti sulle vie terrestri. Le misure economiche - sotto forma di incentivi e compensazioni - vanno adeguatamente integrate con il sostegno europeo laddove il trasporto marittimo benefici di reti stradali transfrontaliere. Nell'attesa della maturazione dei tempi per l'introduzione dei servizi di trasporto terreste nel regime dei certificati di emissione (il c.d. "Emissions Trading System" o "ETS") prevista nel 2025, occorrera' prevedere un'adeguata misura per calmierare l'aumento dei costi del trasporto marittimo rispetto alla modalita' stradale, il cui inserimento nel regime dei certificati di emissione e' oggi temporalmente disallineato. Infine, sara' opportuno assicurare attenzione alla fluidificazione del transito dei cittadini e delle merci al seguito nei servizi con Paesi extra-UE ovvero extra Schengen, onde intercettare per via marittima la crescente domanda di mobilita'. 2.2.5 La navigazione costiera di prodotti industriali e petrolchimici Tra i vari contributi resi all'economia dell'Italia da parte dei servizi di trasporto marittimo, rientra quello di consentire all'industria italiana di inviare e ricevere prodotti grezzi o lavorati direttamente presso gli impianti industriali situati sulla costa, contribuendo ad attingere la merce presso la logistica portuale33 . Dovra' essere acquisita la consapevolezza che le catene industriali nazionali sono spesso basate su un efficiente e poco costoso trasporto costiero di prodotti e che, anche tali servizi, contribuiscono in maniera rilevante alla riduzione del traffico stradale e delle emissioni nocive. Anche in questo caso, una visione unitaria del sistema portuale nazionale, di cui eventualmente prendere atto in vista di una eventuale riforma da considerare quale possibile priorita' da portare all'attenzione del Cipom (v. infra par. 2.3), potra' consentire di individuare gli scali ove tali traffici sono maggiormente presenti prevedendo misure di incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione dei costi. A tale riguardo, dovra' poi essere assicurato il rispetto incondizionato della riserva prevista dal Regolamento CE 7 dicembre 1992, n. 357734 a favore delle imprese di navigazione dell'Unione europea, come piu' volte ribadito dalla Commissione europea. 2.2.6 Le crociere L'Italia e' il maggior beneficiario europeo del business generato dal turismo crocieristico con un impatto economico annuo complessivo stimato in 14,5 miliardi di euro, secondo le ultime rilevazioni CLIA (raccolti nella fase ante-Covid)35 . Sempre valutando la statistica, maggiormente attendibile, della fase ante-Covid l'impatto economico mondiale e' salito a 154 miliardi di dollari nel 2019, superando la soglia del milione di lavoratori coinvolti nell'industria crocieristica (1,17 Mln) per oltre 50,2 miliardi di euro in salari. Tuttavia, la pandemia ha inevitabilmente diminuito il volume dei traffici, con una riduzione dell'impatto economico mondiale stimato al 59% (63,4 miliardi di euro nel 2020). Il settore e' altresi' "labour intensive": i posti di lavoro attivati dal comparto sono circa 125.000 ovvero il 30% del totale europeo, mentre gli occupati diretti sono 53.000. Questo segmento di mercato presenta importanti potenzialita' di crescita anche e soprattutto presso scali inediti e minori, circostanza che potrebbe innescare - come e' accaduto per le principali destinazioni - fenomeni di crescita del turismo locale come effetto del volano crocieristico. Con riferimento agli ultimi valori a consuntivo, fino al 2022, la crocieristica ha difatti continuato a crescere sia a livello internazionale (con ormai oltre 30 milioni di clienti annui) sia in Italia. Sempre valutando la statistica, maggiormente attendibile, della fase ante-Covid, il 2019 ha segnato, infatti, il record storico del movimento passeggeri nei porti italiani, attestandosi per la prima volta sui 12 milioni. La classifica dei porti mediterranei, con dati a consuntivo 2022, ha confermato il primo posto di Barcellona con oltre 2 milioni di movimenti passeggeri (+324% sul 2021) e grazie al risultato della Spezia (+386%), sono saliti a 9 i porti italiani all'interno della top 20 mediterranea36 . Inoltre, nella classifica regionale, il 2022 ha registrato il preesistente predominio della Liguria e del Lazio con la quota maggiore di passeggeri movimentati a livello nazionale (23,5% del totale per ciascuna regione); entrambe allineate a poco piu' di 2 milioni di crocieristi movimentati nei propri porti. Anche la Campania e la Sicilia hanno registrato ottimi risultati, rispettivamente +364% e + 234% rispetto all'anno precedente; piu' distante sia la Puglia che il Friuli-Venezia Giulia, con rispettivamente circa 600 e 500 mila passeggeri movimentati. Il dato piu' significativo e' sicuramente relativo al fatto che le prime tre regioni hanno concentrato il 60% della movimentazione passeggeri e il 48% delle toccate nave37 . Occorre pertanto rafforzare il settore crocieristico che opera regolarmente nei nostri porti e cio' anche: (i) in funzione dei piani strategici di sviluppo del turismo adottati sia a livello nazionale che regionale38 ; (ii) in considerazione degli annunciati ingenti investimenti dell'industria crocieristica in Europa nei prossimi 5 anni, di cui quasi la meta' sono previsti in Italia. Appare quindi opportuno coordinare il turismo di crociera con le altre iniziative in essere a favore del turismo tradizionale e considerare gli investimenti necessari per la realizzazione di nuove infrastrutture portuali a servizio delle linee di crociera perseguendo cosi' gli obiettivi della Conferenza di Coordinamento dei Presidenti delle AdSP quale sede di elaborazione della complessiva strategia portuale. Da ultimo, in vista della prossima entrata in funzione dei nuovi regimi per i controlli dei passeggeri ed i marittimi di Paesi terzi in partenza o in arrivo dai/nei porti dell'area Schengen39 - nonostante la proroga concessa a livello europeo sull'entrata in funzione di detti sistemi (prevista entro la fine del 2024) - occorre un adeguato coordinamento tra le amministrazioni centrali nazionali ed unionali al fine di favorire l'interoperabilita' tra i sistemi informatici delle predette amministrazioni e degli operatori privati40 . Al riguardo, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. Il tutto assecondando politiche di semplificazione delle procedure di controllo frontaliero che, in vista della prossima adozione di un sistema di "Entry-Exit" dall'area Schengen, consentano un quadro di esenzione dai controlli dei passeggeri che, nel rispetto delle condizioni di sicurezza, miri ad assicurare la riduzione degli ostacoli al transito della clientela. 2.2.7 Il general cargo Il "general cargo"41 rappresenta uno dei settori principali della catena logistica a servizio della nostra industria manifatturiera e meccanica. I volumi degli scambi commerciali italiani, distinti per modalita' di trasporto, confermano l'importanza del settore marittimo per le nostre esportazioni. Quest'ultimo e' un settore che ricopre il 24,3%, anche se rimane predominante il ruolo del trasporto stradale che detiene il 68,8% in virtu' dell'attraversamento dell'Arco Alpino. Secondo le stime dell'indagine sui trasporti internazionali di merci della Banca d'Italia42 , i costi medi per tonnellata per il segmento di traffico di maggior rilievo del general cargo - vale a dire quella relativa al trasporto di impianti, macchinari e mezzi di trasporto (ivi inclusi i servizi ausiliari) - nel 2022 risultano aumentati in termini nominali collocandosi su livelli superiori alla media dell'ultimo decennio. Nelle restanti tipologie di traffico (quali i prodotti chimici, i materiali da costruzione ed i prodotti forestali) i noli hanno registrato tassi di crescita nominali elevati, con un range del 30/40%, risentendo maggiormente di un'insufficiente capacita' di stiva rispetto ad una domanda di trasporto che, almeno per la prima parte dell'anno, risulta essere stata sostenuta. Anche per tale segmento vanno sviluppate adeguate politiche di sostegno. Cio' anche in relazione all'importanza fondamentale di tali servizi per la competitivita' dell'industria manifatturiera italiana. Sotto altro e diverso profilo, occorre ricordare come soprattutto il traffico della carpenteria industriale di grandi dimensioni richieda altissime professionalita' da parte delle maestranze sia per il trasporto a destinazione nel porto di partenza sia per il rizzaggio a bordo. Queste professionalita' rappresentano un'eccellenza del nostro sistema portuale che va senz'altro valorizzata e sostenuta con adeguate politiche di settore. 2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche Questo comparto e' tra i piu' grandi contributori di merce nei porti nazionali43 , la cui importanza per la societa' e per l'industria nazionale ed europea e' indubbia, nonostante la sua scarsa evidenza. Inoltre, il recente e piu' volte citato conflitto russo-ucraino ed il contemporaneo processo di alleggerimento portato avanti dalla nostra Nazione con riferimento all'affrancamento energetico dalla Russia, ha imposto un ripensamento complessivo delle fonti di approvvigionamento di gas. Al riguardo, e' stato possibile completare questo processo solo sul presupposto che l'Italia potesse contare su competenze e infrastrutture idonee per il trasporto di gas per via marittima. E' fuor di dubbio che a questo comparto viene e verra' affidato un ruolo particolarmente importante nella transizione energetica nazionale perche' il trasporto e lo stoccaggio portuale di carburanti alternativi al fossile pongono quesiti tecnici e regolatori non comuni. Questi ultimi dovranno essere assecondati e risolti, onde non scontare pericolosi ritardi che potrebbero ripercuotersi sulla capacita' nazionale di assecondare le nuove politiche energetiche determinate dal contesto internazionale e dalla transizione ecologica voluta dall'Unione europea. Fino ad oggi, tuttavia, e' stata dedicata scarsa attenzione ai rigassificatori ed alle strutture di stoccaggio del gas e di altri carburanti alternativi che, specialmente negli ultimi mesi, hanno assunto un'importanza strategica per l'approvvigionamento e la diversificazione delle fonti energetiche, sovrapponendosi alle esigenze di infrastrutturazione energetica riguardante, in particolare, l'alimentazione alternativa delle navi. Occorre tuttavia rilevare che le azioni governative messe in campo in materia con il fondo complementare al PNRR non hanno ad oggi avuto un completo utilizzo per il parziale interesse manifestato dagli investitori. Nella consapevolezza che gli orientamenti europei in materia di aiuti di Stato vanno in direzione della non ammissibilita' delle incentivazioni ai combustibili fossili, fra cui viene fatto rientrare il GNL non "bio", occorre pertanto rafforzare il tema dell'energia "che viene dal mare" e "per il mare", con interventi infrastrutturali, logistici e procedurali specificamente dedicati. 2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo Tra gli interventi di programmazione strategica che riguardano il mare, e' auspicabile prendere in considerazione anche il comparto dei trasporti fluvio-marittimi. Quest' ultimo, infatti, puo' contribuire al decongestionamento delle arterie stradali piu' sensibili soprattutto del quadrante Nord-Est del nostro territorio nel quale sono presenti distretti economici e poli industriali ubicati in zone di notevole propensione all'esportazione, con l'esigenza di infrastrutture per scambiare beni in modo rapido ed economico. Ad oggi, tuttavia, manca un sistema adeguato alle esigenze e la situazione attuale porta ad una frequente congestione delle reti autostradali e, talvolta, delle ferrovie in un'area caratterizzata dall'ampio volume di scambi. In tale contesto, in cui la navigazione interna dei fiumi e' un'opportunita' di trasporto che, in Italia, rappresenta solo l'1% del totale degli spostamenti effettuati, occorre sostenere obiettivi di sinergia per migliorare il livello di prestazione del sistema in vista dello sviluppo del trasporto per via d'acqua. 2.2.10 Il quadro normativo e regolatorio quale strumento di protezione e sviluppo dei servizi marittimi 2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore Il legislatore nazionale ha previsto per il settore marittimo, in coerenza con le direttrici unionali di riferimento, specifiche misure fiscali volte a favorire nei diversi comparti impositivi la competitivita' internazionale delle imprese. Si tratta, in particolare, delle misure di de-fiscalizzazione delle imprese marittime, nonche' di quelle di de-fiscalizzazione e de-contribuzione del costo del lavoro marittimo, stabilite in coerenza agli Orientamenti UE in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi44 . Il settore del trasporto marittimo internazionale e' poi interessato dall'esenzione ai fini Iva delle principali operazioni, in coerenza alla Direttiva CE 28 novembre 2006, n. 112. Quanto al regime di sostegno, esso e' previsto in primis dalla normativa di cui al d.l. 30 dicembre 1997, n. 457, convertito con modificazioni dalla legge 27 febbraio 1998, n. 3045 , recentemente integrato dal d.l. 23 settembre 2022, n. 144, convertito con modifiche dalla legge 17 novembre 2022, n. 175 in attuazione degli impegni contenuti nella decisione della Commissione europea 11 giugno 2020, n. 3667. Tramite tale decisione, la Commissione europea ha confermato e prorogato le misure del Registro Internazionale Italiano, dichiarandole compatibili con il mercato interno a norma dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFEU, alla condizione che l'Italia dia corretta attuazione agli impegni di adeguamento della disciplina agli Orientamenti UE, analiticamente declinati dalla decisione stessa46 . In ambito Iva, il settore, limitatamente ad alcune operazioni, gode di esenzioni riguardo alle «operazioni assimilate alle cessioni all'esportazione» disciplinate dall'art. 8-bis del d.p.r. 26 ottobre 1972, n. 633 e ai «servizi internazionali o connessi agli scambi internazionali» disciplinati dall'art. 9 del d.p.r. n. 633 del 1972. Le misure di aiuto, generalmente concesse da tutti gli Stati membri dell'Unione a supporto dei loro rispettivi sistemi di trasporto nonche' quelle di esenzione dal regime Iva, appaiono coerenti con il quadro europeo e decisive non solo per le imprese a cui tali servizi sono affidati ma altresi', e soprattutto, per il funzionamento e la competitivita' - nel contesto internazionale - delle attivita' legate all'economia del mare svolte in Italia; attivita' caratterizzate dalla intrinseca mobilita' dei mezzi e di elementi quali la bandiera o la sede dell'impresa che potrebbero essere facilmente delocalizzate in Paesi a bassa o inesistente fiscalita'. In questo contesto occorre non soltanto impegnare le risorse dello Stato per consolidare la competitivita' delle imprese nazionali ma anche realizzare, con il concorso delle amministrazioni interessate, un'effettiva armonizzazione delle norme e della loro interpretazione, creando in ultima analisi un quadro regolatorio certo. In tal senso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. Sotto altro, ma non meno importante, profilo il fatto che il previsto allargamento dei benefici concessi alle imprese di trasporto marittimo stabilite in Italia alle attivita' dalle stesse esercitate anche su navi che battono bandiera dell'Unione europea o dello Spazio Economico Europeo (SSE), e non piu' limitate alle navi che battono bandiera italiana, impone di procedere con una certa urgenza a una complessiva rivisitazione delle norme principalmente rinvenute del nostro codice della navigazione47 e nel suo regolamento attuativo48 (ma anche in molte norme dettate dalla legislazione e regolazione successiva). Il tutto con lo scopo di creare un ambiente regolatorio moderno ed efficiente nonche' in linea con quelli che sono gli standard dei registri marittimi europei piu' avanzati. Anche in questo ambito al Cipom spettano compiti di coordinamento amministrativo volti a migliorare il contesto regolatorio del settore. 2.2.10.b La semplificazione della normativa nazionale di settore Per le ragioni piu' sopra illustrate, occorre valutare con una certa urgenza le gia' (da piu' parti) avanzate proposte di semplificazione ed efficientamento, anche digitale, dell'attuale legislazione di settore. Anche in questo settore, infatti, dal confronto con le amministrazioni e i portatori di interessi e' stata evidenziata la necessita' di incentivare le azioni di semplificazione volte ad incrementare la competitivita' della bandiera italiana. In concreto, si tratta di avviare rapidamente, da un lato, la semplificazione di quelle norme ritenute "superate" del nostro codice della navigazione (e del relativo regolamento di attuazione) e, dall'altro, adeguare le relative procedure amministrative alla digitalizzazione in modo tale da consentire una gestione (amministrativa) efficiente volta a permettere alla navi che battono la bandiera italiana, alla logistica portuale e al lavoro marittimo nazionale di poter competere ad armi pari nei contesti internazionali. Per fare questo occorre in primis allineare la normativa primaria e secondaria di settore agli standard dei Paesi europei piu' moderni, soprattutto sotto il profilo amministrativo, digitale e giuslavoristico. Nello specifico, come sopra gia' rilevato, un'efficiente semplificazione dovrebbe poter partire da una ragionata modifica della legislazione in materia di regime amministrativo della nave, della digitalizzazione delle pratiche di bordo e della semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo. E' in ogni caso necessario che il complessivo corpus normativo che regola il settore venga aggiornato per affrontare le odierne sfide tecnologiche e competitive. Ancora una volta il Cipom puo' (rectius: deve) ragionevolmente esercitare in questo contesto il ruolo di catalizzatore delle istanze e acceleratore dei processi di revisione delle norme e delle obsolete pratiche amministrative. Nello specifico: I. La semplificazione del regime amministrativo della nave In tale ambito, occorre prevedere un aggiornamento sistematico del codice della navigazione con riferimento, in senso non esaustivo, alle questioni afferenti alla dismissione di bandiera, alla sospensione temporanea dell'abilitazione alla navigazione, nonche' all'iscrizione provvisoria in caso di acquisto e/o vendita della nave. Occorre altresi' operare una complessiva rivisitazione della normativa afferente alle visite di bordo delle navi da parte delle autorita' competenti, nonche' con riferimento a tutte quelle attivita' ispettive di bordo che trovano applicazioni disomogenee sul territorio nazionale ed unionale49 . In questa prospettiva occorre quindi revisionare adeguatamente anche il vigente "Regolamento di sicurezza" di cui al d.p.r. 8 novembre 1991, n. 435. II. La digitalizzazione delle pratiche di bordo Occorre una progressiva digitalizzazione delle procedure amministrative, approfittando delle tecnologie nel frattempo affermate e disponibili, peraltro gia' utilizzate in altri ambiti dalla Pubblica Amministrazione. In particolare, sara' opportuno adeguatamente digitalizzare la tenuta della documentazione di bordo50 , gli adempimenti amministrativi connessi alla partenza e all'arrivo della nave nei porti nazionali e, piu' in generale, lo scambio di informazioni fra la nave e le competenti Autorita' Marittime, doganali e portuali. III. La semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo Occorrono nuove procedure amministrative in special modo per l'arruolamento dei marittimi mediante: (i) la creazione della c.d. "Anagrafe digitale della gente di mare" che, attraverso una moderna piattaforma digitale integrata, consenta di gestire gli annessi adempimenti burocratici; (ii) l'attuazione del d.p.r. n. 18 aprile 2006, 231, con particolare riferimento alla necessaria riforma del collocamento della gente di mare e mare e all'aggiornamento dell'Allegato riguardante i requisiti di accesso alle professioni del mare; (iii) la semplificazione delle procedure di stipula delle convenzioni di arruolamento e di quelle di annotazione sul ruolo di equipaggio (artt. 328, 329 e 331 cod. nav. e 357 reg. nav. mar.), nonche' di quelle relative alle annotazioni sul libretto di navigazione con riferimento alla navigazione effettuata, valorizzando cosi' il ricorso alla modalita' digitale, (iv) l'aggiornamento e la digitalizzazione delle procedure di imbarco e sbarco dei marittimi sia con riferimento alla figura del comandante, sia con riferimento al resto dell'equipaggio a bordo (artt. 223 e 236 reg. cod. nav. mar.); (v) la semplificazione delle procedure relative alle attuali autorizzazioni plurime necessarie per l'avvicendamento di personale marittimo da parte del medesimo armatore che opera servizi regolari negli stessi porti, rendendo con cio' piu' flessibile l'impiego dei marittimi in forza alla medesima impresa di navigazione (art. 172 bis cod. nav.); (vi) l'aggiornamento della normativa sulla retribuzione dei marittimi51 . IV. La certificazione marittima Attualmente, ogni nave in esercizio opera con oltre 100 certificati statutari, ivi compresi quelli richiesti dall'International Maritime Organization (IMO), per i quali esiste una specifica circolare52 . Ad essi si sommano quelli richiesti dalle varie amministrazioni competenti. Il rilascio della maggior parte dei gia' menzionati certificati compete ai cosiddetti RO (in passato Enti di Classifica, oggi "Recognized Organization") e all'Amministrazione di bandiera quando non deleghi i RO. Il citato allargamento alle navi registrate presso gli Stati membri della UE e dello Spazio Economico Europeo ("SEE"), armate e operate da armatori stabiliti sul territorio nazionale del regime di aiuto garantito al trasporto marittimo esposto alla competizione internazionale, impone una riflessione sulla necessita' di allineare il corredo regolamentare e le relative incombenze legate alla operativita' della nave italiana agli standard degli altri Paesi marittimi dell'Unione. Il tutto per scongiurare l'ipotesi di emigrazione delle unita' verso registri europei che, nel pieno rispetto dei requisiti dettati dalla regolazione internazionale, garantiscono un livello regolatorio e burocratico meno complesso e piu' attrattivo per l'operatore. Nello specifico, le audizioni delle parti interessate hanno evidenziato alcune consolidate criticita': ad esempio, solo alcune amministrazioni hanno introdotto ed accettano i certificati in formato elettronico, cosi' come non tutte le amministrazioni delegano ai RO tutti gli accertamenti ed il rilascio della relativa certificazione. Da questo punto di vista, anche mediante l'istituto della delega, occorre introdurre alcune importanti novita' nel regime dei controlli dello Stato di bandiera permettendo agli organismi riconosciuti di effettuare le residuali visite ispettive previste dallo Stato di bandiera medesimo, che ancora oggi sono in capo esclusivo alle Autorita' marittime, come la certificazione "International Ship Security" e quella per la certificazione "MLC 2006"53 . V. Le ulteriori norme Ulteriori procedure di semplificazione da attuare nel nostro ordinamento riguardano, in particolare, la pubblicita' dell'ipoteca navale nonche' il consolidamento della stessa. Trattasi di questioni di natura procedimentale molto lunghe e complesse che - nell'ambito dei contratti di finanziamento relativi all'acquisto delle navi - presuppongono trascrizioni e trasferimenti di ipoteca dal registro di provenienza a quello di nuova iscrizione della nave. Nell'ottica della piu' volte dichiarata semplificazione e razionalizzazione delle procedure occorre quindi riformare anche tali norme al fine di agevolare i processi di sviluppo delle imprese di navigazione. 2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima Pare opportuno segnalare una recente iniziativa della Commissione europea sfociata nella proposta di revisione del quadro normativo europeo sulla sicurezza marittima (nell'accezione di "Maritime Safety")54 . La proposta ha il fine di rafforzare la protezione ambientale e recepire le normative internazionali nel frattempo sedimentate. Nel presupposto che la normazione trattata nella proposta rappresenta l'attuale quadro regolatorio complessivo e generale per la sicurezza marittima nazionale ed unionale, andra' valutato attentamente l'impatto di una sua modifica anche per scongiurare il pregiudizio agli interessi nazionali potenzialmente determinato da possibili impatti deteriori sulla flotta nazionale ovvero sulle attivita' di trasporto a servizio dell'Italia ovvero allorquando si verificasse un'alterazione del "level playing field", tra la normativa europea e quella internazionale. Pare pertanto opportuna una breve disamina della proposta di revisione della normativa in questione che riguarda: I. La revisione della Direttiva CE n. 16 del 2009sul controllo da parte dello Stato di approdo: In sintesi, la Commissione europea propone (principalmente) di: ampliare l'ambito di applicazione della Direttiva55 , modificare il profilo di rischio della nave alla luce dei cambiamenti approvati dal Memorandum of Understanding ("MoU") di Parigi5 6; integrare i parametri ambientali nella determinazione del profilo di rischio delle navi e della conseguente individuazione delle navi da ispezionare (art 10 e Allegati I e II), i.e.: utilizzare, ai fini di valutare la sicurezza, il rating del Carbon Index Indicator ("CII") delle navi57 ; aggiungere un nuovo parametro del profilo di rischio della nave collegato all'utilizzo di certificati elettronici (allegato I.1.c.iv)58 . II. La revisione della Direttiva CE n. 21 del 2009 sulla conformita' ai requisiti dello Stato di bandiera: La proposta di revisione della Direttiva CE 23 aprile 2009, n. 21 ha come obiettivo quello di allineare quest'ultima agli strumenti IMO adottati dal 2009, tenendo in considerazione gli sviluppi tecnologici e digitali. Nello specifico, la Commissione propone di: recepire nel diritto unionale le disposizioni del "Codice per l'Implementazione degli Strumenti IMO"; stabilire misure piu' dettagliate che gli Stati di bandiera dell'UE devono attuare per garantire la sicurezza delle navi battenti bandiera di uno Stato membro (nuovo articolo 4-ter); introdurre requisiti in materia di sicurezza e prevenzione dell'inquinamento (nuovo articolo 4 quater)59 ; introdurre requisiti per la digitalizzazione e lo scambio di informazioni60 ; modificare le disposizioni vigenti in materia di audit dello Stato di bandiera e dei sistemi di gestione della qualita61 ; istituire un «Gruppo ad alto livello sulle questioni relative allo Stato di bandiera» incaricato, tra le altre cose, anche di formulare raccomandazioni su un approccio comune all'ispezione dello Stato di bandiera e di sviluppare e attuare un sistema di supervisione degli enti riconosciuti. III. La revisione della Direttiva CE n. 35 del 2005 sull'inquinamento provocato dalle navi e sull'introduzione di sanzioni per reati ambientali: E' previsto un importante ampliamento del campo di applicazione attraverso la proposta di inclusione di ulteriori sostanze inquinanti descritte negli Allegati III-VI della Convenzione MARPOL 73/78. Queste sostanze comprendono acque reflue, rifiuti, acque di scarico e residui dei depuratori di gas di scarico (Exhaust Gas Cleaning System, "ECGS", noti anche come "scrubbers")62 . IV. La revisione della Direttiva 2009/18/CE recante principi fondamentali in materia di indagini sui sinistri nel settore del trasporto marittimo: La Commissione propone di aggiornare la Direttiva per allinearla al "Casualty Investigation Code" dell'IMO e quindi di abrogare il Regolamento UE 9 dicembre 2011, n. 1286 della Commissione, del 9 dicembre 2011, che adotta una metodologia comune per le indagini sui sinistri o incidenti marittimi. L' iniziativa appare giustificata in quanto l'IMO con la propria Risoluzione A.1075(28), ha adottato le linee guida per assistere gli investigatori nell'attuazione del codice di indagine sui sinistri fornendo una metodologia dettagliata per le indagini degli stessi63 . V. La revisione del Regolamento sull'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima e abrogazione del Regolamento CE n. 1406 del 2002: La proposta amplierebbe le competenze dell'EMSA (l'Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima) in una serie di ambiti, tra i quali la sicurezza marittima, la cybersicurezza, la sostenibilita' e la decarbonizzazione. L'EMSA verrebbe altresi' incaricata di fornire sostegno agli Stati membri e alla Commissione nell'attuazione del Regolamento FuelEU Maritime e della Direttiva relativa al sistema di scambio di quote di emissione ("ETS"). 2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica A questo riguardo si dedica un intero capitolo del presente "Piano del mare", posta l'importanza delle norme europee ed internazionali sulla materia e gli importanti effetti che tali norme avranno sul mondo del mare. 2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore della "blue economy" Il Cipom si conferma naturale sede ex lege per promuovere il necessario coordinamento in merito ad altre recenti iniziative europee di interesse per il settore della "blue economy", di seguito sintetizzate, oggetto di discussione nelle sedi europee nei prossimi mesi. Nello specifico, si fa riferimento a tre distinte iniziative attinenti, rispettivamente, alla promozione di un trasporto merci piu' verde, anche mediante l'intermodalita' (pacchetto «Greening Freight Transport»), alla necessita' di affiancare agli obiettivi di transizione energetica un piano di politica industriale europea (denominato «Net Zero Industry Act»), e alla prevista revisione della normativa europea sul riciclaggio delle navi (c.d. "Ship Recycling"). Si tratta di iniziative distinte nei contenuti ma accomunate dalla rilevanza, in termini di potenziali criticita', nonche' dalle opportunita' che il comparto marittimo potrebbe cogliere e rispetto alle quali sembra opportuno auspicare il necessario coordinamento a livello nazionale ed europeo. Nello specifico: I. Il pacchetto Greening Freight Transport: Il pacchetto "Greening Freight Transport", pubblicato in data 11 luglio 2023 dalla Commissione europea, propone un insieme di misure legislative volte a promuovere un trasporto merci piu' pulito, efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale. Tale obiettivo verrebbe perseguito in particolare mediante proposte volte all'ottimizzazione del sistema di gestione della rete ferroviaria europea, la previsione di incentivi piu' efficaci per i veicoli merci piu' puliti, il miglioramento delle informazioni sulle emissioni di gas climalteranti del trasporto merci, e la proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato64 (Direttiva CEE 7 dicembre 1992, n. 106), la cui pubblicazione e' prevista in un momento successivo. Nello specifico, il pacchetto presentato dalla Commissione europea e' composto dalla comunicazione COM (2023) 440 «Rendere il trasporto merci piu' pulito», dalla proposta COM (2023) 445 di modifica della Direttiva sui pesi e le dimensioni dei veicoli, dalla proposta di Regolamento COM (2023) 443 per l'accesso alla infrastruttura ferroviaria e dalla proposta di Regolamento COM (2023) 441, relativo all'adozione di una cornice armonizzata per il calcolo delle emissioni climalteranti del trasporto attraverso la nuova iniziativa denominata "CountEmissionsEU". Per completare le suddette proposte, la Commissione europea ha annunciato una successiva revisione della Direttiva sui trasporti combinati, inclusa la possibilita' di inserirvi misure normative, operative ed economiche volte a rendere il trasporto intermodale piu' competitivo. Delle misure sopra richiamate, attualmente pubblicate, l'iniziativa "CountEmissionsEU" consisterebbe in un quadro comune per quantificare le emissioni di gas a effetto serra dei servizi di trasporto nei diversi modi di trasporto, inclusa la modalita' marittima. Con tale iniziativa, la Commissione propone un approccio metodologico comune per consentire alle imprese di calcolare le loro emissioni di gas a effetto serra qualora decidano di pubblicare tali informazioni o siano tenute a condividerle per motivi contrattuali. La metodologia proposta si basa sulla norma ISO/CEN, recentemente adottata per la quantificazione e la comunicazione delle emissioni di gas a effetto serra derivanti dal funzionamento delle catene per il trasporto di passeggeri e di merci. Secondo la Commissione, una maggiore trasparenza dei dati sulle emissioni di gas a effetto serra puo' influenzare le decisioni degli utenti dei trasporti e incentivare l'utilizzo di opzioni di trasporto piu' sostenibili. La suddetta proposta sara' esaminata dal Parlamento europeo e dal Consiglio secondo la procedura legislativa ordinaria. In tale contesto, se l'iniziativa in questione puo' rappresentare un'opportunita' per promuovere modalita' di trasporto piu' sostenibili, quali la modalita' marittima, appare auspicabile assicurare nel corso del negoziato europeo che le specificita' delle singole modalita' di trasporto e delle rispettive metodologie di rendicontazioni esistenti vengano prese in considerazione al fine di scongiurare rischi di possibili confronti iniqui e arbitrari o di ulteriori oneri amministrativi per le compagnie di trasporto. Occorrera' infine prestare particolare attenzione alla sopra-citata proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato, la cui pubblicazione sembra essere invece prevista nel mese di settembre 2023. La Direttiva potrebbe infatti rappresentare un'opportunita' da cogliere rispetto alla promozione dell'intermodalita', soprattutto alla luce degli ambiziosi target di trasferimento modale verso le modalita' di trasporto piu' sostenibili, quali la navigazione a corto raggio, stabilite nella strategia europea per una mobilita' sostenibile ed intelligente adottata nel 202065 . II. Il Net Zero Industry Act: La proponenda misura legislativa denominata «Net Zero Industry Act», pubblicata in data 16 marzo 2023, potrebbe rappresentare, con le necessarie modifiche, una opportunita' per rafforzare la competitivita' industriale e capacita' di produzione strategica delle tecnologie a zero emissioni nette in Europa anche per il settore della "blue economy". L'atto e' da alcuni visto come un tentativo europeo di contromossa nei confronti dell'«Inflation Reduction Act» (IRA) americano, approvato dal Congresso la scorsa estate e che ha allocato ben 369 miliardi di dollari in misure a favore del clima, prevalentemente agevolazioni fiscali per la produzione di energia a basse emissioni di carbonio e per l'acquisto di veicoli elettrici. L'iniziativa in questione, proposta dalla Commissione nel quadro del c.d. "Piano industriale del Green Deal", individua tecnologie che apporteranno un contributo significativo alla decarbonizzazione e che, in quanto considerate "strategiche", riceveranno un sostegno particolare a livello europeo sulla base dei seguenti pilastri: (i) definizione delle condizioni abilitanti: la normativa migliorera' le condizioni per gli investimenti nelle tecnologie a zero emissioni nette migliorando l'informazione, riducendo gli oneri amministrativi per l'avvio di progetti e semplificando le procedure di rilascio delle autorizzazioni; (ii) agevolazione dell'accesso ai mercati: per migliorare la diversificazione dell'offerta di tecnologie a zero emissioni nette, la normativa impone alle Autorita' pubbliche di tenere conto dei criteri di sostenibilita' e resilienza per le tecnologie a zero emissioni nette nell'ambito degli appalti pubblici o delle aste; (iii) miglioramento delle competenze: la normativa introduce nuove misure per garantire la disponibilita' di manodopera qualificata; (iv) promozione dell'innovazione: la normativa consente agli Stati membri di istituire spazi di sperimentazione normativa per testare tecnologie innovative a zero emissioni nette e stimolare l'innovazione in condizioni normative flessibili; (v) la "piattaforma Europa" a zero emissioni nette sosterra' gli investimenti, individuando le esigenze finanziarie, le strozzature e le migliori pratiche per i progetti in tutta l'UE. Il Regolamento proposto deve ora essere discusso e approvato dal Parlamento europeo e dal Consiglio dell'Unione, prima della sua adozione ed entrata in vigore. Al riguardo, occorre evidenziare che l'attuale proposta legislativa non sembra riconoscere adeguatamente il ruolo strategico del trasporto marittimo, e, quindi, la necessita' di sostenere lo sviluppo delle tecnologie, dei carburanti alternativi e delle infrastrutture richieste per la decarbonizzazione di quest'ultimo alla luce delle peculiarita', specificita' e complessita' della transizione energetica del settore. Pertanto, sara' di fondamentale importanza nel corso del processo legislativo a livello europeo che il decisore unionale consideri il trasporto marittimo quale infrastruttura strategica dell'Unione europea, prevedendo specifiche di politica industriale a supporto della transizione energetica di tale comparto. Il Cipom potrebbe svolgere un importante ruolo di coordinamento e di raccordo tra le amministrazioni nazionali coinvolte, con l'obiettivo di tramutare la criticita' della proposta sopra-richiamata in una opportunita' per supportare, tramite questa iniziativa, la competitivita' e la transizione energetica della filiera nazionale della blue economy. III. Il riciclaggio delle navi: Il Regolamento UE 20 novembre 2013, n. 1257 relativo al riciclaggio delle navi ("EU Ship Recycling Regulation") e' un atto legislativo europeo che mira a regolare in modo piu' efficace il processo di demolizione delle navi commerciali, al fine di prevenire l'inquinamento ambientale e garantire condizioni di lavoro sicure e dignitose per i lavoratori impiegati in questo settore. Il Regolamento, in vigore dal 2014, stabilisce una serie di requisiti e procedure che le navi commerciali devono seguire quando raggiungono la fine della loro vita operativa e devono, dunque, essere dismesse. Esso si applica a tutte le navi battenti bandiera di uno Stato membro dell'UE e alle navi con bandiere di Paesi extra-UE che fanno scalo o ancoraggio in un porto dell'Unione. Ai sensi del suddetto Regolamento, il riciclaggio delle navi puo' avvenire solo presso gli impianti elencati nell'elenco europeo degli impianti di riciclaggio, come stabilito dalla decisione di esecuzione UE 19 dicembre 2016, n. 2323 della Commissione. Gli impianti possono essere situati nell'Unione europea o in Paesi terzi e devono rispettare una serie di requisiti relativi alla sicurezza dei lavoratori e alla tutela dell'ambiente. Attualmente e' in corso una valutazione della suddetta normativa da parte della Commissione europea la cui pubblicazione, prevista entro fine anno, potrebbe essere accompagnata da una proposta di revisione del richiamato Regolamento66 , anche tenendo conto dell'entrata in vigore della Convenzione internazionale di Hong Kong sul riciclaggio delle navi67 , prevista per il 26 giugno 2025, a seguito della recente conclusione delle procedure di ratifica. Tale Convenzione e' stata adottata da 63 Paesi nel 2009 e stabilisce requisiti a livello internazionale per navi, cantieri navali, stati di bandiera e autorita' in tema di sicurezza, condizioni di lavoro adeguate, questioni ambientali e trattamento dei materiali pericolosi nel riciclaggio delle navi. L'entrata in vigore della Convenzione nel 2025 rappresenta un importante passo in avanti nel garantire che le navi vengano riciclate in modo sicuro e nel rispetto dell'ambiente, attraverso lo sviluppo di strutture di riciclaggio globali sostenibili - creando altresi' condizioni di parita' a livello internazionale. In tale contesto, la prevista revisione del Regolamento UE 31 agosto 2013, n. 1517 potrebbe rappresentare l'occasione per affrontare le attuali criticita' emerse nell'applicazione di quest'ultimo, migliorandone, laddove possibile, l'efficacia. Al contempo, sarebbe in grado di garantire il necessario allineamento con la disciplina adottata a livello internazionale, l'unica per sua natura in grado di assicurare efficacemente un'attuazione uniforme e condizioni di parita' a livello internazionale nella promozione di un riciclaggio delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente. Rispetto alle sopraelencate materie, incluse le recenti iniziative di matrice europea, appare auspicabile che il Cipom coordini le amministrazioni competenti affinche' l'Italia possa partecipare ai processi di formazione normativa e di regolazione, facendo valere in maniera autorevole e consapevole i propri interessi nei consessi europei ed internazionali di riferimento. Presidiare efficacemente gli organismi europei che trattano i numerosi temi impattanti lo shipping in modo proattivo e continuativo, sia a livello politico sia tecnico, rappresenta non piu' solo un'opportunita', ma un'esigenza imprescindibile dell'azione di Governo per il tramite del Cipom. Andrebbe valutata, di concerto con i Dicasteri competenti, la possibilita' di rafforzare il presidio italiano a Bruxelles, ed in particolare presso la Rappresentanza Permanente d'Italia presso la Unione europea, in misura analoga agli effettivi di altre rappresentanze nazionali. Per parte sua il Cipom potra' attivare e coltivare i necessari processi di approfondimento con le amministrazioni coinvolte raccogliendo al contempo le osservazioni dei portatori di interesse, utilizzando la professionalita' e la conoscenza degli esperti che lavorano a supporto dell'Amministrazione. Nel settore in esame occorre, in ultima analisi, affrontare la legislazione del mare in modo olistico e con il concorso delle amministrazioni interessate nel rispetto delle singole competenze, onde giungere a posizioni conformi all'interesse del comparto nazionale cosi' da consentire anche una valida e consapevole perorazione delle proposte italiane nei consessi internazionali. 2.3 I PORTI 2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo Con la sua tradizione marittima e la sua centralita' mediterranea, l'Italia detiene una posizione che impone di considerare la dimensione marittima della Nazione quale caposaldo delle politiche del Governo. Le prospettive economiche del Continente africano impongono altresi' di considerare quest'area del mondo come una risorsa significativamente importante sia per la de-localizzazione delle produzioni industriali, in particolare nel settore dell'energia, sia come sbocco degli scambi commerciali posto l'aumento demografico ed economico dei Paesi immediatamente frontalieri nel bacino del Mediterraneo. In quest'ottica si colloca il progetto del c.d. "vicinato meridionale", ovvero di una rete di rapporti collaborativi con Paesi in grado di assurgere al ruolo di partner impegnandosi su programmi e progetti che includono una componente di sviluppo economico ed un forte impegno al miglioramento della catena logistica come effettivamente sta accadendo in alcuni Paesi dell'area "Middle East" e del Nord Africa68 . La centralita' geografica del Mediterraneo rispetto alle rotte marittime Est-Ovest69 impone una profonda riflessione sul ruolo del nostro sistema portuale e logistico a servizio dei traffici europei nella prospettiva che il sistema portuale medesimo possa ragionevolmente evolvere nella direzione da tempo auspicata70 dello sfruttamento delle aree retro-portuali a servizio di attivita' logistico-manifatturiere, anche grazie alle gia' esistenti forme di incentivazione - sia mediante misure per la promozione dello sviluppo dei traffici "Ro-Ro" e delle "Autostrade del Mare" attraverso l'aggregazione e l'incentivazione della domanda di trasporto merci, sia ricorrendo all'adozione di misure per l'incentivazione della localizzazione di attivita' manifatturiere e logistiche nelle aree portuali nazionali e nelle aree logistiche integrate del Mezzogiorno71 , che devono essere opportunamente promosse anche presso operatori internazionali potenzialmente interessati alla re-introduzione nel territorio europeo delle attivita' industriali gia' trasferite nei Paesi asiatici (c.d. "re-shoring"). Cio' assume ancora maggiore rilevo in considerazione della circostanza che anche il Nord Africa, quale area geografica sempre piu' emergente, e' destinato a divenire un luogo attraente per nuovi impianti produttivi in un'ottica di "near-shoring", grazie alle capacita' del territorio di fornire alcune materie prime critiche, oltre ad un ulteriore vantaggio competitivo in termini di costi della manodopera72 . Per quanto sopra, e' pertanto necessario migliorare l'efficienza dei servizi portuali, riducendo in particolare i tempi di attesa e stazionamento delle navi nei porti nazionali che risultano ancora decisamente elevati rispetto ai porti europei e internazionali concorrenti. Infatti, il "just-in-time" si realizza quando all'arrivo della nave in porto segua prontamente l'inizio delle operazioni di carico e scarico delle merci, senza rallentamenti o soste delle navi in rada ad attendere piu' del necessario il nulla-osta all'ingresso in porto. Ovviamente trattandosi di un obiettivo virtuoso, lo stesso presuppone che la gestione dell'infrastruttura portuale non venga attuata isolatamente e frammentariamente ma mediante una concertazione che coinvolga tutti gli operatori, pubblici e privati. Il PNRR prevede, ad esempio, che si superi la elevata complessita' del ciclo portuale, anche mediante il superamento della disomogeneita' e frammentazione attuale favorita dall'assenza di un'opportuna centralizzazione raggiunta, di fatto, solo in alcuni specifici settori. In questo contesto, come si dira' piu' nel dettaglio innanzi e come messo in luce nel corso delle audizioni, particolare importanza assume il completamento dei processi di digitalizzazione e combinazione dei sistemi informativi e operazionali gia' in uso (quali il «Port Management Information System»- PMIS e il «Port Community System» - PCS impiegati rispettivamente dalle Autorita' marittima e dalle Autorita' di Sistema Portuale) ed in grado di ottimizzare l'efficienza dello scalo proprio perche' finalizzati a semplificare l'elevata complessita' dell'intero ciclo portuale legato all'assistenza alla nave nelle operazioni necessarie73 . Puo' quindi dirsi che il concorrente contributo che i diversi fattori geopolitici hanno portato al processo di riconduzione del Mediterraneo al ruolo di piattaforma strategica in un contesto logistico molto esteso pretende che le realta' portuali si adeguino velocemente al mutato scenario complessivo. Del resto, in generale, la scelta di un porto piuttosto che di un altro da parte dell'utenza marittima (armatori, operatori della logistica, operatori portuali, operatori turistici/diportistici) non dipende piu' dal solo fattore geografico e comunque presuppone che detto fattore venga inteso in un senso maggiormente evoluto. Il porto, quindi, non si riduce solamente all'infrastruttura marittima, ma deve essere inteso e riguardato in questa sua prospettiva dinamica che valorizzi anche l'efficienza e l'affidabilita' dell'intera connessione intermodale ad esso risalente. In conclusione, puo' dirsi che in aggiunta alla collocazione geografica devono essere valutati altri elementi, quali l'efficienza dell'integrazione sostenibile del "sistema porto" nella rete logistica retroportuale e tutti quegli altri fattori aggiuntivi che coniugano gli aspetti di sicurezza marittima e portuale tradizionali con le nuove ed evolute esigenze commerciali sottese all'intero settore dello shipping (movimento delle navi, possibilita' di accosto in banchina, operazioni che consentano alle navi di compiere le attivita' tecnico-nautiche in sicurezza, nonche' tutte le pratiche burocratiche, amministrative e commerciali nel minor tempo possibile). 2.3.2 Le reti ten-t All'interno delle reti trans-europee di trasporto ("TEN-T"), il completamento della "Core Network" (c.d. "Rete centrale") e' programmato per il 2030 e, per sostenerne la realizzazione coordinata tra i diversi Stati membri, l'Unione europea ha identificato nove "Corridoi"74 . Le reti TEN-T sono, di fatto, un insieme di infrastrutture lineari (ferroviarie, stradali e fluviali) e puntuali (nodi urbani, porti, interporti e aeroporti) considerate rilevanti a livello UE e la "Core Network" e' costituita: (i) dai nodi urbani a maggiore densita' abitativa; (ii) dai nodi intermodali di maggiore rilevanza; (iii) dalle relative connessioni75 . Dette reti, infatti, favoriscono l'integrazione dei Paesi europei in vista di un mercato unico e sostengono una politica per la de-carbonizzazione dei trasporti ed un ruolo attivo dell'Unione europea nella "lotta" globale ai cambiamenti climatici. In questo contesto, la priorita' a livello europeo e' quella di assicurare la continuita' dei "Corridoi", realizzando i collegamenti mancanti, assicurando collegamenti tra le differenti modalita' di trasporto, eliminando i "colli di bottiglia" esistenti. Il completamento della rete "Core" entro il 2030 richiede quindi all'Italia uno sforzo importante, soprattutto per quanto riguarda l'efficientamento dei collegamenti ferroviari e stradali ed il completamento dei collegamenti di "ultimo miglio" a porti76 ed aeroporti della rete "Core". In tal senso, sono gia' stati finanziati programmi per collegamenti ferroviari e stradali atti a risolvere criticita' strutturali nell'accessibilita' stradale e ferroviari di alcuni porti italiani. In particolare, con il fondo complementare sono stati stanziati 250 milioni per l'ultimo miglio ferroviario/ stradale a cui si vanno ad aggiungere oltre 350 milioni (PNRR), di cui il 60% al Sud, per interventi ferroviari per il collegamento dei porti alla rete nazionale. In considerazione del ruolo della rete centrale e' pertanto opportuno elaborare ed attuare appositi piani di sviluppo dei "Corridoi" con strutture di governance tali da agevolare la realizzazione della rete centrale. In tale scenario, il fatto che 4 dei 9 "Corridoi" giungano o partano da porti italiani trova la sua ragione anche nella consapevolezza raggiunta a livello europeo sul fatto che ragioni di efficienza e competitivita' ambientale giustificano una maggiore alimentazione da Sud dei mercati continentali77 . Cio' richiede una relazione tra le reti TEN-T core, i "Corridoi" ed i porti italiani che costituiscono i terminali di sistemi multi-portuali e logistici (i c.d. «European core corridor multiport & logistic gateway»). Naturalmente stante le caratteristiche del territorio italiano e la numerosita' dei porti sul territorio, le vocazioni dei singoli porti dovranno essere differenziate sulla base delle caratteristiche funzionali ed organizzative di ciascuna realta' in linea con gli obiettivi dei "Corridoi" medesimi. Alla luce di quanto sopra, posto che i principali "Corridoi" sono collegati ai porti di maggior rilievo della Nazione, e' necessario prevedere una politica portuale nazionale che vada di pari passo e che sia armonizzata e funzionale al raggiungimento degli obiettivi dei "Corridoi" medesimi. E' quindi necessario, da un lato, implementare le misure di investimento nell'ambito del c.d. «Meccanismo per collegare l'Europa», ovvero il c.d. «Connecting Europe Facility»78 anche per i porti nazionali e, dall'altro, incentivare l'intermodalita' ferro-mare tra i porti (nazionali) ed i "Corridoi" europei. Questa e' una delle chiavi per garantire efficienza ed innovazione al sistema produttivo nazionale sviluppando le potenzialita' delle interconnessioni anche nell'ottica di offrire ai porti nazionali la possibilita' di divenire hub per il traffico merci su ferrovia da e per i poli logistici italiani ed europei contribuendo cosi' a realizzare la c.d. «cura del ferro». In tal senso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.3.3 I bacini portuali In questo contesto, poi, con riferimento ai bacini portuali, un indice della razionalita' della distribuzione delle installazioni portuali nazionali e della loro capacita' di servire i territori che ricadono nella propria area di influenza, nonche' di interconnettersi alle reti transeuropee, puo' essere ricavato attraverso il confronto e la sovrapposizione dei relativi bacini di utenza commerciale79 . In tal senso occorre implementare misure volte ad integrare detti bacini di utenza dei cluster portuali sia nel Nord Italia sia nel Meridione con i Corridoi TEN-T. Cio' anche in ragione del fatto che la struttura dimensionale delle infrastrutture portuali e' estremamente diversificata su scala territoriale e regionale e che tale diversificazione, che altresi' dipende dalla piu' o meno elevata specializzazione dei traffici, dovra' sempre piu' esprimere un'evoluzione delle dotazioni infrastrutturali in linea con la selezione dei porti della rete "Core"80 . 2.3.4 Le aree retro-portuali e l'interazione con i c.d. "dry-ports" La circostanza che la maggiore disponibilita' di aree retro-portuali potenzialmente idonee all'insediamento di attivita' industriali si trovi nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori rappresenta un ulteriore stimolo nel contesto di una progressiva riduzione della sotto-occupazione in quei contesti territoriali. I porti commerciali costituiscono uno strumento dello Stato - inteso come rete logistica complessa a servizio della Nazione - le cui strategie complessive devono sempre essere volte a cogliere ogni opportunita', evitando sovrapposizioni o inutili competizioni tra scali portuali che vadano a ridurre l'efficienza complessiva degli investimenti. Occorre poi prendere atto che l'esperienza internazionale ha insegnato che il porto puo' dare vita ad attivita' connesse in aree viciniori e, parimenti, supportarne la creazione di investimenti industriali a servizio della merce in transito o addirittura impiegate nella produzione di merce destinata all'esportazione. Le moderne esigenze di lavorazione ed imballaggio delle merci (logistica), nonche' quelle di smistamento attraverso diverse modalita' di trasporto (vale a dire l'intermodalita'), richiedono spazi che non sono talvolta disponibili in prossimita' di molti bacini portuali italiani. Tali attivita', tuttavia, possono piu' opportunamente svilupparsi nelle strutture interportuali dell'hinterland mettendo - ad esempio - in pratica servizi di "navettamento", anche ferroviario, tra porti ed interporti81 . Un legame piu' stretto tra i porti e gli interporti determina vantaggi competitivi per entrambe le strutture e consente di sommare ai servizi di trasporto ulteriori servizi ad elevato valore aggiunto (i.e. magazzinaggio, gestione ordini, controlli qualita', assemblaggi etc.). E' questo il modello che si sta affermando in altri mercati europei, con una forte crescita nelle aree retro-portuali di "distripark" all'interno delle quali, attraverso servizi di prima trasformazione e lavorazioni intermedie delle merci, e' possibile accrescere notevolmente il valore aggiunto della merce (si pensi, a titolo esemplificativo ma non esclusivo, ad un container in transito). Alla luce di quanto sopra, affinche' detto modello possa affermarsi anche all'interno del mercato italiano, nel quale gli spazi portuali sono tendenzialmente limitati, e' necessario coordinare ed omogeneizzare gli interventi su scala macro-regionale per favorire le relazioni di sistema interporti-interporti e/o piattaforme intermodali e porti-interporti82 . In questo contesto, infatti, il veloce smistamento delle merci verso i nodi interportuali grazie ad appositi servizi, quale quello di shuttle via ferrovia, potrebbe consentire agli interporti di agire da catalizzatori di traffico ossia da veri e propri Inland terminal (o dry ports), dai quali gli operatori ferroviari potrebbero rilanciare i propri servizi lungo le maggiori direttrici di traffico. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.3.5 Le Zes e le Zls E' altresi' evidente come, nel panorama portuale nazionale, vi siano delle realta' - specialmente nel Sud - le quali nonostante dispongano di ampie aree retro-portuali (a differenza dei porti del Centro-Nord) risultano essere sotto-utilizzate. In questo senso, cio' che senz'altro si rileva ai nostri fini e' che le norme introdotte negli anni successivi che hanno portato alla possibilita' di istituire in Italia le Zone Economiche Speciali ("ZES") e le Zone Economiche Logistiche Semplificate ("ZLS") hanno accentuato il ruolo di promotore dello sviluppo degli enti portuali. E' quindi necessario dare un fattivo impulso alle ZES ed alle ZLS allo scopo di recuperare quanto prima lo svantaggio maturato nei confronti delle altre Nazioni europee che hanno attivato analoghi regimi83 . Si ritiene quindi che questa impostazione, rafforzata con agevolazioni e semplificazioni effettive, possa costituire una leva interessante per far si' che i porti diventino drivers per lo sviluppo industriale del "Sistema Italia"84 . In tal senso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. Dal punto di vista logistico, e' poi fondamentale investire in infrastrutture ed attrezzature che rispondano alla necessita' di crescita della capacita' portuale, all'aumento delle dimensioni delle navi ed alla crescente domanda di collegamento con l'entroterra. Inoltre, particolare importanza dovra' essere riconosciuta alle strutture di protezione ed alla accessibilita' marittima. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, misura M5C385 ha previsto una serie di interventi infrastrutturali in tali aree per un importo di 630 milioni di euro. Sotto altro profilo, lungo l'intera catena logistica e, in particolare, per le nuove concessioni nelle aree operative, e' altresi' essenziale adeguarsi continuamente alla transizione energetica, alla sicurezza informatica ed alla tutela dell'ambiente, in particolare nella gestione dei rifiuti dei porti (ivi inclusi gli scali minori ed i piccoli porti non commerciali) - cio' anche mediante adeguati modelli di gestione del servizio che dovrebbero evolversi verso una progressiva apertura al mercato86 - e nella riduzione dell'inquinamento atmosferico e idrico. 2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione Altrettanto importante e' continuare ad investire nell'automazione, nella digitalizzazione e nella semplificazione dei processi. A questo proposito, gli scali portuali nazionali e mediterranei hanno un ruolo nevralgico nei progetti di digitalizzazione e nella salvaguardia della sicurezza delle informazioni e della c.d. "Cyber security"87 . In termini generali, le stime relative alla portata macroeconomica della transizione digitale del settore dei trasporti marittimi, rispetto all'introduzione di nuove tecnologie quali, a titolo esemplificativo ma non esaustivo, sistemi di intelligenza artificiale e di robotica avanzata, promettono di contribuire alla crescita del PIL, in tutta l'Unione europea, determinando aumenti mediamente pari all'1,1% su base annuale, lungo tutto il decennio corrente e fino alla conclusione del 203088 . La digitalizzazione offre opportunita' di ampio efficientamento ed ammodernamento nel settore logistico particolarmente - ma non solo - nel settore del trasporto di merci in contenitore. In tale ambito, dare piena attuazione operativa a quanto previsto dall'«European Maritime Single Window environment» (EMSWe), sistema di interfaccia unica ai sensi del Regolamento UE n. 1239 del 201989 , costituisce un'importante misura di ammodernamento che mira a garantire la possibilita' che le informazioni correlate agli obblighi di dichiarazione possano essere fornite dalle compagnie di navigazione in formato elettronico e soltanto una volta per ogni scalo in un porto dell'Unione. Un ulteriore esempio e' rappresentato dall'introduzione della tecnologia c.d. "blockchain" per la gestione dei processi dei documenti di trasporto e la tracciabilita' delle merci. Le piattaforme digitali, in questo senso, possono facilitare l'incrocio tra domanda ed offerta nel settore del trasporto marittimo, collegando aziende che necessitano di spedire merci con operatori del trasporto e fornendo servizi di "tracking", gestione dei pagamenti e stoccaggio. Al momento - posto che il mondo della logistica continua tuttora ad essere caratterizzato, nella maggior parte dei casi, da una gestione cartacea dei documenti di trasporto relativi alla merce o comunque dispone di sistemi digitali talvolta obsoleti - uno degli aspetti maggiormente sfidanti attiene alla digitalizzazione della polizza di carico. Cio' in ragione dell'ormai articolato sistema di trasporto internazionale dei container90 . In questo contesto - per rendere maggiormente competitivi gli scali marittimi italiani e quindi ridurre i tempi di transito delle merci nei porti, in termini di documentazione, dogana, movimentazione ed organizzazione di convogli in partenza e in arrivo - come emerso nel corso delle audizioni occorrono sforzi organizzativi ma, soprattutto, una maggiore semplificazione amministrativa che tenda all'omogeneita' con gli standard europei e la riduzione del numero di passaggi e intermediari. Il tutto anche mediante il potenziamento dello sportello unico doganale - e quindi la semplificazione delle transazioni di importazione/esportazione - e la gestione informatica a distanza delle pratiche, come gia' anticipato in tema di digitalizzazione, prima dell'arrivo delle navi nel porto. In questo senso, la semplificazione delle procedure doganali, anche nell'ottica di accrescere la potenzialita' delle scarse superfici esistenti nei porti italiani, deve portare ad una progressiva riduzione della permanenza in porto della merce (ad esempio del contenitore)91 . Occorre pertanto anche un coinvolgimento diretto delle Autorita' di Sistema Portuale affinche', progressivamente, si dotino di un apposito sistema informativo, il c.d. "Port Community System", che - oltre ad avvantaggiare dal punto di vista operativo l'intera catena della logistica portuale - agevoli il dialogo tra le amministrazioni coinvolte e gli operatori del settore mediante i servizi informatici offerti dalla citata infrastruttura informatica92 . 2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale Occorre inoltre garantire il rispetto del "level playing field" concorrenziale all'interno delle strutture portuali, in compliance con le regole europee93 , in un contesto omogeneo e rispettoso del principio della demanialita' necessaria delle aree destinate alle attivita' portuali. In tale scenario, emerge l'importanza di dotarsi di adeguati strumenti pianificatori in linea con le previsioni dell'art. 5 della legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante «Documento di programmazione strategica di sistema. Piano regolatore portuale». Detti strumenti, infatti, costituiscono - da un lato - la garanzia del rispetto del livello di concorrenza all'interno del porto in quanto hanno la responsabilita' di definire i contesti entro i quali si misurano le imprese in concorrenza su quel mercato e, allo stesso tempo, costituiscono - dall'altro lato - la garanzia di un quadro di riferimento per tale competizione che non dovrebbe essere alterato proprio per consentire un adeguato sfruttamento della concessione quale requisito necessario per la realizzazione degli investimenti che, medio tempore, l'operatore privato concessionario di un'area portuale deve effettuare per mantenere detta area (cosi' assentita) in efficienza94 . Sotto altro profilo, poi, i Piani Regolatori portuali (PRP) assumono la funzione di atto di programmazione della Pubblica Amministrazione che fissa i criteri e le modalita' per la futura utilizzazione del porto; tali atti, infatti, vincolano - limitandone la discrezionalita' - la stessa amministrazione, la quale non puo' (senza valide ragioni e motivatamente) discostarsene95 . La valorizzazione e l'efficientamento delle realta' portuali passa anche attraverso la piena attuazione delle disposizioni contenute nell'art. 5 della legge n. 84 del 1994, con l'adozione dei documenti di programmazione strategica di sistema portuale e dei Piani Regolatori portuali per la redazione dei quali sono, peraltro, in corso di revisione a cura del Consiglio superiore dei lavori pubblici le relative linee guida96 . Trattasi questo di un punto centrale della politica portuale nazionale e della regolazione in ambito portuale che parte dalla determinazione degli obiettivi degli strumenti di pianificazione in ambito portuale [ndr. il PRP] come vincolanti per la Pubblica Amministrazione. Oltre a cio' occorre poi segnalare la necessita' di forme di semplificazione - in aggiunta a quelle gia' apportate all'art. 5 della legge n. 84 del 1994, operate con il d.l. 10 settembre 2021, n. 121, riguardanti il Documento di programmazione strategica di sistema - relative a qualsivoglia intervento sul sedime portuale nel quale, tra le altre, rientrano la semplificazione: (i) dei procedimenti per l'aggiornamento della pianificazione portuale sia a livello strategico, con il Documento di pianificazione strategica di sistema ("DPSS"), sia a livello di Piano Regolatore Portuale ("PRP"); (ii) delle procedure decisionali e realizzative delle opere portuali o in ambito retro-portuale; (iii) delle procedure di valutazione ambientale e di attuazione dei dragaggi. 2.3.8 I dragaggi portuali Deve affrontarsi in modo coordinato ed efficiente - come gia' accennato nei paragrafi precedenti - il tema della semplificazione delle procedure necessarie per procedere agli interventi di dragaggio dei fondali portuali distinguendo, ove possibile, quelli necessari al mantenimento dei fondali con quelli che sono volti al loro approfondimento. E' dunque impellente la necessita' di definire una normativa nazionale - ad oggi ancora disorganicamente rintracciabile e differentemente rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti nei siti di interesse nazionale - che ricomprenda in maniera organica tutti i regolamenti emanati e, in particolare, in cui siano definite in maniera olistica: (a) i criteri e le modalita' relative alla caratterizzazione dei sedimenti, alla valutazione della loro qualita', nonche' alla gestione di vari passaggi autorizzativi (ad esempio ai fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale dei dragaggi sostenibili)97 ; (b) le modalita' di adeguamento evolutivo delle disposizioni vigenti in linea con i principi giuridici "guida" del quadro normativo interno ed unionale di riferimento, indirizzando la gestione dei materiali verso reimpieghi, recuperi o ri-utilizzi98 . Auspicabile in tal senso e' altresi' il coordinamento delle competenze nelle singole amministrazioni e l'adozione di linee guida per guidare le scelte e i processi decisionali e autorizzativi. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria Sotto altro profilo, come gia' anticipato nei paragrafi che precedono, occorre agevolare le connessioni ferroviarie dei porti alla rete ferroviaria nazionale e agli interporti attraverso nuove infrastrutturazioni e semplificazioni regolatorie e amministrative. Cio' nell'ottica di rivedere in tempi brevi le priorita' degli interventi del gestore della rete ferroviaria in funzione dell'esigenza di: (i) colmare, tra le altre, il deficit dei collegamenti ferroviari dei porti del Mezzogiorno99 ; (ii) adeguare le connessioni dei porti piu' prossimi alle aree dell'Europa centrale ed orientale, offrendo cosi' a tutte le componenti del sistema logistico analoghi livelli di connessione e la possibilita' di dispiegare al meglio tutte le loro potenzialita'. Alla luce di quanto sopra, occorre quindi incentivare lo sviluppo del trasporto ferroviario riducendo il gap dei costi operativi (portuali) legati alla movimentazione ferroviaria100 . Il tutto, prendendo come riferimento l'orientamento della Commissione europea che, nell'attuale contesto di forte incentivo alla transizione ecologica del settore dei trasporti, ha inteso valorizzare - in linea di principio - la conformita' della misura di aiuto di Stato oggetto alle priorita' e finalita' stabilite nella strategia per una mobilita' sostenibile e intelligente e nell'agenda del cd. "Green Deal europeo"101 . 2.3.10 La transizione energetica nei porti Occorre sostenere adeguatamente il processo di decarbonizzazione del porto, inclusa la fornitura di energia elettrica alle navi durante la sosta a costi competitivi, favorendo altresi' la nascita delle comunita' energetiche portuali102 . Per quanto riguarda il primo profilo, e' necessario che i competenti enti gestori dei porti, nell'ambito della definizione delle rispettive linee strategiche di sistema, tengano in debita considerazione la totalita' delle banchine che gestiscono quei determinati traffici e, di conseguenza, quelle specifiche attivita' all'interno di un determinato scalo che dovrebbero essere beneficiate dall'intervento previsto nell'ambito del PNRR. Occorre quindi un'adeguata pianificazione programmatica coordinata delle azioni di sistema da parte delle competenti AdSP, unitamente alla definizione dei ruoli e dei profili di responsabilita' di tutti gli stakeholder coinvolti, per scongiurare interventi selettivi volti ad effettuare investimenti presso talune banchine lasciando gli interventi presso altre in sospeso o addirittura non prevedendoli. Per quanto attiene, invece, al secondo profilo, con l'estensione della nozione di Comunita' Energetiche (c.d. "CER") anche all'ambito portuale103 e' stata perseguita la finalita' di contribuire alla crescita sostenibile dell'Italia, nonche' alla de-carbonizzazione del sistema energetico (portuale). Sul presupposto che i porti sono tra le infrastrutture maggiormente energivore al mondo104 , e' necessario prevedere specifiche misure volte a far si' che le CER portuali possano concretamente sostenere, in prospettiva, le esigenze energetiche sia dell'intero cluster portuale sia del retro-porto105 . Cio' in quanto, rendere i porti piu' sostenibili e' fondamentale per garantirne la competitivita' a lungo termine. La sostenibilita', infatti, ha un impatto positivo sulle attivita' economiche, commerciali ed operative, sul presupposto che i Green Ports106 garantiscono la protezione dell'ambiente al pari del risparmio dei costi. Il tutto con un effetto positivo complessivo anche sull'economia del Sistema Italia. In questo contesto l'Italia ha gia' attivato iniziative di sostegno ai processi di decarbonizzazione del porto destinando risorse pubbliche per la realizzazione dei sistemi di collegamento alla rete elettrica di terra (OPS - Cold-Ironing) da parte delle navi mercantili, quando queste sono all'ormeggio. I predetti investimenti per il Cold-Ironing sono stati accompagnati da una riforma finalizzata a velocizzare e facilitare la realizzazione dei nuovi impianti. Il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti ha avviato un tavolo di coordinamento affinche' sia i singoli aspetti della connessione dei servizi di Cold-Ironing alla rete che il modello di gestione siano uniformi. Anche da questo indispensabile lavoro di armonizzazione dei sistemi passa l'efficienza degli impianti e dei servizi connessi. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors" In tale contesto occorre sostenere la creazione e lo sviluppo dei c.d. "Green Corridors" o "corridoi verdi"107 , vale a dire collegamenti marittimi (o, meglio, specifiche rotte commerciali) tra due o piu' porti operate da vettori che adottino soluzioni volte ad abbattere (e possibilmente azzerare) le emissioni. Pur nella consapevolezza che il trasporto marittimo sia un settore ove le emissioni di gas alteranti sono da considerarsi "hard to abate", occorre sostenere azioni anche volte all'abbattimento delle emissioni delle navi nei porti (specialmente per quelli collocati in prossimita' delle zone abitate), obiettivo che sembra - almeno nel breve periodo - essere conseguibile mediante l'utilizzo di bio-carburanti108 . In linea con quanto e' emerso anche nel corso dell'ultima sessione del G7 trasporti del giugno 2023 - e sul presupposto che i "Green shipping corridors" possano emergere come strumento per concorrere alla de-carbonizzazione del trasporto marittimo - occorre valutare, anche con il concorso di altre amministrazioni statali interessate, la promozione di iniziative volte ad incentivare lo sviluppo tecnologico, la produzione e l'utilizzo di combustibili alternativi e, parimenti, incoraggiare gli investimenti nelle infrastrutture portuali destinate allo stoccaggio ed alla distribuzione degli stessi. Cio' anche ricorrendo alla introduzione di mirate misure regolatorie e prevedendo, altresi', eventuali regimi incentivanti. 2.3.12 Le autorita' di sistema portuale Indipendentemente dalla natura giuridica delle singole Autorita' di Sistema Portuale, si deve prendere atto del fatto che l'ente di gestione del porto deve avere un modello di funzione moderno e competitivo al passo con l'esperienza (quantomeno) europea a cui deve fare riferimento l'efficienza del nostro sistema portuale. Alle funzioni gia' assegnate dalla legge n. 84 del 1994 alle AdSP e' opportuno che si affianchino competenze nel coordinamento delle attivita' logistiche anche in aree retroportuali fino a prevedere per le AdSP la possibilita' di partecipazione in attivita' logistico e strategiche, in un disegno unitario Inoltre, anche nell'ottica di un aggiornamento della legge n. 84 del 1994, dovra' essere valutata una possibile riforma del sistema portuale in una logica di semplificazione e competitivita' dei porti italiani. Il tutto valutando di agevolare la necessaria evoluzione delle attivita' di gestione portuale affidate alle odierne AdSP per renderle piu' efficienti nei confronti delle mutate esigenze del mercato rispetto a quelle vigenti al momento dell'entrata in vigore della sopracitata legge n. 84 del 1994, e piu' competitive rispetto ai benchmark dei principali modelli portuali europei. Appare pertanto importante valutare, non solo un possibile adeguamento della natura giuridica dell'Ente, ma anche di quella propria delle attivita' gestorie migliorando il modello originario per incrementare l'efficienza dei singoli porti. In questo contesto, consentire alle AdSP - deputate alla gestione dei porti nazionali - iniziative d'impresa nella catena logistica, anche attraverso forme consortili o comunque di co-partecipazione con soggetti privati secondo un modello gia' da tempo consolidatosi nei sistemi portuali piu' evoluti, appare un ulteriore spunto di opportuna riflessione. Appare, infine, non procrastinabile il rafforzamento delle funzioni centralizzate sia nella fase della programmazione delle opere di infrastrutturazione portuale ed extra-portuale a beneficio dei traffici - onde scongiurare pregiudizievoli sovrapposizioni che rischierebbero di provocare significative diseconomie e non gioverebbero all'efficienza del sistema - sia nell'attivita' di regolazione onde evitare che si verifichino distorsioni tali da incidere sull'attrattivita' degli scali posto che le stesse altererebbero il necessario "level playing field". Tra l'altro, una visione unitaria del sistema portuale nazionale, di cui eventualmente prendere atto in vista di una possibile riforma da considerare quale possibile priorita' da portare all'attenzione del Cipom, potra' consentire di individuare gli scali ove i traffici di prodotti industriali e petrolchimici sono maggiormente presenti prevedendo misure di incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione dei costi (v. supra par. 2.2.5). In quest'ottica, alcune esperienze europee - e tra queste quella spagnola - rendono opportuno considerare la possibile individuazione di un organo centrale con compiti di coordinamento, indirizzo, pianificazione, regolazione e distribuzione delle risorse dello Stato. A livello locale, potrebbe poi considerarsi opportuno un maggiore coinvolgimento, nella gestione operativa degli scali, dell'utenza e degli attori esercenti i servizi e le operazioni portuali oltre ai rappresentanti delle maestranze. E' auspicabile, inoltre, procedere ad una revisione organica della parte marittima del codice della navigazione al fine di operare interventi di adeguamento ed integrazione delle norme codicistiche in linea con le attuali esigenze ed evoluzioni del settore portuale. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.3.13 I servizi di deposito e distribuzione dei prodotti energetici e a servizio della pesca I depositi costieri di prodotti energetici e chimici hanno una straordinaria importanza nel contesto della transizione ecologica, importanza tale da identificarli come un'infrastruttura strategica nell'ambito degli scali di competenza. Saranno, infatti, queste infrastrutture che dovranno dotarsi del corredo impiantistico e tecnologico per il deposito e la messa a bordo dei bio-carburanti e di quelli sintetici di prossima generazione ad uso marittimo ed industriale. In questo contesto occorre prevedere, cosi' come per l'intero alveo dei servizi portuali (ivi incluso quello del servizio di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi)109 , un'adeguata attivita' di regolazione per garantire l'accesso equo e non discriminatorio alle infrastrutture assieme a condizioni eque e trasparenti in linea con le regole europee, in ossequio con quanto previsto dal Regolamento UE n. 352 del 2017110 che istituisce un quadro normativo per la fornitura dei servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti. Da ultimo, nella programmazione delle politiche portuali e' infine necessario recepire le esigenze della pesca moderna, che deve svolgere a terra una serie di funzioni in banchine attrezzate, pensando anche a spazi specializzati per lo smaltimento dei rifiuti "pescati" accidentalmente che non devono essere gettati nuovamente a mare ma correttamente e gratuitamente conferiti. 2.3.14 Raccolta dei rifiuti prodotti da nave e gestione dei relativi impianti portuali Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197, che ha abrogato il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, e' stata recepita la direttiva UE n. 883 del 2019 riguardante gli impianti portuali di raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi. Tale normativa, finalizzata a proteggere l'ambiente marino dagli effetti negativi degli scarichi dei rifiuti delle navi che utilizzano porti nel territorio dello Stato nonche' garantire il buon funzionamento del traffico marittimo migliorando la disponibilita' e l'uso di adeguati impianti portuali di raccolta dei rifiuti ed il conferimento degli stessi presso tali impianti, si applica alle navi, compresi i pescherecci e le imbarcazioni da diporto che, indipendentemente dalla bandiera, fanno scalo presso un porto italiano. Conformemente a quanto previsto in ambito unionale, il provvedimento attuativo impone alle Autorita' di Sistema Portuale o, ove non istituite, alle Autorita' marittime, l'onere di elaborare e approvare un piano di raccolta e gestione dei rifiuti prodotti dalle navi, di validita' quinquennale, che sia tuttavia coerente con la pianificazione regionale in materia di rifiuti. In questo settore, ulteriori aspetti sono altresi' lambiti dalla legge 17 maggio 2022, n. 60, c.d. "Salvamare", che ha come obiettivo quello di contribuire al risanamento dell'ecosistema marino e alla promozione dell'economia circolare, nonche' alla sensibilizzazione della collettivita' per la diffusione di modelli comportamentali virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti in mare, nei laghi, nei fiumi e nelle lagune e alla corretta gestione dei rifiuti medesimi. Dalla comparazione del quadro normativo in esame, a legislazione vigente, sia sul piano interpretativo sia su quello della governance complessiva dell'intero sistema, emergono diversi aspetti che afferenti la gestione complessiva dei rifiuti prodotti dalle navi e del relativo conferimento degli stessi negli impianti di raccolta in ambito portuale, che richiedono un sempre maggiore coordinamento delle competenze e delle amministrazioni coinvolte (AdSP, Regioni, Comuni e Autorita' marittime) nei procedimenti amministrativi relativi ai rifiuti prodotti dalle navi presso gli scali italiani. Alla luce di quanto sopra, emerge, a carattere generale, la necessita' di semplificare e razionalizzare le procedure amministrative per la gestione degli impianti portuali di raccolta dei rifiuti prodotti dalle navi e una contestuale necessita' di semplificazione delle norme attributive delle competenze, apportando al contempo eventuali modifiche alle disposizioni riguardanti gli affidamenti del servizio di raccolta rifiuti previsti da diverse leggi speciali. Inoltre, la richiamata legge n. 60/2022, al proprio interno, annovera alcune definizioni che non sempre collimano con le altre norme vigenti in materia nello specifico settore in esame (a titolo esemplificativo, ma non esaustivo, si pensi al termine "imbarcazione da diporto" in luogo di "unita' da diporto", che ai sensi del d.lgs. n. 171/2005, recante il «Codice della nautica da diporto» viene definita come «ogni costruzione di qualunque tipo e con qualunque mezzo di propulsione destinata alla navigazione da diporto»). In generale, quindi, potrebbero essere utili interventi di coordinamento tra i diversi testi normativi in materia a beneficio dell'utenza del mare. Altresi' in tema di TARI sarebbe opportuna la valutazione di un criterio di proporzionalita' tra porti commerciali e porti turistici, in ragione della piu' elevata potenzialita' di produzione dei rifiuti di questi ultimi. 2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE L'Italia per conformazione e posizione geografica e' il candidato ideale a diventare l'hub energetico meridionale dell'Europa. Come recentemente affermato dal Presidente della Commissione Europea,111 la Sicilia e' infatti fondamentale per la transizione ecologica in quanto ponte naturale verso l'Africa, un continente che, grazie all'immenso potenziale in termini di solare, eolico ma anche di idrogeno verde, diventera' uno dei giganti dell'energia pulita. In tal senso, il Governo e' impegnato in un poderoso impegno diplomatico per realizzare entro il 2023 un nuovo "Piano Mattei" per l'Africa volto a una sempre maggiore cooperazione tra la sponda Nord e Sud del Mediterraneo in termini di investimenti, finanziamento di progetti comuni, trasferimento di tecnologia e know-how. Nel contesto della nuova strategia di sviluppo energetico dell'Italia, il mare puo' dare un contributo decisivo nella produzione di energia da fonti rinnovabili, quali i parchi eolici offshore ed il moto ondoso, sempre piu' importanti nel mix energetico a livello europeo e, pur con un passo piu' rallentato, dell'Italia112 . Come gia' anticipato (v. supra, par. 2.2.8), sara', quindi, indispensabile affrontare il tema dell'energia "che viene dal mare" e "per il mare" - energia pulita nazionale che e' fondamentale per raggiungere gli obiettivi della decarbonizzazione energetica e dell'indipendenza energetica - con interventi infrastrutturali, logistici e procedurali specificamente dedicati. Inoltre, nella definizione di una politica energetica del mare che sia efficace assumono particolare rilevanza la cooperazione transfrontaliera, lo scambio di buone pratiche e gli strumenti di finanziamento per sostenere il settore. 2.4.1 Fonti fossili La fase di transizione ecologica non potra' prescindere dal contributo delle fonti fossili. In tale contesto, le navi - quali infrastrutture mobili - possono assicurare la flessibilita' che manca alle infrastrutture di terra. Per il petrolio, ad esempio, il consumo annuo di petrolio in Italia e' di oltre 58 milioni di tonnellate ed arriva quasi tutto via mare. E', quindi, importante preservare la competitivita' della flotta cisterniera, anche rivedendo i criteri tassonomici europei. Per il gas, invece, embargo e sanzioni determineranno verosimilmente l'aumento delle gasiere nell'area mediterranea. Non potendo viaggiare via terra, il gas viaggera' via nave ed e' quindi necessario che l'Italia investa risorse adeguate e favorisca una strategia industriale di lungo periodo per lo sviluppo di una flotta gasiera operata da imprese nazionali che assicuri l'indipendenza della catena di approvvigionamento nazionale. In tale scenario, un importante e strategico anello della filiera, a lungo purtroppo oggetto di scarsa attenzione, e' costituito dai rigassificatori e dalle strutture di stoccaggio113 . 2.4.2 Fonti rinnovabili Eolico offshore: pur rimanendo lontana dall'offerta di petrolio e gas, la produzione di energia eolica rappresenta oggi un'industria rilevante, con alcuni porti che fungono da hub logistici per l'installazione dei parchi offshore114 . Il Piano nazionale integrato energia e clima (PNIEC) prevede la produzione di 900 MW al 2030 di eolico offshore nella nostra Nazione nell'ambito dell'obiettivo fissato dalla Strategia europea in materia di energie rinnovabili offshore di raggiungere a livello europeo 60 GW di eolico offshore nel 2030 e i 300 GW nel 2050115 , ma si attendono quantitativi di energia eolica prodotti anche superiori. Gli impianti eolici offshore tradizionali sono oggi affiancati dalla nuova tecnologia galleggiante che consente di costruire progetti in acque profonde come quelle del Mediterraneo, area che sta registrando un forte interesse da parte di molti importanti players nazionali ed internazionali, in particolare vicino a Sicilia e Sardegna116 . In particolare, i campi eolici galleggianti (FOW - "Floating Offshore Wind") possono rappresentare un elemento chiave per la strategia energetica nazionale ed europea, garantendo la massima efficienza, per rendimenti e dimensioni, rispetto all'eolico offshore a fondazioni fisse ("bottom fixed") e un impatto ambientale minore rispetto all'eolico a terra117 . Non esiste allo stato attuale in Italia una produzione industriale delle piattaforme galleggianti necessarie all'eolico flottante. L'Italia ha l'opportunita' di giocare d'anticipo. In questo campo Fincantieri sta sviluppando una specifica supply chain in grado di produrre le unita' galleggianti che sarebbero richieste dal mercato, sfruttando sia siti esistenti sia nuovi che, in entrambi i casi, richiedono ingenti investimenti Le ricadute sui sistemi portuali e territoriali sono notevoli: dalla realizzazione in loco delle piattaforme galleggianti agli effetti derivanti sulla riconversione e specializzazione dei porti (sia per la produzione che per le attivita' marine collegate e i servizi dell'indotto) e sull'occupazione (sia nella fase realizzativa che per quella manutentiva di lungo termine). In tale ambito, e' ipotizzabile ed auspicabile la definizione di accordi per la fornitura dell'energia prodotta in favore del porto utilizzato come base logistica per la realizzazione dell'impianto. Infine, occorre tenere conto della sopracitata Strategia europea in materia di energie rinnovabili offshore, all'interno della quale si trova esplicito riferimento al Piano di Gestione dello Spazio Marittimo, considerato come uno strumento per l'individuazione delle aree marittime da destinare allo sviluppo delle energie rinnovabili in Europa e per il raggiungimento degli obiettivi strategici nazionali in tema di energia e nel rispetto dell'Agenda verde europea e dei Sustainable Development Goals (SDGs). A questo riguardo, l'intero processo di identificazione delle aree idonee per l'installazione di impianti di produzione di energia rinnovabile offshore dovrebbe basarsi su criteri di tipo estensivo - al fine di massimizzare la produzione nazionale di energia da fonti rinnovabili - e fare leva sulle notevoli opportunita' legate allo sfruttamento delle aree marine e a tecnologie innovative quali l'eolico galleggiante e la generazione di energia dal moto ondoso. Al riguardo, si segnala che il PNRR ha stanziato 675 milioni per sostenere la realizzazione di impianti innovativi e offshore per produrre energia pulita grazie a tecnologie ad alto potenziale di sviluppo e sperimentali come, per l'appunto, i sistemi che sfruttano le correnti e il moto delle onde118 . La Strategia sottolinea inoltre che per un cambio di marcia l'UE e gli Stati membri necessitano di un quadro a lungo termine per imprese e investitori che promuova una coesistenza sana tra gli impianti offshore e gli altri usi dello spazio marittimo, contribuisca alla protezione dell'ambiente e della biodiversita' e consenta alle comunita' di pescatori di prosperare. Moto ondoso: pur non avendo ancora raggiunto la piena maturita' per un pieno sviluppo industriale, lo sfruttamento dell'energia dal moto ondoso ha trovato in Italia interessanti applicazioni su scala prototipale, quali il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) e il REWEC3 (Resonant Wave Energy Converter - release 3)119 , nonche' prestigio, a livello europeo e mondiale, con lo sviluppo di numerosi brevetti e importanti attivita' di ricerca. 2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE La transizione ecologica del trasporto marittimo, e piu' in generale dell'industria del mare, verso l'utilizzo di combustibili alternativi ai carburanti fossili rappresenta una sfida epocale in termini operativi, tecnologici, finanziari, nella quale l'Italia, per la sua posizione geografica, conformita' territoriale e dipendenza dai traffici via mare, e' chiamata a giocare un ruolo importante. Occorre innanzitutto partire da alcune considerazioni di base per affrontare razionalmente e con successo, tenendo ben presenti le specificita' nazionali, il complesso percorso verso la transizione energetica dello shipping, uno dei settori considerati piu' difficili da decarbonizzare. Innanzitutto, va notato che le navi, per il loro funzionamento, richiedono dei carburanti con un'elevata densita' energetica, sia di massa sia di volume, che possano essere stoccati e gestiti a bordo in modo sicuro e di cui le navi possano facilmente approvvigionarsi nei vari porti di scalo, in modo altrettanto sicuro e con una rete di distribuzione adeguatamente diffusa. Le navi hanno, inoltre, un ciclo di vita pluridecennale ed i tempi di ricambio delle flotte sono legati in modo diretto alla capacita' produttiva della cantieristica navale. La capacita' produttiva globale annuale non supera il migliaio di navi c.d. "maggiori". Se si tiene conto che la consistenza della flotta mondiale e' stimata in 70-80 mila unita', si vede chiaramente come la transizione delle flotte verso le soluzioni alternative emergenti sara' giocoforza lenta e graduale. Occorrera' quindi contemporaneamente, da un lato, gestire il presente in un modo ottimale e pragmatico e, dall'altro, accelerare tutti i possibili processi atti a favorire la transizione. In questo processo i biocombustibili potrebbero, ad esempio, giocare un ruolo estremamente rilevante nell'immediato perche' consentono di ridurre significativamente l'impronta di carbonio delle navi esistenti senza drastici interventi tecnici sulle navi e sulle infrastrutture. L'ammontare delle risorse da stanziare per la transizione energetica, infine, e' elevato120 ed il settore, gia' in affanno in taluni segmenti, sara' necessariamente costretto a ribaltare sull'utenza - carico e passeggeri - almeno parte dei costi aggiuntivi. Nella sostanza, quindi, la transizione sara' un processo che richiedera' un tempo non breve e nel corso del quale dovranno necessariamente continuare ad operare le navi esistenti. Queste ultime saranno sostituite progressivamente da naviglio di nuova generazione e, infine, dovra' essere messa in campo una quantita' di risorse economiche molto rilevante. Nel corso degli ultimi anni lo shipping ha ridotto significativamente, rispetto al passato, la propria impronta di carbonio. Non potendo contare su carburanti alternativi ai combustibili fossili esistenti, lo ha fatto agendo esclusivamente sull'efficienza delle navi e sulla loro operativita', anche cercando di contenere i costi energetici crescenti che spingono verso l'alto i costi operativi delle flotte. Sebbene molto sia stato fatto, esistono ancora dei margini di miglioramento ma e' ormai del tutto evidente che senza un'introduzione massiccia di nuovi carburanti carbon-neutral e zero-carbon, non sia possibile fare il salto di qualita' necessario. All'attuale scarsita' di soluzioni energetiche praticabili, che fa da freno all'evoluzione del settore, si contrappone una crescente accelerazione normativa che, da parte sua, vuole esercitare un'azione di spinta verso la transizione energetica. In tale contesto, l'ambiziosa traiettoria temporale per la decarbonizzazione del trasporto marittimo tracciata dall'Unione europea (UE) e dalla International Maritime Organization ("IMO") impone l'adozione di combustibili "carbon-neutral" e "zero-carbon" in tempi rapidi ed in quantita' crescenti. Alcune di queste normative europee come l'EU-ETS o la FuelEU Maritime agiscono sulla leva economica, scoraggiando l'uso dei carburanti fossili attraverso misure che rendono sempre svantaggioso l'utilizzo di questi combustibili. Diversamente, altre misure (come il "Carbon Index Indicator" - CII - dell'IMO) usano la leva tecnologica al fine di ridurre le emissioni. Oltre ai diversi approcci, e' necessario sottolineare che le misure europee sono regionali, interessano solo i traffici in/da e per l'Europa e rischiano di generare deviazioni delle tratte e in ogni caso distorsioni del mercato. Per questo motivo, nel caso in cui si raggiunga un accordo internazionale (sul piano IMO) su questioni gia' disciplinate a livello regionale dalla UE, le norme europee potrebbero essere riviste con lo scopo di allinearle a quelle internazionali. Questo e', in linea con quanto gia' chiarito dalle istituzioni europee, un obiettivo che eviterebbe una duplicazione degli obblighi e degli oneri amministrativi per le navi che viaggiano in Europa. Infine, vale la pena ricordare che qualsiasi misura tecnica e/o economica (da sola o come parte di un paniere di misure) risulta inefficace nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, a meno che non siano garantiti la disponibilita' di futuri carburanti, nuove tecnologie e motori a prezzi accessibili, oltre ad avere il personale di bordo addestrato per il proprio utilizzo in sicurezza. 2.5.1 Le regole europee L'Unione europea ha assunto da anni la leadership nella lotta per la difesa dell'ambiente ed ai cambiamenti climatici ed il trasporto marittimo europeo, oltre alle norme dettate dall'IMO, e ha da tempo, quindi, ricevuto un impianto regolatorio teso a ridurre l'impatto ambientale dello shipping. Questa aspirazione europea e' totalmente condivisibile, come lo e' quella di trasformare l'UE in una societa' equa e prospera con un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva, in cui non vi siano emissioni nette di gas a effetto serra nel 2050 e in cui la crescita economica sia dissociata dall'uso delle risorse. Appare importante assicurare che la transizione ecologica e' sostenibile anche dai punti di vista economico e sociale, oltre che ambientale. E', inoltre, opportuno che l'azione dell'Unione europea, particolarmente per quanto riguarda lo shipping internazionale, tenga conto del fatto che l'UE, per quanto attore di grandissimo peso nello scenario mondiale, rappresenta solo una delle realta' con cui lo shipping si trova ad operare. Come ricordato nel paragrafo precedente, iniziative di carattere regionale presentano, quindi, il rischio di poter ostacolare l'azione dell'IMO nella sua funzione e prerogativa di regolatore internazionale, ponendo i Paesi terzi in una posizione di contrasto a protezione delle loro flotte e di mettere gli armatori europei, impegnati nei traffici internazionali, in una situazione di svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55" L'11 dicembre 2019 la Commissione europea ha adottato il c.d. "Green Deal" europeo, ossia una serie di iniziative e proposte che hanno l'obiettivo di far raggiungere all'Europa - primo fra tutti i continenti - la neutralita' climatica entro il 2050. Nell'ambito del "Green Deal", il 14 luglio 2021 la Commissione europea ha adottato una serie di proposte, identificate con il pacchetto "Fit for 55" che indirizzano le politiche dell'UE in materia di clima, energia, trasporti e fiscalita' verso una riduzione delle emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di un pacchetto di proposte che interessa praticamente tutti i settori e che mira a modificare, accelerandola, la traiettoria della decarbonizzazione in Europa, agendo essenzialmente sulla leva economica e fiscale. In tale contesto, nei primi mesi del 2023 si sono conclusi i negoziati europei sulle principali proposte legislative contenute nel citato pacchetto, tra cui l'inclusione dello shipping nel sistema europeo di scambio di quote di emissione ETS («Emissions Trading System») e i nuovi Regolamenti FuelEU Maritime e AFIR («Alternative Fuels Infrastructure Regulation»). L'ETS e' il sistema di scambio di quote di emissione dell'Unione europea; schema "cap and trade" in cui viene posto un limite (cap) al diritto di emettere determinati inquinanti su un'area e le aziende possono scambiare (trade) i diritti di emissione all'interno di tale area. Viene infatti introdotto un limite alla quantita' massima di emissioni da parte delle imprese che rientrano nel sistema e, entro tale limite, le imprese partecipanti acquistano o vendono quote (allowances, EUAs) di emissioni a seconda del proprio fabbisogno. Infatti, le imprese le cui quote di emissioni non sono sufficienti a coprire le emissioni prodotte, acquistano all'asta o da altri soggetti le quote di emissione necessarie. Viceversa, chi ha quote di emissioni in eccesso rispetto alle emissioni prodotte, puo' venderle. Ai sensi della nuova Direttiva UE del Parlamento europeo e del Consiglio, 10 maggio 2023, n. 959 recante modifica alla Direttiva CE 13 ottobre 2003, n. 87 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra (Direttiva ETS), le navi che scalano i porti europei saranno gradualmente incluse in tale sistema a partire dal 2024. In pratica, nel 2025 le societa' di navigazione dovranno pagare il 40% delle emissioni di CO2 generate nel 2024 dalle navi nei viaggi intra-UE e nei porti UE, nel 2026 il 70% delle emissioni di CO2 del 2025 e dal 2027 in poi il 100% delle emissioni del rispettivo anno precedente, incluse le emissioni di CH4 (metano) e di N2O (biossido di azoto). Tali percentuali sono dimezzate per le emissioni generate nei viaggi in entrata o in uscita dall'Unione. Relativamente alla proposta di Regolamento "FuelEU Maritime", attualmente in fase di approvazione finale, le navi che scalano i porti europei saranno obbligate a partire dal 2025 ad utilizzare combustibili via via meno impattanti, pena l'applicazione di ammende. I miglioramenti richiesti iniziano con un primo step che prevede la riduzione dell'intensita' di carbonio nei carburanti utilizzati a bordo del 2% nel 2025, rispetto al 2020 e successivi step ogni cinque anni fino a raggiungere una riduzione dell'80% nel 2050. Inoltre, le navi portacontainer e passeggeri dovranno utilizzare, a partire dal 2030, il "cold ironing" nei principali porti europei dotati del servizio. L'accordo raggiunto sul Regolamento AFIR, attualmente in fase di approvazione, d'altro canto, introduce dei targets obbligatori per gli Stati membri relativamente alla messa a terra, nei principali porti europei della rete TEN-T, di punti per il bunkeraggio del metano liquefatto (GNL, bio-gas liquefatto, metano sintetico liquefatto e miscele) entro il 1° gennaio 2025 e di impianti per la fornitura di elettricita' da terra nei porti ("cold ironing") entro il 1° gennaio 2030. Gli Stati membri devono inoltre presentare, entro il 1° gennaio 2025, dei piani nazionali per lo sviluppo di infrastrutture per il rifornimento di altri carburanti alternativi (es. metanolo, ammoniaca). Sullo specifico tema, si rinvia ai paragrafi successivi (v. infra par. 2.4.5 e 2.4.6) relativi alla valutazione dell'impatto delle suddette regole europee sul sistema di trasporto marittimo nazionale e alle rispettive raccomandazioni di policy in vista della loro attuazione, con riferimento in particolare all'utilizzo dei proventi nazionali derivanti dall'inclusione dello shipping nel sistema ETS. Piu' complesse appaiono invece le discussioni, a livello di Consiglio UE, sulla proposta del pacchetto relativa alla revisione della "Energy Taxation Directive" (Direttiva CE 27 ottobre 2003, n. 96). La possibilita' di giungere almeno in tempi rapidi ad un possibile accordo su tale proposta sembra al momento remota, stante le riserve espresse da diversi Stati membri e la regola dell'unanimita' vigente in materia fiscale. La Direttiva CE n. 96 del 2003 che ristruttura il quadro europeo per la tassazione dei prodotti energetici e dell'elettricita', prevede all'art. 14 lettera c, che gli Stati membri esentino dalla tassazione i prodotti energetici forniti per essere utilizzati come carburanti per la navigazione europea (compresa la pesca), diversa dalla navigazione delle imbarcazioni private da diporto e l'elettricita' prodotta a bordo delle imbarcazioni. Nel quadro della revisione della Direttiva, la proposta di abolizione dell'art. 14 porterebbe quindi all'introduzione di accise sui combustibili navali venduti nello spazio economico europeo. In tale contesto, e' stato osservato che una tale revisione potrebbe avere evidenti ricadute sia sui costi delle compagnie di navigazione sia in termini di potenziali mutamenti delle attivita' di bunkeraggio al di fuori dello spazio economico europeo. Di converso, potrebbe essere opportuno valutare la possibilita' di sostenere un'estensione delle esenzioni fiscali esistenti per i carburanti convenzionali anche ai biocarburanti e al gas naturale liquefatto121 , cosi' come all'energia elettrica a terra nei porti, in linea con gli obiettivi del Regolamento "FuelEU Maritime". In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 2.5.3 La tassonomia europea Nell'ambito del "Green Deal europeo", la tassonomia e' un'iniziativa che mira a disciplinare la definizione ambientale dei settori economici al fine di indirizzare gli investimenti e finanziamenti "verdi" attraverso un insieme di regole e criteri di vaglio ("Technical Screening Criteria"). Il sistema di tassonomia e' stato introdotto con il Regolamento UE 18 giugno 2020, n. 852 e si sviluppa progressivamente attraverso l'adozione di atti secondari da parte della Commissione europea (c.d. atti delegati) che stabiliscono i suddetti criteri di vaglio per le varie attivita' economiche sulla base degli obiettivi climatici ed ambientali europei. In tale contesto, il settore dei trasporti marittimi e' stato definito un "settore transizionale", stante le complessita' di decarbonizzare tale comparto e la cui inclusione nella tassonomia europea, come attivita' eco-sostenibile, e' soggetta a principi specifici di valutazione. Tali criteri appaiono, tuttavia, molto sfidanti dal punto di vista tecnico ed operativo, in base alle tecnologie e soluzioni energetiche disponibili attualmente per lo shipping e non allineati alle altre normative europee, proposte nell'ambito del pacchetto Fit for 55 (es. Regolamento "FuelEU Maritime"). Il rischio che si pone, in assenza di opportune modifiche ai criteri tecnici di valutazione, e' che tale iniziativa, pensata per promuovere gli investimenti verdi, finisca per rendere ancora piu' difficoltoso l'accesso da parte degli operatori del settore marittimo ai finanziamenti verdi necessari per sostenere gli ingenti investimenti richiesti per la transizione energetica del settore. Cio' a maggior ragione se tali criteri, pensati per guidare finanziamenti privati, venissero esportati in strumenti di politica pubblica, come gia' in larga parte avvenuto nel contesto dei nuovi orientamenti europei in materia di aiuti di stato per il clima, l'energia e la protezione ambientale (c.d. "CEEAG"). 2.5.4 Le regole IMO L'azione dell'IMO122 a protezione dell'ambiente e' iniziata nel 1973 con l'adozione della Convenzione Internazionale per la Prevenzione dell'Inquinamento causato dalle Navi ("MARPOL"). Nel 1997 e' stato aggiunto l'Allegato VI dedicato alla prevenzione dell'inquinamento atmosferico provocato dalle navi che, oltre a fissare stringenti limiti alle emissioni di ossidi di zolfo e di ossidi di azoto, nel 2011 ha introdotto un capitolo che riguarda le misure tecniche e operative obbligatorie per il miglioramento dell'efficienza energetica, volte a ridurre le emissioni di gas serra da parte delle navi. Nel corso degli anni le compagnie di navigazione si sono adeguate alle normative sempre piu' stringenti emanate dall'IMO, adottando soluzioni tecniche ed operative che, per esempio, hanno consentito di abbattere il tenore di zolfo dei combustibili navali dal 4,5% all'attuale 0,5% worldwide e 0,1% nelle aree ad emissione controllata ("ECA" - Emission Control Area). Il quarto studio dell'IMO sulle emissioni di GHG da parte delle navi, pubblicato nell'agosto 2021, mostra come rispetto al 2008, a fronte di un aumento dei trasporti via mare di oltre il 30% in termini di tonnellate trasportate e di oltre il 40% in termini di lavoro di trasporto, si sia avuta una riduzione di quasi il 7% delle emissioni di carbonio e di quasi il 30% dell'intensita' di carbonio. Questi risultati sono stati ottenuti introducendo le prime misure obbligatorie prese dall'IMO a partire dal 2013: l'EEDI («Energy Efficiency Design Index») per tutte le navi nuove ed il SEEMP («Ship Energy Efficiency Management Plan») per tutte le navi in esercizio. Nel 2022 sono entrate in vigore le nuove misure disegnate dall'IMO nell'ambito della strategia iniziale per la riduzione dei GHG adottata dall'Organizzazione nel 2018123 . A partire dall'inizio del 2023 le nuove misure introdotte dall'IMO richiedono a tutte le navi esistenti di calcolare il loro indice di efficienza energetica ("EEXI" - Energy Efficiency Existing Ship Index) che dovra' essere conforme ad una specifica base-line identificata dall'IMO in funzione della tipologia di nave. Se la nave non soddisfera' i requisiti, dovranno essere adottate delle soluzioni tecniche atte a migliorare l'efficienza energetica ed a riportare l'EEXI al valore previsto. Sempre a partire dall'inizio del 2023, e' stato previsto che le navi forniscano annualmente il loro indicatore di intensita' di carbonio ("CII") e il rating CII. L'intensita' di carbonio collega le emissioni di gas serra alla quantita' di merci trasportate sulla distanza percorsa e le navi riceveranno una valutazione della loro efficienza energetica secondo le classi A, B, C, D ed E, dove con A e' designata la classe migliore. Una nave classificata D per tre anni consecutivi oppure E dovra' presentare un piano di azioni correttive, atte a dimostrare come raggiungere l'indice C o un indice superiore. Come si potra' leggere nel paragrafo successivo, il CII e' molto discusso124 per la sua oggettiva incapacita', in base alla metrica attuale, di descrivere correttamente l'efficienza della nave (ad esempio in termini di nave in rada, nave in porto, nave ai lavori, nave in manovra, navigazione in zavorra rispetto a navigazione con carico e carico realmente trasportato) e di non tenere adeguatamente in considerazione l'impatto di aspetti operativi non legati alla volonta' dell'armatore (ad esempio soste per scioperi, congestione nei porti o soste tecniche). Anche alla luce di tali criticita', sara' di grande importanza la revisione del CII prevista entro il 2026. In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e sulla economia del mare Le normative adottate a livello UE e IMO, sono complessivamente destinate a produrre un profondo impatto strutturale, economico ed operativo nel volgere di pochi anni sul sistema dei trasporti marittimi in Italia. Si tratta di normative che per lo shipping comportano non solo la necessita' di investimenti di enorme portata per l'adeguamento delle flotte, ma anche - e soprattutto - la necessita' di disporre di soluzioni tecniche e di infrastrutture al momento non effettivamente disponibili. Come evidenziato in vari studi125 , i carburanti alternativi e le relative necessarie infrastrutture di produzione e distribuzione non sono al momento sufficientemente mature e disponibili per lo shipping e non lo saranno ragionevolmente per diversi anni. Soprattutto in una Nazione come la nostra, dove la strada e' ancora piu' in salita rispetto ad altri Paesi europei, anche a cagione delle caratteristiche morfologiche dei nostri porti, quasi tutti contigui, se non addirittura inclusi nel tessuto cittadino, che renderanno molto difficile dotare gli stessi di impianti per lo stoccaggio e la fornitura di tali carburanti, in genere intrinsecamente piu' pericolosi degli attuali. In tale contesto, stante le condizioni sopra ricordate, si prevede che l'impatto economico dell'ETS sara' significativo su tutti i segmenti del trasporto marittimo e in particolare per le navi ro-pax che effettuano collegamenti con le isole maggiori e nei servizi delle Autostrade del Mare ("AdM"), come del resto osservato nello studio commissionato dalla Commissione Trasporti e Turismo ("TRAN") del Parlamento europeo126 e nel Parere127 adottato da quest'ultima in merito alla proposta di inclusione dello shipping nel sistema ETS. Secondo stime fornite da Assarmatori, le compagnie di navigazione, a causa di un quadro tecnologico e infrastrutturale indipendente dalla loro volonta', non avranno la possibilita' di modificare il proprio piano energetico e saranno soggette a costi aggiuntivi di oltre il 25-30% per ogni singola tratta all'interno di tali collegamenti. Andranno pertanto monitorati attentamente, cosi' come stabilito dalla stessa Direttiva ETS, i possibili trasferimenti degli extracosti derivanti dall'ETS sul mercato, in particolare nel caso non vi fossero alternative all'utilizzo dei carburanti fossili e conseguenti impatti sulla continuita' territoriale con le isole - sancita nel novellato articolo 119 della Costituzione - nonche' sugli obiettivi di trasferimento modale delle merci dalla strada alla piu' sostenibile modalita' di trasporto marittima. Anche a tale riguardo, si sottolinea l'opportunita' di investire i proventi nazionali derivanti dall'inclusione del trasporto marittimo nel sistema ETS non ascrivibili al bilancio europeo, a beneficio della transizione ecologica del comparto marittimo, come sottolineato, piu' in dettaglio, nel successivo paragrafo 2.5.6.g del presente capitolo. Per quanto concerne il futuro Regolamento "FuelEU Maritime", l'obbligo dell'utilizzo di carburanti alternativi per ottemperare agli ambiziosi target di quest'ultimo, in assenza di certezze sul loro effettivo sviluppo, disponibilita' ed approvvigionamento nei porti, rischia di esporre il comparto armatoriale a possibili sanzioni in caso di non disponibilita' di tali carburanti, con potenziali impatti economici per le compagnie e il mercato. Anche in tale contesto, sara' importante che i proventi derivanti dall'impianto sanzionatorio vengano integralmente reinvestiti a beneficio della transizione energetica del settore marittimo ai sensi di quanto disposto dall'art. 20 dello stesso Regolamento "FuelEU Maritime"128 . Infine, la formulazione dell'algoritmo del sopracitato CII, la cui logica di principio e' del tutto condivisibile, si scontra con l'incapacita' della stessa di catturare adeguatamente la combinazione delle caratteristiche tecniche e delle modalita' operative della nave, per cui una nave migliore di un'altra dal punto di vista delle emissioni di CO2, come caratteristiche tecniche, puo' risultare peggiore a causa di elementi operativi spesso fuori dal controllo dell'armatore. Questo fattore rischia di generare un'evidente distorsione della classificazione, anche perche' spesso le caratteristiche operative sono legate al tipo di servizio a cui la nave e' destinata - si pensi, per il caso italiano, alle navi traghetto che collegano la Sardegna con l'Italia continentale che in ragione del loro servizio hanno lunghi tempi di sosta in banchina - o nel caso in cui le soste non dipendano dalla volonta' dell'armatore129 . Valga per tutti il caso di una nave in sosta in rada, ad esempio, perche' in attesa di entrare in un porto congestionato oppure ferma a causa di uno sciopero. Ancora, e' da sottolineare che una delle poche azioni correttive efficaci che puo' essere messa in atto per far rientrare una nave dalla classe E verso le classi superiori e' la riduzione di velocita'. Detto che non sempre questa e' possibile, pena l'impossibilita' di mantenere il servizio (si pensi ai traghetti di linea), la riduzione di velocita' comporta allo stesso tempo la riduzione della quantita' di merce trasportata nell'unita' di tempo. Questo significa che, su una certa linea di traffico che abbia necessita' di una specifica quantita' di trasporto, ci potrebbe essere una riduzione della velocita' di una nave ma l'immissione di un'altra unita' sulla stessa linea di traffico. Dal punto di vista ambientale questo e' un controsenso, perche' le emissioni che ne deriverebbero ben difficilmente sarebbero inferiori. Alla luce di quanto esposto sopra, e' quindi necessario valutare complessivamente l'impatto dell'algoritmo di calcolo del richiamato CII sul trasporto marittimo nazionale in vista della revisione di quest'ultimo (entro il 1° gennaio 2026), sostenendo nelle opportune sedi europee ed internazionali appropriate modiche migliorative, con l'obiettivo di premiare sia l'efficienza tecnologica sia quella operativa delle navi, riducendo effetti distorsivi identificati negli attuali criteri di calcolo del CII, tenendo in particolare conto degli aspetti operativi al di fuori del controllo dell'armatore precedentemente richiamati. Inoltre, in attesa che per la valutazione di impatto dei vari carburanti venga reso applicabile l'approccio "well-to-wake", l'applicazione di criteri transitori a livello IMO per la valutazione dei bio-combustibili, sia gassosi (bio-gas) sia liquidi (bio-diesel) riveste fondamentale importanza. Infatti, l'attuale approccio "tank-to-wake" dell'IMO non considera le caratteristiche sostanzialmente "carbon neutral" di questi carburanti, penalizzandone ingiustamente il loro utilizzo130 . Pertanto, una modifica del CII, che oltre ai necessari interventi sulla metrica di calcolo introducesse anche correttivi relativi all'utilizzo dei bio-combustibili, consentirebbe una valutazione delle navi meno penalizzante e soprattutto piu' aderente alla effettiva impronta di carbonio delle flotte. In tal senso, la circolare IMO MEPC relativa all' «Interim Guidance on the use on the use of biofuels under regulations 26, 27 and 28 of MARPOL Annex VI (DCS and CII)», adottata durante la sessione IMO MEPC 80 (3-7 Luglio 2023), sembra rappresentare un passo nella giusta direzione. 2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione 2.5.6.a I carburanti navali attuali ed i carburanti low-carbon e zero-carbon emergenti Al giorno d'oggi la pratica totalita' delle navi (il 99% circa in termini di numero di unita' ed il 95% circa in termini di tonnellaggio) e' propulsa con combustibili fossili, derivati dal petrolio o dal gas naturale131 . I carburanti tradizionali, come l'MDO (Marine Diesel Oil) e l'HFO (Heavy Fuel Oil), sono stati negli anni alcuni dei pilastri su cui e' stato costruito lo sviluppo tecnico e commerciale dello shipping. I motori a combustione interna che usano questi combustibili, nel corso dei decenni del loro sviluppo, hanno raggiunto un'efficienza ed un'affidabilita' elevatissima; la catena produttiva e la logistica di distribuzione di questi combustibili e' solida e distribuita capillarmente in tutti i porti del mondo. Questo enorme patrimonio tecnologico, produttivo e di infrastrutture ha contribuito a fare del trasporto marittimo uno degli assi portanti del progresso economico e sociale globale, come viene unanimemente riconosciuto. Benche' i carburanti fossili si siano qualitativamente evoluti nel tempo, riducendo progressivamente le emissioni nocive prodotte dalla loro combustione (si pensi, ad esempio, al contenuto di zolfo), mantengono un'impronta di carbonio significativa ed ineliminabile e, bruciando, vanno ad aggiungere anidride carbonica fossile a quella gia' naturalmente presente in atmosfera. Da qui la necessita' di evolvere, in una prima fase verso combustibili low-carbon, con un contenuto di carbonio inferiore rispetto ai carburanti tradizionali, arrivando poi a carburanti carbon-neutral ed in una prospettiva piu' a lungo termine possibilmente a carburanti zero-carbon. Nei carburanti carbon-neutral il carbonio non proviene da fonti fossili ma e' in qualche modo riciclato, prelevandolo dall'anidride carbonica gia' presente in atmosfera; quindi, la CO2 che si genera nella combustione non va ad alterare il bilancio globale. I carburanti zero-carbon, come ad esempio l'ammoniaca, non hanno contenuto di carbonio e quindi, da questo punto di vista, il problema non sussiste. Il gas naturale liquefatto ("LNG") e' accreditato dall'IMO di un'impronta di carbonio inferiore rispetto ai combustibili derivati dal petrolio; per questo motivo, soprattutto unitamente al fatto che per questo carburante esiste una struttura produttiva consolidata ed una logistica di distribuzione nei porti in rapida crescita132 . Nel corso degli ultimi anni il gas naturale liquefatto e' stato selezionato come carburante low-carbon da molte compagnie di navigazione133 ed e' certo che questo combustibile giochera' un ruolo nel processo di transizione. Il portafoglio ordini dei cantieri navali vede in crescita il numero di nuove costruzioni alimentate da questo combustibile; tuttavia, il numero di navi a gas naturale continua ad essere marginale rispetto al numero totale delle navi in circolazione134 . Piu' di recente, si sta affermando come low-carbon fuel anche il metanolo ed il numero di ordinativi di navi in grado di essere propulse con questo carburante e' in ascesa. Dal punto di vista delle emissioni di CO2, tenendo conto del fatto che il contenuto energetico rispetto ai carburanti tradizionali e' meno della meta', si ha una riduzione modesta. Tuttavia, il metanolo presenta rispetto al gas naturale liquefatto alcuni vantaggi di natura tecnica, primo fra tutti quello di essere liquido a temperatura ambiente e quindi di poter essere agevolmente immagazzinato, trasportato e distribuito, in modo simile a quanto si fa con i tradizionali combustibili fossili. La produzione attuale di metanolo avviene quasi esclusivamente dal syngas ottenuto dai combustibili fossili, ma il metanolo puo' essere agevolmente prodotto da una vasta gamma di fonti di origine biologica e quindi rinnovabili, come gli scarti agricoli e alimentari, i rifiuti urbani, il legno ed altri tipi di biomassa; in prospettiva questo rende il metanolo uno dei carburanti piu' interessanti per l'impiego navale. Esistono gia' da anni alcune navi che usano sperimentalmente il metanolo come carburante, ma gia' da quest'anno cominceranno ad entrare in servizio, in numero crescente, navi portacontenitori a metanolo, a riprova dell'interesse degli armatori per questo tipo di propulsione. La morfologia portuale nazionale - connotata da una sostanziale vicinanza ai centri abitati - rende tuttavia problematico lo stoccaggio e la movimentazione portuale del metanolo. L'ammoniaca si sta delineando come il carburante zero-carbon piu' promettente per l'impiego navale, contrariamente all'idrogeno liquido che, per via delle criticita' connesse con la sua gestione, desta piu' di qualche perplessita'. Al momento non esiste nessuna nave propulsa ad ammoniaca, i costruttori di motori a combustione interna sono tutti impegnati nello sviluppo di questa soluzione e si prevede che il primo motore alimentato ad ammoniaca possa essere commercializzato entro il 2024. Tuttavia, l'ammoniaca come carburante navale, soprattutto per le navi che trasportano passeggeri, pone alcune problematiche relative alla sicurezza - si tratta di un gas estremamente tossico - che vanno ancora attentamente valutate e risolte. Questo processo richiedera' degli anni prima che l'ammoniaca trovi concreto impiego a bordo delle navi. In sintesi, si puo' affermare che il rinnovamento delle flotte navali si stia indirizzando decisamente verso motorizzazioni dual-fuel in cui al carburante tradizionale derivato dal petrolio - HFO o MDO - viene affiancato un combustibile low-carbon - LNG o il metanolo - in grado di abbassare gia' da subito l'impronta di carbonio ma soprattutto in grado di essere sostituito con le rispettive varianti bio o elettro - bioLNG, bioMetanolo, eMetanolo - e, quindi, con una fonte di energia completamente rinnovabile. Nel mercato si assiste alla sottoscrizione di ordinativi per navi ammonia-ready, ossia progettate per poter essere trasformate in un secondo momento per essere messe in grado di essere propulse con l'ammoniaca. Si tratta tuttavia, al momento, di navi assolutamente tradizionali. Alla luce di quanto esposto e in questo ambito, si puo' concludere riconoscendo al Cipom la possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento delle Amministrazioni interessate anche per la definizione delle strategie industriali a medio-lungo termine, sia per la necessaria sintesi in termini di ricerca/sviluppo, produzione e distribuzione nel contesto di un piu' ampio piano energetico nazionale. Non v'e' dubbio che le strategie dovranno prendere in considerazione tutte le possibili tipologie di carburanti alternativi, inclusi i carburanti sintetici e i carburanti rinnovabili di origine non biologica, c.d. e-fuels - nonostante questi rappresentano una soluzione ancora ben lontana dall'essere praticabile, soprattutto in Italia per via della loro immaturita' tecnologica e per le note problematiche di stoccaggio e distribuzione nel sistema portuale nazionale. 2.5.6.b Il ruolo dei bio-fuel per accelerare la decarbonizzazione dello shipping L'evoluzione degli ordinativi di nuove costruzioni, descritta nel precedente paragrafo, e' fondamentale per la decarbonizzazione del settore, ma e' un processo che viaggia con la velocita' del rinnovamento delle flotte e che appare poco compatibile, dal punto di vista dei tempi, con le traiettorie di decarbonizzazione disegnate in ambito internazionale ed europeo. Gran parte della flotta italiana e' evidentemente costituita da navi, molte delle quali fanno e faranno sempre piu' fatica a rientrare nei parametri richiesti. Per queste navi, in attesa di una loro graduale sostituzione che, per quanto accelerata richiedera' dei tempi non brevi, sara' necessario fare degli interventi tecnici o di tipo operativo, che ne consentano un utilizzo in linea con le regolamentazioni internazionali. Nel corso degli ultimi anni, come gia' ricordato, lo shipping ha ridotto significativamente rispetto al passato la propria impronta di carbonio. Non potendo contare su carburanti alternativi ai combustibili fossili esistenti, lo ha fatto agendo esclusivamente attraverso il miglioramento dell'efficienza delle navi e della loro operativita', anche alla ricerca del contenimento di costi energetici crescenti che spingono verso l'alto i costi operativi delle flotte. Tuttavia, senza una riduzione immediata dell'impronta di carbonio, che solo i carburanti alternativi possono favorire, e' prevedibile che ben presto molte navi impiegate nei servizi che toccano i porti nazionali potrebbero essere costrette ad uscire dal mercato o a ridurre drasticamente la loro velocita135 per soddisfare le norme IMO su EEXI e CII. Parimenti, si potrebbe assistere ad un incremento dei costi per soddisfare le normative europee su ETS e Fuel-EU che si ripercuoterebbe sul costo del trasporto. In questo processo i biocombustibili potrebbero giocare un ruolo estremamente rilevante perche' consentirebbero di ridurre drasticamente l'impronta di carbonio delle navi esistenti, senza prevedere drastici interventi tecnici sulle navi e sulle infrastrutture136 . Ragionando in termini di sostenibilita' nel suo complesso (economica-ambientale-sociale) appare utile inoltre ricordare che l'origine (feed-stock) dei biocarburanti assume una significativa importanza poiche', a seconda della loro classificazione, tali carburanti saranno o meno ammessi all'uso da parte della industria marittima137 . L'attenzione deve essere quindi rivolta ai biocarburanti di seconda e terza generazione che possono offrire delle risposte immediate e che, se adottati in modo deciso, consentirebbero allo shipping di allinearsi alle traiettorie di riduzione delle emissioni di GHG previste dalle normative internazionali ed europee. Anche in questo caso appare appropriato riconoscere al Cipom la possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento delle amministrazioni interessate anche per la definizione delle strategie industriali a medio-lungo termine. 2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel Il bio-gnl e' il corrispettivo biologico del gas naturale liquefatto, mentre il bio-diesel e' il corrispettivo biologico degli olii combustibili (HSFO e VLSFO) e del gasolio (MGO e MDO)138 . Occorre da subito notare che i ragionamenti relativi al bio-gnl sono per ora limitati ad un numero esiguo di unita', quelle alimentate a GNL, mentre la grandissima parte del naviglio, alimentata da olio combustibile o da gasolio, guarda con estremo interesse ai combustibili biologici liquidi, come il bio-diesel. Quest'ultimo potrebbe essere utilizzato, fin da subito, senza modifiche tecniche e sfruttando l'infrastruttura di distribuzione esistente, collaudata e distribuita in modo capillare in tutti i porti. Per l'Italia, inoltre, l'adozione dei bio-diesel ha una valenza strategica che puo' essere opportuno sottolineare e che si concretizza in due aspetti particolarmente significativi. Recenti studi hanno dimostrato come l'Italia abbia un potenziale energetico proveniente da biomasse solide, liquide e gassose sostenibili in grado di soddisfare quasi un terzo di tutta l'energia che serve alla Nazione; quindi, l'Italia ha una potenzialita' produttiva interna estremamente rilevante, che va a sommarsi a quella che importanti industrie nazionali stanno costruendo in altri Stati139 . Questa potenzialita' produttiva, unitamente alla collocazione geografica dell'Italia (cioe', in prossimita' ad uno dei transiti marittimi piu' trafficati del mondo), potrebbe consentire alla Nazione di giocare un ruolo molto rilevante nella produzione e nella distribuzione di fuel blended con bio-fuel per uso marino. Occorre ribadire, ancora una volta, che per la decarbonizzazione del trasporto marittimo sono richiesti ingenti volumi di carburanti alternativi e che le soluzioni proposte ed adottate finora in tema di bio-carburanti non sono risolutive per il settore, sia in termini di volumi sia di agevolazioni. Le navi di grande tonnellaggio sono generalmente propulse con i motori diesel a 2 tempi a basso numero di giri, alimentati con olio pesante (HSFO o VLSFO) a cui, per diminuirne l'impronta di CO2, non e' necessario addizionare prodotti biologici di alta qualita', come FAME140 e HVO141 . Per queste navi, infatti, e' possibile miscelare all'olio pesante anche materie prime biologiche pretrattate, rimanendo all'interno di tutti gli standard qualitativi richiesti dalle normative internazionali. L'uso di materiale biologico pretrattato, ad esempio olio di anacardo o altri feedstock non elaborati come FAME o HVO e quindi con minori livelli di emissioni well-to-wake (perche' nella fase well-to-tank mancano molte di quelle derivanti dal processo industriale di produzione), consente una sostanziale riduzione delle emissioni di CO2 in blending con HSFO e VLSFO. FAME e HVO sono invece essenziali nei blending con MDO e MGO, anche questi ampiamente usati in campo navale, soprattutto nei motori medium-speed ma anche nei motori low-speed - quando e' necessario usare combustibile con tenore di zolfo inferiore allo 0,1%. A questo riguardo e' utile sottolineare che l'imminente trasformazione del Mediterraneo in Area SECA portera' ad un significativo aumento della richiesta di gasolio marino e, quindi, anche di queste sue alternative biologiche. Quindi il blending di combustibili tradizionali con i bio-combustibili, ferme restando le necessarie valutazioni di natura tecnica e di sicurezza legate alle percentuali di blending ammissibili, rappresenta un'immediata e concreta possibilita' di azione verso la riduzione delle emissioni di CO2 da parte della flotta mondiale esistente, mentre, nel frattempo, si deve proseguire ed accelerare il processo di rinnovamento delle flotte alimentate con carburanti carbon-neutral o zero-carbon. Sebbene vi sia da parte armatoriale un interesse crescente verso i bio-combustibili, affinche' questo interesse possa effettivamente concretizzarsi, sono da valutare alcune azioni immediate di indirizzo e di incentivazione. Come sottolineato nel precedente paragrafo 2.4.5, i documenti adottati durante MEPC80 dell'IMO142 affermano che i bio-combustibili sono da considerarsi low-carbon o zero-carbon, e che quindi apportano una diminuzione del CII sostanzialmente proporzionale alla quota di blending con i combustibili tradizionali o assoluta, se usati in purezza, istruendo i propri organismi riconosciuti di conseguenza. Sara' opportuno dunque valutare la possibilita', come gia' previsto in altri Paesi europei, di miscelare nei combustibili marini di origine fossile FAME, HVO e materie prime biologiche pretrattate - prima in via sperimentale e quindi, a buon esito dei test, in via di normale utilizzo. Anche in questo contesto il Cipom potra' coordinare le necessarie procedure delle amministrazioni competenti. Occorre infine ricordare che i carburanti di origine biologica hanno costi significativamente superiori ai carburanti tradizionali e che in termini di disponibilita', i quantitativi per lo shipping non sono allo stato attuale sufficienti. Questo implica che, parallelamente alle azioni di natura politica di cui si e' detto, dovranno essere valutate misure di incentivazione al consumo ed alla produzione dei biofuel, in modo da riequilibrare i costi, compensando almeno parzialmente i maggiori esborsi oltre che incrementare la produzione. Anche in questo caso appare appropriato riconoscere al Cipom la possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento delle amministrazioni interessate anche per la definizione delle strategie industriali a medio-lungo termine. 2.5.6.d I servizi di ops I servizi di fornitura di Onshore Power ("OPS"), noti anche come "cold ironing" - c.d. "elettrificazione della banchine" - consentono di alimentare le navi in sosta nei porti non piu' con i diesel-generatori di bordo ma con l'energia elettrica prelevata dalla rete terrestre. Questo consentirebbe di ridurre le emissioni atmosferiche ed acustiche nei porti, con evidenti e significativi vantaggi sotto il profilo ambientale e della "qualita' della vita" dei cittadini che abitano le zone limitrofe a tali porti. Indubbiamente, lo sviluppo del "cold ironing" rappresenta per l'Italia un'opportunita' concreta, da cogliere appieno, per rendere il nostro sistema marittimo - portuale piu' efficiente dal punto di vista energetico. In tale contesto il progetto per la realizzazione del «Piano Nazionale del cold ironing», nell'ambito del PNRR, e' di primaria rilevanza, essendo strettamente connesso non solo all'ineludibile sfida di transizione energetica per lo shipping e agli obblighi di utilizzo e di dotazione infrastrutturali imposti dalle nuove norme europee143 , ma anche in ragione dell'applicazione del sopracitato CII dell'IMO. Per evitare differenti modelli di somministrazione in ambito portuale che possano incidere sui livelli dell'offerta dei singoli servizi di terminal nazionali, e' fondamentale il contributo dei gruppi di lavoro, operativi presso il MIT. Anche in questo caso, appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.5.6.e La produzione dei carburanti Dal punto di vista della produzione dei nuovi carburanti alternativi per il trasporto marittimo, risulta evidente la necessita' di avere un'industria in grado di produrre "in modo sostenibile" i carburanti carbon-neutral o zero-carbon nelle quantita' necessarie alla decarbonizzazione dell'industria dello shipping. Non e' poi secondario sottolineare il fatto che la produzione di tali carburanti debba avvenire "in modo sostenibile". Infatti, i processi industriali per ottenere questi combustibili sono tutti fortemente energivori e qualcuno di essi - i combustibili di origine biologica - presuppone un utilizzo di suolo che comporta problemi di natura etica e sociale che vanno attentamente valutati. E' del tutto evidente che i processi industriali dovranno essere alimentati da energia proveniente da fonti rinnovabili, altrimenti si giochera' una partita il cui bilancio ambientale continuera' ad essere inevitabilmente in perdita. Infatti, l'impatto dei carburanti deve essere valutato nel loro intero ciclo di vita, dalla produzione fino all'utilizzo (approccio "well-to-wake", ovvero dal pozzo alla scia della nave) e non solo nella fase finale (approccio "tank-to-wake", dal serbatoio alla scia). Ad esempio, attualmente l'idrogeno - considerato il combustibile green per eccellenza - e' per la maggior parte prodotto con un processo (c.d. "steam reforming") che utilizza gas naturale (preferibilmente metano) e produce una grande quantita' di anidride carbonica. Si parla di idrogeno grigio e questo non puo' essere considerato un vettore energetico pulito; infatti, la sua combustione non porta alla generazione di gas serra aggiuntivi, ma la sua produzione ne rilascia in atmosfera una grande quantita', come minimo uguale a quella che sarebbe stata rilasciata dalla combustione del gas naturale di partenza144 . In quest'ottica, e' infine opportuno favorire lo sviluppo delle produzioni di idrogeno, sia direttamente da fonti rinnovabili tramite processo di elettrolisi dell'acqua, sia attraverso processi di produzione da reforming del biometano rinnovabile mediante l'investimento dei fondi previsti dal PNRR per lo sviluppo delle produzioni di idrogeno blu, verde e del biometano come materia prima. 2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio Dall'individuazione dei carburanti e dalla loro produzione si dovra' quindi arrivare alla distribuzione nei porti e, quindi, occorrera' superare le barriere infrastrutturali che esistono relativamente alla realizzazione di una efficiente e capillare rete di distribuzione. Ad oggi, infatti, il collo di bottiglia per l'utilizzo su larga scala nel trasporto marittimo di combustibili in grado di abbassare sensibilmente l'impronta carbonica e' a terra, piu' specificatamente nei porti e ancora piu' precisamente nei terminal che gestiscono depositi costieri, chiamati oggi a fare adeguati investimenti per rispondere alle esigenze e agli obblighi dei loro clienti, ovvero gli armatori. Il tema non e' da sottovalutare, particolarmente in Italia, stante le difficolta' che ha incontrato e che tuttora incontra la realizzazione della rete small scale per la distribuzione del gas naturale liquefatto nei porti. La sindrome "NIMBY" (Not In My Back Yard) e' uno degli ostacoli piu' difficili da superare quando si passa dalla pianificazione di un'opera alla sua effettiva realizzazione, soprattutto se si tratta di infrastrutture che possono potenzialmente avere qualche impatto sia sull'ambiente sia sulla sicurezza. Il rischio, di conseguenza, e' quello di una perdita di competitivita' (e di capacita' di attrazione dei traffici) per i porti italiani e, di conseguenza, anche per il trasporto marittimo nazionale di prossimita'. Oltre allo sviluppo di un'adeguata infrastrutturazione, occorre infatti prevedere che i concessionari effettuino gli investimenti necessari per rendere disponibili nei terminali portuali i nuovi carburanti alternativi, soggetti ad un assetto regolatorio che garantisca il rispetto degli obblighi concessori, l'accesso indiscriminato e generalizzato al mercato e l'efficienza degli impianti. L'importanza di avere un'adeguata rete di stoccaggio e distribuzione e' resa ancora piu' plastica dal posizionamento geografico dell'Italia che richiede la repentina eliminazione di tutti i "colli di bottiglia" rimasti in essere; quindi, a terra e nei porti dove servono adeguati e rilevanti investimenti. Risulta pertanto necessario dare attuazione rigorosa, in primo luogo, agli obblighi infrastrutturali del nuovo Regolamento AFIR - in fase di approvazione a livello europeo - per quanto concerne la disponibilita' di punti di bunkeraggio di metano liquefatto entro il 1° gennaio 2025. Al riguardo, si sottolinea la necessita' sia di una piena valorizzazione delle dotazioni infrastrutturali gia' esistenti e in sviluppo per i prodotti gassosi presenti sul demanio marittimo, sia di ulteriore supporto alla crescita dell'infrastruttura di approvvigionamento del GNL e del bioGNL, con particolare riferimento allo sviluppo dei punti di rifornimento nei porti ed al bunkeraggio di carburante per la navigazione e per il trasporto pesante tramite bettoline. Questo aspetto realizzabile non da ultimo attraverso nuovi bandi per assegnare le risorse non ancora allocate e previste dal Fondo complementare al PNRR. In secondo luogo, e' di fondamentale importanza avviare in tempi rapidi, con il coinvolgimento dell'intero cluster marittimo nazionale, la stesura del piano nazionale per lo sviluppo dell'infrastruttura nei porti nazionali per il rifornimento degli altri carburanti alternativi sostenibili, richiesto agli stati membri ai sensi del nuovo Regolamento AFIR e la cui bozza deve essere inviata alla Commissione entro il 1° gennaio 2025. 2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo L'art. 10, par. 3, della Direttiva ETS (EC n. 87 del 2003), cosi' come emendato dalla nuova Direttiva n. 959 del 2023, dispone che «gli Stati membri stabiliscono l'uso dei proventi della vendita all'asta di quote» prescrivendo che detti proventi siano utilizzati per scopi legati al clima e all'ambiente in base ad un elenco contenuto nella medesima disposizione. Tra gli scopi legati al clima contenuti nel suddetto elenco, di cui al nuovo articolo 10, par. 3, lettera f, emendato dalla Direttiva n. 959 del 2023, vengono incluse misure volte a decarbonizzare il settore marittimo, compreso il miglioramento dell'efficienza energetica delle navi, dei porti, delle tecnologie, delle infrastrutture e dei carburanti sostenibili alternativi. Alla luce di quanto esposto, un accorto utilizzo a livello settoriale degli ingenti proventi nazionali145 che saranno generati dall'inclusione del trasporto marittimo nel sistema ETS a partire dal 2024, potrebbe rappresentare un'importante opportunita' per supportare il processo di transizione del settore. In linea con quanto raccomandato nel novellato articolo 10, paragrafo 3, lettera f, della Direttiva ETS, tali proventi potrebbero essere destinanti a sostenere finanziariamente gli investimenti necessari nella ricerca, sviluppo e innovazione di tecnologie e ad assicurare la disponibilita' su scala commerciale dei nuovi carburanti alternativi per il trasporto marittimo. In particolare, se destinati al settore, tali proventi permetterebbero di colmare il differenziale di prezzo con i carburanti fossili, realizzare un'adeguata rete logistica per il rifornimento nei porti di tali nuovi carburanti e dare seguito agli interventi di rinnovo delle flotte e all'efficientamento energetico delle navi. Nell'ottica suddetta, il Cipom potra' effettivamente coordinare le amministrazioni per giungere al risultato di assicurare che una parte significativa dei proventi nazionali generati dal trasporto marittimo, non attributi al bilancio dell'Unione, venga destinata ad un apposito fondo nazionale per la decarbonizzazione del settore146 . Infine, pare opportuno approfondire il tema della capacita' degli Stati membri interessati ad utilizzare tale parte significativa dei proventi nazionali generati dal trasporto marittimo nell'ambito del regime ETS per azioni direttamente volte alla decarbonizzazione del comparto. Infatti, dovranno essere valutate le azioni necessarie per consentire una revisione dei criteri di ammissibilita' contenuti nell'attuale disciplina unionale sugli aiuti di stato in materia di clima, energia ed ambiente («Climate, Energy and Environmental Protection State aid guidelines», "CEEAG" 2022). Alla luce della recente esperienza applicativa di tale disciplina nel processo di approvazione a livello europeo del c.d. "Decreto flotte" nazionale ("Fondo Complementare al PNRR"), occorrera' in particolare valutare e, se del caso proporre nelle opportune sedi europee, possibili mitigazioni dei citati requisiti per la concessione dell'aiuto, nel rispetto della neutralita' tecnologica e sulla base di una valutazione realistica delle soluzioni tecnologiche ed energetiche esistenti nonche' disponibili per il settore. Infine, e sempre per facilitare i suddetti investimenti da parte delle compagnie impegnate nel trasporto marittimo nazionale, occorrera' prestare particolare attenzione agli sviluppi della tassonomia europea della finanza sostenibile, valutando la possibilita' di rivedere in sede europea gli altrettanto sfidanti criteri attuali di classificazione delle attivita' marittime nell'ambito di tale iniziativa. Inoltre, alla luce delle specificita' settoriali, degli sviluppi tecnologici e delle alternative energetiche effettivamente disponibili, sara' necessario procedere con una valutazione improntata al ciclo di vita delle emissioni dei carburanti e nel rispetto del principio di neutralita' tecnologica. 2.6 PESCA E ACQUACOLTURA 2.6.1 Pesca La pesca in Italia e' una attivita' diffusa, tradizionale, con solide basi culturali e storiche millenarie. Lo sviluppo della costa, la presenza di importanti laghi e lagune costiere, rendono la pesca una attivita' presente in tutte le regioni italiane. Nelle politiche del mare la pesca italiana ha progressivamente perso rilevanza economica (oggi pesca e acquacoltura italiane soddisfano solo il 25% della domanda, con una produzione da cattura di 130.085 tonnellate nel 2020) a causa della riduzione della flotta, conseguente allo stato di sovra-sfruttamento delle risorse biologiche dei mari, alla riduzione degli spazi marini costieri soggetti a forte competizione tra usi tradizionali ed emergenti, al degrado degli ecosistemi. Nonostante cio', la pesca in Italia e' un attore significativo tra gli usi del mare. Il riferimento principale della pesca italiana, e' la Politica Comune della Pesca147 , considerate le competenze esclusive dell'UE in questa materia148 . Il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranita' Alimentare e delle Foreste (d'ora in poi anche MASAF), con la Direzione generale della Pesca marittima e dell'acquacoltura, predispone il Programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, unico strumento programmatico delle produzioni acquatiche nell'ambito della politica agroalimentare italiana. Il MASAF opera in stretta collaborazione con le istituzioni europee, con le regioni (competenti in materia di acquacoltura), con gli altri Ministeri competenti nelle varie materie concorrenti che intercettano a qualche titolo la pesca. Il Programma triennale e' uno strumento completo, ricco di tutti i dati necessari, e condivisi con le istituzioni europee, redatto con la partecipazione dei portatori di interessi. Infatti, fin da quanto indicato dalla legge 17 febbraio 1982, n. 41 il legislatore ha avviato in Italia un costruttivo dialogo strutturato tra il mondo della pesca e l'Amministrazione centrale competente. Inoltre, trattando di spazi marini, va sottolineato che la pesca condivide il mare aperto con altri Stati membri dell' UE e non solo, dove vivono specie ittiche, fra cui quelle pelagiche altamente migratorie, che vengono pescate da piu' flotte nazionali e che quindi richiedono organismi internazionali per definire regole condivise di gestione e controllo (fra di esse: la Commissione per la conservazione dei tunnidi dell'Atlantico - ICCAT; la Commissione generale della pesca per il Mediterraneo - CGPM, organismo della FAO, l'OCSE). Il MASAF e' designato per il coordinamento delle attivita' di tutte le autorita' di controllo nazionali responsabili del rispetto delle norme della PCP. In queste politiche e' coinvolto il Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale (MAECI). E' essenziale sottolineare come l'Italia e gli altri Stai membri UE del Mediterraneo condividano questo mare con Stati terzi, soprattutto delle sponde africana, e balcanica, che hanno importanti attivita' di pesca. Pertanto, si deve tendere a definire regole comuni, per avere effetti delle scelte gestionali su larga scala. Soprattutto si deve tendere a una armonizzazione delle attivita' e dei comportamenti in mare attraverso la Commissione generale della pesca per il Mediterraneo e Mar Nero, una delle organizzazioni regionale che regolano la pesca nel mondo (alcune di esse come organismi della FAO). Una pesca non regolata crea conflitti tra pescatori che operano in mare aperto, e non solo. E' anche difficile imporre restrizioni ai nostri pescatori, consapevoli che altrove, nello stesso mare si praticano attivita' con maggiori gradi di liberta', e con impatti ambientali significativi. L'Italia, attraverso il MAECI e il MASAF, ha manifestato un vastissimo impegno verso la CGPM, ospitandone in Italia il quartier generale, e dando supporto con continuita' ai suoi programmi subregionali, in Adriatico (AdriaMed) e nello Stretto di Sicilia (MedSudMed). Nonostante gli sforzi dell'Unione europea e dell'Italia, la pesca risulta essere comunque un settore "in crisi", complesso da gestire. L'Italia, con le sue isole, e' comunque terra di pescatori, la prima gente di mare per radici storiche, e questo richiede un impegno politico di grande visione strategica, che vada ben oltre la portata economica del settore. La pesca non e' solo cattura e mercato, ma e' anche ambiente, navigazione, controllo, cantieristica, portualita', pianificazione spaziale, lavoro e previdenza, formazione, turismo, attivita' ricreativa, e tanto altro. Sintetizzando al massimo, i temi sensibili della pesca nella politica del mare, si puo' considerare al primo punto la esigenza di pescare garantendo la rinnovabilita' delle risorse alieutiche e minimizzando gli impatti sulla biodiversita', attraverso la regolazione dell'accesso agli spazi marini. Inoltre, la politica deve generare un sistema di regole, schemi formativi, incentivi e sanzioni per regolare l'accesso alle risorse razionalizzandone il prelievo, secondo i principi dello sviluppo sostenibile (Obiettivo - SDG n. 14 dell'Agenda 2030 delle Nazioni Unite), tenendo presente che questa attivita' ha un ruolo sociale e di presidio della fascia costiera, particolarmente rilevante in Italia. Tutto cio' e' previsto nell'obiettivo del FEAMPA «Conservare ed utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine» ed e' sottolineato nel Piano di azione europeo per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente (COM 21 febbraio 2023, n. 102), cercando di realizzare nuove politiche che superino i limiti della PCP. Lo stato delle risorse nel Mediterraneo e' preoccupante, anche se ci sono alcuni segni di ripresa. Allo stato attuale, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca (FEAMPA) prevede un quadro europeo per la raccolta, la gestione e l'uso dei dati nel settore della pesca come supporto ai pareri scientifici relativi alla Politica comune della pesca. La raccolta dei dati sulla pesca e sulla biodiversita' marina, con solide basi scientifiche, e' essenziale per definire piani di gestione e scelte politiche appropriate. L'Italia dispone di una robusta ricerca scientifica e tecnologica nei campi della pesca e dell'acquacoltura, che ha da sempre fatto parte della biologia marina nazionale. Universita', CNR, ISPRA, CREA, Stazione Zoologica di Napoli, cooperative di ricerca e ricercatori del mondo associativo e sindacale, hanno contribuito alla conoscenza nei vari capitoli del sistema pesca, con particolare attenzione agli impatti delle catture e degli strumenti sugli ecosistemi marini alle varie scale spazio-temporali, secondo i dettati delle norme europee Questa rete, attraverso il sistema di raccolta dati previsto dal FEAMPA fa riferimento di fatto dalla Direzione generale della Pesca marittima e dell'acquacoltura del MASAF, tradizionalmente impegnata nel supporto alla ricerca, come previsto anche dal Programma triennale fin dai tempi della legge n. 41 del 1982. E' bene ricordare, ancora una volta, che proprio su questa base di dati, raccolti con metodi scientifici condivisi, sono varate misure per la mitigazione degli impatti della mortalita' da pesca sugli stock. Questa rete avrebbe necessita' di una razionalizzazione, mantenendo pluralita' di partecipazione ed integrazione tra enti di ricerca, ricerca pubblica e privata, con presenza capillare sulla costa. il coordinamento dovrebbe essere dello Stato, e il risultato di questa rete sarebbe il primo "istituto" diffuso di scienze della pesca degli Stati membri dell'UE, vicino ai territori ed alle realta' ambientali e produttive. I dati sul controllo sono previsti dai regolamenti europei, e questa attivita' fondamentale per il contrasto alla pesca illegale, e' garantita dal Corpo delle Capitanerie di porto, che monitora, tra l'altro in tempo reale, le attivita' attraverso un controllo centralizzato. Senza mettere in discussione l'insostituibile valore della ricerca scientifica, resta il fatto che i piani di gestione messi in atto non mostrano, allo stato attuale, tutta la capacita' di invertire le tendenze rispettando gli obiettivi temporali previsti. Si tratta di materia complessa. Certamente gli effetti della pesca illegale, la ridotta sensibilita' di una parte sempre piu' marginale degli operatori, il degrado degli ecosistemi dovuto ai molteplici usi del mare, possono vanificare i risultati attesi di misure tecniche corrette. Ad esempio, la riduzione della flotta e' stato lo strumento primo di conservazione, che si tende ancora a voler utilizzare come uno dei pilastri della PCP. E' necessario identificare il limite di un approccio che, applicato agli estremi, porterebbe all'azzeramento di alcune attivita'. Come ricordato la Commissione europea ha presentato recentemente un «Piano di azione per proteggere e ripristinare gli ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente» nel quale si propone, nel pacchetto relativo alla riduzione degli impatti negativi della pesca sugli ecosistemi marini, in particolare attraverso la perturbazione dei fondali, di eliminare gradualmente la pesca di fondo, con reti a strascico e altri sistemi, in tutte le aree marine protette entro il 2030 e di vietarla in tutte quelle di recente istituzione, adottando misure urgenti per i siti "Natura 2000". Tali proposte, motivate dalla necessita' di un quadro di revisione della PCP, dalla necessita di rispettare gli impegni assunti dall'UE in materia di Biodiversita' per il 2030, che prevedono di proteggere il 30% dei mari, con una percentuale di aree interdette ad ogni attivita' antropica, hanno generato molti allarmi nel mondo della pesca, con particolare riferimento alla pesca a strascico. Si e' diffusa infatti una lettura del Piano, che ha generato preoccupazioni, anche accentuate dal fatto che lo stesso non da' reale spazio alle necessarie considerazioni sociali ed economiche. Nel caso italiano, gli attrezzi da traino rappresentano il 17,7% della flotta, ma forniscono oltre il 30% della produzione. Ma anche i prodotti ittici che importiamo sono in gran parte catturati con la pesca a strascico, e politiche sensibili dovrebbero considerare l'impatto generato dalla domanda in ecosistemi non soggetti alle scelte dell'UE. I pescatori allarmati da una politica che potrebbe portare alla eliminazione allo strascico in tutti gli spazi marini, chiedono alla politica interventi per la salvaguardia degli ecosistemi, ma anche nuove strategie per pianificare al meglio le destinazioni d'uso dei fondali in cui lo strascico potra' operare con profitto e stabilita'. C'e' piena consapevolezza degli impatti dello strascico sui fondali, rispetto a quella che era la biodiversita' prima dell'impatto antropico. Ma oggi tali fondali marini, soggetti ed adattati a costanti perturbazioni da molti decenni, potrebbero essere considerati, con una forte esemplificazione, come "campi coltivati" in cui svolgono il loro ciclo vitale una serie ridotta di specie adattate alle condizioni perturbate, quelle di fatto su cui la pesca si basa, e che possono essere oggetto di una corretta gestione su base scientifica. Sono stati effettuati molti studi sulle comunita' ittiche soggette a strascico, ed anche i casi in cui tale attivita' e' stata poi interdetta. I risultati di questi studi, e l'esperienza secolare dei pescatori, potrebbero essere oggetto di considerazioni utili alla identificazione di strategie orientate a pianificare l'uso dei fondali per la pesca nelle aree consentite. Certamente occorrono misure per limitare gli impatti dello strascico sui fondali da tutelare e non destinati a questa attivita', proteggendo con determinazione le aree marine protette, costruendo basi ecologiche solide, con conoscenza storica dei fondali strascicati, riducendo gli impatti degli strumenti grazie a nuove tecnologie, utilizzando al meglio appunto la pianificazione spaziale per collocare correttamente tali attivita' negli spazi marini e nel tempo (Fisheries Restricted Areas, tutela delle praterie di Posidonia, fermi temporanei, ecc.). E' comunque necessario partire dalla pianificazione spaziale, infatti le aree destinate alla pesca tendono ad essere fortemente ridotte, ad esempio per il conflitto con le finalita' energetiche. E per lo piu' i sistemi non dialogano, considerando la pesca marginale. Anche le scelte che saranno fatte in materia di ZEE pongono molte incertezze sulle future aree di pesca, considerando le dimensioni della flotta italiana che spazia nel Mediterraneo, unico nostro campo di pesca. (La pesca italiana al di fuori di questo mare e' rappresentata da poche unita', ed anche questo aspetto dovrebbe richiedere una serie di valutazioni politiche per valutarne l'ipotesi di rilancio). Il tema dell'accesso agli spazi marini per la pesca evidenzia la urgente necessita' di politiche coordinate tra i diversi utenti del mare, non esiste infatti una banca dati che sovrapponga tutti gli usi del mare, che si sommano alla pesca, ed abbia la capacita' di restituire in tempo reale informazioni a tutti gli utenti pubblici e privati. I sistemi in uso al Comando Generale delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera-Centro di Controllo Nazionale Pesca, quali il sistema G.I.A.N.O. («Guidance for Information and Analisys for Operation») attivo per la pesca, potrebbero essere efficientemente integrati con tutti gli altri sistemi di gestione dei dati. Per quanto riguarda il traffico marittimo delle unita' da pesca, dotate di sistema di localizzazione satellitare o di sistema automatico di identificazione (AIS), il monitoraggio e' gestito con grande efficacia dal «Fisheries Monitoring Centre» (FMC) del Centro Operativo della Guardia Costiera, che gestisce dati sensibili relativi alla nostra flotta da pesca, anche in relazione a chi opera in prossimita' di aree considerate "a rischio". Un approccio siffatto richiede il concorso attivo di piu' amministrazioni, competenti nelle varie materie, e la partecipazione degli utenti che possano rappresentare interessi contrapposti, ma che la politica potra' armonizzare. La pesca deve essere informata ed integrata, e questo e' compito delle scelte politiche che dovranno predisporre gli strumenti di coordinamento attraverso le decisioni del Cipom. Per consolidare un nuovo percorso, e' evidente la necessita' di presidiare con grande energia le scelte europee, qualora non avviino processi innovativi, ad esempio inaugurando forme di cogestione nel mondo della piccola pesca e non solo. La saldatura tra imprese della pesca e conservazione dell'ambiente non deve apparire un paradosso, ma l'unico strumento per garantire sostenibilita' reale, con un'apertura da parte del Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica ai pescatori che devono essere attori della "blue economy" e non esclusi dalle politiche nazionali ed europee di conservazione. Ma senza pescatori formati, dotati di titoli di studio appropriati, in istituti tecnici specializzati, sara' impossibile avviare un processo di innovazione profonda. I lavoratori della pesca devono riassumere centralita': Senza ricambio generazionale, senza riconoscimento del lavoro usurante, senza accesso agli ammortizzatori sociali, come quelli applicati in agricoltura, ogni sforzo di riqualificazione del settore appare debole. Cio' e' indispensabile in un momento in cui servono pescatori capaci di affrontare le sfide che il "Green Deal" europeo ci pone, anche a difesa della sovranita' alimentare che i nostri mari ci possono in parte garantire. A questo tema si associa la formazione che le rappresentanze sindacali, gia' fortemente impegnate, svolgono e possono rinforzare svolgere su tutto il territorio, anche per gli imbarcati di altre nazionalita'. Particolare attenzione va assegnata al potenziale occupazionale e di supporto al turismo marino che la pesca puo' offrire, non solo con attivita' di Pescaturismo, ma anche offrendo (si pensi al caso delle piccole isole) servizi per visite guidate, e tanto altro. Anche in questo caso questa opportunita' va regolata ed esemplificata sul piano burocratico. Ulteriore attenzione va posta al potenziale rappresentato dai pescatori nel presidio ambientale del mare, nei processi di monitoraggio, raccolta di rifiuti, di collaborazioni con la ricerca scientifica. Nella identificazione delle politiche nazionali per il mare, va considerata con attenzione particolare la pesca sportiva o, come si usa dire per alcune tipologie, ricreativa). Si tratta di attivita' il cui ruolo culturale, economico ed ambientale richiede una piena integrazione e regolazione nella politica della pesca, chiudendo i conflitti storici tra professionisti e pescatori sportivi soprattutto sull'uso dello spazio e sulla definizione delle regole. Naturalmente, anche in questo caso le associazioni maggiormente rappresentative devono essere coinvolte nel processo decisionale, nella educazione ambientale e nel rispetto delle regole, per evitare confusioni tra le attivita' di pesca sportiva e pesca illegale. 2.6.2 Acquacoltura Alle produzioni da pesca si sommano quelle da acquacoltura che e' l'attivita' che produce organismi in ambienti acquatici, sia in acque interne, sia in ambienti marini. Anche in questo caso, l'Italia ha una lunga storia nella produzione di molluschi e pesci in ambienti controllati. Basti pensare alla tradizione secolare di allevare mitili ed ostriche in aree marine confinate ed in lagune costiere. Questo settore dovrebbe giocare un ruolo fondamentale nella vicarianza ed integrazione delle produzioni da pesca, ma molti sono i limiti allo sviluppo nonostante i molteplici strumenti settoriali introdotti da UE, Stato e Regioni. A favore della reale assunzione del ruolo atteso dall'acquacoltura, le politiche del mare dovranno considerare che e' necessario: - accelerare il processo di definizione delle Zone Allocate per l'Acquacoltura (AZA), nell'ambito della pianificazione spaziale marittima, anche per non perdere l'accesso ai programmi europei di supporto allo sviluppo; - tutelare le zone umide costiere, riconoscendo le funzioni ed i servizi ecosistemici prodotti dalle aree di acquacoltura estensiva che contribuiscono alla conservazione di tali zone, grazie all'intervento dei piscicoltori; - investire sulla qualita' dei prodotti freschi e trasformati e sui sistemi di etichettatura; - rivedere rapidamente tutta la materia delle concessioni demaniali, con canoni e regole appropriate, per fare assumere al settore il ruolo strategico atteso, con una crescita significativa delle produzioni. In questa materia, tutti i benefici previsti dovrebbero essere estesi a tutte le tipologie di impresa; - considerare che molti progetti per attivita' in mare (Produzione di energia, estrazione) potrebbero integrarsi con impianti innovativi di acquacoltura, molte strutture potrebbero essere adattate per ospitare nurseries o strutture attrattive per pelagici; o essere utilizzate per finalita' naturalistiche, pesca ricreativa, ed attivita' subacquee ad esempio. Per fare questo e' necessario che i progetti siano disegnati in contesti gia' predisposti alla integrazione, in cui gli uni conoscono gli altri, sia al livello interministeriale, che tra imprese. In generale, il bisogno di integrazione delle produzioni acquatiche da pesca e da acquacoltura nel "sistema mare" risulta essenziale per lo sviluppo di questi settori, per i quali gli strumenti fin qui introdotti, soprattutto su indirizzo europeo, manifestano dei limiti, nonostante l'impegno. Risulterebbe prioritario far confluire la ricca base di dati della pesca e della acquacoltura in un sistema centrale di raccolta informatizzata dei dati sul mare. Cio' al fine di consentire un nuovo approccio alla pianificazione della pesca e della acquacoltura che tengano conto dei vari usi del mare e delle varie competenze gestionali coinvolte. La ricerca italiana in acquacoltura riveste un ruolo importante nello scenario europeo grazie all'impegno delle Universita', del Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR), dell'Ispra, del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria (CREA), delle cooperative di ricerca, dell'industria. Anche in questo settore il MASAF ha promosso attivita' di coordinamento attraverso l'avvio di una piattaforma comune. 2.7 CANTIERISTICA 2.7.1 Cantieristica mercantile L'industria cantieristica italiana e' un settore che, raggruppando imprese di costruzione e riparazione navale, produttori di sistemi e componenti ad uso navale, societa' di ricerca ed aziende di servizi al settore, genera un'occupazione di circa 70.000 persone (90.000 persone includendo l'occupazione trainata), per un valore della produzione di circa 9 miliardi di euro, in gran parte derivante dall'export. Per quel che concerne la cantieristica mercantile, fatta eccezione per i piccoli cantieri specializzati in unita' da lavoro e piccoli mezzi trasporto passeggeri, in Europa la produzione e' rivolta essenzialmente alle navi da crociera. In tale contesto, i cantieri italiani detengono posizioni di leadership a livello mondiale nella costruzione di tali navi che, come noto, sono altamente sofisticate dal punto di vista tecnologico e del processo produttivo. Per le navi portacontainer e trasporto carichi alla rinfusa (solidi e liquidi), l'Est asiatico e' invece protagonista assoluto, con un ruolo predominante della Cina, la cui industria cantieristica negli ultimi anni e' tuttavia riuscita a consolidare, attraverso aggressive strategie di politica industriale (es. "Made in China 2025"), il suo ingresso anche in segmenti di marcato tecnologicamente avanzati e complessi, quali il settore dei traghetti, un tempo appannaggio esclusivo dei cantieri europei. Volgendo lo sguardo allo scenario di mercato internazionale, si osserva che la consistenza numerica della flotta mondiale sta registrando un incremento di oltre il 2,1% annuo ed e' in continuo aumento. La flotta adibita al trasporto di prodotti alla rinfusa ha subito un significativo rinnovamento nel corso degli ultimi anni per la necessita' di un naturale svecchiamento. Le navi portacontenitori - lo stesso si puo' dire delle navi da crociera - hanno invece iniziato una corsa al gigantismo che sembra non fermarsi. Il rinnovo della flotta traghetti procede, invece, a un passo diverso per una serie di ragioni - non da ultimo il costo significativo della tipologia di nave e la notevole "vita media" di queste unita'. In tale contesto, risulta indispensabile recuperare il pieno potenziale strategico che da sempre l'industria navalmeccanica riveste per lo sviluppo economico nazionale e per l'autonomia strategica europea. Senza un proprio settore navalmeccanica, l'Europa dipenderebbe infatti interamente dai cantieri navali asiatici per la costruzione, riparazione, conversione, manutenzione o adeguamento di navi civili e militari, e dai produttori asiatici di attrezzature marittime per la produzione di sistemi navali innovativi, verdi e digitali, e pertanto, per garantire, la propria difesa, sicurezza, e libero accesso ai propri mari, al commercio marittimo, ed alle attivita' dell'economia blu nel suo complesso, nonche', come gia' accennato, per l'attuazione delle attuali ambiziose politiche dell'UE come il "Green Deal" europeo. Ad esempio, i target di riduzione delle emissioni stabili a livello europeo e dell'IMO (International Maritime Organization) per il 2050, per essere realizzati, richiedono una totale sostituzione/ristrutturazione dell'attuale intera flotta mondiale, con un investimento di circa 3.000 miliardi di dollari. Considerando la distribuzione dell'attuale capacita' produttiva mondiale, tale processo di rinnovamento verrebbe lasciato per il 70% a due Paesi asiatici (Cina e Corea) mentre solo l'8% delle nuove esigenze di flotta potrebbe essere realizzato in Europa, con il rischio di delegare il raggiungimento dei piani di decarbonizzazione del settore marittimo europeo alla costruzione navale asiatica. La necessita' di salvaguardare il settore della navalmeccanica si pone quindi all'interno di un piu' ampio obiettivo di autonomia strategica generale: se l'Europa vuole infatti svolgere il proprio tradizionale ruolo di potenza marittima sulla scena mondiale, non puo' che alimentare le proprie capacita' marittime commerciali e di difesa, che non possono prescindere dalla presenza in loco di un significativo complesso industriale (cantieri navali e produttori di attrezzature marittime) su cui poter fare affidamento nel lungo termine. Occorre, pertanto, valutare opportune iniziative che permettano di rafforzare la competitivita' dei cantieri navali italiani aumentando la diversificazione dei mezzi prodotti e riducendo il differenziale di prezzo con i cantieri navali asiatici. E' quindi auspicabile valutare l'elaborazione di un piano strutturato di azioni all'interno di un disegno condiviso a livello europeo, per rilanciare l'industria navalmeccanica italiana dinanzi alle sfide della concorrenza (spesso sleale) internazionale e alle esigenze della transizione green e digitale. 2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field" Nel 1980, l'Europa - con un ruolo chiave giocato dalla navalmeccanica italiana - aveva una quota di mercato nei nuovi ordini ben superiore al 50%, mentre adesso e' inferiore al 4-5%. Politiche commerciali molto aggressive sono state attuate dai costruttori asiatici (Corea, prima, e Cina poi) negli ultimi 30 anni, grazie ad una attivita' di "dumping" strutturale e continuativo sostenuto da abbondanti e diversificati sussidi statali. Il tutto e' stato possibile anche a causa del fallimento dei negoziati multilaterali per una disciplina settoriale volta a restaurare il "level playing field" nel mercato della globale della cantieristica navale e l'inapplicabilita' alla navalmeccanica sia delle procedure antidumping previste dalla World Trade Organization ("WTO") sia dei vari strumenti di difesa commerciali messi in campo dall'Europa, inclusi il Regolamento UE 1035 del 2016 e il recente «EU Foreign Subsidies Regulation». In particolare: - gli approcci multilaterali sono falliti perche' i Paesi asiatici che forniscono il maggior volume di sovvenzioni alla cantieristica navale da decenni bloccano i negoziati per una disciplina settoriale globale. Alcuni di tali Paesi, inoltre, ostacolano di fatto il ricorso al meccanismo di risoluzione delle controversie del WTO attraverso il mancato rispetto degli obblighi WTO in materia di trasparenza e notifica di sovvenzioni industriali; - le particolari caratteristiche del "prodotto" nave e della sua compra-vendita a livello globale non consentono l'applicazione dei tradizionali strumenti di difesa commerciale previsti dal WTO, quali i dazi anti-sussidi o antidumping che si applicano sui beni importati. Questo perche' le navi non vengono generalmente "importate", nell'accezione di un loro ingresso permanente in un territorio doganale, e le regolamentazioni del WTO sono invece concepite per beni che entrino permanentemente nel confine doganale di uno Stato; - il «Regolamento (UE) 1035 del 2016 relativo alla difesa contro i prezzi pregiudizievoli nella vendita di navi» (adottato a fine anni '90 per trasporre a livello UE un accordo OCSE firmato nel 1994) non e' mai divenuto applicabile a causa della mancata entrata in vigore dell'accordo OCSE in questione a causa della mancata ratifica da parte di una delle parti contraenti; - il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno (Foreign Subsidies Regulation), pur riconoscendo in parte il suddetto problema, cosi come attualmente formulato non consente azioni avverso sussidi concessi da Paesi terzi ai produttori di beni industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto tali sussidi sono regolati dagli strumenti WTO (rispetto ai quali esistono le limitazioni di cui sopra per la cantieristica navale), limitando quindi l'applicabilita' di fatto solamente ai sussidi distorsivi del mercato interno concessi da Paesi terzi ai prestatori di servizi. - il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni estere distorsive del mercato interno (Foreign Subsidies Regulation), pur riconoscendo in parte il suddetto problema, cosi come attualmente formulato non consente azioni avverso sussidi concessi da Paesi terzi ai produttori di beni industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto tali sussidi sono regolati dagli strumenti WTO (rispetto ai quali esistono le limitazioni di cui sopra per la cantieristica navale), limitando quindi l'applicabilita' di fatto solamente ai sussidi distorsivi del mercato interno concessi da Paesi terzi ai prestatori di servizi. Pertanto, un primo pilastro di un potenziale piano di azioni dovrebbe contemplare, l'adozione a livello europeo di soluzioni volte a restaurare il "level playing field", attraverso la possibile creazione di strumenti di difesa commerciale di natura settoriale, a livello unilaterale (in caso di probabile mancato accordo internazionale), tale da prevenire o rendere inefficaci le pratiche di concorrenza sleale asiatica. 2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione A supporto di tale piano di azione, andrebbero valutare opportuni interventi regolatori, accompagnati da adeguati strumenti di supporto finanziario-fiscale, volti a rafforzare la competitivita' dei cantieri italiani ed europei e a stimolare al contempo la ricerca e l'innovazione per far fronte al complesso scenario globale. Cio' al fine, da un lato, di promuovere lo sviluppo della capacita' produttiva italiana, con focus sui segmenti di mercato fondamentali per l'autonomia strategica europea (trasporto passeggeri, difesa, energie rinnovabili offshore, navi per il trasporto di combustibili verdi, piccolo cabotaggio etc.), con conseguente beneficio anche dei cantieri privati cosiddetti "minori". E, dall'altro, rafforzare la sovranita' e della superiorita' tecnologica italiana di lungo periodo, seguendo le direttrici verdi e digitali ma anche dell'efficienza produttiva. Tra i suddetti interventi, si potrebbero valutare la promozione di un quadro regolatorio che uniformi, a livello internazionale, i criteri costruttivi agli standard europei e l'introduzione di criteri tassonomici per l'accesso alla finanza sostenibile che stimolino gli investimenti verdi e digitali, sia dal lato dei processi produttivi navalmeccanici sia sul piano della domanda (in termini di rinnovo flotte), con l'obiettivo di promuovere, laddove possibile ed auspicabile, la sovranita' tecnologica nazionale ed europea. Al fine di facilitare i suddetti investimenti, potrebbe essere opportuno promuovere in sede europea una revisione degli attuali criteri tassonomici di classificazione delle attivita' marittime alla luce delle specificita' settoriali, degli sviluppi tecnologici e delle alternative energetiche disponibili, sulla base di una piu' corretta valutazione improntata al ciclo di vita delle emissioni ("well to wake") e alla neutralita' tecnologica. Sarebbe, inoltre, opportuno promuovere interventi europei o nazionali di stimolo allo sviluppo tecnologico, quali il rinnovo della Co-Programmed Partnership on Zero-Emission Waterborne Transport ("cPP" ZEWT) e la creazione di almeno una nuova "cPP" sulla digitalizzazione del settore marittimo. In parallelo, sarebbe auspicabile studiare possibili interventi specifici per stimolare la creazione di una nuova capacita' produttiva verde, digitale e ad efficienza massimizzata. Parimenti, sarebbe utile intervenire su formazione e forza lavoro, ad esempio attraverso l'attuazione di un "Patto per le competenze" che risolva il problema della carenza di professionalita' ad hoc del settore. Inoltre, la previsione di un programma di investimenti specifico, dedicato all'industria della difesa navale, potrebbe non solo contribuire a ottimizzare il sistema di difesa italiano all'interno di una logica di difesa europea comune, ma anche favorire lo sviluppo di soluzioni tecnologiche in grado di cross-fertilizzare il segmento civile e viceversa. Infine, andrebbe valutato lo sviluppo di un piano di rinnovo del naviglio commerciale che possa stimolare la produzione, in Italia o in Europa, di quelle tipologie di navi necessarie all'autonomia strategica nazionale, sostenendo al contempo la necessaria transizione energetica e digitale della flotta. In tale contesto risultera' in ogni modo fondamentale il ruolo giocato dall'Italia nella definizione di una strategia europea dedicata al settore sulla base delle direttrici sopracitate. 2.7.2 Cantieristica nautica La cantieristica nautica e' un asset strategico sia sotto l'aspetto industriale, che per quanto riguarda il refit. Per questo occorre tener conto delle nuove frontiere ed evoluzioni di mercato. 2.7.2.a Design e concept innovativo La progettazione dovra' evolvere verso un approccio fortemente orientato sul cliente ma anche estremamente funzionale, attingendo ai concetti di modularita' ed eco-design oltre a ricomprendere materiali sostenibili e design for disassembling per favorire il recupero dei materiali stessi a fine vita dell'imbarcazione. E' necessario sviluppare tecnologie legate a sostenibilita', ergonomia, disassembling, modularita', nuovi materiali, integrazione, comfort, sensoristica, accessibilita', da applicare nell'ambito delle nuove costruzioni, del refit e della fornitura. 2.7.2.b Propulsione ed energie L'adozione di nuove propulsioni (fondamentalmente nei prossimi anni si andra' verso il "full electric", ma si assistera' nel lungo periodo anche all'utilizzo di motorizzazioni ad idrogeno) richiede necessariamente una riforma di carattere normativo. Infatti, i registri navali oggi non consentono per motivi di sicurezza il semplice passaggio al "full electric" in alcune condizioni di mare o senza limite dalla costa. Sono numerose le tecnologie in fase di sviluppo, quali ibride, "full electric", idrogeno, "wind concept", batterie e stoccaggio energia, riduzione NOx, magneti permanenti, e la cui applicazione riguarda costruzione, refit, navigazione, yachting e tenderistica. 2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0 Barca e cantiere sono elementi sempre piu' interconnessi e modulari, che dialogano anche in navigazione. I singoli componenti sono sempre piu' tracciati sia in fase costruttiva che in fase di refit e utilizzo. In un complesso contesto di forti sinergie fra piu' aziende, e' necessario un nuovo approccio a partire dall'individuazione e gestione dei processi. E', altresi', importante lo sviluppo di una piattaforma di interconnessione tra filiera e cantiere, dedicata alla gestione della commessa e dei processi in chiave "Industry 4.0" (produzione interna) e NIM (Naval Information Modeling - coordinamento esterno). Tra le tecnologie da sviluppare per la costruzione, il refit e la navigazione, si segnalano: digitalizzazione a terra e bordo, IOT controllo navigazione, automazione, rotte intelligenti, tracciabilita', innovazioni di processo, robotica di costruzione e smantellamento. 2.7.3 Cantieristica militare La cantieristica militare ha attraversato, soprattutto nell'ultimo decennio, un periodo positivo grazie ai programmi di rinnovamento e ammodernamento della Difesa nel suo complesso, inclusa la Marina Militare, e ai successi conseguiti sul mercato internazionale, in particolare in Medio Oriente, Nord Africa e Stati Uniti. Il sistema cantieristico militare di Fincantieri, incentrato su Riva Trigoso-Muggiano col supporto di Castellammare di Stabia, ha raggiunto un buon livello di efficienza e di distribuzione sul territorio nazionale, ma puo' e deve ulteriormente progredire. Fincantieri in questo periodo ha potuto avvantaggiarsi dell'esperienza maturata sul mercato americano a contatto e in collaborazione con un sistema industriale particolarmente competitivo in cui ha potuto trasferire l'esperienza e le competenze acquisite con i programmi italo-francesi sulle unita' di superficie e, successivamente, con i programmi nazionali. La nuova scala dimensionale internazionale ha spinto e consentito a Fincantieri di diventare uno dei player mondiali del settore navale. Su questa base Fincantieri sta partecipando, in collaborazione con il partner francese, al programma finanziato dall'«European Defence Fund» per sviluppare una classe di "European Patrol Corvette" che dovrebbero consentire a diverse Marine europee di avere un pattugliatore con una forte comunalita' in modo da favorire attivita' operative, addestramento e supporto logistico quasi in comune. E' un'occasione importante che non va sprecata perche', ovviamente, su questo tipo di unita' vi sono obiettivamente meno vincoli e riserve sul piano tecnologico. A tal proposito, anche nella subacquea Fincantieri ha potuto lanciare, insieme alla Marina Militare, una nuova classe di sottomarini, la 212 NFS - "Near Future Submarine", in cui e' previsto un significativo inserimento di nuovi sistemi elettronici e sottosistemi nazionali, in collaborazione con Leonardo, in modo da sviluppare una piu' autonoma capacita' tecnologica e industriale nazionale, mentre proseguono i rapporti di collaborazione col partner tedesco. L'industria navale italiana ha migliorato la sua offerta anche nel campo delle unita' minori specialistiche (cacciamine, soccorso sottomarini e sorveglianza) sia per la Difesa sia per le forze di sicurezza. Il nuovo quadro strategico sta facendo crescere rapidamente le esigenze navali in relazione alla diffusione e all'intensita' delle minacce. La quantita' di unita' navali impegnate in compiti operativi e' cresciuta sensibilmente insieme alla durata della loro presenza in mare e alla distanza dei teatri di impiego. Non si tratta, infatti, solo delle tradizionali operazioni di protezione delle rotte commerciali e di controllo dei confini marittimi. La postura delle navi russe e cinesi nel Mediterraneo, cosi' come la protezione di cavi e dotti e delle infrastrutture energetiche, anche fuori dalle acque territoriali, impone una maggiore presenza delle unita' italiane. Tutto questo si traduce in un accelerato logoramento della flotta militare che, insieme alle aumentate esigenze, dovra' condurre a confermare, e se possibile incrementare, i piani di ammodernamento e di investimento della Difesa nel settore come anche, nello stesso tempo, le azioni poste in essere per un reclutamento sempre piu' efficace. Le stesse capacita' industriali dovranno progressivamente adeguarsi alla nuova domanda, razionalizzando la' dove possibile la struttura industriale e assicurando la disponibilita' del personale necessario. In particolare, dovra' essere rapidamente implementato il Polo Nazionale della Subacquea di recente istituzione al fine di affrontare le sfide dell'ambiente subacqueo, mettendo a fattor comune le capacita' scientifiche, tecnologiche, industriali e operative maturate in campo militare e civile. Inoltre, andra' attentamente considerato anche l'utilizzo delle collaborazioni nel campo della difesa e della sicurezza, sia a livello industriale sia operativo, con gli stati costieri (che sono 195 contro 44 nel mondo) come strumento di proiezione internazionale per tutelare i nostri interessi nazionali. Peraltro, le esportazioni militari sono sovente corredate da un corollario di attivita', che abbracciano l'addestramento degli equipaggi e la successiva manutenzione delle navi consegnate. Si tratta di un formidabile strumento politico e diplomatico, che concorre a creare dei saldi legami di cooperazione tra le Marine e tra gli Stati. Infine, va tenuto presente il livello della ricerca e dell'innovazione tecnologica che caratterizza l'industria navale delle costruzioni militari. I risultati che essa consegue si riverberano beneficamente anche sulla cantieristica mercantile e da diporto, consolidando e incrementando il vantaggio tecnologico complessivo. 2.7.4 Innovazione tecnologica L'innovazione tecnologica e' il tratto distintivo del mondo odierno. Intensita', vastita' e rapidita' ne sono le caratteristiche piu' appariscenti. Ma vi e' un quarto aspetto che sta richiamando una crescente attenzione, quello del trasferimento delle conoscenze, esperienze e competenze sul piano scientifico, tecnologico, industriale e, seppur parzialmente, operativo. Questo quadro deve essere tenuto presente anche nell'elaborazione e applicazione di una nuova strategia marittima nazionale per far in modo che le scelte di carattere politico e operativo marcino in parallelo con la politica della ricerca e innovazione tecnologica e con la politica industriale. Da questo punto di vista il perseguimento di questo obiettivo potra' essere facilitato dalla presenza nel Cipom di tutte le amministrazioni interessate. La dimensione marittima (compresa la sua articolazione subacquea) coinvolge gran parte delle tecnologie e molteplici settori, sia in campo civile sia militare. Solo a titolo esemplificativo vanno considerate quelle legate alle costruzioni e infrastrutture navali (che sono tradizionalmente sistemi fortemente autonomi e completi, ma che oggi sono diventati sempre piu' sistemi di sistemi a complessita' crescente); al trasporto di persone, mezzi di locomozione e merci; alla movimentazione e alla conservazione dei carichi (solidi, liquidi, gassosi); alla ricerca e all'estrazione di fonti energetiche e minerali; alla pesca e all'acquacultura; allo svolgimento di attivita' scientifiche. La dispersione delle attivita' svolte sul, nel e sotto il mare e' strettamente connessa con il settore delle comunicazioni, localizzazione e controllo della navigazione, anche grazie alle applicazioni satellitari. Va, quindi, sempre tenuto presente che le attivita' vi si svolgono isolate fisicamente. Questo vale, a maggior ragione, nella dimensione subacquea e nelle infrastrutture automatizzate localizzate a mare. Tutte queste attivita', sempre piu' complesse e interconnesse, stanno portando ad una elevata automazione e informatizzazione di tutte le componenti che comporta, pero', maggiori rischi di fronte alla minaccia cibernetica sia in termini di sicurezza sia a livello economico. Da una parte, quindi, la dimensione marittima va considerata come uno dei motori dell'innovazione tecnologica, dall'altra richiede la massima attenzione per garantirne la protezione oltre che dalle minacce tradizionali anche da quelle cibernetiche. Nella realizzazione del "Piano del mare" dovra', quindi, essere assicurato anche il coordinamento di queste esigenze con la politica nazionale volta a proteggere il Sistema Italia e, in particolare le sue infrastrutture critiche, da tutte le minacce. Nello stesso tempo si dovra' perseguire anche uno stretto coordinamento fra il perseguimento degli obiettivi del "Piano del mare" e lo sviluppo armonico delle diverse iniziative nel campo dell'innovazione tecnologica volte a rendere sempre piu' adeguata ed efficace la cornice di sicurezza in cui questi obiettivi devono essere collocati. 2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE L'industria armatoriale e' un asset strategico fondamentale per la Nazione: - 1260 navi di bandiera italiana per oltre 13 milioni di GT; - oltre 42mila posti di lavoro a bordo (sui quali ruotano oltre 61mila lavoratori); - oltre quasi 8mila posti di lavoro diretti a terra; - 2,8 euro e' il moltiplicatore del comparto per ogni euro investito; - il trasporto marittimo, diversamente dalle altre infrastrutture (oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la flessibilita' delle fonti di approvvigionamento. - il trasporto marittimo, diversamente dalle altre infrastrutture (oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la flessibilita' delle fonti di approvvigionamento. Si tratta di un'industria mobile e "silenziosa" che mette in rete e sviluppa l'economia nazionale. Per l'Italia il mare e' la piu' grande ricchezza naturale. Via mare sono transitate nel 2021 il: - 60% delle importazioni nazionali; - 51% delle esportazioni nazionali; - 480 milioni di tonnellate di merci - alla rinfusa (secche e liquide) in container o a bordo di traghetti - movimentati nei nostri porti; - l'Italia e' leader in Europa (15% del totale europeo) con 314 milioni di merci trasportate in Short Sea Shipping; - nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea Shipping con 252 milioni di tonnellate trasportate e una quota di mercato del 40%. - nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea Shipping con 252 milioni di tonnellate trasportate e una quota di mercato del 40%. L'estensione alle imprese utilizzatrici di navi di bandiera UE/SEE dei benefici previsti dal Registro Internazionale Italiano - pilastro comunque irrinunciabile della nostra marineria - rappresenta una rivoluzione del settore del trasporto marittimo nazionale. A fronte di tale profondo mutamento, per assicurare la competitivita' delle imprese di navigazione nazionali ed evitare il c.d. "flagging out", ovverosia di quel fenomeno principalmente rappresentato dalla volonta' di un armatore di ricercare registri navali (o bandiere) che possano permettere una congrua riduzione delle voci di costo e spesa riferite, ad esempio, ad assicurazioni, equipaggi e imposte, ma anche una semplificazione della gestione dell'imbarcazione in termini tecnici (come, per esempio, la gestione delle dotazioni obbligatorie di bordo). Pertanto, si rendono necessarie urgenti misure di snellimento dei procedimenti amministrativi, di semplificazione normativa dell'ordinamento marittimo nazionale, di "sburocratizzazione" dei processi e di digitalizzazione delle procedure. Negli ultimi anni, a livello internazionale, si e' infatti assistito a un generalizzato livellamento dei costi di costruzione ed esercizio della nave (rifornimento, oneri fiscali e contributivi, ecc.). Il confronto competitivo tra le flotte si e' quindi spostato sugli oneri amministrativi legati allo Stato di registrazione, a bordo e a terra. Al riguardo, si riscontrano criticita' che spesso derivano anche da disposizioni nazionali appesantite rispetto al dettato unionale. In un settore per sua natura internazionalizzato come lo shipping, tale appesantimento e' ancor piu' rilevante nel confronto con le bandiere di Paesi extra-UE. E' emblematico in tal senso l'importante tema della sanita' marittima, una materia trasversale a diversi dicasteri e il cui quadro normativo per alcune importanti disposizioni risale alla fine del XIX secolo con evidenti problematiche per la gestione della flotta mercantile149 . Con particolare riferimento al trasporto marittimo di passeggeri, l'emanazione del nuovo Regolamento sul servizio sanitario a bordo delle navi mercantili nazionali potra' auspicabilmente risolvere molte delle criticita' che la flotta italiana affronta quotidianamente, a partire dalla carenza dei medici di bordo. In tale contesto, negli anni sono stati presentati in Parlamento diversi progetti di legge volti a semplificare la normativa in materia di trasporto marittimo con una serie di importanti interventi senza oneri a carico dello Stato. E' auspicabile che tale riforma venga perseguita concretamente e in tempi brevi quale primo fondamentale passo per consentire alla bandiera italiana di competere con quelle UE, al momento molto piu' al passo con i tempi. 2.9 LAVORO MARITTIMO Per questa disciplina gli obiettivi cardine delle politiche del mare sono: (i) il consolidamento di una governance unitaria (intesa come regole e prassi) per il trasporto marittimo; (ii) la salvaguardia della specialita' del settore; (iii) una complessiva semplificazione e un profondo aggiornamento della regolamentazione del lavoro a bordo; (iv) un tendenziale miglioramento delle condizioni di vita a brodo; (v) una maggiore attenzione ai percorsi divulgativi e formativi volti all'accesso alle professioni marittime e della pesca. La competitivita' del trasporto marittimo di merci e di persone, necessaria in ragione del ruolo strategico del settore, si consegue e mantiene anche e soprattutto attraverso la valorizzazione dei lavoratori del mare. Il trasporto marittimo, con le relative attivita' ancillari oltre che la pesca, si e' qualificato, in particolar modo nell'ultimo ventennio, come uno dei settori maggiormente coinvolti dalla profonda evoluzione tecnologica e digitale tutt'ora in corso. Le prospettive derivanti dai processi connessi alla transizione ecologica previsti dagli obiettivi di "Agenda 2030" dell'ONU e dal "Green Deal" Europeo costituiscono altresi' elementi che impongono nuove specializzazioni di mestieri antichi ma oggi profondamente diversi dal passato e nuove prospettive di inclusione. Il contesto in continuo aggiornamento, la compresenza a bordo di professionisti di diverse nazionalita' e genere, l'evoluzione sociale che ha caratterizzato l'esperienza europea dell'ultimo decennio - anche rispetto alla concezione stessa del rapporto di lavoro in termini di conciliazione con le esigenze di vita - delineano uno scenario caratterizzato da grande complessita'. Allo stesso tempo il comparto assicura i servizi marittimi con grande flessibilita' e capacita' di adattamento. Tutto cio' in un contesto che, nelle attivita' umane, appare come il piu' regolato e standardizzato a livello mondiale150 . Nell'ambito della generale riforma dei servizi amministrativi verso la transizione digitale, occorre pertanto definire, in un'ottica di semplificazione e dematerializzazione, molte procedure in materia di lavoro marittimo151 ancora oggi affidate a strumenti e regole del tutto superati. Infine, non puo' non rilevarsi che ogni progetto di riforma dovra' sempre tener conto della oggettiva specialita' del lavoro marittimo che peraltro trova il suo fondamento nell'art. 1 cod. nav.152 . 2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita Le ultime rilevazioni descrivono la "Shipping Industry" in Italia come un settore fortemente concentrato, con il 2,2% delle imprese operanti sul territorio che occupa l'80,4% degli addetti153 . Questo elemento di stabilita' non e' tuttavia in grado di risolvere la grave crisi da carenza di personale, in particolar modo per alcune figure professionali del bordo - si pensi alla figura professionale dei direttori di macchina che, fra le posizioni a bordo, e' quella di piu' difficile reperimento per gli imbarchi - carenza che evidenzia la necessita' di reperimento di oltre diecimila lavoratori nel settore del trasporto e della pesca nel prossimo quinquennio. Si osserva da piu' parti che l'attuale offerta di lavoratori italiani e dell'Unione europea non appare in grado di soddisfare le esigenze del mercato154 per l'oggettiva inadeguatezza delle regole che sottendono i requisiti di accesso alle professioni del mare, le quali appaiono ampiamente superate155 . Il lavoro marittimo e' infatti, in un certo senso, non allineato alle ultime riforme del sistema scolastico - ed in tal senso, appare quanto mai auspicabile anche la rivisitazione dei programmi scolastici in riferimento alle materie nautiche - ma soprattutto all'evoluzione dei fabbisogni di competenza dell'industria marittima. L'alterazione dell'equilibrio tra domanda ed offerta, riferita in modo piu' significativo alle figure professionali del bordo, risulta altresi' dovuta alla mancanza di strumenti efficaci volti ad individuare e raggiungere le risorse professionali gia' formate e presenti sul territorio. L'evoluzione tecnologica che sta coinvolgendo il settore rappresenta infine un'opportunita' per incentivare l'occupazione attraverso l'adozione di interventi di ammodernamento e semplificazione dei percorsi professionali funzionali al rilancio delle carriere marittime. Certamente l'innovazione e la trasformazione del mondo del lavoro, gia' in atto, potranno agevolare l'inserimento di giovani e di donne nel settore marittimo e portuale. La necessita' di giungere alla parita' di genere nel settore marittimo e portuale, al fine di ridurre e quanto prima eliminare le disuguaglianze di genere, comporta un impegno a promuovere e favorire iniziative e percorsi volti a valorizzare il ruolo delle donne nello shipping, quale fattore competitivo di sviluppo culturale ed occupazionale, ed a sostenere quelli gia' in corso, come, ad esempio, il "Patto per la parita' di genere", siglato dalle AdSP. 2.9.2 Collocamento della gente di mare La questione del collocamento della gente di mare, gia' prevista dal d.p.r. 18 aprile 2006, n. 231 e ancora non compiutamente attuata, e' centrale per il rilancio delle attivita' del mare. La norma aveva infatti previsto una nuova disciplina del collocamento e delle relative procedure per l'imbarco dei marittimi. Tale impianto, superando il precedente regime dettato dagli artt. 125 e 126 cod. nav., e sul d.m. 13 ottobre 1992 n. 584156 , ha inteso procedere alla razionalizzazione delle procedure e alla messa a disposizione delle necessarie tecnologie informatiche in funzione del miglioramento dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. L'emanazione dei d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150 e n. 151, che hanno fra l'altro prodotto alcune innovazioni in materia di politiche attive del lavoro, ha avuto riflessi anche sulla specifica materia del lavoro marittimo intervenendo sul collocamento della gente di mare, senza tuttavia portare a compimento la sua riforma. Andra' pertanto urgentemente considerata, al fine di dare piena applicazione al succitato d.p.r. n. 231 del 2006, l'adozione dei diversi decreti attuativi previsti dallo stesso d.p.r. e non interessati dal disposto del d.lgs. n. 151 del 2015. Il medesimo d.p.r. n. 231 del 2006 ha inoltre previsto l'istituzione dell'«Anagrafe Digitale Unica Nazionale della gente di mare», che tuttavia non e' mai entrata in vigore. In questo senso, la soluzione e' da ricercare nel concreto avvio di detto sistema e contestuale implementazione di un portale unico e costantemente aggiornato e integrato con le banche dati dell'INPS e dell'ANPAL. La mappatura delle risorse professionali gia' formate e presenti sul territorio nazionale, oltre all'aggiornamento delle rilevazioni circa l'entita' del fabbisogno di professionalita' di bordo e di terra, rappresentera' un elemento fondamentale per fronteggiare il fenomeno. L'assenza di prassi strutturate di monitoraggio della forza lavoro e' infatti una delle principali cause che determinano la difficolta' di incrocio tra le risorse disponibili ed in cerca di occupazione e le diverse opportunita' lavorative offerte dal settore. Le amministrazioni interessate hanno riferito nel corso delle audizioni che la realizzazione dell'infrastruttura digitale e' in fase di completamento; circostanza questa che consolida le aspettative per una sua prossima entrata in vigore. A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie azioni di impulso tese a velocizzare i suddetti processi. 2.9.3 La formazione Nell'ambito del lavoro marittimo, il tema della formazione del personale e della semplificazione dei percorsi propedeutici all'accesso alle professioni del mare appare non procrastinabile anche alla luce della strutturale carenza di personale marittimo italiano che si riscontra diffusamente su tutto il territorio nazionale. Nel rispetto integrale degli standard internazionali determinati da una copiosa disciplina di matrice convenzionale, i percorsi formativi volti all'ottenimento delle certificazioni obbligatorie potranno essere semplificati e digitalizzati. Altrettanto importante appare altresi' una rivisitazione dei programmi relativi al conseguimento dei titoli professionali e contestualmente un'omogenizzazione nazionale sullo svolgimento degli esami professionali. Sotto altro profilo, non v'e' dubbio che, per rilanciare l'occupazione, in particolare in quei contesti geografici ove il lavoro marittimo rappresenta storicamente un volano di crescita e sviluppo sociale, occorra attuare una politica di incentivazione in grado di compensare i costi determinati dalla formazione obbligatoria, introducendo forme di supporto economico157 per sostenere i giovani che, successivamente al diploma, devono intraprendere percorsi formativi necessari all'avviamento del lavoro marittimo e anche per incentivare, sempre dal punto di vista retributivo, le nuove generazioni. Il tutto non solo a garanzia della tenuta e dello sviluppo dell'industria armatoriale e della pesca nazionale, ma anche quale elemento di sostegno per quei territori in cui da sempre e' forte la vocazione marittima (si pensi in particolare alle isole)158 . In questa prospettiva occorre, quindi, realizzare il generale ammodernamento e la semplificazione dei requisiti di accesso alle varie professioni marittime disciplinati nell'ambito del noto Allegato al citato d.p.r. n. 231 del 2006159 . Oltre a quanto considerato, appare necessario attuare quanto previsto dall'art. 8 del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 71, il quale ha introdotto la possibilita' di agevolare percorsi formativi semplificati nell'ambito delle norme stabilite dalla menzionata Convenzione STCW160 per i marittimi che svolgono il proprio servizio nel settore dei "viaggi costieri". La norma citata161 , che recepisce la Direttiva UE 21 novembre 2012, n. 35, che modifica la Direttiva CE 19 novembre 2008, n. 106 consente ai Paesi membri di emanare disposizioni piu' favorevoli ai lavoratori marittimi che prestano servizio a bordo di navi battenti bandiera italiana, adibite esclusivamente alla navigazione costiera. Con questa norma il legislatore si e' preoccupato di disciplinare l'ambito di applicazione delle norme STCW per i marittimi che effettuano la navigazione costiera nazionale prevedendo la possibilita' - a certe condizioni - di applicare disposizioni piu' favorevoli, al fine di individuare un percorso professionale per i possessori dei titoli nazionali per la navigazione costiera162 . In considerazione della centralita' della formazione nei processi di sviluppo del settore marittimo ai suoi diversi comparti (navigazione, strutture portuali, logistica marittima, cantieristica, diporto e pesca) e della connessa esigenza di qualificazione delle risorse umane quale condizione imprescindibile per il potenziamento della filiera, devono individuarsi opportunita' di intervento a piu' livelli per il supporto alla formazione del personale del settore. In particolare, si ipotizza la creazione e la promozione di una offerta di alta formazione specifica dedicata alle figure apicali e ai quadri, con l'obiettivo di potenziare le competenze di coloro che ricoprono ruoli chiave nella pianificazione strategica aziendale, riferita in particolare ai processi di innovazione tecnologica e di sostenibilita'. Inoltre, occorre potenziare le politiche di supporto alla formazione per le figure di natura tecnica che operano nelle diverse aree funzionali del comparto, con l'obiettivo di garantire la corretta preparazione del personale operativamente coinvolto nei processi di innovazione. Parimenti, si potrebbe ipotizzare di attivare il potenziamento delle politiche di supporto alla formazione per i lavoratori che svolgono funzioni non tecniche (quali, a titolo esemplificativo, figure dedicate a servizi complementari ed a supporto della navigazione, pulizie, somministrazione cibi e bevande, servizi alberghieri), al fine di garantire a costoro la corretta familiarizzazione con i sistemi aziendali in ambito marittimo. Infine, dovranno intensificarsi i programmi di riqualificazione e aggiornamento professionale, in un contesto di formazione continua. In ragione della platea coinvolta e delle evidenti specificita' della filiera, occorrerebbe attivare la costruzione e introduzione di metodologie formative pensate in base della specificita' del lavoro a bordo delle navi, che sfruttino elementi di innovazione tecnologica - quali a titolo esemplificativo il potenziamento o la creazione di piattaforme digitali per apprendimento a distanza e e-learning, utilizzo di simulatori, sviluppo di nuovi pacchetti didattici e di nuovi strumenti diagnostici di controllo e verifica, individuando nuovi modelli di certificazione delle competenze e di validazione amministrativa della formazione in mare. Appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette azioni, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi Nel descritto ambito, un ruolo di rilievo potra' senz'altro essere ricoperto dall'Agenzia governativa ANPAL Servizi, in qualita' di coordinatore preposto alla conduzione e implementazione a sistema di politiche attive del lavoro volte a sostenere e rilanciare l'occupazione. Pare opportuno evidenziare che le direttrici dell'azione di Governo dovrebbero condurre a: (i) connettere il mondo delle imprese e quello della formazione agevolando le opportunita' lavorative; (ii) sostenere i lavoratori lungo tutto l'arco della carriera, favorendo e incentivando percorsi di continuo aggiornamento delle competenze; (iii) preparare coloro che si affacciano alla professione, individuando soluzioni formative mirate in grado di intercettare i fabbisogni di competenze delle imprese. Occorre inoltre valutare il potenziamento degli strumenti finanziari e di supporto alla conduzione delle attivita' formative professionalizzanti messi a disposizione dall'Agenzia, con particolare riferimento al necessario sviluppo di competenze digitali e di tutela ambientale163 . Ulteriore obiettivo e' infine quello di gestire la mobilita' internazionale del lavoro e qualificare i lavoratori stranieri mediante il loro inserimento in percorsi formativi professionalizzanti, da svilupparsi nell'ambito di un processo di consolidamento del sistema di relazioni con i Paesi d'origine. 2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare Gli Istituti tecnici superiori (ITS)164 svolgono un ruolo significativo nella formazione del personale marittimo in numerosi settori ed ambiti legati al mondo del mare ed all'attivita' di navigazione. Negli ultimi anni, questi istituti hanno consolidato il proprio ruolo nel panorama formativo italiano confermandosi uno strumento competitivo per la preparazione di risorse professionali, soprattutto di natura tecnica, rispondendo alle esigenze manifestate dal comparto e contribuendo, seppur ad oggi in maniera ancora non risolutiva, ad affrontare la forte carenza di personale che colpisce il settore. I programmi di istruzione professionale offerti da questi soggetti risultano importanti al fine di garantire e mantenere l'offerta di lavoratori altamente qualificati per vari settori dell'industria del mare. La dimensione di strutturale collaborazione, sin dalla progettazione dell'offerta formativa, tra il mondo delle imprese e i vari ITS attivi sul territorio, si e' dimostrata un modello efficiente ed in grado di garantire percentuali di stabilizzazione in azienda, a seguito della conclusione dei percorsi professionalizzanti e senza soluzione di continuita', vicine alla totalita' degli studenti iscritti negli istituti. Per garantire una crescita sostenibile e un'occupazione continua nell'industria marittima, si auspica il rafforzamento del coordinamento tra le Autorita' nazionali e regionali, le imprese e gli istituti di istruzione superiore. L'obiettivo e' pertanto quello di rafforzare la centralita' dell'azione di formazione al fine di garantire unitarieta' di coordinamento e un maggiore accesso al sostegno statale e regionale. E' altresi' importante consentire al sistema educativo di soddisfare le esigenze di formazione continua e post-qualifica. Di particolare interesse e' altresi' il beneficio rappresentato dalla collaborazione con le Compagnie di Navigazione, anche in ragione della prassi oramai consolidata di creazione di occasioni di confronto tra studenti e professionisti esperti gia' imbarcati165 . Dal punto di vista didattico, oltre a rafforzare e incrementare i percorsi utili a conseguire l'abilitazione di ufficiale di macchina, in considerazione della loro significativa carenza, andrebbero incentivati percorsi formativi nei settori ove e' piu' consistente l'offerta di lavoro ovvero nei settori del turismo nautico166 ovvero del diporto e delle attivita' ancillari167 . Inoltre, non meno importante, sara' promuovere campagne strutturate volte alla sensibilizzazione ed all'orientamento professionale verso questo strategico settore dell'economia, da rivolgersi alla popolazione studentesca di scuole medie inferiori e superiori, realizzate in stretto coordinamento tra Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare, con l'obiettivo di ridurre gradualmente il gap oggi rilevato tra la domanda e l'offerta di lavoro nella filiera. Al riguardo, la sensibilizzazione del nostro sistema educativo, in riferimento all'importanza dello studio dei mari e delle scienze ad esso legate, la geografia in primis, deve, quindi, avere una prioritaria precedenza nello sviluppo dei programmi educativi nazionali, in maniera analoga a quanto gia' avvenuto, da tempo, in molti Paesi dell'Unione europea, ma non ancora in Italia. Va promossa e diffusa un'adeguata conoscenza del mare, con le sue caratteristiche e le sue problematiche, e occorre sviluppare le opportunita' che il mare offre in un Paese come il nostro, circondato dal mare e storicamente, culturalmente ed economicamente legato alle attivita' marinare. Per proteggere i nostri mari e preservare il nostro futuro e', pero', indispensabile promuovere comportamenti, individuali e collettivi, compatibili con gli obiettivi di sviluppo sostenibile previsti dall'Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che ha inserito, tra i suoi obiettivi fondamentali, il goal n. 14 «Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e le risorse marine». La manifesta esigenza di una nuova politica educativa per il mare assume un'urgenza improrogabile, avvalorata anche dall'attuale proclamazione, da parte dell'ONU, del «Decennio delle Scienze del Mare», il cui obiettivo dichiarato e' quello di colmare i vuoti che ancora oggi si registrano sul fronte della ricerca e dell'istruzione. In tal senso, si e' espresso anche il CNR sottolineando come gli oceani rappresentino ancora un mondo in gran parte inesplorato; si stima, ad esempio, che solo il 5% dei loro fondali sia stato effettivamente esplorato con sistematicita'. In ulteriore linea di coerenza con questa emergenza risulta anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui missione n. 4 e' ascrivibile proprio al campo "Istruzione e ricerca". L'Italia allora, ponendosi all'avanguardia anche in settori strategici quali quello dell'educazione e della formazione, puo' ambire al ruolo di forza marittima trainante del Mediterraneo, cosi' come esplicitamente sollecitato anche dal Manifesto Unesco per la salvaguardia dei mari e degli oceani. Anche attraverso il presente "Piano del mare", l'Italia vuole promuovere questo cambiamento, facilitando la genesi di una cittadinanza blue, imperniata sulla partecipazione, la comprensione dei valori, dei bisogni e delle prospettive utili ad incentivare anche lo sviluppo di azioni educative e formative innovative. A tal riguardo, il presente "Piano del mare" auspica una serie di iniziative didattiche sui principali ambiti della geografia del mare, della biologia marina, della blue economy, dell'etologia, aprendo focus specifici su temi prioritari, quali i cambiamenti climatici, lo sfruttamento delle risorse ittiche, la valorizzazione dell'energie rinnovabili marittime, la necessita' di attivare interventi maggiormente e trasversalmente ecocompatibili. Si restituira', cosi', il giusto significato al valore non solo ambientale ma anche culturale e antropologico del mare, che costituisce parte integrante della storia di molti popoli del Mediterraneo e, in particolare, dell'Italia. L'educazione al mare, percio', dovra' riguardare non solo gli ITS ma tutti i livelli dell'istruzione formale - dalle scuole di ogni ordine e grado all'universita' - u' e informale, con una formazione dedicata anche a cittadini al di fuori del contesto scolastico. Il "Piano del mare" si predispone, pertanto, anche per rafforzare la concezione dei mari e degli oceani come "bene comune" nel pieno interesse della collettivita'. Dall'analisi dei profili professionali, inoltre, emerge, chiaramente, che l'attuale offerta, proveniente dall'istruzione e dalla formazione lavorativa emanata dalla Scuola e dall'Universita' in Italia, risponde solo in parte alle domande di competenza per il futuro. Un'offerta, difatti, che non include adeguatamente la possibilita' per i giovani di inserirsi in alcune delle professioni blue perche' mancano o sono limitati i nuovi profili richiesti dall'economia circolare. Questa criticita' non riguarda solo il futuro ma anche il presente, ne' e' dimostrazione la carenza di molte delle figure professionali richieste dalle attivita' piu' innovative esercitate dalle imprese di settore che non riescono a trovare adeguate soluzioni dall'odierno mercato del lavoro. Le strade per giungere a un'efficace ri-educazione al mare sono molteplici, alcune basilari rispetto ad altre, come la proposizione di curricula verticali e interdisciplinari riguardanti il mare, un indirizzo gia' sperimentato con efficacia in Portogallo e auspicato nell'intera Unione europea (Lovat, 2023); cosi' come sara' importante promuovere le relazioni tra scolaresche di localita' di aree interne e di aree costiere; apportare un ripensamento dei libri di testo che dedicano al mare uno spazio limitato e frammentato tra le diverse discipline; proporre una descrizione del mare che non si limiti all'elencazione delle geomorfologie costiere, ma prenda in considerazione i complessi rapporti tra gli esseri umani e lo spazio marittimo per far emergere un rapporto affettivo tra gli alunni e il mare che sia propedeutico alla costruzione del civis maris. In una prospettiva che renda attive e operative tali azioni educative e formative, un ruolo rilevante deve essere svolto dal cosiddetto Terzo Settore e l'Italia gia' annovera, al riguardo, significativi contributi. Un supporto altamente qualificato all'attuazione del "Piano del mare" in questo specifico comparto strategico viene individuato nell'Associazione Italiana Insegnanti di Geografia (AIIG), che persegue, tra i suoi fondamentali obiettivi, la promozione di un'efficace educazione e formazione al mare, annoverando sul tema diverse attivita' convegnistiche e numerose pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. L'applicazione su scala nazionale delle citate azioni, indirizzate ad un progetto di riforma sull'educazione e la formazione al mare, portera' numerosi benefici, non ultimo, un riequilibrio del rapporto tra domanda e offerta, inerente le "professioni blu", che transitera', proficuamente, anche da un'implicita quanto costatante azione di orientamento scolastica a favore degli ITS. 2.9.6 Il lavoro portuale In tema di lavoro portuale, preliminarmente si evidenzia che il sistema normativo vigente e' indubbiamente improntato alla valorizzazione della risorsa lavoro e alla tutela dei lavoratori (anche sotto il profilo economico attraverso il C.C.N.L. unico di riferimento)168 . Tale tipologia di lavoro e' caratterizzata, peraltro, da una elevata elasticita' al fine di consentire le migliori combinazioni tra le esigenze della domanda (imprese terminaliste) e dell'offerta di lavoro (compagnie del lavoro portuale), e che andrebbe comunque monitorata. In particolare, anche dalle audizioni delle parti interessate, si e' rilevato un differenziale di garanzie tra i dipendenti delle imprese ex artt. 18 e 16 della legge n. 84 del 1994, rispetto ai lavoratori portuali temporanei (solo questi ultimi beneficiari dell'indennita' di mancato avviamento - IMA)169 . Al riguardo, una particolare riflessione merita anche il tema dell'adeguatezza dei livelli occupazionali alla progressiva diffusione dell'automazione portuale (specialmente per quel che riguarda il traffico contenitori), nonche' dell'adeguata formazione dei lavoratori portuali temporanei agli standard del segmento di attivita' a cui sono avviati e delle imprese che li richiedono. Le imprese che operano sulla base di concessioni ex art. 18 della legge n. 84 del 1994, se - da un lato - hanno sempre meno necessita' di manodopera portuale c.d. "tradizionale" o "generica" - dall'altro lato - necessitano sempre piu' di personale qualificato se non addirittura specializzato. 2.9.7 Il lavoro nella pesca Le politiche ed i piani sullo sviluppo e sulla sostenibilita' devono essere incentrati sulle persone e quindi avere il loro lavoro e condizioni di vita come perno. Questo passaggio scaturisce da una Risoluzione adottata dalla ILO, con le rappresentanze di 187 Paesi, identificando le strategie per la ripresa dopo il COVID-19 sul mondo del lavoro ed in particolare sui devastanti effetti sul mondo della Pesca, come ribadito in piu' sedi dalla FAO. La Pesca e' una attivita' in cui, per le delicate relazioni economia-lavoro-ambiente, e' assolutamente necessario promuovere uno sviluppo economico che vada allineato con il lavoro dignitoso (obiettivo 8 dell'Agenda 2030). Lo Stato, in questo specifico caso soprattutto l'UE, e' di fatto il decisore sull'uso sostenibile delle risorse dei mari su cui i lavoratori della pesca operano con licenza. Dunque, la relazione tra pescatori e il Governo impone la necessita' di coniugare le politiche di conservazione con gli effetti delle stesse sul lavoro. In questo senso, il Cipom potra' richiamare l'attenzione di questo sensibile tema che vede di fatto i lavoratori del mare collocati in un angolo in cui gli stessi ammortizzatori sociali, da attivare secondo le scelte gestionali mirate alla tutela delle risorse, non sono incorniciati in un quadro normativo stabile come avviene per altri lavoratori. E' pur vero che l'Italia ed i Ministeri competenti non hanno fatto mancare strumenti in deroga per ammortizzare gli impatti, ad esempio dei periodi di fermo. I temi di maggiore interesse che riguardano il lavoro del sistema pesca italiana possono essere sintetizzati nei seguenti punti essenziali: - Formazione: una pesca moderna e sostenibile dipende dal livello di formazione dei pescatori. Che da uno scenario tradizionale di pesca con poche regole, contratti di lavoro consolidati dalla tradizione, devono transitare verso i paradigmi della blue economy, che prevede un completo rinnovamento delle idee e degli strumenti messi in campo. Molto hanno fatto, in questa direzione, sindacati ed associazioni della pesca. Il decreto relativo al riordino degli Istituti Professionali (d.lgs. 13 aprile 2017, n. 61), ha dato piena dignita' al settore pesca, attivando il corso «Pesca commerciale e produzioni ittiche». Restano criticita' come la possibilita' di accedere facilmente a periodi di formazione sul lavoro, che dovranno essere superate con strumenti di esemplificazione ad hoc. - Titoli professionali: e' essenziale modernizzare ed esemplificare le regole di accesso ai titoli professionali170 attuando un aggiornamento normativo ed una rivisitazione dei programmi di esame, proseguendo sulla linea seguita nella riforma degli ITS. - Formazioni specializzate: e' necessario affiancare gli interventi formativi per gli imbarcati in pesca, per il conseguimento di specifiche figure professionali, una strategia formativa specialistica per affrontare i nuovi temi della digitalizzazione (si pensi al trasferimento dati per la scienza ed il controllo, alle nuove frontiere della sicurezza in mare), alle sfide tecniche lanciate dalla pianificazione spaziale. - Reclutamento di lavoratori stranieri: nella pesca il fabbisogno di lavoratori stranieri rappresenta una reale emergenza, da affrontare con gli appropriati strumenti politici ed amministrativi, data la delicatezza del tema. Il mondo della pesca stima una domanda per circa 1.000 lavoratori annualmente. Attualmente la forza lavoro totale presso le imbarcazioni italiane e' stimata intorno a 25.000 unita'. L'inserimento degli stranieri ha bisogno di utilizzare gli spazi aperti, ad esempio quanto previsto nel decreto-legge 10 marzo 2023, n. 20, sull'ingresso e soggiorno al di fuori delle quote. Ma naturalmente servono lavoratori in possesso di titoli e requisiti; dunque, va incrementato lo sforzo sulla formazione e sulla acquisizione dei titoli. Il quadro e' complesso, c'e' un impegno presso le amministrazioni competenti ad accelerare il percorso con la consapevolezza che la formazione degli equipaggi da pesca, attraverso una regolare reclutamento della forza lavoro, e' una reale emergenza. La mancanza di ricambio generazionale, dovuta anche alle dinamiche demografiche italiane aggrava il quadro. - Ammortizzatori sociali: il settore della pesca non accede alla cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito dei pescatori sono stati comunque attuati per rispondere alle esigenze di tutela. In particolare, e' stato garantito un indennizzo, per ogni componente dell'equipaggio in relazione ai giorni di fermo temporaneo delle attivita' di pesca. Occorrerebbe pertanto portare a compimento la riforma degli ammortizzatori sociali nella pesca (CISOA). L'auspicio del mondo della pesca sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale riforma riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica di garantire al lavoratore della pesca sostenibile - quale protagonista della blue economy e delle politiche alimentari della Nazione - una tutela equa e stabile. - Ammortizzatori sociali: il settore della pesca non accede alla cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito dei pescatori sono stati comunque attuati per rispondere alle esigenze di tutela. In particolare, e' stato garantito un indennizzo, per ogni componente dell'equipaggio in relazione ai giorni di fermo temporaneo delle attivita' di pesca. Occorrerebbe pertanto portare a compimento la riforma degli ammortizzatori sociali nella pesca (CISOA). L'auspicio del mondo della pesca sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale riforma riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge 30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica di garantire al lavoratore della pesca sostenibile - quale protagonista della blue economy e delle politiche alimentari della Nazione - una tutela equa e stabile. A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie azioni di impulso tese a velocizzare i suddetti processi. 2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare In generale e nell'ottica appena ricordata, appare opportuno sviluppare le azioni gia' individuate dal Governo con: (i) azioni di approfondimento conoscitivo sulla presenza e le caratteristiche delle comunita' straniere in Italia; e (ii) azioni di sostegno alle politiche per l'immigrazione legale e per la cooperazione internazionale con Paesi terzi. Pertanto, nello specifico ambito del lavoro marittimo, dette azioni potranno essere implementate anche mediante lo sviluppo di percorsi di formazione professionale del personale straniero presente sul territorio per favorire il loro indirizzo verso quei settori economici di rilevanza strategica, quale sono i diversi comparti del trasporto marittimo, della pesca e del contesto portuale, che maggiormente risentono della forte crisi occupazionale. A gennaio 2023 e' stato annunciato il lancio del "Piano Mattei", che avrebbe previsto lo sviluppo di schemi di cooperazione italiana con Stati del continente africano e che potrebbe vedere la definitiva presentazione in occasione del Summit intergovernativo Italia-Africa previsto in ottobre 2023172 . La conduzione di iniziative volte all'orientamento professionale, sia in ambito domestico che all'estero, tarate sulle necessita' e gli ambiti specifici che saranno oggetto di potenziamento in ragione del previsto aumento dei flussi, e la creazione di percorsi formativi ad hoc per le figure tecniche che saranno coinvolte all'interno di questo progetto (quindi oggetto di maggiore domanda da parte delle Compagnie di Navigazione), costituiranno la base da cui partire per dare ulteriore solidita' ad una filiera, quella marittima, che pur qualificandosi come accessoria rispetto alla realizzazione degli obiettivi primari del Piano, risulta funzionalmente indispensabile, come accade per le altre attivita' umane, per la buona riuscita di questo. 2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE 2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini La dimensione ecosistemica della sostenibilita' ha assunto crescente centralita' nelle politiche del mare. Tutti gli usi del mare comportano, infatti, un consumo crescente di biodiversita' con perdita di valori, utili ed etici, per le attuali e per le future generazioni. E' compito della politica individuare tutti gli strumenti necessari per garantire un uso sostenibile del mare, che consenta, alle varie scale, di conservare l'ambiente, minimizzare gli impatti, permettere gli usi indispensabili per la vita dell'uomo sul pianeta. L'Italia, per la sua geografia, per la sua lunga storia di uso del mare e delle coste, ha una reale dipendenza economica, sociale e culturale, dalla qualita' degli ecosistemi marini. Il tema della conservazione del mare non e' dunque materia di esclusivo interesse naturalistico, o di tutela della biodiversita', pur necessaria, ma e' centrale per la qualita' della nostra vita e per preservare, tra l'altro, tutti i servizi che il mare ci rende, con tutte le implicazioni economiche ed i riflessi sulla societa'. L'Italia e' fortemente impegnata nella conservazione del Mare Nostrum che ospita una significativa percentuale della biodiversita' marina mondiale, pur in una ridotta superficie. Cio' anche in funzione delle diverse convenzioni multilaterali e regionali cui l'Italia e' parte e da cui discendono impegni connessi alla conservazione e ripristino degli ecosistemi e della biodiversita' marini. Tra queste, a titolo di esempio, oltre alla Convenzione sulla Biodiversita', la Convenzione di Barcellona per il mar Mediterraneo e il relativo Piano di azione, l'Unione per il Mediterraneo (UpM), ACCOBAMS, RAMOGE, Pelagos. L'Italia ha altresi' aderito ad iniziative globali quali 30by30, che ha l'obiettivo, al pari della strategia europea di proteggere entro il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani del pianeta. Tale impegno coinvolge le Istituzioni e la societa' civile, con un attivo lavoro delle ONG e della societa' civile in generale. Moltissimo lavoro e' stato svolto dal Ministero dell'ambiente e della sicurezza energetica (MASE) che, oltre ad implementare le politiche nazionali e quelle dell'UE, partecipa attivamente a tutte le attivita' che si svolgono nell'ambito delle organizzazioni internazionali, nella conservazione degli ecosistemi marini, nella lotta e controllo dell'inquinamento, nelle misure di contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici. Analogamente, moltissime sono le iniziative regionali per la difesa ed il monitoraggio degli ambienti marini, cui si aggiunge l'impegno delle associazioni. Il "Piano del mare" deve considerare il lavoro fin qui fatto dallo Stato e gli impegni futuri a fronte degli impatti attesi, anche dai cambiamenti climatici e dalla acidificazione, soprattutto negli ecosistemi piu' sensibili, come base per continuare una intensa attivita' di salvaguardia del mare come pilastro portante di qualsivoglia scelta politica, in qualsiasi settore. L'ambiente al centro non deve essere un principio limite alle attivita', ma un modo per garantire alle stesse continuita' e durabilita'. Proteggere e salvare gli ecosistemi marini, nell'ambito di un dinamico sistema economico, con attiva partecipazione delle imprese, significa generare ricchezza e benessere. 2.10.2 Aree marine protette L'Italia vanta la piu' estesa rete di aree marine protette (AA.MM.PP.) nel Mediterraneo: n. 29 AA.MM.PP., n. 1 santuario internazionale dei Mammiferi marini, n. 2 parchi marini archeologici, n. 2 parchi con protezione a mare, ed una serie numerosa di aree marine protette previste dalla legge e non ancora istituite. La nostra Nazione deve mantenere questa leadership nella istituzione di AMP ed aumentare la dimensione degli spazi marini protetti, coerentemente con l'obiettivo di proteggere il 30% dei mari italiani, adottata nell'ambito della strategia europea sulla biodiversita'. In questa articolata materia, con particolare riferimento alle AA.MM.PP., una serie di priorita' per il "Piano del mare" risultano essere: - rinforzare la ricerca scientifica per l'identificazione delle aree prioritarie per la biodiversita' marina, con riferimenti alle interazioni fondamentali, per la salute del mare, che avvengono tra mare e continente; - integrare gli obiettivi di protezione del mare con gli altri usi all'interno del processo di pianificazione spaziale marittima; - rinforzare la missione delle AMP con risorse appropriate per esercitare una gestione efficace, con visioni aperte ed innovative; - aggiornare la legge 6 dicembre 1991, n. 394 con la partecipazione dei portatori di interessi e delle comunita' interessate; - definire un coordinamento nazionale per la creazione di una rete delle aree marine protette; - coinvolgere le AA.MM.PP. nella programmazione 2021-27 "Marine Strategy"; - ridefinire i regolamenti per la gestione in direzione di una maggiore integrazione con i restanti usi del mare; - esemplificare i processi autorizzativi rilasciati dalle AAMMPP; - rendere omogenei, nel rispetto delle diversita', i regolamenti di gestione delle AAMMPP, in modo da ottenere un indirizzo nazionale omogeneo; - velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali nelle competenze della AMP, espletando correttamente gli adempimenti previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000"). - velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali nelle competenze della AMP, espletando correttamente gli adempimenti previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000"). A cio' vanno aggiunte priorita' condivise come quella relativa alla definizione dei decreti attuativi della c.d. legge "Salvamare". Emerge chiaramente che gli strumenti del Piano, in questa materia piu' che in altre, hanno necessita' di conoscenza scientifica, di strumenti che consentano di fornire la "base ecologica" ad ogni altro uso del mare. Naturalmente tutto cio' e' gia' applicato attraverso i vari strumenti di valutazione e monitoraggio, ma la possibilita' di coordinare i vari istituti di ricerca con competenze ecologiche sul mare, porterebbe ad una accelerazione dei processi decisionali su base conoscitiva. CNR, ENEA, Universita', ISPRA, OGS, Stazione Zoologica di Napoli, Societa' scientifiche, istituti di ricerca riconosciuti, dovrebbero costruire una rete "con il coordinamento dello Stato" con gli strumenti piu' avanzati della societa' dell'informazione, senza perdere la loro identita', come piattaforma di riferimento per decisori ed imprese. Analogamente, tutta la didattica e la formazione dovrebbero porre molta attenzione ad educare le nuove generazioni e renderle piu' sensibili alla difesa del mare, con una visione realistica che gia' integri conservazione ed usi del mare. Prendendo coscienza che l'educazione ambientale e' uno dei primi strumenti di conservazione. La Direttiva quadro CE sulla Strategia per l'Ambiente Marino 17 giugno 2008, n. 56 (MSFD), costituisce lo strumento con cui l'UE vorrebbe applicare l'approccio ecosistemico all'ambiente marino, tra i primi strumenti moderni di politica ambientale, figlio della Convenzione sulla Biodiversita', per una governance del sistema mare orientata a garantire la sostenibilita' degli usi del mare e delle attivita' antropiche che comunque insistono sull'ambiente marino. Nell'ambito del recepimento della Direttiva, il MASE ha inaugurato una fase di confronto attivo, tra amministrazioni centrali e regionali, ricerca scientifica, portatori di interessi: un segno moderno per una politica del mare realmente integrata. Tali politiche, considerata la complessita' dei temi trattati e degli obiettivi, sono soggette a continui rinforzi di indirizzo ed applicazione, e le politiche dell'"European Green Deal" indicano la volonta' di rinnovare l'impegno, anche in materia marina. In Italia la difesa degli ecosistemi marini, che richiede non solo monitoraggio e controllo pubblico, ma anche partecipazione di tutti gli attori economici, trarra' beneficio dal coordinamento per le politiche del mare, grazie alla istituzionalizzazione del processo di consultazione tra Ministeri nel Cipom, utilizzando le funzioni del Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare. Occorre un grande sforzo politico, che veda tutti coinvolti, per accelerare un processo diretto a realizzare una "blue economy made in Italy", fatta di conservazione ed usi sostenibili. Le prospettive in questa direzione sono molto incoraggianti, e le applicazioni di una politica di coordinamento, condivisione e digitalizzazione dei dati, di accelerazione delle procedure grazie ad una riduzione sistematica dei veti incrociati per competenze settoriali, porteranno anche a superare una serie di ritardi. Le politiche ambientali del mare devono vedere coinvolti e collaborativi tutti i Ministeri a qualche titolo interessati, trasformando, con uno sforzo collettivo e coordinato, la difesa degli ecosistemi come opportunita' economica reale, con concreti benefici sociali e di difesa della marittimita' dei nostri territori e dei riflessi culturali conseguenti. Su questa materia c'e' consapevolezza da tempo, ma la possibilita' di un coordinamento ed un confronto a livello interministeriale risultera' essere un forte acceleratore, facilitando anche gli adempimenti verso la piena attuazione delle politiche europee, e fornendo una capacita' piu' autorevole nel dibattito a livello dell'Unione europea. 2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI 2.11.1 L'ambiente subacqueo L'ambiente subacqueo, ovvero la porzione d'acqua che si estende dalla superficie di mari, oceani, laghi e fiumi fino alle loro profondita' nonche' lo stesso fondale, costituisce una straordinaria fonte di risorse e di opportunita', ma anche un nuovo terreno d'incontro e competizione internazionale tra ambizioni e interessi diversi. I soli fondali marini si estendono su una superficie di circa 361 milioni di km2 con una profondita' media di circa 3.800 metri. In ragione della sua ampia biodiversita' (4/5 del patrimonio globale), la dimensione subacquea costituisce una preziosa riserva alimentare e ambientale e svolge un'indispensabile funzione di regolazione climatica. In quest'ambiente si sviluppano dei microrganismi responsabili di processi di rilevanza globale, come la re-mineralizzazione della materia organica che si deposita sui fondali o i cicli biogeochimici planetari del carbonio e dei principali nutrienti. Ad oggi, solo il 20% dei fondali marini e' mappato con tecniche moderne e disponiamo di una cartografia accurata e aggiornata per appena il 2%. Analogamente, i parametri delle variabili geofisiche del fondale marino (correnti, proprieta' acustiche, magnetismo, gravita') sono ancora poco note per la difficolta' di raccogliere i dati direttamente in situ, cosi' come risultano poco conosciute la loro evoluzione alle crescenti pressioni indotte dalle attivita' umane dirette e indirette, che rischiano di determinare il rapido deterioramento degli habitat e la conseguente estinzione di alcune specie. D'altra parte, l'ambiente subacqueo sta acquisendo una crescente rilevanza per la presenza di importanti infrastrutture di valenza strategica, in comparti quali quello energetico - gasdotti, oleodotti, elettrodotti - quello della comunicazione - cavi in fibra ottica che abilitano il 99% del traffico dati globale - dell'estrattivo e dello stoccaggio di anidride carbonica. Anche in questo caso, il Mediterraneo costituisce un importante crocevia d'infrastrutture critiche internazionali e nazionali. Siano esse gasdotti, dorsali di connettivita' internet o quelle del settore estrattivo, la loro protezione e' divenuta oggi una delle principali funzioni militari della Nazione, in ragione della loro riconosciuta rilevanza strategica. Un altro settore di crescente interesse e' quello del turismo e dell'archeologia subacquea, che promette risultati importanti sul piano economico e su quello dall'inestimabile valore scientifico, storico, culturale e artistico. 2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini Dal punto di vista geologico, il territorio nazionale e' caratterizzato da una geodinamica attiva che causa, tanto a terra quanto a mare vulcanismo, terremoti, frane sottomarine con possibilita' di generare maremoti come effetto secondario, anche se spesso principale in termini di danno173 . Dal punto di vista della dimensione subacquea, gli elementi di pericolosita' geologica che principalmente interessano il territorio italiano, sono: - le faglie sismogenetiche il cui scuotimento puo' causare onde di maremoto; - la presenza di canyon sottomarini le cui testate evolvono retrogressivamente sino ad arrivare ad interessare la costa generando frane costiere e sottraendo sedimento al bilancio litorale; - la presenza di falesie il cui crollo rappresenta un rischio puntuale ma non trascurabile specie in coste ad alto sfruttamento turistico; - frane in ambiente marino profondo, potenzialmente in grado di danneggiare infrastrutture strategiche come cavi di trasmissione dati o condotte sottomarine. - frane in ambiente marino profondo, potenzialmente in grado di danneggiare infrastrutture strategiche come cavi di trasmissione dati o condotte sottomarine. Nella consapevolezza dei potenziali danni ambientali e socioeconomici legati ai sopracitati fattori di rischio, l'Italia si impegna, con un approccio multidisciplinare e coordinato: - rispetto alle faglie sismogenetiche, alla realizzazione una mappatura di dettaglio e ad una modellazione degli eventi sismici potenzialmente correlati, delle onde di maremoto generabili, degli effetti di amplificazione dovuti alla morfologia dei fondali e della costa con definizione dei livelli di rischio in base alla presenza di infrastrutture ed abitati; - in merito alle testate di canyon, a monitorarne l'evoluzione morfologica, per capire i tempi, i modi e le dimensioni delle instabilita' che avvengono all'interno delle testate e, possibilmente, individuare possibili segni premonitori di fenomeni di grandi dimensioni;174 - in merito alle testate di canyon, a monitorarne l'evoluzione morfologica, per capire i tempi, i modi e le dimensioni delle instabilita' che avvengono all'interno delle testate e, possibilmente, individuare possibili segni premonitori di fenomeni di grandi dimensioni; - a proseguire e finalizzare lo sforzo conoscitivo avviato dalla comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175 , completando la mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale di Sicilia e il margine continentale del Tirreno centro settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la mappa dei punti di criticita' ritenuti di rilevanza nazionale;176 - a proseguire e finalizzare lo sforzo conoscitivo avviato dalla comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175 , completando la mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale di Sicilia e il margine continentale del Tirreno centro settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la mappa dei punti di criticita' ritenuti di rilevanza nazionale; - a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente sottomarino. - a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere lo sviluppo di tecnologie per il monitoraggio in ambiente sottomarino. In merito a quest'ultimo punto, con particolare riferimento alle strumentazioni per la rilevazione e il monitoraggio delle attivita' sismiche e vulcaniche sottomarine, si e' registrato negli ultimi due decenni un sorprendente progresso tecnologico. In questo ambito, la distribuzione di sensori oceanografici applicate sui cavi subacquei per telecomunicazione rappresenta una soluzione promettente per ottenere dati estesi, longitudinali e in tempo reale che sono fondamentali per comprendere e gestire i problemi ambientali posti dai cambiamenti climatici, dall'innalzamento del livello del mare, nonche' dalle attivita' sismiche e vulcaniche nei fondali marini. Sistemi di rilevamento basati su reti di sensori posti lungo i cavi sottomarini sono gia' impiegati con successo al largo delle coste del Giappone e dello stato della California per preallertare le autorita' competenti dell'imminente verificarsi di terremoti e maremoti. Inoltre, tali infrastrutture si sono rivelate determinanti anche per il monitoraggio dello stato di salute dei mari e degli oceani. In Italia, in particolare nel Mar Ionio occidentale, e' attiva una delle strutture regionali dell'EMSO («European Multidisciplinary Seafloor and Water Column Observatory»), a circa 20 km al largo della costa della Sicilia orientale, a oltre 2.000 metri di profondita'. Si tratta dell'osservatorio multi-parametrico sottomarino "NEMO-SN1", che garantisce la trasmissione in tempo reale dei dati registrati grazie ad un cavo elettro-ottico che lo collega ad una stazione a terra, ospitata presso i Laboratori Nazionali del Sud178 dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nel porto di Catania. Tale cavo elettro-ottico garantisce la fornitura di energia alla strumentazione ospitata nell'osservatorio permettendo cosi' di acquisire lunghe serie di dati nel tempo. I dati multi-parametrici forniti da NEMO-SN1 sono di interesse geofisico (studio della variabilita' del campo magnetico terrestre e delle variazioni di gravita' per maree terrestri), oceanografico e climatico (monitoraggio delle proprieta' fisiche dell'acqua), ambientale (monitoraggio del rumore acustico sottomarino nelle bande di interesse indicate dalla «Marine Strategy Framework Directive» del Parlamento Europeo,179 che identifica il rumore acustico provocato dall'uomo come un indicatore importante nella definizione del "buono stato ambientale" di un ecosistema marino), per la biologia marina (rilevamento e tracciamento di cetacei ottenuta dall'analisi dei segnali acustici misurati ad alta profondita'), per il monitoraggio di geohazard sia per tsunami che per la rilevazione di frane sottomarine (segnali registrati rispettivamente da sensore di pressione assoluta e dal sismometro), sismico (grazie alla fruizione di dati da un sito di misura in mare aperto per una migliore descrizione della sismicita' sottomarina), vulcanico180 (attivita' dell'Etna rilevabile dai dati su sismometro, gravimetro, idrofoni e sensori oceanografici). 2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine Un altro degli elementi che sanciscono la valenza strategica della dimensione subacquea e' la presenza, nei fondali marini di vasti giacimenti minerari ricchi di rame, cobalto, manganese, nichel e terre rare (noduli, solfuri e croste polimetalliche), tutte materie prime fondamentali alla transizione energetica verso le fonti rinnovabili. Tali risorse rappresentano un fattore irrinunciabile per lo sviluppo di innumerevoli settori: industriale, medico, tecnico-scientifico, militare. Molte di queste risorse, tra cui i noduli polimetallici, avendo bisogno di elevate profondita' e lunghe distanze da costa per formarsi in quantita' commercialmente interessante, sono localizzate oltre la giurisdizione nazionale, in quella che l'UNCLOS definisce l'Area, (in particolare, in alcune regioni nell'Oceano Pacifico e nell'Oceano Indiano centrale). I minerali dell'Area si trovano a profondita' abissali e richiedono sforzi tecnologici e investimenti economici notevoli per poter essere prelevati. L'UNCLOS ha stabilito che l'Area e le sue risorse costituiscono il patrimonio comune dell'umanita', la cui gestione e' affidata all'International Seabed Authority181 (ISA). Membro del gruppo A del Consiglio dell'ISA, ove siedono i Paesi maggiori consumatori e importatori delle risorse minerarie dei fondali marini (in particolare rame, zinco, nickel, argento, molibdeno e manganese),182 l'Italia e' attualmente impegnata nella finalizzazione del «Regolamento per lo sfruttamento delle risorse minerali dell'Area» che dovra' disciplinare nel dettaglio l'attivita' di estrazione mineraria dai fondali marini al di la' della giurisdizione nazionale. Ancora assente dal novero degli Stati detentori di concessioni di esplorazione, propedeutici al futuro sfruttamento, anche l'Italia dovra' valutare nel breve-medio termine l'opportunita' di dotarsi della normativa richiesta dall'Autorita' per partecipare alle attivita' di sfruttamento e di creare le condizioni affinche' questa sfida tecnologica, finanziaria e industriale possa essere condivisa dalle aziende italiane secondo un approccio precauzionale basato sul minimo impatto sugli ecosistemi marini. In tal senso, l'Italia intende: - promuovere e sostenere le attivita' di ricerca scientifica volte a verificare tale impatto; - favorire e incentivare lo sviluppo di tecnologie sostenibili, in grado di garantire lo sfruttamento del patrimonio minerario dei fondali nel pieno rispetto delle norme internazionali e nella massima tutela dell'ambiente sottomarino. - favorire e incentivare lo sviluppo di tecnologie sostenibili, in grado di garantire lo sfruttamento del patrimonio minerario dei fondali nel pieno rispetto delle norme internazionali e nella massima tutela dell'ambiente sottomarino. In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee L'interesse per i fondali marini e per le ricchezze che questi contengono va di pari passo con l'effettiva capacita' di accedervi. E' in questo contesto che, soprattutto grazie al settore dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando la proliferazione di sistemi senza pilota ("unmanned"), garantendo considerevoli miglioramenti, tanto in termini di tutela e protezione della vita umana in un ambiente potenzialmente ostile, quanto in termini di efficacia della gestione delle attivita' manutentive delle infrastrutture subacquee offshore. In un futuro prossimo, le profondita' dei mari assisteranno ad un forte incremento delle attivita' di sistemi subacquei di ogni genere - siano essi con equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo - per la ricerca e l'utilizzazione di risorse energetiche e minerarie, per la posa di infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici o militari. Gia' nel presente, sussistono situazioni, ancora localizzate, di potenziale saturazione degli spazi subacquei con conseguenti rischi di interferenze e anche di collisione con mezzi militari dotati di equipaggio. Nondimeno, i recenti episodi di sabotaggio di gasdotti e cavidotti (indipendentemente dalle modalita' con le quali si sono realizzate) hanno richiamato l'attenzione a livello internazionale sulla vulnerabilita' delle infrastrutture subacquee, soprattutto se situate su fondali relativamente accessibili, evidenziando altresi' la responsabilita' degli Stati costieri sulla pertinente piattaforma continentale anche per quanto attiene alla prevenzione, monitoraggio e riduzione dell'inquinamento dovuto a perdite dai dotti.183 L'interesse per i fondali marini e per le ricchezze che questi contengono va di pari passo con l'effettiva capacita' di accedervi. E' in questo contesto che, soprattutto grazie al settore dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando la proliferazione di sistemi senza pilota ("unmanned"), garantendo considerevoli miglioramenti, tanto in termini di tutela e protezione della vita umana in un ambiente potenzialmente ostile, quanto in termini di efficacia della gestione delle attivita' manutentive delle infrastrutture subacquee offshore. In un futuro prossimo, le profondita' dei mari assisteranno ad un forte incremento delle attivita' di sistemi subacquei di ogni genere - siano essi con equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo - per la ricerca e l'utilizzazione di risorse energetiche e minerarie, per la posa di infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici o militari. Gia' nel presente, sussistono situazioni, ancora localizzate, di potenziale saturazione degli spazi subacquei con conseguenti rischi di interferenze e anche di collisione con mezzi militari dotati di equipaggio. Nondimeno, i recenti episodi di sabotaggio di gasdotti e cavidotti (indipendentemente dalle modalita' con le quali si sono realizzate) hanno richiamato l'attenzione a livello internazionale sulla vulnerabilita' delle infrastrutture subacquee, soprattutto se situate su fondali relativamente accessibili, evidenziando altresi' la responsabilita' degli Stati costieri sulla pertinente piattaforma continentale anche per quanto attiene alla prevenzione, monitoraggio e riduzione dell'inquinamento dovuto a perdite dai dotti. L'ambiente subacqueo e' pertanto una risorsa fragile e preziosa che va tutelata e considerata anche dal punto di vista della Difesa e della Sicurezza, investendo, gia' da oggi, in adeguate strutture operative e tecnologie per assicurarne il controllo e operarvi efficacemente. Emerge dunque la necessita' di impostare un approccio unitario, in termini di visione, di tutte le realta' operanti nel settore subacqueo. Tale approccio unitario dovrebbe parallelamente tradursi in uno snellimento della burocrazia, che rallenta attualmente i singoli operatori nell'ottenimento delle autorizzazioni per le loro iniziative, penalizzandoli in termini di competitivita'. In quest'ottica, l'Italia riconosce la peculiare rilevanza strategica della dimensione subacquea e considera prioritari due obiettivi da conseguire nel breve-medio termine: - investire nella pertinente ricerca e sperimentazione; - regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente tanto strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia naturali sia antropici. - regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente tanto strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia naturali sia antropici. In tali contesti, il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 2.11.5 Polo nazionale della subacquea A tal fine, l'Italia intende istituire il Polo Nazionale della Subacquea, per dotarsi di un catalizzatore e acceleratore tecnologico, aggregando tutte le realta' pertinenti (Istituzioni, mondo accademico, della ricerca e industriale). Cio' al fine di: - abilitare e sostenere la ricerca e l'innovazione per acquisire e consolidare un crescente vantaggio tecnologico; - conferire maggiore competitivita' alle nostre aziende e sviluppare competenze e tecnologie sovrane; - garantire alla Nazione la capacita' di trarre beneficio dalla gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo. - garantire alla Nazione la capacita' di trarre beneficio dalla gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo. 2.11.6 Autorita' nazionale per il controllo delle attivita' subacquee La crescente antropizzazione della dimensione subacquea rende inoltre necessario regolamentare e controllare l'accesso agli spazi subacquei. Attualmente tale azione di controllo e' svolta dalle Marine Militari nei confronti del solo traffico sottomarino militare. Vengono demandate alla determinazione del Governo, su proposta del Cipom, le modalita' e le azioni di controllo sulle altre attivita'. E' naturalmente necessario completare il processo di definizione e proclamazione degli spazi marittimi di giurisdizione italiana di cui si e' gia' detto (v. supra par. 2.1), ancorche' sia evidente che il controllo debba estendersi al di la' di esse, in conformita' al diritto internazionale. L'obiettivo e' quello d'istituire entro il 2024 un'Autorita' Nazionale per il Controllo delle Attivita' Subacquee che, in relazione alla sua competenza trasversale, avra' nel Cipom il suo naturale riferimento. Per operare con efficacia, tale organismo - raccordando e mettendo a sistema tutte le conoscenze tecnologiche e scientifiche in ambito subacqueo, integrate con le piu' avanzate infrastrutture di dati - disporra' della completa e capillare conoscenza dell'ambiente subacqueo, dal punto di vista idrografico, oceanografico, geofisico, con particolare enfasi sui siti naturali ed antropici che necessitano di essere protetti. Infine, con particolare riferimento alle infrastrutture subacquee per le comunicazioni digitali - nell'ottica della promozione del ruolo dell'Itala come hub strategico, al centro dell'articolata rete di cavi che serve tale settore nell'ambito del Mediterraneo - l'Italia intende valorizzare i punti di approdo nazionali di tali infrastrutture, incentivando quelli gia' scalabili, sicuri e pronti ad accogliere nuovi cavi, si' da prevenirne il rischio di un'inutile moltiplicazione. 2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI Come gia' anticipato (v. supra par. 2.2.2), il territorio insulare italiano e' circa un sesto di quello nazionale e la quasi totalita' e' rappresentata da Sicilia e Sardegna. Oltre a queste due, l'Italia conta una sessantina di isole marittime dislocate prevalentemente nel Mar Tirreno, quaranta delle quali sono raggruppate in arcipelaghi disposti intorno alle due isole maggiori184 . Nello specifico, sono trentacinque i Comuni delle isole minori italiane185 , distribuiti in sette Regioni (Campania, Lazio, Liguria, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana) rappresentativi di circa 220mila residenti in modo stabile e di un numero, di gran lunga superiore, di turisti quali residenti temporanei. La posizione nel mare ha influito in maniera diversa: alcune erano ubicate lungo rotte commerciali importanti e, per tale ragione, hanno registrato un'alternanza di insediamenti umani lungo tutta la loro storia. Altre isole, invece, hanno sempre offerto poco ai propri abitanti i quali hanno vissuto in condizioni non favorevoli, sebbene negli ultimi cinquant'anni, la vita economica delle isole minori e' stata radicalmente trasformata dall'avvento del turismo. Le isole minori italiane condividono caratteristiche comuni alle altre piccole isole del mondo (popolazione ridotta, diversita' economica limitata, lontananza dalla terraferma, difficolta' di accesso ai servizi fondamentali); in Europa, in particolare, esse rappresentano una delle aree piu' vulnerabili non solo a causa degli effetti dei cambiamenti climatici che colpiscono l'intero Mediterraneo ma anche per la dipendenza dalle risorse della terraferma186 . Per le suddette ragioni, l'insularita' vive una condizione di disagio continuo. Allo stesso tempo, le isole minori rappresentano avamposti determinanti per la difesa del mare, ragione per cui si ritiene appropriato che debba aumentare l'attenzione dello Stato collocando i territori insulari al centro della programmazione nazionale in tema di sanita', scuola, turismo, ambiente, energia, demanio, mobilita' fra le isole, rifiuti e soprattutto il trasporto marittimo. Alla logistica marittima delle isole minori sono infatti legati, per natura, temi fondamentali quali quelli della salute, della scuola, degli approvvigionamenti, della socialita' oltre, piu' in generale, alle attivita' umane ed economiche. Al mare antistante gli ambiti insulari sono poi strettamente correlati la fornitura di acqua, il tema dello smaltimento dei rifiuti e l'approvvigionamento energetico. Al riguardo, ai fini del supporto alle isole minori, di particolare importanza e' ad esempio la creazione, con legge n. 160/2019, art. 1, comma 553, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, del «Fondo per gli investimenti nelle isole minori»187 , nonche' l'istituzione a opera della legge n. 178/2020188 del «Fondo per il finanziamento di iniziative di promozione e di attrazione degli investimenti nelle isole minori» e del «Fondo per l'approvvigionamento idrico dei comuni delle isole minori con popolazione inferiore a 15.000 abitanti». Anche il PNRR ha recentemente previsto misure a favore delle isole minori. L'attenzione del PNRR alle isole minori che e' apparsa come un segnale positivo, sebbene si basi su un paradigma che trascura alcune misure, come il riordino amministrativo o il riassetto dei servizi pubblici (scuola e sanita'), altrettanto prioritarie per le isole minori189 . In generale, puo' dirsi comunque che crescente e' l'attenzione governativa sul punto: in attuazione dell'art. 119, comma 6, Cost., la legge di bilancio 2023 ha infatti istituto uno specifico fondo - nello stato di previsione del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - per garantire un completo ed efficace sistema di collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per la Sardegna190 . Inoltre, a conferma di cio', si evidenzia come un esplicito riferimento a detta tematica si rinviene altresi' negli ambiti di competenza propri del Ministro per gli affari regionali le autonomie, come risultanti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 novembre 2022, recante la «Delega di funzioni in materia di affari regionali e autonomie», nella quale rientrano (v. art. 1, comma 1, lettere t) e u) del predetto d.p.c.m.): cura dei problemi inerenti alle "piccole isole" e loro valorizzazione attraverso interventi di natura territoriale, economica, sociale e culturale, comprese le azioni governative, anche normative, dirette anche agli interventi di cui all'art. 2, comma 41, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, e successive modificazioni; miglioramento delle prestazioni delle amministrazioni pubbliche e il potenziamento delle capacita' di governance degli Enti locali, con particolare riferimento alle aree interne e alle "isole minori". Il miglioramento delle condizioni di vita sulle isole, in particolare su quelle minori, e delle attivita' economiche passa anche attraverso politiche ed iniziative che abbracciano l'intera "blue economy" e vanno addirittura oltre per includere la necessita' di assicurare un maggiore livello di sicurezza, anche attraverso la cooperazione nell'ambito della Unione europea oltre ad una interoperativita' dei sistemi di sorveglianza gia' assicurata dalle autorita' che diuturnamente operano in mare, in base alle rispettive competenze previste dalla normativa vigente (polizia marittima, soccorso, sicurezza della navigazione, ecc.). Piu' nel dettaglio e nei seguenti specifici settori puo' rilevarsi quanto segue. Nel settore sanitario, permangono cosi', ad oggi, le principali problematiche connesse al profilo della sanita' sulle piccole isole ossia le difficolta' nei collegamenti con la terraferma (da cui la sempre piu' ardua impresa di reperire personale medico disponibile a lavorare sulle isole) e nel far fronte all'incremento della popolazione in particolari periodi dell'anno. L'eterogeneita' delle isole minori italiane fa si' che siano altrettanto differenti le situazioni dei presidi sanitari. Pochissimi dei Comuni isolani hanno un pronto soccorso (la Maddalena, Pantelleria, Lipari e Anacapri). Solo l'Isola dell'Elba ha un DEA (Dipartimento di Emergenza e Accettazione) di primo livello mentre, Favignana ha un poliambulatorio. Alcuni degli altri Comuni hanno una guardia medica. Per quanto sopra, e' necessario definire un modello efficiente di assistenza sanitaria adattato al territorio insulare. Occorrono presidi medici locali per superare la fragilita' e l'inefficienza di un sistema sanitario che importa i medici dalla terraferma. Occorre altresi' pensare ad implementare un "Piano di prevenzione ed intervento per le emergenze sanitarie in mare", stabilendo una delle due isole maggiori, ad esempio la Sicilia191 , per ovvia continuita'/contiguita' geografica, quale "hub euromediterraneo per la telemedicina"192 , utile a gestire, da remoto, emergenze di salute sulle navi (o in localita' o aree isolate quali le piattaforme petrolifere), attraverso l'impiego dei sistemi satellitari che consentano la ricezione in mare aperto, e da qualunque area del globo terrestre, di esami clinici (si pensi ad esempio a quelli cardiologici, radiologici, ecc.) e la rapida risposta da parte del medico competente con l'avvio di quel percorso rapido e dedicato al fine di stabilizzare le condizioni cliniche acute del paziente e l'avvio immediato del suo trasporto in sicurezza, garantendo in tal modo la tempestivita' e la salvaguardia della salute in mare ai naviganti (personale di bordo, pescatori, naufraghi, personale militare e di altre forze di polizia, turisti, personale sanitario), anche in prossimita' delle coste e nelle isole minori, identificate quali aree isolate e disagiate per l'assenza o la carenza di servizi sanitari di urgenza/emergenza. Quanto precede, al fine di garantire, come sancito nell'art. 32 della Costituzione, il diritto alla salute e nella tutela della salute dell'individuo e della collettivita' (si potrebbe definirlo come un "Piano Mattei" per la salute in mare). Il settore scolastico, sia pur in quadro di generale calo demografico dal quale discende talvolta la difficolta' di creare nuove classi in parte del territorio nazionale, non presenta particolari criticita' per la scuola primaria e secondaria di primo grado sulle isole minori, mentre sono rare le scuole secondarie di secondo grado e cio' comporta fatica a rendere il sistema scolastico universale, poiche' le piccole isole non dispongono di scuole superiori. Per i docenti, per la maggior parte di coloro che provengono dall'esterno degli ambiti insulari, e' appropriato sia riconosciuto un sistema premiale per incentivare quantita' e qualita' del ceto insegnante. Il settore giudiziario e' solo parzialmente disponibile sulle isole minori piu' abitate ed assente sulle altre. Occorre definire una strategia con le amministrazioni interessate per cogliere almeno l'obiettivo minimo di consentire l'accesso ai servizi digitali che potrebbero ovviare, se non altro in parte, alle lontananze derivanti all'insularita' rispetto agli uffici giudiziari posti sul continente o sulle isole attigue. Il trasporto in generale, e quello marittimo in particolare, rivestono una rilevanza fondamentale per garantire i rifornimenti indispensabili alle isole minori italiane: dalle materie prime ai prodotti finiti che, oltre ad alimentare l'economia insulare, assicurano la sussistenza delle stesse comunita' insulari e l'altrettanto fondamentale continuita' territoriale. Il cabotaggio marittimo rappresenta, pertanto, il primo indispensabile anello della logistica per il trasporto di beni di prima necessita', come i prodotti alimentari e sanitari, nonche' le materie necessarie all'approvvigionamento energetico. Al riguardo, al fine di migliorare la continuita' territoriale marittima e agevolare la condizione delle comunita' che vivono sulle isole italiane, appare opportuno promuovere, nel rispetto delle rispettive competenze e dei principi unionali in materia, indirizzi strategici che favoriscano la semplificazione del settore dei trasporti marittimi e della logistica, in modo da renderli efficaci, efficienti, sicuri, sostenibili ed economicamente accessibili. Al riguardo, il primo importante obiettivo e' quello di promuovere delle azioni che facilitino il diritto costituzionalmente garantito alla mobilita' attraverso modalita' di trasporto sostenibili e accessibili. In tale contesto, e' essenziale implementare le condizioni minime di qualita' delle modalita' di trasporto dando, altresi', impulso ai processi di digitalizzazione delle procedure con l'impiego di nuove tecnologie che accelerino il controllo, l'imbarco e lo sbarco di passeggeri, mezzi e merci. Inoltre, in armonia con i principi di sviluppo sostenibile e tutela dell'ambiente, e' necessario incentivare processi che favoriscono il progressivo rinnovamento della flotta impiegata nei trasporti insulari a favore di modalita' di trasporto green e sostenibili, prevedendo al contempo misure premiali a favore degli operatori che impiegano navi con sistemi di propulsione a combustibile alternativo. Le gia' menzionate azioni si ritiene appropriato siano preventivamente valutate in ambito Cipom per la successiva adozione di misure condivise tra le amministrazioni competenti per materia. Occorre altresi' elaborare una nuova politica sui porti che spesso versano in condizioni sub-standard limitando addirittura la capacita' di approdo dei servizi di collegamento ripensando al punto di approdo come alla porta di entrata per il turista e il residente. E' quindi prioritario investire sulle infrastrutture destinate all'accoglienza dei passeggeri all'interno dei porti minori. Detti scali minori, oggi gestiti dagli Enti locali, salvo che per le funzioni di polizia portuale e della navigazione in capo alle autorita' marittime competenti, hanno maggiore difficolta' ad accedere alle risorse necessarie per la manutenzione o il rinnovo delle infrastrutture e dei relativi arredi. Tale potenziamento e' fondamentale per migliorare l'esperienza di viaggio quale componente non trascurabile per poter assicurare, tra l'altro, un'offerta turistica di qualita' e accrescere il grado di attrattivita' dei contesti isolani garantendone al contempo il potenziale di crescita sicuramente insito, per tradizioni e cultura, nelle stesse. Il recupero della portualita' esistente e la creazione o implementazione della micro portualita' (che costituisce approdo per le iniziative di nautica da diporto) - ad esempio mediante la costruzione di porti turistici e la messa in sicurezza dei porti commerciali per le isole minori, anche al fine di migliorare le condizioni di imbarco e sbarco - e' un obiettivo possibile ma serve una pianificazione che consenta di fissare obiettivi e tempistiche certe, coinvolgendo tutti le parti pubbliche interessate, essendo tali infrastrutture un importante caposaldo delle attivita' a servizio della mobilita' turistica. In tale contesto dovrebbe altresi' valutarsi l'opportunita' di predisporre, coinvolgendo gli Enti locali, una mappatura degli approdi utilizzati ed utilizzabili per i servizi di collegamento marittimo, onde ponderare le misure di intervento e l'insistenza del traffico diportistico, spesso antagonista rispetto alla necessita' di mantenere approdi sufficienti alla domanda di trasporto pubblico. Appare inoltre necessario definire e implementare nuove politiche destinate a incentivare l'avvio alle professioni storicamente insediate nei contesti sociali delle isole minori, in primis il lavoro marittimo, da sempre importante anche per il tradizionale apporto alla marineria commerciale, quello della pesca e dei diversi comparti della industria turistica collegata al mare. Per mantenere ed incentivare la vocazione professionale verso le discipline marittime, occorre pertanto semplificare le condizioni di accesso alle professioni del mare. Occorre, e anche a tale proposito il Cipom potra' assicurare il necessario coordinamento, assicurare la diretta e congiunta collaborazione delle Camere di Commercio, delle Associazioni del lavoro artigianale, della Federalberghi, delle Universita', della scuola e degli istituti professionali e di tutte le rappresentanze di interessi che possano agevolare l'individuazione e la implementazione delle politiche di incentivazione del lavoro autoctono. Tali obiettivi ben potrebbero essere raggiunti con la creazione di Centri regionali di eccellenza delle professioni tradizionalmente radicate sulle isole, con particolare attenzione alla rivalutazione dei percorsi scolastici e della formazione professionale. Va a tal proposito semplificata, pur nel rispetto delle normative unionali e internazionali in materia, l'eccessiva regolazione delle attivita' di formazione e di rilascio dei certificati professionali del personale navigante193 impiegato nella navigazione di corto raggio per superare un evidente barriera anche economica194 , poiche', tale condizione, rappresenta di fatto una delle ragioni principali della perdita della vocazione marittima (tradizionalmente alto nei contesti sociali delle isole minori). Nel settore della pesca, l'incremento dell'acquacoltura viene segnalata come la soluzione per rispondere all'aumento della domanda mondiale di pescato ma al contempo occorre migliorare il livello del contrasto alla pesca illecita. Occorre inoltre valutare la possibilita' di prevedere un regime di sostegno - attraverso misure premiali per i pescatori residenti nelle piccole isole - per consolidarne il presidio nella stagione non turistica. E' necessario, sotto altro ma non secondario profilo, intensificare il controllo dell'inquinamento da plastica ed idrocarburi dispersi in mare anche attraverso la riconversione delle imbarcazioni da pesca in futuro dotati di attrezzature preposte allo scopo. Sempre in materia di tutela ambientale occorre creare un quadro regolatorio comune per disciplinare lo scarico in mare della salamoia prodotta dai dissalatori onde scongiurare impatti sulle acque balneabili e sulla pesca particolarmente importanti negli ambiti insulari, ma non solo. Nel settore della cantieristica e' opportuna la valorizzazione dei cantieri locali, ove esistenti, e di quelli costieri come sinergia coste-isole, poiche' solo un'efficiente rete di assistenza la diporto nautico rende i contesti isolani piu' attrattivi e fruibili. Nel settore del turismo deve essere superato, se del caso valutando specifiche politiche di incentivazione, il paradigma isole-estate con l'allargamento dell'offerta turistica a settori diversi dalla balneazione e dal diporto nautico quali quelli culturali (musei e scavi archeologici che si trovano nelle isole e di cui si ha scarsa conoscenza), ovvero la enogastronomia di prossimita'. Nel settore energetico la problematica dell'approvvigionamento di risorse energetiche, oltre che di quelle idriche (v. infra), riveste particolare importanza sebbene sia una tematica da affrontare a tutto tondo con quelle riguardanti rifiuti, mobilita' e suolo195 . Al riguardo, grande rilevanza viene data sia dalle parti pubbliche sia dai portatori di interesse al tema della transizione ecologica delle attivita' sulle isole a partire dal trasporto marittimo. Si condivide in senso unanime la necessita' di non attivare progetti solo nel settore del fotovoltaico in quanto piu' semplice sotto l'aspetto autorizzativo, ma vanno valutate ed adeguatamente sostenute tutte le fonti alternative possibili sulle isole, in primis l'eolico. Infatti, nonostante il notevole potenziale di soleggiamento e ventosita', le installazioni di impianti da fonti rinnovabili sono molto scarse sulle isole minori ed i numeri rimangono i piu' bassi a livello nazionale196 . Le ragioni alla base di uno sviluppo cosi' lento delle fonti energetiche rinnovabili sulle isole minori sono molteplici, e riguardano sia il fotovoltaico sia l'eolico. Vincoli paesaggistici troppo rigidi, complesse richieste di connessione, procedure di autorizzazione intricate e spesso obsolete sono solo alcune delle barriere non tecnologiche che impediscono di mettere in pratica un'adeguata azione di transizione energetica in questi territori197 . In questo contesto, occorre ribadire la necessita' di perseguire quanto gia' da tempo posto al centro dell'azione del Governo, ovvero l'incremento della produzione di energia da fonti rinnovabili locali198 , l'adozione di un programma che preveda azioni di: (i) adeguamento infrastrutturale assieme a maggiori servizi, nonche' interventi che tengano conto dei fabbisogni energetici e che siano volti ad un progressivo efficientamento energetico; (ii) realizzazione di strutture portuali-turistiche adeguate alle piu' recenti unita' nautiche; (iii) mobilita' marittima sostenibile oltre allo sviluppo dell'economia circolare locale; (iv) impulso alle attivita' di innovazione tecnologica nei porti turistici (v.) semplificazione delle procedure di autorizzazione intricate e spesso obsolete. Devono, inoltre, essere sia valutate le ricadute dei cambiamenti climatici nelle isole sia considerate adeguatamente le fonti energetiche alternative, anche tenuto conto della cifra ineguagliabile del valore ambientale e paesaggistico dei contesti in cui tali scelte devono essere operate. In definitiva, dovranno essere valutate politiche che - nel rispetto della diversita' dei singoli contesti - possano delineare un approccio comune sugli obiettivi fondamentali. Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva che nelle piccole isole l'acqua potabile e' un bene limitato e le soluzioni per accedervi sono ad alto impatto ambientale, considerato l'uso delle energie per trasportarlo o le possibili esternalita' negative degli impianti di dissalazione. La scarsita' d'acqua rappresenta, dunque, per molte di queste isole un problema endemico, ancora lontano dall'essere risolto. Sono 10 le isole minori servite da condotte sottomarine, dalla terraferma o da isole vicine (Capri, Ischia, Procida, Sant'Antioco, San Pietro, la Maddalena, Isola d'Elba, Favignana, Marettimo, Levanzo), mentre le navi cisterna sono ancora il metodo esclusivo di approvvigionamento di acqua potabile per 7 isole (Ponza, Tremiti, Stromboli, Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina) e diventano cruciali per soddisfare il fabbisogno anche su altre isole nel periodo estivo in cui, a causa del grande aumento di popolazione, si deve spesso ricorrere anche a razionamenti di acqua199 . Le navi cisterna sono molto dispendiose (quasi tre volte il costo rispetto ad un impianto di dissalazione) e poco sostenibili in termini di emissioni climalteranti, se si considera l'energia necessaria per la movimentazione di esse200 . In ogni caso gli interventi da promuovere devono essere quelli volti ad innovare la rete idrica esistente soprattutto alla luce delle ingenti perdite che si registrano. Parallelamente dovrebbero procedere la realizzazione o l'implementazione di impianti di depurazione delle acque reflue, verificandone la conformita' ai limiti normativi per quanto concerne gli scarichi (con le inevitabili ripercussioni sulla qualita' delle acque costiere). Ad oggi, nessuna isola ha un impianto di depurazione in grado di coprire il fabbisogno rispetto agli abitanti201 . Sul versante dell'innovazione tecnologica, le isole - ricordano le comunita' locali - sono il miglior laboratorio per lo sviluppo della tecnologia associata agli usi del mare e per la ricerca marina. Per il loro ambiente di particolare pregio, per le loro peculiari risorse idriche e marine e per la unicita' della loro logistica del trasporto, le isole minori possono essere considerate luoghi ideali ove realizzare progetti di sostenibilita' ambientale autonoma che possono essere replicati per adottare nuove tecnologie e nuovi processi con tutti i soggetti interessati. In effetti, si deve attribuire alle isole una capacita' unica di implementare soluzioni integrate per la gestione delle infrastrutture e delle risorse naturali, quali energie, trasporti e mobilita', rifiuti ed acqua non facilmente riscontrabile sulla terra ferma. In tal senso, andrebbero pertanto adeguatamente supportate le attivita' afferenti detto settore. Dovra' infine essere prestata maggiore attenzione alla modalita' del trasporto marittimo che non potra' sottrarsi alla sfida della decarbonizzazione, assicurando il sostegno alla transizione energetica delle navi e degli impianti portuali, in primis realizzando le infrastrutture OPS che devono tuttavia considerarsi soltanto se le stesse possono essere alimentate con risorse rinnovabili. In tale ambito, potrebbero essere valutate altre tipologie di trasporto - per esempio con idrovolanti - per favorire anche la celerita' dei collegamenti insulari. Parimenti, deve ricordarsi l'importanza delle elisuperfici adeguate sia per funzioni civili, ma soprattutto sanitarie. Il livello dei servizi di trasporto marittimo insulare puo' considerarsi soddisfacente sebbene in sede di audizioni siano comunque emerse la limitatezza dei servizi e la qualita' dei mezzi impiegati, ma dovra' prestarsi particolare attenzione alla sostituzione delle unita' piu' datate202 . Negli ultimi decenni il trasporto marittimo veloce e il traporto pubblico locale ("TPL") hanno assunto sempre maggiore importanza, divenendo componenti essenziali per le attivita' turistiche isolane, circostanza che ne suggerisce l'opportuna valorizzazione. In definitiva, puo' dirsi che le isole minori rappresentano una species del piu' ampio genus "isole" ed hanno proprie, specifiche peculiarita'. Peraltro, sono assai eterogenee fra loro e, per tale ragione, necessitano di adeguati e mirati interventi volti a rimuovere gli svantaggi connessi alla condizione di insularita'. Alcune di esse sono infatti assai vicine alla terraferma mentre altre sono molto lontane (Lampedusa, Linosa, Ustica). Ad accomunare la gran parte di esse e' la dimensione, inferiore a 40 km² per tutte salvo che per l'Isola d'Elba, Sant'Antioco, Pantelleria, San Pietro, Asinara e Ischia. Ma cio' non equivale ad eguale densita' abitativa. Cio' si riflette anche sulla maggiore o minore presenza di attivita' produttive e sulla tipologia di esse su ciascuna isola. Ne consegue che la necessita' o meno nonche' la natura degli interventi a sostegno delle attivita' produttive va calibrata e adattata al singolo caso specifico. A tal fine, come messo in rilevo da alcuni studi di settore203 , potrebbe essere utile valutare l'ipotesi di rendere Zone Economiche Speciali (ZES) tutte le isole, incluse quelle minori. Di altrettanta utilita', sulla falsariga di esperienze virtuose straniere, potrebbe essere la creazione di agenzie di assistenza tecnica alle isole minori, ed in particolare alle autorita' locali isolane, per sostenerle nella realizzazione di procedure complesse quali quelle ad evidenza pubblica. Le suddette agenzie potrebbero coadiuvare gli uffici anche nella partecipazione a progetti nazionali o europei per i quali sono richieste specifiche competenze, spesso non presenti negli organici degli Enti amministrativi insulari. In aggiunta, le stesse agenzie possono favorire lo sviluppo delle isole migliorando l'offerta formativa turistica, nonche' l'approccio a politiche di sviluppo sostenibile. Dal quadro di insieme sopra delineato emerge in definitiva l'idea di dover favorire un approccio maggiormente integrato al tema "isole minori". Infatti, anche in questo ambito, la situazione appare frammentata: sono stati istituiti fondi a sostegno ma con dotazioni aventi durata breve, si riscontrano - di recente - interventi normativi mirati, ma ancora non in grado di coprire tutte le tematiche connesse alle piccole realta' insulari. In sostanza, l'attenzione verso le isole minori appare crescente, ma ancora frutto di iniziative episodiche e frammentarie che, peraltro, non sono ancora del tutto ispirate o guidate dal principio di insularita' come re-introdotto nella Costituzione204 . In tal senso, ancora una volta, appare appropriato possa essere il Cipom la naturale sede per il coordinamento nazionale delle suddette azioni di carattere strategico, senza trascurare quelle possibili iniziative finalizzate ad assicurare, almeno sulle isole abitate anche nei mesi invernali, gli indispensabili presidi di sicurezza (vigili del fuoco, gruppi di volontari di Protezione civile, elisuperfici, ecc.) anche dai rischi naturali. 2.13 TURISMI DEL MARE Li abbiamo chiamati "Turismi del Mare", poiche' l'Italia e' una "Nazione di Mare" ad altissima vocazione turistica e marittima. I turismi del mare in Italia ricoprono, grazie anche alla sua centralita' nell'area mediterranea, un ruolo essenziale e strategico per riaffermare l'interesse nazionale. Bisogna considerare che tutti gli "utenti del mare" italiani, privati e pubblici, interagisco tra di loro e anche con tutti coloro che indirettamente hanno a che fare con il mare o utilizzano la risorsa mare. La capacita' attrattiva del "Prodotto Mare - Made in Italy" ci deve sempre di piu' far ambire al primo posto nello scenario euromediterraneo e internazionale. L'offerta turistica e l'offerta legata alla capacita' imprenditoriale, industriale, culturale, creativa e innovativa della nazione italiana sono gia' riconosciute a livello mondiale e per questo vanno e andranno sempre di piu' sostenute. Nell'economia del mare il "turismo del mare" in termini di valore aggiunto e di imprese rappresenta il principale settore che se visto trasversalmente - mettendo insieme servizi di alloggio e ristorazione, attivita' sportive e ricreative, buona parte della filiera della cantieristica, movimentazioni passeggeri e una parte della filiera ittica che agisce sul sistema turistico, come possiamo vedere nelle tabelle sottostanti205 - prende quasi la totalita' del sistema economico e imprenditoriale. Parte di provvedimento in formato grafico Parlando di turismo bisogna partire dalle ultime strategie nazionali del Ministero del Turismo nel Piano Strategico Turismo 2023 -2027, che indica 5 pilastri: - governance; - innovazione; - qualita' e inclusione; - formazione e carriere professionali; - sostenibilita'. e 4 obiettivi principali: - innovare, specializzare e integrare l'offerta nazionale; - accrescere la competitivita' del sistema turistico; - sviluppare un marketing efficace e innovativo; - realizzare una governance efficiente e partecipata nel processo di elaborazione e definizione del Piano e delle politiche turistiche. che rappresentano le linee guida per lo sviluppo sinergico del turismo dell'Italia e conseguentemente dei turismi del mare. 2.13.1 Promozione e internazionalizzazione I turismi del mare hanno un forte ruolo relativamente alla promozione del "sistema -mare" nazionale a livello interno e internazionale. Tutti i settori che lo compongono rappresentano gli elementi necessari per la formulazione del "Destination Management" utile a rafforzare e promuovere l'Italia Marittima come destinazione turistica, ma anche come eccellenza dei prodotti legati al mare targati "Made in Italy". Dai sistemi imprenditoriali e associativi privati e pubblici emerge l'esigenza di agire per promuovere e internazionalizzare per: - creare un brand Italia nei segmenti del Turismo mare e un'azione di marketing comune che permetta di costruire meglio un'offerta turistica chiara, competitiva e riconoscibile; - agire su sistemi di innovazione e digitalizzazione al fine di costruire network di eccellenza per garantire un'offerta turistica qualificata; - semplificare e velocizzare la crescita dei turismi del mare emergenti, favorirne la conoscenza e agire con normative snelle; - definire e armonizzare in termini fiscali ed impositivi le norme inerenti per rendere competitive le imprese per collocarsi e essere vincenti nei mercati esteri; - sostenere le imprese del turismo del mare con azioni di internazionalizzazione; - progettare, promuovere e sostenere un "brand Isole minori", come attrattori qualificanti dell'offerta turistica nazionale e lo stesso deve valere per le Aree Marine Protette italiane e Oasi; - rafforzare la promozione, ma anche salvaguardare i patrimoni sottomarini sia in termini ambientali e archeologici, favorendo l'incontro tra imprese e ricerca per la costruzione di veri e propri itinerari turistici; - rafforzare il raccordo tra imprese e ricerca per l'applicazione di innovative tecnologie utili alla semplificazione sia per le imprese che per la fruizione internazionale dei turisti; - creare e promuovere circuiti e itinerari turistici dal, al e per il mare italiano, legati alla sua cultura, alla sua religiosita', alla sua storia, alla sua educazione, alla sua sostenibilita' e inclusivita', alla tradizione e sovranita' alimentare, aprendo ai nuovi turismi del mare; - portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione. - portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione. 2.13.2 Competivita' fiscale, burocratica e nei sistemi di controllo I turismi del mare necessitano di avere una forte attenzione sulle tematiche fiscali, in quanto soffrono fortemente della competitivita' negli investimenti, nella concorrenzialita', nell'attivita' burocratica e di sicurezza rispetto ai Paesi esteri. L'approccio competitivo deve tener conto di non avere norme penalizzanti, come e' avvenuto ed avviene, sia in termini fiscali che di controllo. Anche la sicurezza, attraverso modalita' comunicative e preventive, puo' rappresentare uno dei plus di competitivita' nazionale. Per questo emerge la necessita' di porre attenzione su: - temi specifici come Iva, Tari e Imu (specialmente per la portualita' turistica); - agevolazione e incentivazione all'utilizzo della bandiera italiana sulle imbarcazioni e navi da diporto e non di penalizzazione; - agevolazioni su investimenti legati a sostenibilita', digitalizzazione, innovazione e sicurezza, anche in termini di normative piu' semplici e veloci al fine di sburocratizzare i processi e rendere piu' appetibile e concorrenziale il "prodotto mare" nazionale; - il Registro Internazionale che ha assicurato la competitivita' dell'Italia e la sua stabilizzazione che appare il fondamentale presupposto della politica per la "blue economy". - il Registro Internazionale che ha assicurato la competitivita' dell'Italia e la sua stabilizzazione che appare il fondamentale presupposto della politica per la "blue economy". 2.13.3 Il crocierismo L'Italia, per la sua inestimabile vocazione turistica e la naturale esposizione geografica sul mar Mediterraneo, si e' affermata negli anni come Nazione leader nella crocieristica. In Europa, in periodo pre-Covid, il settore generava un impatto economico di quasi 50 miliardi di euro, con oltre 400.000 posti di lavoro e il 25% del mercato concentrato in Italia206 . Il traffico crocieristico 2022, come evidenziato nelle tabelle sottostanti (Fonte: Risposte Turismo), risulta avere trend in aumento: Parte di provvedimento in formato grafico Con l'uscita dalla pandemia e la rinascita del turismo italiano, si stima che nel 2023 la crocieristica tornera' a movimentare circa 12,4 milioni di persone, che contribuiranno a generare valore aggiunto e nuove opportunita' commerciali a bordo delle navi, nelle localita' delle destinazioni e in tutta la filiera dell'indotto marittimo, dell'accoglienza e dei trasporti. Destagionalizzazione del turismo balneare, marketing territoriale, sicurezza del passeggero turista, sono tre caratteristiche fondamentali del crocierismo nazionale che contribuiscono a rendere il "turismo che viene dal mare" una componente cruciale dell'economia nazionale. 2.13.4 Nautica da diporto Anche nell'ultimo biennio di instabilita' internazionale, l'industria nautica si e' dimostrata capace di giocare un ruolo fondamentale nel sostegno alla crescita dell'Italia, confermandosi leader assoluto nel segmento dei superyacht, con oltre la meta' del "global order book", prima esportatrice mondiale di unita' da diporto, con il record storico dell'export di 3,4 miliardi di euro e leader nella produzione di accessori e battelli pneumatici. Il 2022 chiude con un incremento a doppia cifra, dopo un 2021 nel quale il contributo al PIL era cresciuto del +31,4%, generando una filiera di quasi 19.000 unita' locali di produzione per un valore aggiunto di oltre 11 miliardi di euro e piu' di 187.742 occupati. Per ogni addetto alla produzione, si attivano 9,2 posti di lavoro; ogni euro investito nella produzione ne attiva 7,5 (dati Fondazione Symbola per Confindustria Nautica). Parte di provvedimento in formato grafico La barca e' anche un contenitore di "Made in Italy" e di prodotti di filiere territoriali: arredi, prodotti di design, illuminotecnica, tessili, cuoio e pelletteria ecc. per questo il settore merita di essere inserito fra i comparti produttivi di principale interesse nazionale. Non a caso la nautica e' stata inserita nel recente disegno di legge del Governo italiano sul "Made in Italy". E' auspicabile l'implementazione del supporto fornito da ICE, sempre secondo una logica di selezione degli obiettivi. A differenza di quanto avvenuto per l'Automotive, l'industria sta autonomamente investendo in ricerca tecnologica finalizzata alla decarbonizzazione e va sostenuta in questo percorso che interessa i carburanti alternativi al fossile, l'evoluzione delle forme di carena finalizzate a ridurre i consumi, l'adozione di pitture antivegetative a basso impatto ecc. E' fondamentale individuare nel principio della neutralita' tecnologica il cardine delle politiche di contenimento delle emissioni di CO2 e, piu' in generale, di riduzione dell'impronta climatica, normando lo stoccaggio e l'impiego di idrogeno e metanolo per la propulsione e la produzione di energia a bordo. In ottica mediterranea, e' necessaria una politica omogenea tra Paesi marittimi EU ed extra EU per evitare sbilanciamenti e disequilibri che vanno a danno degli operatori europei, in particolare italiani. Infine, va rafforzata la presenza italiana ai tavoli decisionali europei e mondiali dove portare le istanze nazionali per ridare centralita' al Mediterraneo. E' inoltre opportuno promuovere: - sistemi di controllo di efficienza ed efficacia dei processi e di tracciamento dell'origine dei materiali; - certificazioni ambientali come la 14001; - certificazioni etiche come la SA8000; - la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0 e NIM (Naval Information modeling). - la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0 e NIM (Naval Information modeling). 2.13.5 Portualita' turistica I porti e gli approdi in Italia sono 285, mentre gli accosti e i punti di ormeggio sono oltre 2.000 per un totale di 160.000 posti barca. Una grande rete italiana di "Hub del Mare", che necessita di un processo rapido di networking, attivando tecnologie innovative e digitali, che si raggruppi anche in un unico brand riconoscibile della portualita' turistica italiana, prendendo ad esempio funzionalita' esperienze gia' localmente e regionalmente avviate. Per questo bisogna tener conto degli adeguamenti strutturali, continui, al fine di garantire i piu' alti standard sia in termini di qualita' che di sostenibilita', anche con particolare attenzione alle isole minori. Al fine di promuove un forte "Marchio Italia" di qualita' legato ai servizi, alla sostenibilita', inclusivita' ed anche ad alto contenuto tecnologico. I concessionari portuali svolgono un'attivita' che non si esaurisce nel proprio legittimo scopo lucrativo ma che trascende l'interesse del singolo marina, per sconfinare nella pubblica utilita', laddove: - attraverso la realizzazione e/o la gestione del porto, da' luogo all'indiscutibile valorizzazione ed apprezzamento del territorio demaniale ed in particolare arricchisce anche esteticamente la costa in cui si insedia e le localita' limitrofe; - la presenza di una struttura dedicata alla nautica da diporto implica un innalzamento anche del prestigio delle localita' in cui e' realizzata; - la realizzazione e la gestione della struttura portuale importa un maggiore afflusso di visitatori, con vantaggio anche economico della popolazione e delle istituzioni locali e statali; - il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte le attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che sono posti in grado di fruire delle strutture approntate e/o gestite dalla societa'. - il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte le attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che sono posti in grado di fruire delle strutture approntate e/o gestite dalla societa'. Le considerazioni emerse nel corso delle audizioni sono: I. Le concessioni portuali sono escluse dall'ambito di applicazione della Direttiva Bolkestein207 . Le concessioni portuali e quelle delle altre strutture dedicate alla nautica da diporto ex d.p.r. 2 dicembre 1997, n. 509 non rientrano nel campo di applicazione della c.d. Bolkestein, come confermato dalla stessa Direttiva e da numerosi elementi normativi e giurisprudenziali. La disciplina di riferimento andra' comunque armonizzata con quelle che saranno le risultanze del Tavolo tecnico istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Inoltre, la sentenza 13 Gennaio 2022, n. 229 del Consiglio di Stato, ha sancito l'inapplicabilita' della Direttiva Bolkestein a tutti i rapporti concessori sorti in data anteriore al termine di trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56). II. Procedura e selezione dei concessionari: conferma dell'applicabilita' dell'art. 37 del codice della navigazione, in combinato disposto con l'art. 18 del Regolamento per l'esecuzione dello stesso codice (d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328) ovvero ai sensi del d.p.r. 2 dicembre 1997, n. 509, ove applicabile. III. Indennizzi in favore del concessionario uscente e durata delle concessioni demaniali, le proposte emerse sono: - modifica dell'attuale previsione normativa in materia di rivalutazione Istat dei canoni concessori; - definizione delle imprese turistiche; - introduzione di normativa che disciplini gli oneri economici e non relativi ai dragaggi e movimentazioni delle sabbie; - migliore gestione dei rifiuti prodotti da nave e impianti portuali con armonizzazione enti ed autorita' competenti - inapplicabilita' dell'articolo 109 r.d. 18 giugno 1931, n. 773 (Tulps) ai "Marina Resorts" in analogia di quanto previsto per i porti turistici; - agire sulla competitivita' fiscale che permetta di rendere concorrenziale la portualita' turistica italiana anche in termini di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari, etc.) rispetto agli altri Paesi. - agire sulla competitivita' fiscale che permetta di rendere concorrenziale la portualita' turistica italiana anche in termini di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari, etc.) rispetto agli altri Paesi. Inoltre, emerge la necessita' di riqualificare le strutture dedicate alla nautica da diporto nel rispetto della sostenibilita' ambientale, sociale ed economica, attraverso la possibilita' di accedere a risorse agevolate e a procedure autorizzative obbligatoriamente semplificate, con applicazione di fiscalita' e normativa armonizzata e certa per tutta la durata del rapporto concessorio. Il sistema portuale turistico e' un sistema d'offerta complesso inserito all'interno di un sovra sistema: porto, territorio, acque di navigazione. Per questo le citta' di costa possono essere esempi di "smart cities" sull'acqua con un ritrovato legame uomo-tecnologia-natura e movimento. 2.13.6 Il sistema balneare Il sistema balneare italiano e' in costante evoluzione, e' un sistema complesso e dalla forte eterogeneita', composto per lo piu' da aziende piccole e piccolissime, che costituiscono il motore vitale della nostra economia turistica. I nostri imprenditori balneari si sono sempre piu' impegnati, negli anni, in un'azione di adeguamento e, a volte, di anticipazione delle richieste e delle abitudini di fruizione della risorsa mare a scopo ricreativo, per meglio poter competere a livello europeo e globale con le altre destinazioni turistiche. Per essere concorrenziali appare imprescindibile operare secondo un concetto di turismo integrato, che unisca al turismo balneare il turismo architettonico/monumentale e quello ambientale, mettendo a reddito l'unicita' - in tal senso - della nostra Nazione. Nell'ambito del turismo balneare, sara' sempre piu' necessario coniugare i servizi tradizionali, come l'uso delle spiagge, i parcheggi e il noleggio delle attrezzature, con la ristorazione e l'intrattenimento, concentrandosi, altresi', sulla professionalita' e sulla qualita' del servizio, che non puo' prescindere da una adeguata formazione del "personale del mare" e sulla tutela e la sana valorizzazione delle nostre coste e delle nostre spiagge, con le loro splendide risorse naturali. Tutto cio', insieme ad un indotto di qualita' e sempre piu' a chilometro zero, che ha determinato negli ultimi anni recenti - e deve continuare a farlo - numeri sempre in crescita in tema di occupazione e di PIL, in una sintesi virtuosa con il settore alberghiero, quello della nautica da diporto e della subacquea. Sul sistema balneare un aspetto fondamentale e' costituito, per l'incidenza economica e sociale, dal mondo dei concessionari balneari. Per potere dare certezza del diritto e, dunque, del futuro a tale categoria, e' necessario sciogliere la questione delle "concessioni balneari", del loro termine di scadenza e della necessita' o meno di applicare una procedura di evidenza pubblica per la loro attribuzione, in buona sostanza l'ambito di applicazione della Direttiva CE 123 del 2006 (c.d. "Direttiva Bolkestein"). In tale ottica si inserisce il Tavolo tecnico consultivo in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito nel 2023 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che attraverso il sistema informativo del demanio marittimo (SID) sta definendo la mappatura delle concessioni per la successiva definizione dei criteri tecnici per verificare la scarsita' delle risorse naturali. Inoltre, si ritiene di osservare che alla luce delle ultime pronunce della Giurisprudenza Europea e Nazionale e' fondamentale in primis la sentenza 13 gennaio 2022, n. 229 del Consiglio di Stato, che ha sancito l'inapplicabilita' della Direttiva Bolkestein a tutti i rapporti concessori sorti in data anteriore al termine di trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56) e al fine della corretta applicazione dell'ambito della c.d. Direttiva Bolkestein (Direttiva CE n.123 del 2006) la preventiva mappatura del demanio marittimo gia' prevista ai sensi della l. 5 agosto 2022, n. 118. Il processo di redazione e predisposizione della mappatura e l'esercizio delle deleghe previste sempre dalla l. n. 118 del 2022 dovranno essere accompagnate da un supporto amministrativo rivolto ai Comuni costieri al fine di poter al meglio affrontare e gestire i nuovi procedimenti di affidamento - laddove necessari - garantendo, in ogni caso, la fruizione dei servizi fino alle future aggiudicazioni, anche a mezzo dell'istituto della concessione provvisoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 reg. cod. nav. Secondo quanto gia' previsto dalla l. n. 118 del 2022 si e' rilevata la necessita' di normare e chiarire gli aspetti riguardanti la tutela degli investimenti non ancora ammortizzati ed effettuati dagli attuali concessionari demaniali nonche' salvaguardare l'economia nazionale, rappresentata da tanti operatori (soprattutto microimprese a carattere familiare) e gli attuali livelli occupazionali. 2.13.7 Turismo nautico L'attivita' di noleggio e locazione di unita' attiva 2.004 unita' locali di produzione, circa 450 milioni di euro di valore aggiunto e 3.527 occupati ed e' regolata dal codice della nautica da diporto nell'alveo delle Convenzioni internazionali, del Diritto marittimo e del codice della navigazione (dati Fondazione Symbola per Confindustria nautica). Si deve distinguere la disciplina dell'attivita' da quella dell'impresa di noleggio e di locazione del diporto che, come anche della portualita' turistica, deve essere considerata a tutti gli effetti come impresa (anche) della filiera turismo, ai fini: - delle attivita' di promozione all'estero e in Italia, - delle iniziative di sostegno alle imprese, - dell'individuazione dei codici ATECO - dell'individuazione di indicatori/descrittori, rilevazioni e analisi strutturate e sistematiche del settore - delle politiche di connessione dei luoghi di origine o partenza del turismo nautico con gli snodi dei trasporti - del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica, soprattutto in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra. - del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica, soprattutto in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra. Vanno poi considerate le modalita' di fruizione del mare, che sono un fondamentale tassello della competitivita' del nostro sistema coste-porti e, a cascata, di quella di cantieri, servizi, turismo e sport. Al fine di rendere il sistema nautico italiano competitivo con Francia, Spagna, Croazia e Grecia (nonche' Tunisia, Montenegro e Turchia) e' pertanto necessario: - lo snellimento e l'armonizzazione delle procedure, attraverso la definizione di Linee guida nazionali per le procedure doganali, d'immigrazione, sanitarie, di polizia; - dare piena applicazione al "Bollino blu" rilasciato a seguito dei controlli preventivi volontari su unita' da diporto e la sua estensione alla regolarita' fiscale e contributiva degli armatori unita', al fine di ridurre l'eccesso di controlli in mare delle forze di polizia e ottimizzare le risorse; - implementare le modalita' di verifica delle unita' da diporto per via telematica. - implementare le modalita' di verifica delle unita' da diporto per via telematica. Il Registro Internazionale ha assicurato la competitivita' dell'Italia e la sua stabilizzazione appare il fondamentale presupposto della politica per la "blue economy". Nel caso specifico delle «Navi destinate esclusivamente al noleggio per finalita' turistiche», di cui all'art. 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172, e' necessario procedere a una semplificazione tecnico-normativa per mantenere un allineamento competitivo con le normative del Registro maltese (UE) e quello UK (extra UE). 2.13.8 Turismo sportivo Deve essere riconosciuto il ruolo strategico delle Federazioni sportive, dello sport dilettantistico e del diportismo quale strumento di educazione e formazione culturale ai temi del mare. E' suggerita una compiuta pianificazione della "Giornata del Mare" nelle Scuole, integrata con attivita' sportive, gia' istituita nell'ambito della riforma del codice della nautica da diporto, che valorizzi: - i valori del mare; - le opportunita' delle professioni del mare; - la tutela dell'ambiente marino; - la fruizione consapevole delle risorse naturali. Inoltre, bisogna incentivare tutti i turismi sportivi del mare, che per loro natura o che per scelte strategiche premino la sostenibilita' e la salvaguardia del mare. Si rende necessaria una maggior attenzione agli sport marini, sia quelli piu' affermati come la Vela, tra i piu' importanti attrattori turistici interni e internazionali, che gli altri settori come la subacquea, la pesca subacquea in apnea, il nuoto, il kayaking, lo snorkeling, il windsurfing & kite, il surf da onda e tanti altri con particolare attenzione alla formazione giovanile e alle concessioni demaniali per quelle strutture che svolgono attivita' senza scopo di lucro. 2.13.9 Turismo ambientale La tutela dell'integrita' dell'ambiente marino e' il presupposto delle attivita' legate alla fruizione, anche diportistica e sportiva, delle coste ed e' essenziale il coinvolgimento dei fruitori del mare per trasformare gli utenti, a cominciare dai diportisti, in sentinelle del mare. A 32 anni dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e' sempre piu' urgente un aggiornamento della legge quadro sulle Aree Marine Protette, che colmi alcune lacune normative, dia maggiore organicita' al sistema e recepisca le migliori novita' introdotte dai singoli regolamenti di gestione in tema di fruibilita' e compatibilita' con la nautica da diporto. In quest'ottica dovra' essere anche considerata una piu' puntuale regolamentazione della pesca sportiva e, in particolare, di quella subacquea in apnea in modo da tutelarne la compatibilita' ambientale e la sicurezza. L'utente deve distinguere fra le aree marine protette statali, i parchi nazionali terrestri - che, se istituiti in coincidenza con le aree di reperimento delle gia' citate AA.MM.PP. (v. supra par. 2.10.2) possono estendere la loro perimetrazione a mare - i parchi sommersi, che custodiscono beni archeologici, i parchi internazionali, in parte coincidenti con aree marine protette, ma dipendenti da trattati internazionali. Ciascuno con un suo iter istitutivo e, soprattutto, un sistema di regole, talora in contraddizione con gli altri. Vanno quindi rafforzati gli strumenti di verifica delle condizioni istitutive, implementati programmi di monitoraggio anche della capacita' dei comuni laddove agli Enti locali e' assicurato l'affidamento in via primaria la gestione. 2.13.10 Altri turismi legati al mare Tra gli altri turismi bisogna considerare, tutte le attivita' a servizio del turista legato al turismo mare ed anche quelli piu' trasversali come la pesca-turismo. 2.13.11 Formazione e lavoro Quanto alla formazione e agli aspetti giuslavoristici dalle audizioni e' emersa la necessita' di implementare la funzione degli ITS e la cultura del mare nelle scuole inferiori e superiori al fine di promuovere il mare non solo come ecosistema ma anche come forma di sviluppo economico ed occupazionale. Il Sistema ITS deve rispondere alla sfida delle nuove professioni di Industria 4.0. Gli Istituti Tecnici Superiori devono fare squadra per favorire l'occupazione dei giovani e rispondere alla richiesta di qualifiche tecniche e tecnologiche sempre piu' specializzate proveniente dal mondo del lavoro. Sono quelli che compongono il sistema ITS con specializzazioni in settori diversi: dalle energie rinnovabili alla meccanica, dalle scienze della vita alla mobilita' sostenibile, dall'agroalimentare alla moda fino a beni e attivita' culturali. A unirli e' l'obiettivo comune di offrire una formazione altamente professionalizzante post diploma, parallela e alternativa a quella universitaria e resa unica da una forte integrazione fra lezioni in aula e in laboratorio, tenute da docenti provenienti dal mondo del lavoro, e attivita' pratica sul "campo", attraverso stage aziendali in Italia e all'estero dove i giovani possono maturare una bella esperienza di vita e realizzare un importante investimento per il loro futuro professionale. Andrebbero sicuramente incentivati ITS come: ITS BACT - Tecnologie Innovative per i Beni e le Attivita' Culturali e Turistiche, Tecnico Superiore per il Turismo Crocieristico Internazionale, Tecnico superiore responsabile delle produzioni e delle trasformazioni agrarie, agro-alimentari e agro-industriali nell'ambito della cucina di bordo, Y&B il corso per diventare Tecnico con conoscenza di tutto il ciclo produttivo di un cantiere nautico, YA.S per specializzarsi nella gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e apparati, MYM per diventare esperto nella gestione delle Marine o PTP Super Yacht Academy e tanti altri corsi. Tra le figure individuate in termini di competenze richieste ne risultano alcune come: - carpentieri per la lavorazione di legno, vetroresina, acciaio, alluminio, saldatori leghe leggere, operai specializzati in isolazione e coibentazione, pitturazioni e stuccature, specializzati in allestimenti e meccanica di installazione, carpenteria di lega leggera, lucidatura e trattamento metalli, addetti impianti di tubazione e condizionamento, condotte di estrazione e aerazione, elettrotecnici , meccanici e motoristi, tappezzieri specializzati nelle applicazioni marine, velai, addetti alle movimentazioni a terra (carrelli, muletti, ecc.) e i mezzi di sollevamento (travel lift, sincro lift, bacini di carenaggio, gru, scali di alaggio, ecc.), sommozzatori, service manager diporto (in particolare per porti turistici), coordinatore servizi, marinai di porto, tecnico agenzia marittima, piloti/ormeggiatori, autotrasportatori per imbarcazioni, forniture di carburanti, addetti al monitoraggio dei bacini portuali, tecnici di gestione ambientale, cuochi di bordo, hostess di bordo ecc.; - professioni legate al diporto sia a terra che a bordo con differenziazione dalle professioni destinate alla navigazione mercantile e commerciale; - professioni legate al diporto sia a terra che a bordo con differenziazione dalle professioni destinate alla navigazione mercantile e commerciale; E' quindi opportuno che, nell'ambito dell'autonomia della programmazione dei singoli ITS, siano inseriti specifici moduli afferenti alle competenze dei settori del turismo legato al mare, anche al fine di valorizzare le specificita' dei territori. Non meno importante e' la realizzazione di una campagna di comunicazione in accordo tra Ministero del Lavoro, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e Ministro per le Politiche del Mare, per avvicinare la domanda e l'offerta di lavoro nel settore, mostrando concretamente ai giovani quali e quante siano le opportunita' che il mare italiano offre loro. Quanto alla formazione e agli aspetti giuslavoristici, come gia' evidenziato (v. supra par. 2.9.6) dalle audizioni e' emersa la necessita' di implementare la funzione degli ITS e la cultura del mare nelle scuole inferiori e superiori, al fine di promuovere il mare non solo come ecosistema ma anche come forma di sviluppo economico ed occupazionale. 2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI I recenti Rapporti dell'Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC)208 hanno stimato che, dal periodo preindustriale (periodo di riferimento 1850-1900), le attivita' umane hanno provocato un aumento della temperatura media superficiale globale di circa 1°C, attualmente in aumento di oltre 0,2°C per decennio. Le attuali condizioni di riscaldamento della Terra stanno gia' influenzando i sistemi naturali, la qualita' della vita e la salute delle persone, lo sviluppo socio-economico a livello globale ed in ambito europeo. Gli impatti dei rischi "combinati" di riscaldamento e precipitazioni sono diventati piu' frequenti e si prevede che cio' potra' comportare rischi crescenti per le regioni del Sud Europa. La Strategia europea di adattamento ai cambiamenti climatici209 evidenzia come sia fondamentale dotarsi delle conoscenze scientifiche piu' avanzate per rispondere in modo adeguato alle sfide poste in essere dai cambiamenti climatici, nonche' raccogliere dati relativi ai danni, alle perdite ed ai rischi legati al clima, cosi' da migliorare l'accuratezza della valutazione del rischio climatico. In Italia tale approccio ha trovato prima concreta applicazione nella definizione della Strategia Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (SNAC)210 , adottata nel 2015 dal Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, oggi Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica. Al fine di dare attuazione alla SNAC e' stata, in seguito, avviata l'elaborazione del Piano Nazionale di Adattamento ai Cambiamenti Climatici (PNACC), in via di finalizzazione, che ha l'obiettivo di rappresentare uno strumento di indirizzo per la pianificazione e l'attuazione delle azioni di adattamento piu' efficaci all'interno della Nazione e per l'integrazione dei criteri di adattamento nelle procedure e negli strumenti di pianificazione esistenti. Una risposta efficace agli impatti dei cambiamenti climatici, oltre che basarsi sulle piu' moderne e avanzate conoscenze/tecnologie, deve essere per lo piu' rapida e sistemica211 , ovvero e' necessario in tempi non lunghi definire strategie e piani di adattamento che coinvolgano tutti i livelli di governance e tutti i settori. La tassonomia indicata nell'Adaptation Support Tool (AST) della Commissione europea suggerisce le diverse fasi per arrivare ad attuare in maniera efficace un piano di adattamento, partendo da una valutazione degli impatti, delle vulnerabilita' e dei rischi, indotti dai fenomeni meteo-climatici, sia attuali che futuri, procedendo poi all'identificazione delle opportune azioni di adattamento per contrastare i rischi e ridurre le vulnerabilita' fino all'implementazione di tali azioni ed, infine, dando avvio al monitoraggio delle medesime. Le misure di adattamento possono concretizzarsi in: a) misure di tipo strutturale e tecnologico, basate su interventi fisici e/o misure costruttive, utili a rendere i sistemi esposti piu' resilienti agli eventi estremi, ovvero le cosiddette misure grey; b) azioni basate su un approccio che utilizza la natura ed i molteplici servizi forniti dagli ecosistemi per migliorare la resilienza e la capacita' di adattamento, le cosiddette misure green; c) interventi che includono misure politiche, legali, sociali, gestionali e finanziarie, utili alla governance e ad aumentare la consapevolezza in ordine ai problemi legati al cambiamento climatico, ovvero misure di adattamento soft; d) misure trasversali o ibride risultanti dall'integrazione delle tre precedenti. Con riguardo alle misure di mitigazione, con il Regolamento UE 30 giugno 2021, n. 1119, denominato anche «Normativa europea sul clima», l'Unione europea si e' posta l'obiettivo, legalmente vincolante, della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050. Le emissioni associate ai trasporti marittimi stanno assumendo un peso sempre piu' rilevante a livello globale e le Organizzazioni internazionali, prima fra tutte l'International Maritime Organization (IMO), stanno lavorando per definire nuovi obiettivi di riduzione delle emissioni prodotte dal settore marittimo: l'IMO ha, infatti, adottato nel luglio 2023 la strategia sulla riduzione delle emissioni di gas serra delle navi (2023 IMO GHG Strategy), che rivede, in termini piu' ambiziosi, l'obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra del trasporto marittimo internazionale entro il 2050. In tale prospettiva, e' importante, quindi, prevedere e definire misure, affinche' sia il trasporto marittimo, sia il sistema portuale possano avviare un percorso di progressiva riduzione delle emissioni, attraverso l'adozione di nuove tecnologie, l'utilizzo di carburanti ad emissioni ridotte, la predisposizione di una migliore gestione logistica, l'ammodernamento delle infrastrutture portuali e di collegamento con gli altri sistemi di trasporto. 2.14.1 Impatti e misure di adattamento Nell'ambito del presente Piano, si procede ad individuare alcuni settori o ambiti, ove si prevede che gli impatti dei cambiamenti climatici, come il deterioramento degli ecosistemi marini e l'innalzamento del livello del mare, possano essere da freno alla crescita sostenibile delle zone marine, costiere e di mare aperto. Il sistema portuale-logistico risulta tra i settori piu' vulnerabili agli impatti dannosi provocati dai cambiamenti climatici. Gli eventi estremi legati al clima, che si registrano con sempre maggiore frequenza, e l'innalzamento del livello del mare sono dannosi soprattutto per le reti e le infrastrutture di trasporto marittimo, per quelle asservite alla comunicazione e alla logistica, nonche', naturalmente, per gli insediamenti urbani e produttivi presenti lungo le coste. Pertanto, risulta opportuno promuovere ed attuare strategie finalizzate a proteggere, adattare e rendere resilienti infrastrutture e trasporti a tali fenomeni legati ai cambiamenti climatici, individuando tra le azioni possibili alcune misure green, volte ad implementare interventi verdi che aiutino a migliorare l'integrazione delle infrastrutture logistiche nel paesaggio circostante; misure grey di tipo strutturale e tecnologico, basate su interventi di progettazione, manutenzione e gestione delle infrastrutture in termini di resilienza agli impatti dei cambiamenti climatici; misure soft, tese a garantire il coinvolgimento attivo di tutti gli stakeholders nei processi decisionali legati alle strategie ed ai piani di adattamento. Anche le citta' e gli insediamenti costieri potranno trovarsi ad affrontare i gravi disagi dovuti all'innalzamento del livello del mare ed agli eventi estremi associati alle mareggiate ed alle ondate di calore marine212 . Al riguardo, e' necessario, innanzitutto, disporre di banche dati di informazioni sull'ambiente marino costiero e urbano, che considerino sia i dati di vulnerabilita', sia quelli ambientali, nonche' migliorare le previsioni a corto, medio e lungo termine degli eventi estremi e delle condizioni oceanografiche, che possono influenzare le inondazioni e la risalita del livello del mare. E' necessario, inoltre, studiare ed attuare un insieme di interventi infrastrutturali, che comprenda misure di disincentivazione di attivita' in aree ad alto rischio o di insediamenti in zone esposte ad alti rischi climatici (crescita del livello del mare). La realizzazione di interventi istituzionali a livello locale, che comprendano anche specifiche disposizioni normative e sistemi di finanziamento dedicati al mantenimento di sistemi socio-ecologici costieri sani, accresce le capacita' di adattamento nelle citta' e negli insediamenti in riva al mare. L'implementazione di una governance multilivello integrata delle zone costiere, la pianificazione preventiva, l'adozione di cambiamenti comportamentali e l'attivazione di risorse finanziarie sono idonei a fornire alle citta' e agli insediamenti una maggiore flessibilita' di adattamento ai cambiamenti climatici. Gli effetti dei cambiamenti climatici stanno gia' incidendo negativamente sugli ecosistemi marini del nostro Pianeta, costretti a registrare una sensibile alterazione e spesso riduzione della biodiversita' (IPCC, 2022)213 . Gli impatti sugli ecosistemi marini e costieri potranno aggravarsi dal previsto aumento dell'intensita', della frequenza e della durata delle ondate di calore214 , che in alcuni casi potranno portare al collasso degli habitat. L'innalzamento del livello del mare aumentera' il rischio di erosione costiera e di inondazioni, minacciando la perdita di habitat e di ecosistemi costieri specifici, e portera' ad un peggioramento della salinizzazione delle acque sotterranee, compromettendo gli ecosistemi costieri e l'approvvigionamento idrico dal sottosuolo. Occorre mantenere e potenziare le capacita' di monitoraggio della biodiversita' marina, anche in termini di sistemi in situ, in modo da ampliare le conoscenze relative al funzionamento degli ecosistemi marini e pianificare al meglio le azioni di mitigazione ed adattamento degli impatti. Le politiche del mare devono contribuire al contrasto dei cambiamenti climatici globali con misure proattive su scala locale, partendo da azioni di riduzione delle attivita' locali ad elevato impatto sull'ambiente, al fine di consentire il mantenimento della biodiversita' funzionale e dei servizi ecosistemici. La protezione e il recupero degli ecosistemi possono rafforzarne la resilienza e generare opportunita' per garantire il ripristino dei servizi ecosistemici con sostanziali benefici collaterali. Si rende necessario favorire la protezione e il ripristino degli ecosistemi, anche attraverso la creazione di nuove aree marine protette e/o l'estensione di quelle gia' esistenti. Anche il rischio di aumento di fenomeni di erosione costiera ed inondazione e' conseguenza dell'innalzamento del livello del mare, delle variazioni delle condizioni estreme dello stato del mare (impattanti su ecosistemi terrestri e costieri alterati o eccessivamente antropizzati) e della diminuzione di apporti sedimentari fluviali. Per quanto concerne l'erosione costiera risulta essenziale consolidare approcci integrati di monitoraggio e modellistica. al fine di migliorare la comprensione e supportare la gestione corretta delle coste, nonche' identificare ed elaborare piani di adattamento, che prevedano una serie di interventi e misure per la gestione delle coste, anche in termini di contrasto all'erosione costiera: a) misure green (fascia inedificabile costiera, risanamento e riqualificazione fluviale e gestione dei sedimenti fluviali, soluzioni basate sulla natura, protezione, ripristino e gestione delle zone umide costiere, protezione e ripristino delle praterie di Posidonia oceanica, costruzione e rafforzamento delle dune); b) misure grey (ripascimento delle spiagge, interventi di innalzamento ed estensione del territorio costiero, stabilizzazione e rafforzamento delle falesie, opere rigide di difesa opere di difesa a scogliera, muri paraonde e banchine, barriere contro l'inondazione marina); c) misure soft (aree marine protette, adattamento attraverso piani e programmi di gestione integrata delle zone costiere, arretramento pianificato, sistemi di modellazione, monitoraggio e previsione, informazione e formazione dei cittadini sui cambiamenti climatici e sulle loro conseguenze, sistemi di early warning). Anche la pesca, dipendendo dalla produttivita' degli ecosistemi e dalla consistenza e distribuzione delle risorse sfruttate, e' soggetta direttamente ed indirettamente agli impatti dei cambiamenti climatici. Il riscaldamento degli oceani e' attualmente considerato una delle principali forzanti che causano cambiamenti nella struttura delle comunita' marine, influenzando le specie marine in termini di distribuzione, di tassi di crescita, di periodo riproduttivo, di taglia di maturita', di reclutamento e di mortalita'. Alterazioni dei cicli biogeochimici marino-costiero, indotte da alterazioni fisico-chimiche della struttura e della dinamica dell'ecosistema marino (legate ai cambiamenti climatici), possono modificare la produzione primaria e impattare sugli ecosistemi rilevanti per la pesca e l'acquacoltura. La disponibilita' di risorse alieutiche e' estremamente sensibile alle alterazioni indotte dai cambiamenti climatici sulle strutture e sulla dinamica degli ecosistemi marini. Sempre a causa del riscaldamento degli oceani e dei mari si sta determinando uno spostamento geografico delle specie marine piu' sensibili alla temperatura, con crescente diffusione di specie aliene. L'acquacoltura e' anch'essa considerata tra i settori socio-economici piu' vulnerabili ai cambiamenti climatici, sebbene la valutazione degli impatti sia resa complessa dalla diversificazione dei sistemi produttivi, delle tecnologie adottate, delle specie, della localizzazione geografica, delle caratteristiche ambientali del sito, nonche' dalla possibile combinazione di piu' fattori d'impatto (socio-economici, demografici, tecnologici e di governance). Gli effetti che i cambiamenti climatici possono avere sullo sviluppo del settore sono: (i) riduzione o aumento delle performance delle specie allevate; (ii) cambiamenti nel ciclo riproduttivo delle specie, con conseguente riduzione del reclutamento naturale e della disponibilita' di seme; (iii) condizioni di stress, insorgenza di malattie, eventi di mortalita' per le condizioni ambientali mutate e/o sfavorevoli; (iv) episodi di contaminazione legata alla qualita' delle acque; (v) danni alle infrastrutture e perdita di materiale biologico in relazione ad eventi meteo-marini estremi. Sia per la pesca e sia per l'acquacoltura e' necessario acquisire conoscenze piu' puntuali e dettagliate sugli effetti dei cambiamenti climatici sulle diverse specie pescate e su quelle di allevamento (biologia, ecologia, genetica e patologia), anche attraverso test sperimentali, sviluppo di osservatori ben distribuiti, che coinvolgano gli operatori ed applichino modelli previsionali ed indicatori specifici. In particolare, per l'acquacoltura sara' necessario valutare la possibilita' di selezionare specie/strain tolleranti alle condizioni indotte dai cambiamenti climatici. Per entrambi i settori si dovranno sviluppare metodi di analisi della vulnerabilita' dei diversi sistemi produttivi. Inoltre, e' necessario implementare i sistemi di monitoraggio e di previsione anche attraverso l'utilizzo di dati satellitari, modelli numerici e sistemi di raccolta dati relativi alle caratteristiche fisico-chimiche e biologiche dei corpi idrici e del mare, anche con il coinvolgimento degli operatori. E' necessario promuovere pratiche di gestione sostenibile degli ecosistemi marini e, in particolare, la divulgazione delle informazioni sugli impatti dei cambiamenti climatici, promuovendo la consapevolezza pubblica in ordine alla necessita' di adattare gli stili di vita dei settori della popolazione maggiormente sensibili alle conseguenze dei cambiamenti climatici sugli ecosistemi marini, con particolare riguardo alla pesca e all'acquacoltura. L'aumento dell'incidenza degli eventi estremi meteo-climatici, l'innalzamento del livello del mare e i fenomeni di erosione costiera produrranno impatti di rilievo anche sul patrimonio culturale marino e costiero e sulla sua stessa conservazione. Al riguardo, si rendono necessari interventi per definire programmi ed azioni di monitoraggio dei parametri microclimatici necessari per poter valutare il degrado di materiali e sistemi caratterizzanti i beni culturali, incluso i fenomeni costieri (ad esempio, aumento di temperatura del mare, erosione). Si potranno effettuare studi mirati sui diversi sistemi attivi e passivi o combinati che possono essere impiegati per la stabilizzazione delle condizioni microclimatiche e di qualita' dell'aria, al fine di sviluppare le piu' opportune strategie di adattamento. La presenza turistica in Italia e' generata per la maggior parte dal turismo balneare, sebbene la situazione possa essere destinata a mutare a causa degli impatti dei cambiamenti climatici sul settore turistico, particolarmente sensibile alle caratteristiche meteorologiche e di comfort climatico, soprattutto nel caso del turismo balneare. Gli impatti principali dei cambiamenti climatici sul turismo balneare in Italia sono connessi alla possibile perdita di attrattiva del clima mediterraneo che rischia di diventare "troppo caldo", all'erosione delle coste e ad eventi meteo-climatici estremi, che possono mettere a rischio le infrastrutture turistiche balneari e non. Ne conseguono effetti diretti, che riguarderanno un cambiamento delle mete turistiche verso le zone alle piu' alte latitudini e lo spostamento temporale della stagione turistica, con un aumento dell'afflusso vacanziero sulle coste italiane nei mesi piu' temperati; ma anche effetti indiretti, per cui la pressione antropica potra' aumentare la vulnerabilita' agli impatti dei cambiamenti climatici delle coste italiane, riducendo la capacita' di resilienza naturale degli ambienti costieri. Gli impatti indiretti attesi riguardano l'aggravarsi dei fenomeni erosivi e la conseguente scomparsa di aree costiere e di infrastrutture rilevanti per le attivita' turistiche, la desertificazione/diminuzione delle risorse idriche (con maggior rischio di incendi), la crescente competizione tra usi energetici alternativi (con conseguenti maggiori costi per i servizi turistici), l'esplosione demografica di organismi, quali alghe e meduse, che mal si conciliano con il turismo, e l'incremento dell'incidenza di eventi estremi. Si dovranno individuare azioni di adattamento destinate ad incentivare la prevenzione dei rischi per la salute dei turisti, dovuti al verificarsi di eventi estremi o di altre situazioni negative, che possano compromettere la destinazione turistica, cosi' come a favorire la destagionalizzazione ed a promuovere buone pratiche di risparmio e gestione ottimale della risorsa idrica. Appare auspicabile, al riguardo, incentivare il ruolo delle aree marine protette nella promozione dell'offerta turistica e delle nuove tipologie di turismo (ad esempio, l'ittiturismo, il turismo subacqueo). 2.14.2 Misure di mitigazione Il trasporto marittimo puo' assumere un ruolo centrale per l'Italia nella sfida alla decarbonizzazione e alla sostenibilita', grazie anche al progressivo orientamento verso modalita' piu' sostenibili, in particolare, promuovendo il crescente utilizzo della via marittima rispetto a quella stradale. Come gia' sopra richiamato, il sistema portuale-logistico e' tra i piu' vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici ed e', quindi, necessario procedere rapidamente all'adozione di misure che consentano di perseguire contestualmente la riduzione delle emissioni di gas serra e, al tempo stesso, di adattare queste infrastrutture alle nuove condizioni climatiche. Tali misure consentono, inoltre, di ridurre l'impatto sulla qualita' dell'aria nelle citta', in cui sono presenti anche infrastrutture portuali, che rappresentano sovente una delle principali fonti emissive di inquinanti atmosferici. Il mare, inoltre, dovra' svolgere un ruolo centrale anche nella produzione di energie rinnovabili, come emerge dai lavori svolti nell'ambito dell'aggiornamento del Piano nazionale integrato per l'energia e il clima e dalla relazione del Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica, allegata al Documento di economia e finanza 2023, oltre che dalla Strategia nazionale di decarbonizzazione dell'economia italiana, adottata nel 2021. Secondo gli scenari elaborati in questi ambiti, l'elettrificazione degli usi finali dell'energia riveste un ruolo chiave nell'ambito della decarbonizzazione, ma cio' solo a condizione che sia fortemente incentivata la produzione di elettricita' da fonti rinnovabili. La produzione eolica offshore rappresentera', pertanto, un fattore determinante affinche' cio' avvenga, sebbene si debbano prendere verosimilmente in considerazione anche altre forme di produzione elettrica rinnovabile, prima fra tutte quella fotovoltaica flottante, ma anche quella derivante da onde e maree. E' fondamentale che l'adozione di tali politiche, si realizzi in tempi ragionevolmente brevi, sempre garantendo comunque la salvaguardia degli ecosistemi e la sinergia con le misure di adattamento. Anche in questo caso, potrebbe rivelarsi opportuno che le politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte le suddette misure, soprattutto laddove richiedano interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE La politica del mare non puo' prescindere dalle politiche europee ed internazionali alla cui formazione ed implementazione l'Italia partecipa attivamente con il proprio contributo, sia di conoscenza sia finanziario. In questo modo la Nazione assicura il supporto necessario e contribuisce fattivamente a quanto previsto dalla politica di coesione215 . Tale politica coinvolge diversi livelli di governo (centrali e locali), attribuendo un ruolo formale (e fondamentale) al "Partenariato Economico e Sociale", finanziando programmi, singoli progetti e programmi a titolarita' regionale, locale e centrale. Il suo scopo principale e' incrementare le opportunita' di sviluppo economico e sociale al fine di ridurre i divari e le disparita' tra territori, agendo in particolare nelle aree meno sviluppate e a supporto delle comunita' e persone con maggiori necessita'. 2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027 Per il periodo 2021-2027, la politica di coesione dell'Unione europea si compone di due obiettivi, volti a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale. Il primo riguarda gli Investimenti a favore dell'Occupazione e della Crescita ("IOC"), che nel periodo di riferimento ricevera' il sostegno finanziario dal Fondo europeo di sviluppo regionale ("FESR"), dal Fondo sociale europeo Plus ("FSE+"), dal Fondo di coesione ("FC") (destinato agli Stati membri con un reddito nazionale lordo (RNL) pro capite inferiore al 90% della media dell'UE-27 e di cui, quindi, non beneficia l'Italia) e infine dal Fondo per la giusta transizione ("JTF"). Il secondo, consiste nella Cooperazione Territoriale Europea ("CTE")216 , comunemente conosciuta come Interreg, finanziata dal Fondo europeo di sviluppo regionale ("FESR") e dagli strumenti di finanziamento esterno dell'Unione come lo strumento di assistenza preadesione (IPA III) e lo strumento di vicinato, cooperazione allo sviluppo e cooperazione internazionale (NDICI). Entrambe gli obiettivi costituiscono riferimenti essenziali per il settore marittimo e operano in sinergia con le finalita' degli interventi attivati a livello nazionale e complementari alla programmazione comunitaria, finanziati con le risorse del Fondo di Rotazione di cui alla legge n. 183/1987, nonche' ulteriori risorse nazionali del Fondo Sviluppo e Coesione. Ai Fondi europei che sostengono la politica di coesione 2021-2027 si aggiunge il Fondo Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l'Acquacoltura (FEAMPA). Complessivamente e nel periodo considerato, per cio' che riguarda l'Italia, si e' prevista la partecipazione a 19 programmi della CTE217 , i quali rientrano nella realizzazione degli 86 programmi218 previsti dalla politica di coesione dell'UE, cofinanziati a valere sui Fondi strutturali219 . Oltre alla quota di finanziamento del FESR e al co-finanziamento nazionale, detti progetti includono anche quelle dello European Neighbourhood Instrument ("ENI") e dello Instrument for Pre-accession Assistance ("IPA"). La dotazione complessiva dei nuovi programmi 2021-2027 e' superiore ai 3 miliardi di euro (per tutte le nazioni coinvolte) ed impiega fondi FESR e nazionali per circa 1.2 miliardi, in sostanziale continuita' con gli importi disponibili per il periodo 2014-2020. Nel 2022 si sono concluse le attivita' di programmazione del ciclo 2021-2027220 . L'Italia ha ottenuto il rafforzamento della cooperazione mediterranea, sostenuto il valore della concentrazione geografica e tematica in tutti i programmi, cosi' come l'opportunita' di utilizzare al meglio la maggiore flessibilita' tra programmi e strumenti contenuti nelle nuove proposte regolamentari. E' stato, inoltre, affermato il principio della necessita' di collegare gli ampliamenti delle aree dei programmi a fronte di un maggiore impegno finanziario da parte dei Paesi. In Italia, e' il Ministro per gli Affari Europei, il Sud, le Politiche di Coesione e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, competente per le attivita' del coordinamento e della programmazione delle politiche di coesione e di sviluppo territoriale che in ambito Macro-strategie (EUSAIR ed EUSALP) e iniziativa strategica WestMED esercita tale funzione in stretto coordinamento con il MAECI. In tal senso, nel quadro delle sue attivita', e' coinvolto in varie strategie: tematiche, territoriali, misure speciali di sostegno in particolare nel Mezzogiorno, macroregionali e di bacino marittimo dell'Unione europea. Queste ultime riguardano specifiche aree geografiche europee di diversi Stati membri che richiedono un approccio condiviso e azioni coordinate e/o armonizzate a livello di piu' Stati e/o regioni per affrontare sfide e problematiche comuni. Sempre nell'ambito della politica di coesione dell'Unione europea 2021-2027, l'Italia partecipa all'EUSAIR (European Strategy for the Adriatic and Ionian Region), la piu' rilevante per il Cipom delle due strategie macroregionali (EUSAIR e EUSALP), in quanto incentrata fortemente sul Mare (Adriatico), nonche' all' Iniziativa di bacino marittimo per lo sviluppo sostenibile dell'economia blu nel Mediterraneo occidentale ("Iniziativa WestMED"). Piu' nel dettaglio, per cio' che concerne l'EUSAIR, si tratta di una iniziativa lanciata nel 2014 che coinvolge dieci Paesi221 . L'obiettivo della strategia e' promuovere una prosperita' economica e sociale sostenibile nella regione, mediante la crescita e la creazione di posti di lavoro e il miglioramento della sua attrattivita', competitivita' e connettivita', preservando al tempo stesso l'ambiente e assicurandosi che gli ecosistemi costieri e marini restino sani ed equilibrati. Al momento, e' in fase di revisione per adeguare le priorita' d'intervento alle nuove sfide europee del "Green deal" e della digitalizzazione. Per quanto riguarda invece l'iniziativa WestMED, si tratta del risultato diretto della dichiarazione ministeriale euromediterranea sull'economia blu, approvata dall'Unione per il Mediterraneo il 17 novembre 2015. Tale dichiarazione ha sollecitato i Paesi partecipanti ad esplorare il valore aggiunto e la fattibilita' di strategie marittime appropriate a livello subregionale, prendendo come punto di riferimento l'esperienza del dialogo "5+5" che coinvolge Algeria, Francia, Italia, Libia, Malta, Mauritania, Marocco, Portogallo, Spagna e Tunisia. I tre obiettivi strategici comprendono: la creazione di uno spazio marittimo piu' sicuro e protetto, un'economia blu intelligente e resiliente e una migliore governance del mare. Ogni strategia coinvolge un insieme ampio ed eterogeneo di attori e presenta dispositivi governativi peculiari. La Commissione europea riveste un ruolo di primo piano nel coordinamento strategico delle principali tappe della strategia. In ciascuno Stato partecipante, i coordinatori nazionali sono responsabili per il coordinamento generale e per il sostegno all'attuazione delle strategie. Sia la strategia EUSAIR sia l'iniziativa WestMED si sono evolute nel tempo, passando da un approccio principalmente basato sulla cooperazione tra governi nazionali a un approccio sempre piu' orientato alla governance multilivello, capace di fornire un'opportunita' di orientamento tematico a sostegno dell'integrazione dei fondi su obiettivi di medio-lungo termine. Nella definizione della nuova politica di coesione 2021-2027, e' stata evidenziata la sfida posta dal processo di "embedding"222 delle priorita' sia della strategia EUSAIR sia dell'iniziativa WestMED nei programmi della coesione. Rispetto ad altri programmi, i Programmi Interreg offrono specifiche potenzialita' di costruzione di partenariati multilivello di carattere transnazionale e transfrontaliero per l'adozione di approcci comuni ed armonizzati. Dalla tabella che segue, puo' essere apprezzata a titolo esemplificativo la corrispondenza tra alcune azioni prioritarie identificate nel quadro della Strategia EUSAIR e dell'iniziativa WestMED e ambiti di intervento dei programmi della cooperazione territoriale europea, ed principali ambiti che la legge assegna al Cipom: Parte di provvedimento in formato grafico Da questa analisi, non necessariamente esaustiva, puo' scaturire l'impegno del Governo a coltivare, in modo fattivo ed efficiente, i programmi unionali ed internazionali di cooperazione. 2.15.2 Le ulteriori politiche per la crescita e la competitivita' dell'area mediterranea L'Italia, per la sua posizione geografica e le sue tradizioni, e' anche chiamata a promuovere l'intesa multilaterale con i Paesi dell'area mediterranea. In questa ottica, occorrerebbe definire e sviluppare una strategia che promuova alcune politiche comuni nei diversi campi dell'economia del mare riaffermando i valori legati agli interessi nazionali in modo armonico e congiunto, chiaramente nel rispetto del diritto internazionale e pattizio e degli ordinamenti degli Stati aderenti. In questo contesto potrebbe valutarsi di dare ulteriore impulso all'Unione per il Mediterraneo ("UpM")223 , e cioe' l'organizzazione intergovernativa fondata nel 2008 in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo, realizzato al fine di rafforzare il Partenariato euromediterraneo ("PEM") istituito nel 1995 sotto il nome di Processo di Barcellona. Come e' noto, l'Unione ha tra i suoi obiettivi anche quello di promuovere la stabilita' e l'integrazione in tutta la regione mediterranea, fungendo da forum di discussione di questioni strategiche regionali basato sui principi di comproprieta', codecisione e responsabilita' condivisa tra le due sponde del Mediterraneo. Il suo obiettivo principale e' quello di aumentare l'integrazione Nord-Sud e Sud-Nord nella regione mediterranea al fine di sostenere lo sviluppo socioeconomico dei diversi Paesi dell'area mediterranea e garantire la stabilita' nella regione, favorendo lo sviluppo umano e promuovendo quello sostenibile224 . Anche in questo contesto, quindi, il Cipom potrebbe utilmente rappresentare un fattore coagulante degli interessi della "blue economy" diffusi, e accelerante nel processo di sintesi delle iniziative governative per l'area mediterranea. 2.16 SICUREZZA La "sicurezza" nel contesto del "Piano del mare" comprende, data la molteplicita' delle tematiche coinvolte, un'inevitabile pluralita' di accezioni. Esse spaziano da quella che e' nota come safety e riguarda appunto la "sicurezza" di navi e imbarcazioni, quanto a dotazioni ed equipaggiamento, formazione degli equipaggi, organizzazione per la ricerca ed il soccorso in mare, fino alla security, ovvero le azioni preventive e le attivita' di contrasto attivo di atti illeciti via mare, fino alla sicurezza di proiezione. La security assume una connotazione piu' marcatamente militare quanto piu' ci si allontana dalle acque territoriali. Costituiscono, accezioni intermedie, quelle della sicurezza dei terminali portuali (c.d. "Port Security") e quella derivante dai "comparti di specialita'" delle Forze di polizia, tutti caratterizzati dal prefisso "sicurezza", ivi inclusa la "sicurezza del mare"225 . Quest'ultima, a similitudine degli altri comparti di specialita', e' espressione della pubblica sicurezza con valenza eminentemente territoriale, riferibile anche agli ambiti marittimi nei quali lo Stato esercita la propria sovranita'. Si aggiunge, inoltre, la sicurezza cibernetica e la "maritime security", intesa come il contrasto alle attivita' illecite che precludono il libero uso del mare. Oggi, la dimensione marittima e' sempre piu' al centro di contese e controversie internazionali e interne per il guadagno di un vantaggio strategico ed economico in una determinata area. 2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico La complessita' degli scenari e l'ambiguita' nell'interpretazione dei fenomeni alimentano un quadro geopolitico e geostrategico di difficile prevedibilita', caratterizzato da una continua evoluzione. Sempre piu' frequentemente, manifestazioni locali mostrano ripercussioni globali, rivelando come le differenti trame che compongono il manto della sicurezza siano fittamente intessute tra loro. In altri termini, tale portato alimenta il fenomeno che potremmo definire "globalizzazione dei fenomeni di insicurezza locale", legando strettamente la sicurezza dell'Italia a quella del "Mediterraneo allargato" fino all'Indo Pacifico. Non solo: il frequente ricorso a strumenti di "guerra ibrida" sfuma la linea di confine tra rivalita' e scontro, ampliando l'estensione della "zona grigia" destinata al confronto, portando la sicurezza domestica e quella internazionale a convergere gradualmente in uno spazio di manovra attraversato trasversalmente da una continua competizione nei domini tanto operativo, quanto economico-finanziario, informativo e cibernetico, con preoccupanti prospettive di estensione al dominio spaziale e al dominio marittimo, incluso l'ambito subacqueo, quale vera e propria nuova dimensione di crescita, sviluppo e confronto. Il complesso quadro fin qui descritto caratterizza lo stato di «competizione duratura», ovvero di tensione internazionale permanente e latente, per perseguire, anche attraverso l'adozione di comportamenti particolarmente assertivi, obiettivi specifici indicati nelle varie agende nazionali di politica estera. Cio' accade anche in mare, a causa dei fenomeni della territorializzazione e del "lawfare", cioe' di un uso strumentale, a volte spregiudicato, del diritto internazionale e del diritto internazionale marittimo in particolare. Questi fenomeni mirano all'appropriazione degli spazi marittimi e all'accesso esclusivo delle risorse che in essi risiedono. I loro effetti sono particolarmente sensibili nel bacino del Mediterraneo, meno di un quinto della cui superficie e' rimasta scevra da dispute da parte dei 21 stati costieri che vi si affacciano. A questo proposito va sottolineato che negli ultimi anni la competizione fra i Paesi affacciati sul Mediterraneo per la definizione di proprie Zone economiche esclusive (ZEE) ha "territorializzato" il mare di casa (v. supra par. 2.1). Dall'ideale del mare libero e sicuro alla realta' delle acque contese e contestate il salto di qualita' e' considerevole. Siamo una generazione indietro rispetto agli altri "Paesi medioceanici" perche' ci siamo rappresentati il Mediterraneo come dovrebbe essere invece di studiare come sia. Recuperare il terreno perduto, anche in termini di percezione e comunicazione pubblica, e' urgente. Il varo della legge che promuove la definizione di una nostra ZEE (v. supra par. 2.1.4) offre l'occasione per rivendicare e proteggere l'area marittima che riteniamo essere di nostra responsabilita', sulla base del diritto internazionale. 2.16.2 L'approccio alle sfide La sorveglianza e il controllo delle acque d'interesse nazionale - in un'accezione piu' ampia - necessitano di una risposta multilivello - inter-agenzia e interministeriale - in grado di coprire un'ampia area geografica che includa sia le aree marittime di diretta responsabilita' - incluse la ZEE e la Zona contigua (v. supra par. 2.1) - sia le aree oltre la giurisdizione nazionale lungo le principali rotte commerciali. Negli spazi marittimi di giurisdizione e, in proiezione, oltre i loro limiti, l'Italia persegue la difesa e sicurezza marittima sia nell'ambito del sistema di alleanze euroatlantiche sia direttamente, svolgendo un'attivita' di deterrenza, prevenzione e contrasto alle attivita' illecite in mare. Essa svolge inoltre una mirata attivita' di presenza e sorveglianza nelle aree di maggiore interesse nazionale, in prossimita' di quelle ove si sviluppano delle crisi regionali e lungo le linee di approvvigionamento strategico. Assume carattere prioritario preservare la liberta' di navigazione, in particolare nei punti di "strozzatura", c.d. "choke points". Rilevano tra questi lo Stretto di Sicilia e i Mari Adriatico e Jonio, caratterizzati dalla straordinaria valenza commerciale e securitaria delle rotte e dei dotti che vi scorrono. Nel merito, lo Stretto di Sicilia offre la possibilita' di controllare la rotta transoceanica Est-Ovest fra Indo-Pacifico e Atlantico. Lungo l'asse Sud-Nord vi scorrono una parte sempre piu' importante dei flussi energetici, oltre ai flussi migratori che hanno origine nel Sahel e nell'Africa profonda, orientale e occidentale, nonche' ai traffici illeciti di sostanze stupefacenti e distinte forme di contrabbando gestiti da organizzazioni criminali, anche a carattere internazionale. Anche i Mari Adriatico e Jonio rivestono un primario interesse strategico euroatlantico e sono teatro di diverse iniziative sotto egida nazionale - quale l'"Adrion" - o di altri Paesi, quali quella dei Tre Mari226 . Adriatico e Jonio completano infatti una cerniera lungo l'asse Nord-Sud che corre dall'Artico al Mar Nero e al Mar Mediterraneo, attraversando il Mar Baltico e sfociando nell'Indopacifico. Tale azione costituisce un fattore abilitante per l'attivita' di tutti gli operatori del cluster marittimo nazionale e internazionale, perche' ne rappresenta il pre-requisito: un mare poco sicuro e' un mare piu' costoso. Infatti, in assenza della liberta' di navigazione e dell'uso sicuro del mare, il nostro sistema di import-export rischierebbe lo stallo offrendo un vantaggio competitivo ad altre rotte e porti lontani dalla principale direttrice commerciale/mercantile mediterranea227 . L'area del "Mediterraneo allargato", in cui si proietta l'azione della difesa, costituisce un settore di elevata rilevanza strategica ed economica. Nel corso dei precedenti decenni, si e' assistito a un progressivo ampliamento dei suoi confini concettuali, funzionale ad includere cause e origini dei principali fenomeni convergenti nella sfera degli interessi strategici nazionali. Nel quadro di questi interessi rientrano la liberta' di navigazione, il commercio e il connesso sistema di trasporti, le sopra menzionate risorse energetiche, il posizionamento diplomatico, economico, industriale, la ricerca scientifica, la difesa dei connazionali all'estero, la promozione ampia e trasversale della marittimita'. Il concetto di "Mediterraneo allargato", come gia' definito, e' pertanto in continuo divenire e non e' ancorato a rigidi vincoli geografici. La presenza di importanti fattori di criticita' (radicati in particolare nei sottosistemi meridionale e orientale), nonche' la coesistenza di interessi spesso divergenti di attori interni ed esterni all'area (quali Russia e Cina) sono elementi che continuano ad alimentare la complessita' e la mutevolezza dello scenario. La crescente rilevanza di dimensioni d'azione non-fisiche (quali cyberspazio o dominio informativo), la citata interdipendenza di fondo dei fenomeni regionali e la necessaria condivisione di interessi nei beni pubblici globali (i c.d. "global commons") rendono dunque opportuno individuare un orizzonte strategico maggiormente elastico. Inoltre, gli eventi che hanno interessato infrastrutture critiche sottomarine implicano un urgente approfondimento delle gia' attuali tematiche inerenti le capacita' esprimibili nell'ambiente subacqueo. Si pensi che gia' oggi la quasi totalita' dei dati trasmessi per le comunicazioni digitali viaggia su cavi sottomarini. Allo stesso tempo, oltre l'80% dei fondali di mari e oceani risulta inesplorato. In tale ambiente, pero', la rapida innovazione tecnologica avvenuta negli ultimi tempi ha consentito di compiere passi straordinari, rendendo di fatto sempre maggiore - ed a basso costo - l'accessibilita' alle alte profondita' e ai fondali marini. Cio' schiude la disponibilita' di nuove risorse (energetiche, minerarie, ittiche) a disposizione delle comunita'. Contestualmente, la diffusa accessibilita' incrementa anche le minacce e i rischi che possono concretizzarsi nell'ambiente subacqueo e in particolare alle infrastrutture di sensibilita' strategica. Questa configurazione, insieme alla prospettiva di un prossimo incremento della "abitabilita'" degli abissi e dei fondali, rende di fatto l'ambiente marino sotto la superficie una vera e propria dimensione fisica, la quinta dopo terra, aria, acqua e spazio. Di conseguenza e' necessario predisporre un'organizzazione che permetta di regolarizzare sia a livello nazionale che a livello internazionale le interazioni in questa dimensione, in particolare in termini di governance, di sfruttamento e di tutela. In sintesi, e' necessario proteggere il complesso sistema produttivo e di trasporto marittimo composto dalle linee di comunicazione, dai porti, dagli interporti, dai centri nodali di smistamento e dal retroterra della catena logistica, dalla flotta mercantile, crocieristica e peschereccia, nonche' dagli oleodotti e gasdotti sottomarini, dalle navi e piattaforme petrolifere offshore e dai parchi eolici marini. Temi, questi, che in passato sono stati trattati esclusivamente per i loro risvolti economici e che richiedono d'essere invece ricondotti in un'unica visione strategica d'insieme. In particolare, dovra' essere mantenuta una forte attenzione sul mantenimento del controllo di alcuni asset strategici, come i principali porti, utilizzando tutta la strumentazione giuridica e finanziaria disponibile per evitare che eventuali investimenti esteri possano limitare l'autonomia strategica della nostra Nazione. Negli ultimi anni vi e' stato, infatti, un esplicito interessamento a questi scali da parte straniera. Questioni che abbiamo finora trattato come locali e unicamente commerciali, mentre ne e' evidente il grado strategico. Lo scalo di Taranto e' ideale da e verso Suez (come tale individuato dalla Cina oltre vent'anni fa, nel contesto delle "vie marittime della seta"), quello di Trieste, non solo quale emporio mitteleuropeo ma come perno delle connessioni infrastrutturali, militari e civili, fra Adriatico e Baltico. La sorveglianza e il controllo degli spazi marittimi d'interesse nazionale - nell'accezione piu' ampia ed estesa a tutte le dimensioni - necessitano dunque di un'azione multilivello, inter-agenzia e interministeriale, che deve sfociare nel coordinamento di tutte le risorse militari e civili nazionali, con un approccio integrato con i nostri alleati e partner. Quest'azione deve essere, inoltre, concettualmente declinata ovunque risiedano i nostri interessi nazionali. Si tratta di un'area estremamente ampia, che supera i confini delle acque di giurisdizione nazionale e si estende oltre il "Mediterraneo allargato". Su questa base allargata (medio-oceanica) poggia l'interesse italiano per le vastita' marine. L'Italia non e' una grande potenza mondiale e non ha una diretta proiezione negli oceani Atlantico e Indo-Pacifico. Ma la sua sicurezza nel mare di casa - il Mediterraneo classico - dipende dalla sicurezza nell'Oceano mondo. Necessariamente, mentre negli spazi piu' prossimi l'Italia esercita prevalentemente le proprie responsabilita' in maniera diretta, per garantire la sicurezza marittima di quelli piu' distanti essa tende progressivamente a ricorrere ad accordi e alleanze internazionali. Cio' richiede: - l'impiego sinergico di tutti gli strumenti del potere nazionale (Politico, Diplomatico, Informativo, Militare ed Economico) per l'affermazione e la tutela degli interessi sul mare; - la condivisione delle informazioni necessarie a mitigare i rischi identificati; - il coordinamento degli indirizzi strategici delle politiche del mare; - la condivisione delle informazioni relative ai traffici marittimi; - il raccordo operativo tra le varie amministrazioni competenti, ai fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare. - il raccordo operativo tra le varie amministrazioni competenti, ai fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare. Risulta pertanto indispensabile mitigare i fattori di rischio indentificati, nonche' monitorare il traffico e le minacce a cui questo si dovesse trovare esposto - ad altissime profondita' ed anche ben oltre i confini nazionali - tra cui potremmo annoverare, senza esclusione di altre fattispecie: - il crimine marittimo e la pirateria, incluse attivita' come il contrabbando, il traffico di sostanze stupefacenti e di persone, gestite da organizzazioni anche a carattere internazionale: sistemi sempre piu' complessi e interconnessi offrono opportunita' di interferenze e azioni malevole. Nei prossimi decenni i conflitti, il degrado economico e i cambiamenti climatici potrebbero aumentare i livelli di instabilita', il numero di stati falliti o scarsamente governati, generando condizioni sempre piu' favorevoli al crimine marittimo e alla pirateria. L'Italia continuera' ad impegnarsi - insieme con alleati e partner - per rafforzare le proprie capacita' e il quadro normativo per il contrasto alla criminalita' organizzata e alla pirateria. Occorrera' sviluppare quindi a livello inter-agenzia e interministeriale un processo di revisione continua delle linee guida per il coordinamento e il contrasto di tali minacce; - la pesca indiscriminata, nota anche come pesca illegale, non dichiarata e non regolamentata (IUU, Illegal, Unreported, and Unregulated Fishing), rappresenta una seria minaccia per le risorse ittiche e gli ecosistemi marini. Questa pratica dannosa implica lo sfruttamento del mare al di fuori dei confini legali e dei regolamenti stabiliti dalle autorita' competenti. L'Italia, come molti altri Paesi, si impegna attivamente nella lotta alla pesca indiscriminata e nella promozione di pratiche sostenibili e responsabili. La gestione e la conservazione delle risorse ittiche sono cruciali per garantire la sostenibilita' a lungo termine degli stock e preservare gli ecosistemi marini. Per contrastare la pesca indiscriminata, l'Italia adotta diverse misure a livello nazionale e internazionale, nel rispetto degli accordi internazionali sottoscritti e della partecipazione alle organizzazioni internazionali di riferimento. L'obiettivo principale e' garantire la sostenibilita' delle risorse ittiche preservando gli ecosistemi marini per le generazioni future. - lo sfruttamento indiscriminato e incontrollato dei fondali marini che, oltre che portare all'appropriazione esclusiva di risorse naturali, potrebbe arrecare indirettamente danni gravissimi all'ambiente anche nelle aree limitrofe. - il terrorismo: le sempre piu' diffuse aree di instabilita' e conflitto, cosi' come le diverse piattaforme digitali, continueranno a fornire una base per l'attivita' terroristica (indipendente o riconducibile ad organismi statali) attraverso attacchi a navi o infrastrutture strategiche offshore. Le metodologie di attacco potrebbero nel tempo evolvere, includendo l'impiego di tecnologie emergenti che hanno anche aperto l'accesso agli spazi subacquei ad un numero sempre maggiore di attori a costi sempre piu' contenuti. Assistiamo a una nuova corsa agli "abissi" e, alla luce degli attuali scenari, e' necessario agire in anticipo per predisporre adeguate condizioni di tutela degli interessi nazionali che insistono in tale dimensione. Sara' quindi necessario disporre di un ampio ventaglio di capacita' dispiegabili anche ad altissime profondita', in grado sia di garantire il controllo e la tutela della dimensione subacquea, ivi comprese le infrastrutture che vi risiedono, sia un'adeguata capacita' di monitoraggio e intervento. Ancora una volta un approccio condiviso e collaborativo, sia nel contesto nazionale sia internazionale, e' alla base delle soluzioni di prevenzione e contrasto; - gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento tecnologico sta rendendo le infrastrutture critiche nazionali sempre piu' vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi che piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard, regolamenti e linee guida appropriate in questi settori. In questo campo e' fondamentale condividere la responsabilita' della tutela e della protezione tra istituzioni ed industria nell'ottica sia di sviluppare nuovi sistemi di protezione, sia di aumentare la resilienza del sistema nazionale. - gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento tecnologico sta rendendo le infrastrutture critiche nazionali sempre piu' vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi che piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard, regolamenti e linee guida appropriate in questi settori. In questo campo e' fondamentale condividere la responsabilita' della tutela e della protezione tra istituzioni ed industria nell'ottica sia di sviluppare nuovi sistemi di protezione, sia di aumentare la resilienza del sistema nazionale. Tutto cio' e' perseguibile attraverso un quadro aggiornato della situazione marittima, da condividere a livello interforze, interagenzia e interministeriale, a beneficio di tutte le amministrazioni e nel rispetto delle loro diverse competenze. Tale dispositivo avra' il suo naturale riferimento nel Cipom. Le modalita' di implementazione del Dispositivo interministeriale sono decise in ambito di Governo. Le sfide che nel nostro tempo provengono dal mare e dai suoi fondali richiedono un approccio collegiale integrato e sinergico che coinvolga tutti gli attori, istituzionali e non, con funzioni e competenze attinenti alla marittimita'. La sicurezza marittima puo' dunque essere garantita solo attraverso un'azione coordinata, condivisa e integrata in una visione d'insieme, fra tutte le strutture civili e militari che vi partecipano, a livello locale come a quello nazionale, unitamente allo sviluppo e alla valorizzazione di un patrimonio tecnologico avanzato e all'avanguardia, nel cui ambito e' indispensabile garantire una cornice di sicurezza abilitante per le attivita' del cluster marittimo.
3. CONCLUSIONI Cio' che e' emerso con forza nella redazione del Piano del mare e' l'esigenza di esprimere una visione armoniosa, alta e onnicomprensiva, per fare di questo documento uno strumento di programmazione unitario e coordinato sulle strategie da adottare nelle politiche del mare. L'Italia intende guardare al mare oltre l'orizzonte con occhi nuovi e con un diverso approccio che non sia soltanto economicistico, ma anche con una chiara strategia di sicurezza, in un Mediterraneo baricentro tra interessi di diverse Potenze e, quindi, in una posizione esposta e da tutelare. Ecco perche' si rende necessario superare la visione essenzialmente commerciale che l'Italia ha finora avuto della geopolitica marittima. E' ormai urgente adottare dei provvedimenti che incentivino la competitivita' delle nostre imprese, delle nostre associazioni, dei nostri territori, con particolare attenzione alle isole minori; dei provvedimenti che tutelino il nostro patrimonio marino, accompagnando la transizione dalla "crescita blu" ad una economia del mare sostenibile;228 dei provvedimenti che rendano piu' efficiente ed efficace l'azione complessiva dello Stato sul mare, in termini di sicurezza nazionale, sul rispetto dei vincoli internazionali e di tutela della territorialita' delle acque. In particolare, si rende necessario sviluppare azioni coerenti con le direttrici che possano anche: - snellire la burocrazia, semplificando i rapporti tra imprese, territori e PA, riducendo il numero di passaggi e i tempi per compierli, attraverso la messa a sistema degli interlocutori istituzionali; imprenditori marittimi e istituzioni devono raccordarsi agevolmente semplificando il livello regolatorio, di intese, nulla osta e altri atti di assenso comunque denominati, nella stesura delle normative attuative di settore da parte dei dicasteri competenti attraverso l'attivazione di conferenze di servizi semplificate; - adottare normative chiare e politiche fiscali certe, al fine di rendere piu' competitive le filiere del mare; - internazionalizzare, promuovere e comunicare l'economia del mare "Made in Italy"; - digitalizzare l'intero settore marittimo, per conferirgli maggiore competitivita' e appetibilita' a livello internazionale, colmando i gap di interconnessione nazionale attraverso l'adozione di un'unica banca dati in cui gli attori pubblici e privati possano far convergere ed attingere l'informazione, partendo dagli strumenti per la pianificazione spaziale, per semplificare e velocizzare le procedure autorizzative; tale strumento potrebbe essere gestito dal Cipom (o dal Ministero della Protezione Civile e del Mare) ed essere messo a disposizione di tutte le pertinenti realta' pubbliche e private; - rafforzare quantitativamente e qualitativamente la rappresentanza della marittimita' italiana nell'Unione Europea e nelle sedi internazionali preposte; - allineare la normativa del settore marittimo a quella gia' assai attenta dell'Unione Europea, evitando d'adottare delle norme piu' restrittive solo per l'Italia, norme che avrebbero il solo effetto di penalizzare la nostra competitivita'; - inquadrare in maniera trasversale il tema della formazione del personale marittimo e del mantenimento delle relative qualifiche, cui e' necessario guardare, anche in questo caso, con occhi orientati alla semplificazione e alla competitivita'; - attuare delle politiche ambientali orientate alla sostenibilita', nelle dimensioni ecologica, economica, sociale e giuridica, che coinvolgano nel processo le attivita' produttive; - favorire e sostenere network e cluster nazionali di tutti gli utenti del mare, partendo da quelli istituzionalmente riconosciuti a livello nazionale ed europeo, anche attraverso nuovi sistemi tecnologici innovativi, che possano rafforzare e maggiormente qualificare l'offerta marittima italiana sia a livello nazionale che internazionale; - facilitare le sinergie tra istituzioni, territori, imprese, associazioni, autorita' civili, autorita' militari e cittadini che operano sul e per il mare; - affrontare in maniera innovativa la questione del dragaggio dei porti e dei loro accessi; si tratta di un aspetto estremamente delicato, che rischia di penalizzare i nostri sorgitori e, con essi, i nostri imprenditori marittimi; un tema, questo, che abbraccia interessi trasversali e richiede un approccio parimenti trasversale, consapevole ma agile; - incentivare la transizione energetica, attraverso un'azione dello Stato consapevole e determinata; - sostenere l'innovazione tecnologica, mettendo insieme il mondo delle imprese e il mondo della ricerca, che e' alla base della competitivita' delle nostre imprese marittime; - migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione complessiva dello Stato sul mare; - promuovere, a cominciare dalla scuola primaria, una nuova cultura del mare, attraverso l'approccio multidisciplinare (letteratura, mito, storia, antropologia, economia, archeologia, scienza, arte), finalizzato ad approfondire la conoscenza di questo straordinario elemento della natura per migliorarne la salvaguardia e la valorizzazione. In sintesi, e' necessario addivenire a un punto d'equilibrio tra esigenze apparentemente contrastanti. La disciplina delle attivita' marittime deve essere permeata: da unicita' di visione, perche' e' unico il patrimonio del mare; da trasversalita', perche' nello scrivere una norma e' fondamentale la consapevolezza degli effetti che inevitabilmente si riverberano su piu' ambiti, una consapevolezza marittima, che richiede una formazione e una preparazione specifiche; da omogeneita' d'applicazione, perche' gli operatori economici hanno esigenza di confrontarsi con procedure agili, consolidate e prevedibili, pur nel rispetto della tutela di peculiarita' locali meritevoli di attenzione. Serve adottare un approccio corale, per orientare le politiche del mare in maniera armoniosa, per sprigionare le straordinarie potenzialita' marittime dell'Italia, per sostenere lo sviluppo d'iniziative tese a valorizzare il patrimonio delle opportunita' di cui disponiamo. Questo sforzo implica anche la diffusione della cultura marittima, il recupero e la valorizzazione delle nostre antiche tradizioni marinare, l'accento sulla comunicazione e sulla promozione di un pensiero strategico. Per essere efficace, questa trasformazione deve poggiare su una solida base culturale e sulla piu' ampia partecipazione non solo dei soggetti strettamente interessati, ma di tutti i cittadini. 4. APPENDICE Il presente "Piano del mare" nazionale e' il risultato della sinergica azione di coordinamento, programmazione ed indirizzo strategico svolta dal Comitato interministeriale per le politiche del mare (Cipom), istituito con il decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, legge 16 dicembre 2022, n. 204, e presieduto dal Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare e composto dai seguenti Ministri: ♦ Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale; ♦ Ministro della difesa; ♦ Ministro dell'economia e delle finanze; ♦ Ministro delle imprese e del made in italy; ♦ Ministro dell'agricoltura, della sovranita' alimentare e delle foreste; ♦ Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica; ♦ Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; ♦ Ministro della cultura; ♦ Ministro del turismo; ♦ Ministro per gli affari regionali e le autonomie; ♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. ♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione e il PNRR. Il presente "Piano" e' stato redatto con il supporto della Struttura di missione per le politiche del mare e il contributo dei sottoelencati dieci esperti, nominati dal Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare ai sensi dell'art. 9, comma 2 del d.lgs. n. 303 del 1999: ♦ ACAMPORA Dott. Giovanni - Presidente ASSONAUTICA; ♦ CARACCIOLO Prof. Lucio - Professore di relazioni internazionali e studi strategici, direttore della rivista "Limes"; ♦ CATAUDELLA Prof. Stefano - Professore emerito di ecologia applicata nell'Universita' di "Tor Vergata"; ♦ CORDARO Avv. Salvatore - Avvocato cassazionista - gia' assessore della Regione siciliana al Territorio e all'ambiente; ♦ NONES Prof. Michele - Gia' consigliere PCM e ministeriale per questioni di sicurezza; Vicepresidente IAI; ♦ PISANI Dott. Vincenzo - Fondazione Leonardo Civilta' delle Macchine; ♦ RIBUFFO Amm. Pierpaolo - Ammiraglio di Divisione - Comandante Interregionale Marittimo Nord; ♦ ROSSI Avv. Alberto - Segretario generale ASSARMATORI; ♦ SISTO Dott. Luca - Direttore generale CONFITARMA; ♦ TELLARINI Prof.ssa Greta - Professoressa di diritto della navigazione e dei trasporti. ♦ TELLARINI Prof.ssa Greta - Professoressa di diritto della navigazione e dei trasporti. Hanno altresi' contribuito al "Piano", nella qualita' di Consiglieri del Ministro: ♦ Prof. Claudio GAMBINO, professore associato di geografia nell'Universita' Kore di Enna; ♦ Avv. Giacomo GARGANO, professore associato di diritto amministrativo nell'Universita' Kore di Enna; ♦ Capitano Luigi LANERA; ♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di diritto della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma. ♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di diritto della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma. Portatori di interesse o stakeholder: • AGCI - AGRITAL • CONFETRA • LEGAPESCA COOP • COLDIRETTI - IMPRESA • AGRIPESCA - UCI PESCA • LEGA NAVALE • AERO • CONFARCA • LEONARDO S.P.A. • AIAD • CONFCOMMERCIO • MAREVIVO • AIDNI • CONFINDUSTRIA • OGS TRIESTE • OP TONNIERI DEL • AIDIM • CONFINDUSTRIA NAUTICA TIRRENO • OSSERVATORIO NAZIONALE PER LA • AIPAS • CONFTRASPORTO TUTELA DEL MARE • OSSERVATORIO • ALL•PESCA • CONFITARMA NAZIONALE PESCA • ALIS • CONFSAL PESCA • PESCAGRI - CIA • CONFIMPRESE DEMANIALI • ANCI ITALIA • SAIPEM • CONFARTIGIANATO • ANASPED IMPRESE BALNEARI • SNAM • ANEV • CONFESERCENTI • RINA • CONSORZIO • TIM S.P.A. • ANCIM MEDITERRANEO (SPARKLE) • CONFTURISMO - • ANIM CONFCOMMERCIO • TERNA • SEGRETARIATO UNIONE PER IL • ANCIP • DCGCMCC MEDITERRANEO • ALLEANZE COOP• ITALIANE PESCA • DRASS • SIB ITALIA • SIB • AMI • ELETTRICITA' FUTURA CONFCOMMERCIO • AMA • ENI • UE COOP • UGL • ANAPI • ELETTRONICA S.P.A. AGROALIMENTARE • ANGOPI • FEDERCOOPESCA • UILA PESCA • ANTEP • FAITA FEDERCAMPING • UIL TRASPORTI • ANTA • FAI CISL • UGL MARE • FEDAGRIPESCA - • ASSITERMINAL CONFCOOPERATIVE • UNASCA • FEDERAGENTI - • API ASSAGENTI • UNEM • UNCI - • ARCHEOCLUB ITALIA • FEDEPILOTI AGROALIMENTARE • ARCI PESCA FISA • FEDERALBERGHI • UNIPORT - FISE • ARPACAL • FEDERBALNEARI • UNICOOP PESCA • ASSOCAD • FEDESPEDI - ANTEP • USCLAC - UNCDIM • WEST MED - • ASSOARPA • FEDERIMORCHIATORI NATIONAL HUB • ASSONAVE • FEDER OP.IT • WWF • ASSAGENTI • FEDERLOGISTICA • ASSARMATORI • FEDERTERZIARIO • ASSORIMORCHIATORI • FEDERAZIONE DEL MARE • ASSOPORTI • FEDERMARE • ASSOCIAZIONE MARINERIE D'ITALIA • FEDERPESCA • ASSOCIAZIONE PESCA AGRI CIA • FEDERTURISMO • ASSOBALNEARI • FINCANTIERI S.P.A. • ASSOCOSTIERI • FIBA CONFESERCENTI • ASSOITTICA • FIPIA • ASSOGASLIQUIDI- FEDERCHIMICA • FILT-CGIL • ASSOLOGISTICA • FIPO • ASSONAT • FIPSAS CONI • ASSONAUTICA • FIT-CISL • ASSORISORSE • FLAI CGIL • ASSOMARINAS • GREENPEACE • IMPRESA PESCA - ASS. • ASSOTURISMO PESCA ED ACQUACOLTURA • INTERNATIONAL • ASSOITTICA PROPELLER CLUBS • ISTITUTO ITALIANO DI • BE.WA.RE. NAVIGAZIONE • CLIA • INTERMARINE S.P.A. • BIG - CLUSTER • ITS ACADEMY TECNOLOGICO NAZIONALE FONDAZIONE CABOTO • LEGACOOP - • CNA AGROALIMENTARE • CNSD • LEGAMBIENTE Amministrazioni pubbliche ed Enti pubblici: • Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali • Ministero dell'Interno • Ministero dell'Istruzione e del Merito • Comitato Offshore • Dipartimento per le Politiche di coesione • CONI • ANPAL • INAIL • INPS Enti di ricerca: • Centro Resilienza Coste • CESMAR • Comitato Sicurezza delle Attivita' Off-shore • CNR • CONSIMA • ENEA • EURISPES - Osservatorio Isole Minori • ISPRA • Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale • NOEL - UNIVERSITA' MEDITERRANEA • OGS TRIESTE • Universita' La Sapienza - Cattedra di Geologia Marina (Prof. F. CHIOCCI) • Universita' Roma 3 • INGV • INGV Il flusso di lavoro prodromico all'approvazione del primo "Piano del mare" italiano e' iniziato il 29 marzo 2023 con la prima riunione del Cipom nella quale il Presidente, il Ministro per la Protezione civile e le Politiche del mare Senatore Nello Musumeci, ha illustrato il metodo di lavoro che le articolazioni amministrative dipendenti avrebbero seguito per raggiungere detto importante primo obiettivo, evidenziando come lo stesso sarebbe stato il piu' inclusivo possibile, dando voce a tutti i portatori d'interessi e alle amministrazioni facenti parte del Cipom. A tal fine, dopo questo primo incontro, la Struttura di Missione per le Politiche del Mare ha organizzato dieci audizioni tematiche con tutti gli stakeholder in ambito marittimo, al fine di acquisire dagli stessi tutte le criticita' rappresentate, nonche' le informazioni necessarie per realizzare un Piano completo che consentisse di elaborare possibili soluzioni rispetto alle citate criticita' per un rilancio complessivo della blue economy nazionale. Nello specifico, le audizioni hanno riguardato le seguenti aree tematiche, con la partecipazione riepilogata nella Tabella 1 di seguito riportata: ♦ 26 aprile 2023 ("Porti e logistica"); ♦ 28 aprile 2023 ("Rotte marittime e spedizioni"); ♦ 3 maggio 2023 ("Ecosistemi, biodiversita' e risorse marine viventi"); ♦ 10 maggio 2023 ("Risorse energetiche, immersioni e geologia marina"); ♦ 17 maggio 2023 ("Beni culturali, turismo/crociera, sport, demanio marittimo"); ♦ 23 maggio 2023 ("Sicurezza; promozione e proiezione del sistema marittimo nazionale a livello internazionale"); ♦ 29 maggio 2023 ("Lavoro e formazione"); ♦ 29 maggio 2023 ("Isole minori"); ♦ 5 giugno 2023 ("Lavoro e formazione. - Settore della pesca"); ♦ 7 giugno 2023 ("Approfondimenti). In data 5 luglio 2023, sono stati convocati, per un ulteriore confronto sul redigendo Piano, i Vertici della Marina Militare, della Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie di porto, nonche' delle Agenzie del Demanio e delle Dogane. Le audizioni per il "Piano del mare" hanno richiesto un'intensa attivita' di gestione e coordinamento da parte della Struttura di Missione per le Politiche del mare che ha organizzato e svolto, alla presenza dei dieci esperti designati, un totale di n. 83 audizioni, ascoltando oltre n. 190 stakeholder e raccogliendo n. 139 contributi presentati dai diversi portatori d'interesse. Si evince un'elevata percentuale di partecipazione alle audizioni, sintomo di un forte interesse alle tematiche della blue economy nazionale, sia da parte dei portatori di interesse che da parte delle Pubbliche Amministrazioni, raggiungendo, in vari casi, livelli di partecipazione molto vicini al 100%. Terminate le audizioni degli stakeholder, si e' proceduto a elaborare la prima bozza di Piano del mare. Il 28 giugno 2023 e' stata convocata la seconda seduta del Cipom al fine di illustrare, alle diverse Amministrazioni facenti parte del Comitato, l'andamento dei lavori di redazione del Piano e la necessita' di un continuo coinvolgimento delle stesse per eventuali osservazioni e ampliamento delle aree tematiche trattate dal Piano. Il presente "Piano del mare" e' stato approvato all'unanimita' il 31 luglio 2023, nel corso della terza seduta del Cipom. --------------------------------------- 1 Vds. Comunicazione Commissione Europea 17 Maggio 2021, n. 240 Final. 2 Vds. Comunicazione Commissione Europea n. 240 del 2021 Final. 3 Vds. Italian Maritime Economy, Rapporto SRM, 2021. 4 Vds. Undersea Telecommunication Cables: Technology Overview and Issues for Congress, Congressional Research Service, September 13, 2022. 5 Il trasporto via mare contribuisce sole per il 3% alle emissioni di gas serra https://ec.europa.eu/research-and-innovation/en/horizon-magazine/emis sions-free-sailing-full-steam-ahead-ocean-going-shipping 6 Vds. «The EU Blue Economy Report 2023». 7 Vds. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare», Centro Studi Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare. 8 Elaborazione SRM Assoporti e UNEM 2022 (presentazione rapporto 4° «MED & ITALIAN ENERGY REPORT» di SRM e dell'ESL@Energy Center del politecnico di Torino, 1 dic. 2022). 9 Ibidem; greggio e' inteso come petrolio e GNL. 10 Il "Mediterraneo allargato" e' un concetto geopolitico e geostrategico identificabile con la Regione che include aree immediatamente contigue al Mediterraneo "in senso stretto", e si allarga ad oriente verso il Mar Nero, il Medio Oriente e - tramite Suez - il Mar Rosso, il Golfo Persico, il Corno d'Africa, l'Oceano Indiano e a occidente - attraverso Gibilterra - verso il Golfo di Guinea (fonte: Ministero della Difesa, Strategia di Sicurezza e Difesa per il Mediterraneo, ed. 2022). 11 Recante il «Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero», poi modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, meglio nota come legge "Bossi-Fini". 12 Recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». 13 Recante l'«Istituzione di una zona economica esclusiva oltre il limite esterno del mare territoriale». 14 Mentre la ZEE deve essere proclamata per divenire effettiva, la piattaforma continentale, costituendo secondo l'art. 76, paragrafo 1, dell'UNCLOS, un prolungamento naturale del territorio emerso, appartiene allo Stato costiero ab initio ed ipso jure. Ai sensi dell'art. 77, paragrafo 3, della stessa Convenzione, «I diritti dello Stato costiero sulla piattaforma continentale non dipendono dall'occupazione effettiva o fittizia o da qualsiasi specifica proclamazione». 15 Recante norme sulla «Ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi nel mare territoriale e nella piattaforma continentale e modificazioni alla l. 11 gennaio 1957, n. 6, sulla ricerca e coltivazione degli idrocarburi liquidi e gassosi», ulteriormente modificata dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, di ratifica ed esecuzione dell'UNCLOS, che sostituisce la definizione di Piattaforma Continentale con quella dell'art 76 della UNCLOS. 16 Conformemente a quanto previsto all'art. 125 della Convenzione di Montego Bay, godono del diritto di passaggio inoffensivo anche gli Stati privi di litorale. 17 Vds. Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del Mare - Montego Bay (UNCLOS) 1982, art. 19. 18 In questa ottica si colloca la politica di vicinato della UE di cui all'articolo 8 del TUE, ovvero di una rete di rapporti collaborativi con Paesi in grado di assurgere al ruolo di partner impegnandosi su programmi e progetti che includono una componente di sviluppo economico e un forte impegno al miglioramento della catena logistica, come effettivamente sta accadendo in alcuni Paesi dell'area Middle East and North Africa, quale - a titolo esemplificativo ma non esclusivo - il Marocco. Trattasi, nella sostanza, di una politica bilaterale tra l'Unione europea e ciascuno Stato partner, che prevede iniziative di cooperazione regionale: il partenariato orientale (c.d. "PO") e l'Unione per il Mediterraneo (UpM), etc. 19 In particolare, i servizi di collegamento marittimo Ro-Ro/Pax attivi nelle due isole maggiori hanno movimentato piu' di 30 milioni di tonnellate di merce e oltre 6 milioni di passeggeri. 20 Vds. Direttiva UE n. 959 del 2023 del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica della Direttiva CE 13 ottobre 2003, n. 87, che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nell'Unione. 21 Piu' approfonditamente sulle isole minori italiane nell'ottica del presente Piano del mare si rinvia infra al par. 2.12. 22 Risulta quindi evidente il legame indissolubile tra insularita' e trasporto marittimo insulare. 23 Nel 2019 sono stati oltre 26 milioni i passeggeri che hanno utilizzato il trasporto marittimo locale. 24 Il raddoppio del Canale di Suez (completato nel 2015) e il progetto "Belt and Road Initiative", promosso dalla Cina fin dal 2013, rendono l'area nel cui centro e' situato l'Italia un luogo di interesse logistico prioritario. 25 Cfr. «Drewry Maritime Research, Container Forecast - Q1 2022». 26 Cfr. «Rapporto Shipping Industry Italia - Il contributo della Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021. 27 Nel Sud sono presenti le maggiori strutture portuali per i servizi marittimi di "transhipment" (Gioia Tauro, Taranto e Cagliari). 28 Cosi' come precisato anche dall'articolo 21 del Regolamento UE 11 dicembre 2013, n. 1315. 29 Che istituisce un quadro normativo per la fornitura dei servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria dei porti. 30 Quali i cc.dd. "Ecobonus" e "Marebonus". 31 Cfr., ex multis, «Rapporto Shipping Industry Italia - Il contributo della Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021, pag. 16. 32 Cfr. «Ports Infographics Maritime Economy 2023». 33 I piu' diffusi afferiscono al trasporto dei prodotti siderurgici e delle rinfuse liquide, in particolar modo per quanto riguarda i settori petrolifero e chimico a servizio dell'industria nazionale. 34 Trattasi del Regolamento (CE) che concerne l'applicazione del principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi fra Stati membri ("cabotaggio marittimo"). 35 Cfr., ex multis, Paper Cassa Depositi e Prestiti dal titolo «Crocieristica e Covid-19: Alcuni fatti stilizzati», 2020, nonche' vedasi il Report CLIA «State of the cruise industry outlook», 2022. 36 Completano il podio dello scorso anno Civitavecchia e Marsiglia (entrambe in significativa crescita passeggeri sul 2021). Nelle successive posizioni ci sono Marsiglia, Palma de Mallorca, con Napoli e Genova a contendersi il quinto posto. 37 Cfr., ex multis, «Il traffico crocieristico in Italia nel 2022 e le previsioni per il 2023», Risposte al Turismo, speciale crociere, edizione 2023. 38 Cio' scongiurando, tuttavia, lo sfruttamento di approdi eventualmente situati in aree private presenti all'interno di alcune realta' portuali nazionali le quali, al contrario, dovrebbero essere oggetto di demanializzazione. 39 L'entrata in funzione del nuovo regime per i controlli dei passeggeri e dei marittimi di Paesi terzi in partenza o in arrivo dai/nei porti Schengen in attuazione del Regolamento UE 30 novembre 2017, n. 2226 avra' un impatto sulle compagnie di traghetti e crociere nelle tratte con Paesi terzi. Tale normativa introduce a livello europeo due sistemi: (i) il sistema di controllo degli ingressi e delle uscite, c.d. "EES" (Entry-Exit System), che si applichera' a tutti i viaggiatori di Paesi terzi che desiderano entrare nell'area Schengen per un breve periodo (massimo 90 giorni ogni 180); (ii) il sistema di informazione e autorizzazione ai viaggi, c.d. "ETIAS" (European Travel Information and Authorisation System) che, invece, si applichera' solo ai cittadini di Paesi terzi esenti dall'obbligo di visto. 40 In questo senso, occorre altresi' un impegno a livello internazionale per fare in modo che almeno i passeggeri delle compagnie crocieristiche che si imbarcano in un porto Schengen e sbarcano nuovamente nello stesso porto od in un altro, sempre in area Schengen, siano esentati da tali controlli. 41 Che ricomprende nel proprio alveo merce pallettizzata, in balle, in fusti, in casse, oppure grandi macchinari fuori sagoma (c.d. "project cargo"). 42 Cfr. Statistiche della Banca d'Italia relative alla «Indagine sui trasporti internazionali di merci», giugno 2023: https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-trasporti-internaz ionali/2023-indagine-trasporti-internazionali/Statistiche ITM 0806202 3.pdf. 43 Per quanto riguarda le rinfuse liquide imbarcate e sbarcate nei porti italiani, il 2022 ha registrato 169.016.474 tonnellate. In crescita quindi del 3,2% rispetto ai 163.796.753 del 2021 (anche se, nel 2019, il totale registrato era pari a 182.808.394 tonnellate). Le rinfuse solide, invece, nei dodici mesi terminati il 31 dicembre scorso erano state 61.071.582 tonnellate, il 7,3% in piu' rispetto ai 56.937.187 di tonnellate del 2021 (nonche' ai 59.661.023 di tonnellate registrate nel 2019). Per contro, ancora al di sotto del periodo pre-Covid sono le altre merci varie (ovvero i traffici break bulk) che nel 2019 valevano 23.368.829 tonnellate, nel 2021 erano state 20.360.044 tonnellate e l'anno scorso 19.664.663 tonnellate. 44 Vds. Comunicazione della Commissione europea (2004) 43, rubricata «Orientamenti comunitari in materia di aiuti di Stato ai trasporti marittimi». 45 Trattasi, in particolare: (a) del credito d'imposta corrispondente all'Irpef dovuta sulle retribuzioni corrisposte al personale imbarcato a bordo di navi iscritte nel Registro internazionale (Cfr. articolo 4, comma 1); (b) della riduzione dell'80% del reddito derivante dall'utilizzazione delle predette navi (Cfr. articolo 4, comma 2); (c) dell'esonero dal versamento di contributi previdenziali e assistenziali per il personale imbarcato (Cfr. articolo 6); (d) della riduzione dell'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni (Cfr. articolo 9-quater). 46 Inoltre, il settore del trasporto marittimo beneficia del regime opzionale della c.d. "Tonnage Tax" di cui agli articoli 155-161 del T.U.I.R (d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917). 47 Cfr. regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 e s.m.i.. 48 Cfr. d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328 e s.m.i.. 49 Un esempio sono le attivita' di collaudo degli apparati radioelettrici di bordo delle navi italiane effettuate all'estero da parte degli ispettori ministeriali al solo fine del rilascio e del rinnovo della licenza radio. 50 Comprese le carte, i libri, il certificato di iscrizione, i diversi giornali di bordo come il giornale nautico, il giornale di carico, il giornale radio telegrafico e tutti gli altri documenti previsti dal codice della navigazione, nonche' il registro dell'orario di lavoro. 51 Anche normando la questione irrisolta della corresponsione degli anticipi di denaro a bordo delle navi impiegate sulle tratte internazionali. 52 Cfr. Circolare IMO «List of certificates and documents required to be carried on board ships, 2022». 53 In questo modo all'Amministrazione resterebbe la certificazione della "Flag State Inspection", assumendo cosi' un ruolo di verifica ispettiva postuma - cosi' come avviene nelle ispezioni alle navi battenti bandiera straniera che scalano i porti nazionali - con verifiche a 360° su tutta la certificazione statutaria e con il controllo indiretto sulle attivita' certificative degli stessi Organismi. 54 Vds. proposta presentata in data 1 giugno 2023. 55 Integrando nel quadro delle ispezioni delle navi anche la Convenzione IMO «Ballast Water Management» e la Convenzione di Nairobi «Wreck Removal» (rispettivamente sulla gestione delle acque di zavorra e sulla rimozione dei relitti). 56 Inerenti ai criteri di ponderazione (weighting points) applicati a determinate tipologie di navi e il fattore di ponderazione basato sulla ratifica delle convenzioni internazionali da parte dello Stato di bandiera. 57 Cio' comporterebbe che le navi che rientrano nelle categorie D-E verrebbero considerate come navi potenzialmente piu' rischiose dal punto di vita della Maritime Safety. 58 Questa misura mirerebbe ad incoraggiare il rilascio di certificati elettronici da parte degli Stati di bandiera o delle organizzazioni riconosciute che agiscono per loro conto. Le navi che utilizzeranno certificati elettronici sarebbero quindi considerate navi a minor rischio e quindi potenzialmente esposte ad un numero minore di ispezioni Port State control. 59 Tra cui l'obbligo per l'Amministrazione di ciascuno Stato membro di «fare affidamento su risorse adeguate, commisurate alle dimensioni e al tipo della propria flotta» e di «assicurare la supervisione delle attivita' degli ispettori dello Stato di bandiera, ispettori statali e organizzazioni riconosciute» ("Ros", Recognised Organisations). 60 Gli Stati membri sono tenuti a rendere consultabile un elenco di informazioni relative alle navi battenti la loro bandiera (elenco di cui all'articolo 6), in un formato elettronico compatibile e interoperabile con le banche dati sulla sicurezza marittima dell'Unione. 61 Conferendo alla Commissione e all'EMSA maggiore controllo e specificando ulteriormente i requisiti per i sistemi di gestione della qualita' e per le valutazioni annuali delle prestazioni. 62 Inoltre, la Direttiva stabilisce che le sanzioni penali saranno introdotte dalla proposta di Direttiva europea del 2023 sui Reati Ambientali, attualmente in fase di negoziazione interistituzionale, che prevedra' sanzioni penali per i reati piu' gravi contro l'ambiente, come gli scarichi illeciti provenienti dalle navi e il riciclaggio improprio di componenti inquinanti delle navi, al fine di garantire un solido sistema di enforcement e sanzioni. 63 La proposta ha l'effetto, tra l'altro, di estendere il campo di applicazione ai pescherecci, compresi quelli di lunghezza inferiore a 15 metri; fornire orientamenti in relazione agli incidenti che si verificano, coinvolgendo le navi in porto e coprendo cosi' la sicurezza dei portuali e dei lavoratori portuali (articolo 5.6). 64 La Direttiva sul trasporto combinato promuove il passaggio dal trasporto merci su strada a modi di trasporto a basse emissioni come le vie navigabili interne, il trasporto marittimo a corto raggio e ferroviario. 65 La Strategia europea per una Mobilita' intelligente e sostenibile (COM/2020/789) fissa dei target specifici di incremento del trasferimento modale verso lo short sea shipping del 25 % entro il 2030 e del 50% entro il 2050. 66 Ai sensi del Regolamento UE 1257 del 2023, la Commissione si impegna a riesaminare il presente Regolamento al piu' tardi, entro i diciotto mesi precedenti alla data di entrata in vigore della Convenzione di Hong Kong. 67 Vds. «Hong Kong International Convention for the Safe and Environmentally Sound Recycling of Ships» (HKC), 2009. 68 Ad oggi, detto progetto e' virato verso una prospettiva di cooperazione industriale e di "cluster" con l'aggiunta di elementi che potrebbero rivelarsi cruciali nello sviluppo delle filiere UE-Mediterraneo e con un impatto notevole sulle direttrici di traffico marittimo sia con riferimento ai traffici passeggeri sia per i traffici merci. Il programma pluriennale 2021-2027 per il vicinato meridionale definisce, infatti, seppur preliminarmente, le priorita' e gli obiettivi della cooperazione regionale unionale, cfr. Studio «Il mare che verra'. Analisi strategica sulle opportunita' del Mediterraneo. Lo sviluppo industriale, il reshoring, la ricostruzione, la ripresa del mercato turistico e le ricadute possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'» (pp. 15 e ss.). 69 Vds. «Ports Infographics Maritime Economy 2023» secondo cui, in termini di commercio internazionale, circa il 70% delle merci che sono movimentate in valore avviene via mare e dal Mediterraneo, scenario competitivo dei nostri porti, passa il 27% delle rotte strategiche mondiali. 70 Vds. Piano Strategico Nazionale della Portualita' e della Logistica, pubblicato nel 2015, nel quale viene precisato come si debba prendere atto del fatto che - anche lato terra - le scelte industriali e logistiche degli operatori di settore contribuiscono in misura non trascurabile a determinare i traffici portuali e di cio' deve tenersi conto compiutamente nella definizione delle previsioni di domanda (cfr. p. 153 del Piano). 71 Cfr. «Piano Strategico Nazionale della Portualita' e della Logistica», pp. 177-185. 72 Cfr. Studio «Il mare che verra'. Analisi strategica sulle opportunita' del Mediterraneo. Lo sviluppo industriale, il reshoring, la ricostruzione, la ripresa del mercato turistico e le ricadute possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'», p. 22. 73 In tal senso, giova rilevare che anche il «Piano Strategico Nazionale per la Portualita' e la Logistica», approvato con d.p.c.m. 26 agosto 2015, all'obiettivo n. 6, individua come prioritaria detta necessita' da attuare attraverso la piattaforma logistica nazionale. La direttiva del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti n. 137 del 20 marzo 2018 ha indicato le «Linee guida per omogeneizzare ed organizzare i sistemi Port Community System (PCS)» attraverso la Piattaforma Logistica Nazionale poi concretamente attuata. 74 Quattro dei nove Corridoi TEN-T interessano l'Italia: (a) il Corridoio Mediterraneo che attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est, congiungendo Torino, Milano, Verona, Venezia, Trieste, Bologna e Ravenna; (b) il Corridoio Reno Alpi che passa per i valichi di Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; (c) il Corridoio Baltico Adriatico che collega l'Austria e la Slovenia ai porti del Nord Adriatico di Trieste, Venezia e Ravenna, passando per Udine, Padova e Bologna; (d) il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo che parte dal valico del Brennero e collega Trento, Verona, Bologna, Firenze, Livorno e Roma con i principali centri urbani del sud come Napoli, Bari, Catanzaro, Messina e Palermo. 75 In questo senso, infatti, si colloca il Regolamento UE 11 dicembre 2013, n. 1315 che ha definito la rete di trasporto trans-europea TENT-T e che prevede la creazione di una rete articolata su due livelli per lo sviluppo della rete internazionale: (i) la c.d. "Comprehensive Network", ovvero una rete globale da realizzarsi entro il 2050 che mira a garantire la piena copertura del territorio dell'Unione europea e l'accessibilita' a tutte le regioni; (ii) la c.d. "Core Network", ovvero una rete centrale a livello unionale (da realizzarsi entro il 2030) che comprende le parti di rete globale che rivestono la piu' alta importanza strategica ai fini del conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti. La sua realizzazione si basa su un «approccio per corridoi». 76 I porti italiani nelle TEN-T si distribuiscono sulla rete centrale (core), che comprende: Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia Tauro, La Spezia, Livorno, Napoli, Palermo, Ravenna, Taranto, Trieste, Venezia; la rete complessiva ("comprehensive") a sua volta comprende i porti di: Brindisi, Carloforte, Chioggia, Civitavecchia, Fiumicino, Gaeta, Gela, Golfo Aranci, La Maddalena, Marina di Carrara, Messina, Milazzo, Monfalcone, Olbia, Palau, Piombino, Porto Levante, Porto Torres, Porto- ferraio, Portovesme, Reggio Calabria, Salerno, Savona Vado, Siracusa e Trapani. A questi, il MIT ha proposto che siano aggiunti altri 5 porti. Nell'ambito rete dei porti marittimi di interesse nazionale gli scali ammontano a 58, distribuiti nelle 16 Autorita' di Sistema Portuale. 77 Cfr. «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana - Secondo Rapporto» - 2016 pp. 43-46. 78 Trattasi dello strumento dell'UE per gli investimenti strategici nelle infrastrutture di trasporto. Si veda, al riguardo, la lista dei progetti TEN-T che riceveranno finanziamenti europei, per un totale di 6.2 miliardi di euro, a seguito dell'ultimo bando CEF, relativi - inter alia - allo sviluppo di infrastrutture per la navigazione e il corto raggio ed il c.d. "Cold-Ironing". Detti progetti - selezionati dalla Commissione europea che ne sosterra' oltre l'80% del finanziamento - riguardano, tra le altre, i porti marittimi di Irlanda, Grecia, Spagna, Lettonia, Olanda e Polonia: https://cinea.ec.europa.eu/news-events/news/transport-infrastructure- european-commission-accelerates-shift-sustainable-and-smart-mobility- ten-t-2023-06-22 en. 79 Rappresentato, cioe', dalla superficie su cui insiste l'insieme dei servizi e delle attivita' economiche che - a seconda dello sviluppo dell'offerta logistica e dei livelli di accessibilita' - gravitano sul porto. 80 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea», Maggio 2022, pag. 78, in cui viene precisato che - a fronte di un numero elevato di porti, pur notevolmente differenti per dimensione e capacita' di traffico - risultano esservi alcune incongruenze nei dati medi di numero e lunghezza degli accosti e superficie delle banchine per porto, come pure nei dati medi di lunghezza dell'accosto e superficie delle banchine per accosto. Viene infatti riportato che «[.] Adottando come riferimenti i valori medi nazionali, si rilevano diverse combinazioni, almeno apparentemente contraddittorie; cosi', una portualita' regionale puo' avere una dotazione media di accosti elevata e una lunghezza ancor piu' elevata, ma bassa nella superficie di banchine; all'opposto, si rilevano pochi accosti e lunghezze ridotte, ma ampie superfici di banchine. [.]». 81 Cfr., ex multis, T. Nooteboom, J.P. Rodrigue, «Port regionalization: towards a new phase in port development», in «Maritime policy and management» n. 3, 2005 - stessi autori, «The terminaliation of supply chains: reassessing port-hinterland logitical reletionships», in «Maritime policy and management», n. 2, 2009, nonche' lo studio relativo alla «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» - Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2014 (p. 47 e ss.). 82 Il tutto, ad esempio, implementando anche servizi di "navettamento" ferroviario. 83 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea», Maggio 2022, pp. 152-153. 84 Il tutto, ad esempio, in linea con quanto previsto anche nelle c.d. "Azioni" 1 e 2 di cui al Piano Strategico della Portualita' e della Logistica aventi ad oggetto, segnatamente, «Misure per la semplificazione e a velocizzazione delle procedure, dei controlli degli interventi su porti di interesse nazionale» e «Misure per l'efficientamento dei servizi portuali e l'aumento della competitivita' degli operatori». 85 Investimento 4 operata con Decreto interministeriale 3 dicembre 2021, n. 492 del «Interventi infrastrutturali per le Zone Economiche Speciali (ZES)». 86 Il tutto, peraltro, in linea sia con la normativa sia con la giurisprudenza di riferimento, nella misura in cui la pluralita' di operatori per l'erogazione del servizio e' ritenuta compatibile con il mercato interno e, da un punto di vista organizzativo, fa si' che il servizio in esame possa essere svolto anche da imprese iscritte nel registro ex art. 68 cod. nav. in possesso di idonei requisiti. Tale orientamento - che va di pari passo anche con quanto contenuto nel Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 352 nella misura in cui non e' esclusa la possibilita' di affidare a piu' operatori il servizio di ritiro rifiuti prodotti dalle navi - va nel senso di dare piena liberta' al mercato sul presupposto che la selezione dell'operatore del servizio e' rimessa al soggetto che usufruira' del servizio e a carico del quale sono posti i relativi costi, in un regime concorrenziale. 87 Come evidenziato nell'ambito di numerose analisi condotte in ambito nazionale ed internazionale, da ultimo l'approfondimento condotto da RAM S.p.A. a maggio 2023 dedicato a «Il ruolo dell'innovazione tecnologica digitale per la blue economy e per la portualita' italiana». 88 Cfr. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare» Centro Studi Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare, 2023. 89 Cfr. Regolamento UE 2019 del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2019, n. 1239 che «istituisce un sistema di interfaccia unica marittima europea e che abroga la direttiva 2010/65/CE». 90 Cfr. Paper R.A.M. - Logistica, Infrastrutture, Trasporti S.p.A. dal titolo «Il ruolo dell'innovazione tecnologica digitale per la blue economy e per la portualita' italiana» - maggio 2023, pp. 25 ss. 91 Cfr. ex multis «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» - Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2014 (pag. 55), nonche' «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea», Maggio 2022, pag. 206. 92 Inoltre, l'applicazione di tale procedura potrebbe fornire anche la possibilita' di appositi servizi di c.d. "tracking" che conseguentemente avrebbero un impatto positivo sia sulla sicurezza e sul monitoraggio delle merci presenti nelle aree portuali sia sulla "velocizzazione" delle connesse operazioni portuali. 93 Cfr. Articolo 56-ter, Sezione 15, rubricato «Aiuti a favore dei porti marittimi», di cui al Regolamento UE della Commissione 14 giugno 2017, n. 1084 «che modifica il regolamento (UE) n. 651/2014 per quanto riguarda gli aiuti alle infrastrutture portuali e aeroportuali [.]». Il tutto tenendo conto del principio secondo cui le infrastrutture portuali sovvenzionate sono messe a disposizione degli utenti interessati su base paritaria e non discriminatoria alle condizioni di mercato. 94 Cfr. ex multis il parere del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici ("CSLP") n. 44 del 2017 che ha chiarito che: (a) l'obiettivo del PRP sia quello di tutelare la concorrenza; (b) il PRP rappresenta una garanzia per gli investimenti e crea affidamento per il soggetto concessionario. 95 In sostanza, quindi, ai sensi di quanto previsto anche dall'art. 5 della legge n. 84 del 1994, i PRP sono strumenti di autolimitazione dell'AdSP nell'attivita' di assentimento delle concessioni demaniali. 96 Cfr. ex multis anche quanto contenuto nella delibera n. 130 del 2017 dell'Autorita' di Regolazione dei Trasporti avente ad oggetto la conclusione del procedimento di verifica delle condizioni di regolazione / accesso alle infrastrutture presso un importante scalo nazionale. 97 In applicazione di quanto previsto dal d.l. 31 maggio 2021, n. 77 (in G.U., 31 maggio 2021, n. 129), convertito, con modificazioni, dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, recante la «Governance del Piano nazionale di rilancio e resilienza e prime misure di rafforzamento delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle procedure», all'articolo 6-bis, ha disposto che il MIT di concerto con il MASE e MIC debba approvare il Piano nazionale dei dragaggi sostenibili, anche sulla base della programmazione delle AdSP e delle Regioni con particolare riferimento ai programmi finanziati dal PNC e di ulteriori risorse europee, nazionali, regionali e delle medesime AdSP. 98 Circostanza questa gia' evidenziata anche all'interno dello Studio dal titolo: «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» - Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica Economica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, 2014 (pag. 82). 99 Sul punto, infatti, si osservi che la dotazione degli accosti dotati di binari collegati e non collegati alla rete ferroviaria risulta molto concentrata in poche AdSP e quasi tutte nel Nord. Le AdSP meglio dotate di accosti collegati alla rete ferroviaria risultano essere quelle del Mar Ligure Occidentale (15,2%), del Mar Adriatico Settentrionale (44,7%) ed Orientale (10,2%). In termini incidenza degli accosti dotati di binari collegati alla rete ferroviaria su quelli totali si rileva nell'AdSP del Mar Ligure Orientale (62,5%), dell'Adriatico Settentrionale (52,9%) e Centrale (83,3%) e del Mare dello Stretto (50%). Trattasi pertanto di dati che evidenziano la ridotta capacita' di sviluppare traffici intermodali su ferrovia nella generalita' delle AdSP, pur con alcune rilevanti eccezioni reperibili in quelle del Nord. Al tempo stesso, tuttavia, i dati sugli accosti dotati di binari, ma non collegati alla rete ferroviaria, potrebbero rappresentare delle opportunita' di investimento per provvedere al loro allaccio (in tal senso cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare in una prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea», maggio 2022, pag. 91). 100 Il differenziale del costo "portuale" associato al trasporto ferroviario delle merci da/per il porto rispetto alla concorrente modalita' del trasporto su strada e', nella grande sostanza, quello relativo all'espletamento del servizio di manovra ferroviaria da parte delle societa' concessionarie. Tale costo disincentiva lo sviluppo del trasporto ferroviario delle merci in ambito portuale, incidendo significativamente nella componente dei costi fissi dell'attivita' di impresa del singolo operatore di trasporto multimodale e, di conseguenza, non agevola l'incremento della quota ferroviaria del traffico portuale. 101 Ci si riferisce, in particolare, alla Decisione della Commissione europea 3 marzo 2022, n. 1427 final in merito al regime di aiuto di Stato adottato dalla Regione Friuli-Venezia Giulia volto ad incoraggiare il passaggio del traffico merci dalla strada alla ferrovia o al trasporto per vie navigabili nella Regione Friuli-Venezia Giulia. La Commissione europea ha ritenuto che tale regime di aiuto di Stato fosse vantaggioso sia per l'ambiente sia per il trasferimento modale da soluzioni di trasporto esclusivamente su strada a soluzioni di trasporto meno inquinanti. 102 Posto che, a seguito delle previsioni contenute nel d.l. 17 maggio 2022, n. 50 e nella successiva legge di conversione, ha modificato la precedente disciplina normativa nel senso di consentire anche alle Autorita' di Sistema Portuale l'utilizzo delle CER per il soddisfacimento delle esigenze energivore in ambito portuale. La norma, peraltro, prescrive espressamente (art. 9, comma 2) che le comunita' energetiche rinnovabili portuali siano istituite in coerenza con il documento di pianificazione energetica e ambientale, di cui all'articolo 4- bis, legge n. 84 del 1994, ai sensi del quale le AdSP devono perseguire adeguati obiettivi, con particolare riferimento alla riduzione delle emissioni di CO2, definendo nel documento gli indirizzi strategici per la implementazione di specifiche misure al fine di migliorare l'efficienza energetica e di promuovere l'uso delle energie rinnovabili in ambito portuale. 103 Cfr. Regolamento UE 1084 del 2017, articolo 56-ter. 104 Vds. «Le Comunita' Energetiche Portuali» - Diritto Pubblico Europeo - Rassegna on-line - Fascicolo I, 2023, Prof. Avv. U. Patroni Griffi. 105 Il tutto, al netto di una preliminare definizione degli aspetti energetici, finanziari e giuridici (Cfr., ex multis, M. Caroli, «Le Comunita' Energetiche: da fenomeno emergente a modello di transizione», in M L. De Vidovich, L. Tricarico e M. Zulaniello, «Community energy map, Una ricognizione delle prime esperienze di comunita' energetiche rinnovabili» p. 13). 106 Il cui progetto, gia' previsto anche nell'alveo della Missione 3 del PNRR avente ad oggetto le «Infrastrutture per una mobilita' sostenibile», ha l'obiettivo di finanziare interventi per l'efficientamento energetico, la riduzione delle emissioni di CO2 e di altre emissioni inquinanti nei porti per promuovere la sostenibilita' ambientale delle attivita' portuali, anche a beneficio delle aree urbane circostanti. 107 Vds. definizione IMO, secondo cui «[.] A green shipping corridor is a shipping route on which zero-carbon emissions ships and other emissions reduction programmes are deployed, and emissions reductions are measured and enabled through public and private actions and policies [.]». Vedasi altresi' i contenuti della «Green Shipping Conference 2023» dell'IMO: https://www.imo.org/en/About/Events/Pages/Green-Shipping-conference.a spx. 108 Entro il 2025, infatti, dovrebbero essere istituiti i primi 6 "Green Corridors" ed entro il 2030 potrebbe raggiungersi la soglia delle 200 navi cargo a zero emissioni. Il tutto, contestualizzando tale dato, corrisponderebbe a circa il 5% dell'intera flotta oceanica mondiale a zero emissioni. 109 Di cui al d.lgs. 8 novembre 2021, n. 197. 110 La cui vigenza in tutti gli Stati membri e' divenuta effettiva a partire dal 24 marzo 2019. 111 Discorso di apertura della Presidente von der Leyen per l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Universita' degli Studi di Palermo, 23 febbraio 2023. 112 Nel 2021 l'approvvigionamento energetico nazionale e' stato costituito come segue: 40,9% gas naturale; 32,9% petrolio e prodotti petroliferi; 19,5% rinnovabili e bioliquidi; 3,6% combustibili solidi; 2,4% energia elettrica; 0,8 % rifiuti non rinnovabili. Si conferma, inoltre, la dipendenza dell'Italia da fonti di approvvigionamento estere: nel 2021 la produzione nazionale di fonti energetiche e' diminuita complessivamente del 3,4% mentre le importazioni nette di energia sono aumentate dell'8,3%. (cfr. Ministero della Transizione Ecologica, «La situazione energetica nazionale nel 2021», luglio 2022). 113 Al momento l'Italia ha tre impianti di rigassificazione, uno sulla terra ferma, in Liguria (Panigaglia), e due in mare, di fronte le coste della Toscana (Livorno) e del Veneto (Porto Viro). Il Governo ha deciso di potenziare la capacita' di rigassificazione italiana aggiungendo altri due impianti, a Ravenna e a Piombino. 114 Nel 2022, a Taranto, e' stato inaugurato Beleolico, il primo parco eolico marino del Mediterraneo, costituito da 10 turbine per una potenza complessiva di circa 30 MW ed una conseguente produzione stimata di oltre 58.000 MWh/anno, pari al fabbisogno energetico di 60.000 persone. Tale parco e' stato assemblato nel porto di Taranto e poi installato in mare nei pressi del Molo Polisettoriale. Un accordo tra la societa' che gestisce l'impianto e l'AdSP MI consente a quest'ultima di approvvigionarsi parzialmente dell'energia prodotta per le proprie esigenze di consumo. In particolare, l'impianto fornira' energia al porto di Taranto (almeno il 10%) e punta anche a fornire, attraverso l'elettrolisi, idrogeno verde all'acciaieria ex Ilva e alla raffineria Eni. Altri tre progetti "storici", invece, sono ancora in fase di negoziazione con le realta' locali (Sulcis, Canale di Sicilia e Rimini). 115 Con la Comunicazione COM 19 novembre 2020, n. 741 final la Commissione europea ha pubblicato una strategia per sfruttare le energie rinnovabili offshore al fine di sostituire i combustibili fossili e creare opportunita' industriali e posti di lavoro verdi. A tal riguardo, secondo la Commissione europea, l'industria delle energie rinnovabili del mare dovra' aumentare di 25 volte entro il 2050 per sostenere gli obiettivi del Green Deal in maniera che sia compatibile con gli obiettivi della strategia dell'UE per la biodiversita' e, al tempo stesso, in equilibrio con altre attivita' come la pesca e l'acquacoltura. Al settore energetico offshore viene riconosciuto dalla UE un ruolo potenziale fondamentale in un'economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva. Il piano per l'obiettivo climatico 2030 della UE ha illustrato perche' e come le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990 e, per questo, la strategia della Commissione europea per sfruttare le energie rinnovabili offshore dichiara che sara' necessario accrescere il settore dell'eolico offshore «. che secondo le stime richiedera' meno del 3% dello spazio marittimo europeo e puo' pertanto essere compatibile con gli obiettivi della strategia dell'UE sulla biodiversita'». Il Mar Mediterraneo «. presenta un elevato potenziale di energia eolica offshore (per lo piu' galleggiante), un buon potenziale di energia del moto ondoso e un potenziale localizzato di energia delle maree». In merito a quanto precede, la strategia sulle energie rinnovabili offshore afferma inoltre che «Tra le tecnologie delle energie rinnovabili quelle offshore presentano il maggiore potenziale di espansione. Sulla base dei 12 GW di capacita' eolica offshore attualmente installata, la Commissione ritiene realistico e realizzabile l'obiettivo di disporre entro il 2030 di una capacita' installata di almeno 60 GW di energia eolica offshore e di almeno 1 GW di energia oceanica, in modo da raggiungere rispettivamente 300 GW e 40 GW di capacita' installata entro il 2050.». 116 Ne e' un esempio il parco eolico flottante a largo delle coste siciliane, il cui progetto prevede la realizzazione di 74 aerogeneratori da 15 MW ciascuno a 50 km da Mazara del Vallo. La potenza complessiva e' di 1.100 MW a una distanza minima di circa 50 km dalla costa siciliana. Un ulteriore progetto riguarda la realizzazione di un impianto eolico offshore al largo di Marsala, costituito da 21 turbine da 12 MW ciascuna, per una capacita' totale di circa 250 MW. Sempre in Sicilia, nell'estate 2022, sono stati depositati altri due progetti per due parchi eolici offshore, rispettivamente a Trapani e Porto Empedocle. 117 Il posizionamento delle pale eoliche in mare aperto permette di intercettare la risorsa eolica laddove e' piu' abbondante e, quindi, di massimizzare la produzione di energia, ridurre l'uso del suolo (1 progetto in mare sostituisce circa 20 progetti su terraferma), limitare l'uso del terreno alle opere di connessione (di solito gia' in zone industriali), minimizzare, data l'assenza di una fondazione fissa, l'impatto ambientale durante tutte le fasi di vita dell'impianto, ma anche quello visivo tipico degli impianti a terra e le interferenze con le attivita' costiere, di navigazione e di pesca. La struttura degli impianti galleggianti, rispetto alla versione bottom fixed e terrestre, ha una serie di componenti strutturali innovativi tra cui il floater: una base galleggiante con strutture che raggiungono gli 80/100 m per lato e dal peso di 4000 t. Per produrre in serie manufatti di tali dimensioni e' richiesta una specifica competenza progettuale e tecnologica, oltre ad una diffusa capacita' produttiva e finanziaria (ad esempio, per la produzione di 30 piattaforme galleggianti all'anno sono necessari oltre 120 mila ton. di acciaio lavorato). 118 PNRR, Investimento 1.3: Promozione impianti innovativi (incluso offshore). 119 Il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) e' inserito all'interno di uno scafo galleggiante, il cui utilizzo ottimale e' in mare aperto, anche in array. I primi impianti pilota sono stati installati al largo di Ravenna e dell'isola di Pantelleria. Il REWEC3 (Resonant Wave Energy Converter - release 3) si inserisce all'interno delle dighe portuali, trasformandole in infrastrutture 'attive', capaci cioe' di produrre energia elettrica dalle onde, per porti Green. I primi impianti pilota sono stati realizzati all'interno dei porti di Civitavecchia e di Salerno. A Salerno e' in corso una sperimentazione. 120 Secondo uno studio del 2020 del «Global Maritime Forum», organizzazione internazionale no-profit impegnata a disegnare il futuro del commercio marittimo mondiale globale per uno sviluppo economico sostenibile, «La portata degli investimenti cumulativi necessari tra il 2030 e il 2050 per raggiungere l'obiettivo dell'IMO [.] e' di circa 1-1,4 trilioni di dollari» (https://www.globalmaritimeforum.org/news/the-scale-of-investment-nee ded-to-decarbonize-international-shipping). Gran parte di queste risorse e' legata agli investimenti nelle infrastrutture terrestri e negli impianti di produzione di combustibili a basse emissioni di carbonio, compresi lo stoccaggio, il bunkeraggio ed il trasporto; si stima che il 10-15% di questi costi sia connesso direttamente con le navi. Si tratta comunque di valutazioni in continua evoluzione ed aggiornamento, altri studi stimano due o tre volte superiore, rispetto alla cifra individuata dal Global Maritime Forum, l'ammontare delle risorse da mettere in campo per la transizione energetica del settore marittimo. 121 In tale contesto, sarebbe auspicabile valutare una estensione della possibilita' di usufruire di incentivi fiscali anche per quei volumi di bioGNL destinati alla navigazione internazionale, oltre che nelle acque interne, massimizzando la penetrazione delle rinnovabili nel settore marittimo. 122 Le regole IMO si applicano in modo uniforme all'intero settore mondiale del trasporto e consentono di evitare l'alterazione della concorrenza internazionale tra gli operatori, garantendo un ambiente equo e regolato. Le misure introdotte dall'IMO hanno la caratteristica di fissare gli obiettivi lasciando liberi gli operatori di scegliere le soluzioni tecniche atte a conseguirli. Questa "neutralita' tecnologica" costituisce un valore molto importante perche' consente lo sviluppo di varie soluzioni che, testate e validate sul piano operativo, vengono poi affidate alla scelta dal mercato. 123 Avendo come riferimento il 2008, la suddetta strategia prevedeva per il 2030 la riduzione di almeno il 40% dell'intensita' di carbonio, per il 2050 la riduzione di almeno il 70% dell'intensita' di carbonio e del 50% del valore assoluto delle emissioni di gas serra, con l'obiettivo dichiarato di «emissioni zero il prima possibile, entro la fine di questo secolo». Il 7 luglio 2023, gli Stati membri dell'IMO, riuniti presso il Comitato per la protezione dell'ambiente marino (MEPC 80), hanno adottato la Strategia IMO 2023 relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra delle navi, con obiettivi rafforzati per affrontare le emissioni nocive. La strategia riveduta dell'IMO sui gas a effetto serra include una maggiore ambizione comune di raggiungere l'azzeramento delle emissioni nette di gas a effetto serra del trasporto marittimo internazionale entro il 2050, un impegno a garantire l'adozione di combustibili alternativi a zero o quasi zero emissioni entro il 2030, nonche' punti di controllo indicativi relativi alla strategia per il 2030 e il 2040. 124 Anche a livello internazionale, con la pubblicazione di studi e analisi sempre piu' completi e approfonditi, si sta prendendo coscienza di come il CII, voluto dall'IMO, rischi non solo di non raggiungere l'ambizioso traguardo di una riduzione dell'impronta carbonica del trasporto marittimo, ma anzi di essere in tal senso controproducente. 125 Da ultimo il rapporto «Decarbonizzazare i trasporti. Evidenze scientifiche e proposte di policy», a cura della struttura per la transizione ecologica della mobilita' e delle infrastrutture del MIMS, aprile 2022. 126 «The aviation and maritime sectors and the EU-ETS: challenges and impacts» (2021) https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/690886/IPOL_S TU(2021)690886 EN.pdf 127 Parere della Commissione TRAN del Parlamento europeo, adottato il 14 maggio 2022 https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TRAN-AD-704649_EN.pdf 128 Vds. Article 20 FuelEU Maritime Regulation: «Member States should shall endeavour to ensure that the revenues generated from FuelEU penalties, or the equivalent in financial value of those revenues, are used to support the rapid deployment and use of renewable and low carbon fuels in the maritime sector, by stimulating the production of greater quantities of renewable and low carbon fuels for the maritime sector, facilitating the construction of appropriate bunkering facilities or electric connection ports in ports, and supporting the development, testing and deployment of the most innovative technologies in the fleet to achieve significant emission reductions». 129 Durante la sosta il lavoro di trasporto e' nullo, perche' e' nulla la distanza percorsa; tuttavia, allo stesso momento la nave continua a bruciare combustibile per alimentare i servizi di bordo necessari alla propria agibilita' e sicurezza. Questa fase di sosta penalizza fortemente il calcolo del CII e due navi assolutamente simili - o addirittura la stessa nave in condizioni operative diverse - possono ottenere dei valori del CII molto diversi tra loro. 130 Al contrario, soprattutto il bio-diesel potrebbe essere allo stato attuale l'unica via percorribile per iniziare immediatamente ad abbattere l'impronta di carbonio di una larghissima parte delle flotta esistente, in attesa che per i fuel alternativi emergenti siano resi disponibili adeguati livelli di produzione e distribuzione, tenendo anche conto che i tempi di sostituzione delle flotte saranno necessariamente pluridecennali, per ragioni tecniche, economiche e di capacita' produttiva della cantieristica mondiale. 131 I primi fuel distillati come l'MDO o residuali come l'HFO, sono largamente preponderanti ma le navi alimentate con l'LNG (Liquefied Natural Gas) stanno crescendo in numero ed in dimensione. 132 Attualmente sono presenti ed operativi sul territorio nazionale due depositi di GNL (Oristano e Ravenna) e tre terminali di rigassificazione (Rovigo, Livorno, Panigaglia), questi ultimi non sono ancora in grado di fornire servizi di bunkeraggio ma sono in corso progetti in fase avanzata di adeguamento di tali infrastrutture per poter garantire servizi di small scale e di reloading, per soddisfare la domanda dei mezzi navali alimentati a GNL. 133 Rispetto all'utilizzo di un combustibile tradizionale, tenendo conto del contenuto energetico dei diversi fuel, il calcolo porta ad una diminuzione dell'ordine del 25% della CO2 emessa, consentendo alla nave di rispettare piu' facilmente le sempre piu' stringenti normative in materia di emissioni di CO2. Da un punto di vista ambientale, l'utilizzo di gas liquefatti come GNL e GPL consente di traguardare importanti riduzioni delle emissioni di altre sostanze inquinanti, con riduzioni fino al 90% delle emissioni di PM, NOx ed SOx. L'impronta carbonica dei prodotti risulta ancor piu' rilevante se si considera che la futura disponibilita' di prodotti bio e rinnovabili (bioGPL, bioGNL, dimetiletere rinnovabile) sara' direttamente implementabile sia nell'infrastruttura logistica (stoccaggio e distribuzione) sia negli apparecchi utilizzatori, senza necessita' di apportare alcun tipo di adeguamento significativo. Lo sviluppo delle filiere bio e rinnovabili, inoltre, consentira' di attivare importanti sinergie industriali in ottica di economia circolare, valorizzando ancor piu' il comparto marittimo in un approccio di sistema integrato. 134 L'edizione 2022 dello studio «Maritime Forecast to 2050» del Det-Norske-Veritas riporta che il numero di navi in servizio alimentato a GNL e' pari a 923 unita', equivalenti al 5,39% del tonnellaggio mondiale. 135 La riduzione di velocita', con una conseguente amplificata riduzione dei consumi, e' uno dei pochi parametri attraverso cui in molti casi si puo' agire per diminuire l'impronta di carbonio di una nave. Occorre osservare che la riduzione di velocita' implica, a parita' di domanda di trasporto, l'inserimento sulla linea di altra capacita' di carico, ossia di altre navi. In questo modo si rischia che, per rendere compliant alla norma la singola nave, se ne riduca la velocita' in una misura tale che sia necessario inserire una seconda unita' nella stessa linea, con un risultato positivo per la singola nave ma negativo per l'ambiente. 136 Da un lato, sia il bio-gas sia il bio-diesel possono essere bruciati nei motori esistenti miscelandoli (drop-in) al gas naturale liquefatto o al diesel tradizionali. Dall'altro, prelevando il carbonio dall'atmosfera e non dal sottosuolo questi fuel risultano carbon-neutral ed in qualche caso addirittura carbon-negative; pertanto, addizionando ad esempio il 30% di bio-diesel al diesel fossile si potrebbe ottenere una riduzione anche del 30% dell'impronta di carbonio della nave, utilizzando processi produttivi che utilizzino energie rinnovabili. 137 I biocarburanti si differenziano in via generale in tre categorie distinte: (a) di prima generazione - quelli che vengono prodotti con l'utilizzo di materie prime e destinati, solitamente, all'alimentazione umana o animale. Esistono giustificate perplessita' rispetto all'utilizzo di queste biomasse ai fini della produzione di biofuels perche' potrebbero distruggere le filiere alimentari soprattutto dei Paesi poveri ed in via di sviluppo; (b) di seconda generazione - derivano da biomasse non in competizione con il ciclo agroalimentare, quindi non destinate all'alimentazione dell'uomo e degli animali, ossia provenienti da colture di suoli aridi e semiaridi e prodotti con tecniche che non comportano sottrazione di terreno agricolo alla produzione alimentare o cambi di destinazione agricola; (c) di terza generazione (biocarburanti avanzati) - prodotti dagli scarti industriali, rifiuti organici, biomasse lignocellulosiche, sottoprodotti agricoli, scarti industriali. Tali sono ad esempio i biocombustibili gassosi come biometano prodotto dalla filiera della digestione anaerobica di rifiuti organici. 138 HSFO (High Sulphur Fuel Oil) e VLSFO (Very Low Sulphur Fuel Oil) sono prodotti residuali della distillazione del petrolio, mentre MGO (Marine Gas Oil) ed MDO (Marine Diesel Oil) sono prodotti distillati. 139 Si pensi al ruolo degli agri-hub nei progetti ENI avviati in Africa. 140 FAME (Fatty Acid Methyk Ester) deriva da lipidi come oli vegetali (ad esempio olio di palma, olio di soia, olio di colza), grassi animali (ad esempio olio di sego) e olio da cucina usato; ha un'impronta di un carbonio well-to-wake che e' circa il 50% rispetto a quella dell'MGO (38-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ. 141 HVO (Hydrotreated Vegetable Oil) e' prodotto dalla stessa biomassa di FAME ma puo' essere prodotto anche da colture residuali e rifiuti industriali e agricoli; a seconda della biomassa utilizzata puo' avere un'impronta di carbonio well-to-wake inferiore al 10% di quella dell'MGO (8-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ. 142 Interim guidance on the use biofuels under regulations 26, 27 and 28 of MARPOL Annex VI (DCS and CII) (IMO MEPC.1/Circ.905). 143 Come sottolineato nei precedenti paragrafi, i regolamenti europei FuelEU Maritime e AFIR, entrambi in fase finale di approvazione, stabiliscono obblighi di utilizzo per le navi passeggeri e porta-container e di dotazione infrastrutturale nei grandi porti europei della rete TEN-T del cold ironing. 144 Per arrivare all'idrogeno verde occorre che l'energia elettrica necessaria per l'elettrolisi dell'acqua, tramite la quale si ottiene l'idrogeno, sia prodotta senza alcuna emissione di anidride carbonica, quindi attraverso parchi eolici o solari, impianti idroelettrici o di sfruttamento delle maree, quindi attraverso energie rinnovabili, oppure attraverso l'energia nucleare. 145 Come sottolineato in vari documenti della Commissione europea, «la vendita all'asta delle quote (ETS) genera entrate considerevoli» che gli Stati membri sono tenuti ad impiegare nell'azione per il clima, nella trasformazione energetica e nell'innovazione tecnologica. 146 In Italia, la disciplina nazionale delle aste per le quote di emissione CO2 e' attualmente contenuta nel decreto legislativo 9 giugno 2020, n. 473, di recepimento della Direttiva UE 14 marzo 2018, n. 410 che modifica la Direttiva ETS. Tale disciplina sara' oggetto di revisione a seguito dell'atto di recepimento nel diritto interno delle modifiche introdotte dalla nuova Direttiva n. 959 del 2023. L'articolo 4, comma 1 del d.lgs. 9 giugno 2020, n. 47 disciplina il Comitato nazionale ETS quale Autorita' nazionale competente per l'attuazione delle disposizioni della Direttiva ETS. Ai sensi del medesimo articolo, il Comitato e' composto da dieci membri con diritto di voto, di cui tre del Ministero dell'Ambiente (compreso il Presidente del Comitato), tre del Ministero dello Sviluppo Economico, uno del Ministero della Giustizia con diritto di voto esclusivamente sulle questioni inerenti l'attivita' sanzionatoria, tre del Ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture (di cui due appartenenti all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC)) con diritto di voto esclusivamente sulle questioni inerenti al trasporto aereo. 147 Regolamento UE n. 1380 del 2013 148 Artt. 38 e ss. 44 TFUE 149 Tra queste, a titolo di esempio si segnalano: normativa relativa alle visite mediche dei marittimi, sproporzione delle tabelle medicinali di bordo, irreperibilita' di medicinali e delle bombole ossigeno medicale di bordo. 150 La disciplina lavoristica del settore vede la coesistenza di normative internazionali ed europee, in aggiunta al complesso quadro normativo italiano. In ambito internazionale, caposaldo della disciplina del lavoro marittimo e' la Maritime Labour Convention del 2006, la quale presenta un quadro normativo di base applicabile nella quasi totalita' dei contesti marittimi nazionali. Nella disciplina internazionale si inserisce una normativa nazionale speciale del lavoro marittimo estremamente regolata, affidata a diverse Amministrazioni facenti capo a differenti dicasteri, ed in molti casi non piu' adeguata alle dinamiche legate all'attivita' di navigazione moderna e alla relativa gestione del rapporto di lavoro. 151 Si fa riferimento, in particolare, (i) alle procedure di convalida degli imbarchi e sbarchi dei marittimi, delle carte di bordo, dei registri dell'orario di lavoro, ancora obbligatoriamente cartacee, (ii) alle procedure di arruolamento del personale marittimo (artt. 328 e 329 cod. nav.), con la quale, sulla base della positiva esperienza maturata nel periodo pandemico, si propone di unificare in un'unica disposizione, equiparandole, la procedura per la stipulazione delle convenzioni di arruolamento in Italia e quella per la stipulazione delle convenzioni di arruolamento all'estero, facendo sempre salva la specialita' del contratto di arruolamento e la solennita' della forma prevista dalle vigenti disposizioni, (iii) alle procedure di impiego dei marittimi su mezzi dello stesso tipo, appartenenti al medesimo armatore, adibiti al servizio nell'ambito dei porti e delle rade o a servizi pubblici di linea o privati di carattere locale e nazionale, anche rientranti sotto la competenza di autorita' marittime diverse. 152 La specialita' della materia emerge con particolare evidenza dalla questione relativa all'incremento del contributo addizionale NASpI, dovuto nei casi di rinnovo del contratto di lavoro a tempo determinato, la cui attribuzione e' finalizzata a disincentivare l'abuso della forma del contratto a termine. Da piu' parti si segnala la necessita' che venga chiarita al piu' presto l'inapplicabilita' ai contratti di arruolamento di cui all'art. 325 cod. nav. proprio in virtu' della specialita' della materia e posto che il rapporto di lavoro marittimo risulta strutturalmente caratterizzato da discontinuita', secondo una logica di avvicendamento tra imbarchi e sbarchi sull'unita' navale. 153 Cfr. «Rapporto Shipping Industry Italia - Il contributo della Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021. 154 Si fa riferimento, ad esempio, a direttori e ufficiali di macchina, ufficiali elettrotecnici, elettricisti, operai meccanici, carpentieri, ottonai, tankisti, cuochi equipaggio, etc. Nella stagione estiva emerge anche una forte carenza di personale alberghiero. 155 Si fa riferimento, nello specifico, all'allegato al d.p.r. 231 del 2006 che disciplina i requisiti di accesso alle professioni del mare nonche' alla legge 4 agosto 1955, n. 727e al d.p.r. 14 luglio 1957, n. 1065 che disciplinano l'accesso alla professione del cuoco di bordo. 156 E' il noto Regolamento recante le norme degli uffici di collocamento della gente di mare. 157 Misure meritoriamente introdotte dal recente decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 luglio 2023, n. 85 che all'art. 36 comma 1-bis implementa alcune importanti forme di sostegno finanziario alla formazione iniziale del personale marittimo. In particolare, il presente disposto normativo ha previsto che al fine di incrementare la sicurezza del trasporto marittimo e' istituito, nello stato di previsione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, un fondo con una dotazione di 1 milione di euro per l'anno 2023 e di 2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026, destinato all'erogazione di contributi alle imprese armatoriali per la formazione iniziale del personale impiegato sulle navi, con particolare riferimento alle figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina e camera. 158 La recente legge n. 85 del 2023, di conversione del d.l. n. 48 del 2023 "Lavoro", ha istituito un fondo di un milione di euro per il 2023 e due milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 destinato all'erogazione di contributi alle imprese armatoriali per la formazione iniziale del personale, con particolare riferimento alle figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina e camera. 159 Nell'ambito della riconosciuta specialita' del lavoro marittimo, ed in considerazione della natura complessa ed estremamente tecnica e faticosa che caratterizza l'attivita' lavorativa condotta a bordo del mezzo navale, il Piano del mare riconosce l'opportunita' di valutarne l'inserimento all'interno dell'elenco dei lavori usuranti. 160 La convenzione STCW dell'IMO e' una delle quattro principali convenzioni marittime su scala mondiale. Le altre tre sono la Convenzione internazionale per la salvaguardia della vita umana in mare (SOLAS), la Convenzione internazionale sulla prevenzione dell'inquinamento marino (MARPOL) e la Convenzione sul lavoro marittimo (MLC). Nel gennaio del 2006 e' iniziata una revisione generale della Convenzione STCW, culminata nella conferenza dei Contraenti della Convenzione STCW, (Manila, 2010) nella quale sono stati approvati, tra gli altri, una serie di emendamenti che aggiornano, anche alla luce delle nuove tecnologie, gli standard di competenza richiesti e introducono nuovi requisiti per l'addestramento e la certificazione. 161 L'art. 8 rubricato «Viaggi costieri» del d.lgs. n. 71 del 2015 al comma 1 dispone che: - «[.] Le disposizioni del presente decreto si applicano anche ai lavoratori marittimi che prestano servizio a bordo di navi battenti bandiera italiana, adibite alla navigazione costiera»; e al comma 2: - «[.] Con provvedimenti dell'autorita' competente di cui all'articolo 3, comma 1, possono essere determinate disposizioni piu' favorevoli, che soddisfano le disposizioni della sez. A/1-3 del codice STCW, in materia di istruzione e formazione per i lavoratori marittimi che prestano la propria opera a bordo di unita' adibite esclusivamente a viaggi costieri. [.]». 162 Sul punto si osserva che nel 2018, a seguito di una procedura d'infrazione aperta nei confronti dell'Italia dalla Commissione nel 2017 su specifici rilievi posti dall'EMSA che riguardavano la corretta attuazione della direttiva 2008/106/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, il Ministero ha dovuto integrare il percorso professionale per la navigazione costiera per i marittimi in possesso delle abilitazioni di coperta (soprattutto gli ufficiali) impiegati su unita' con stazza uguale o superiore a 500 GT (vds. Decreto ministeriale del MIT del 22 novembre 2018 allegato). 163 In coerenza con gli obiettivi stessi posti dal PNRR, il quale ha definito come prioritaria la formazione continua e competitiva delle professionalita' impiegate nei settori maggiormente coinvolti dal profondo processo di evoluzione tecnologica oggi in corso. Da questo punto di vista, l'esperienza nell'utilizzo dello strumento del Fondo Nuove Competenze ha dimostrato il valore del modello. 164 Introdotti nel nostro ordinamento con d.p.c.m. 25 gennaio 2008, gli ITS hanno rappresentato la prima esperienza in Italia di un'offerta formativa post-secondaria e non universitaria, professionalizzante, simile a diversi modelli consolidati e gia' presenti in altri Paesi UE, quali le Fachhochschule ("scuola tecnica superiore") tedesche o il Brevet Technicien Superieur ("licenza di tecnico superiore") francese. Questa tipologia di istituto, in ambito europeo, e' accomunata dalle caratteristiche di: 1. cercare di favorire l'inserimento diretto nel mondo del lavoro; 2. rispondere alla richiesta delle aziende di personale con formazione terziaria non universitaria, dotato di esperienza pratica; 3. essere il naturale proseguimento di un precedente percorso formativo svolto in alternanza scuola-lavoro; 4. permettere anche la formazione continua di professionisti gia' impiegati. 165 Detto elemento, basato su un approccio alla formazione anche di tipo esperienziale a bordo delle navi, ha dimostrato la propria efficacia sia nel consolidamento delle competenze tecniche oggetto dell'erogazione della formazione, sia dal punto di vista, forse ancora piu' rilevante, dell'attrattivita' delle opportunita' di carriera nel settore marittimo in fase di orientamento professionale degli studenti che si affacciano al mondo del lavoro. 166 ITS come: ITS BACT - Tecnologie Innovative per i Beni e le Attivita' Culturali e Turistiche, Tecnico Superiore per il Turismo Crocieristico Internazionale, Tecnico superiore responsabile delle produzioni e delle trasformazioni agrarie, agro-alimentari e agro-industriali nell'ambito della cucina di bordo. 167 Y&B il corso per diventare Tecnico con conoscenza di tutto il ciclo produttivo di un cantiere nautico, YAS per specializzarsi nella gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e apparati, MYM per diventare esperto nella gestione delle Marine o PTP Super Yacht Academy. 168 Cfr. C.C.N.L. dei Lavoratori dei porti. 169 Vale a dire l'indennita' di mancato avviamento. 170 Marinaio autorizzato alla pesca, Meccanico motorista, Meccanico navale di 2^ classe, Motorista abilitato, Capobarca per la pesca costiera. 171 Cfr. art. 3, d.lgs. (CpS) 12 agosto 1947, n. 869, recante «Nuove disposizioni sulle integrazioni salariali». 172 Il Piano si svilupperebbe secondo due obiettivi cardine, quali sono il necessario consolidamento dei processi di diversificazione delle forniture energetiche, nell'ottica di un'eliminazione totale della dipendenza italiana dal Gas di provenienza russa entro il periodo 2024/2025, e la qualificazione dell'Italia in Europa come hub energetico di riferimento per il Mediterraneo. 173 Dal punto di vista delle conoscenze sui georischi marini, l'Italia e' particolarmente avanzata. In quest'ambito, si segnala il progetto MAGIC («MArine Geohazard along the Italian Coasts»), condotto dal Dipartimento di Protezione Civile negli anni 2007-2013, finalizzato alla mappatura dei lineamenti di pericolosita' dei mari italiani. Tale iniziativa, che ha coinvolto l'intera comunita' degli istituti di ricerca operanti nel campo della geologia marina, con un budget superiore ai 7 milioni di euro, ha rilevato come nei nostri mari i lineamenti di pericolosita' siano estremamente frequenti. In particolare, sono stati individuati oltre 200 "Punti di Criticita'", successivamente classificati e gerarchizzati in collaborazione con il Dipartimento di Protezione Civile, selezionando 18 testate di canyon, 8 frane, 3 lineamenti tettonici, 3 apparti vulcanici e 3 aree con fuoriuscita di fluidi in cui le condizioni di pericolosita' sono state ritenute particolarmente gravi. I risultati della mappatura non solo hanno evidenziato la rilevanza del fenomeno ma gia' costituiscono uno strumento operativo per l'individuazione di lineamenti responsabili di eventi futuri e di definizione della situazione ex ante per la comprensione dei cambiamenti intervenuti. 174 Tale monitoraggio e' possibile, ad esempio, attraverso rilievi batimetrici ripetuti nel tempo integrati dall'analisi di immagini satellitari ad alta risoluzione. 175 Si fa riferimento, ad esempio, al progetto MAGIC, menzionato nella nota 174. 176 A titolo di esempio si puo' citare il porto di Gioia Tauro, uno dei piu' grandi porti per container del Mediterraneo e principale entry point per soccorsi via nave in caso di evento sismico in Calabria, il cui ingresso e' situato in prossimita' (poche decine di metri) della testata del Canyon sottomarino. 177 La messa a punto di strumentazioni per il monitoraggio di aree critiche (ad es. strutture portuali soggette a cedimenti o versanti potenzialmente suscettibili di instabilita' gravitativa, come nel caso della Sciara del Fuoco a Stromboli) e' fondamentale per a) individuare eventi di instabilita' sottomarina in concomitanza con eventi sismici rilevati dalla rete sismica e/o di eruzioni vulcaniche, al fine di definirne la signature; b) individuare possibili segnali precursori di eventi di instabilita' specie se ad alto potenziale tsunami-genico; c) analizzare e registrare processi erosivo/deposizionale attivi a fondo mare, eventualmente correlandoli ad eventi meteomarini o di piena fluviale di elevata intensita'. 178 I Laboratori Nazionali del Sud (LNS) sono uno dei quattro laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, con sede a Catania. Svolgono diverse attivita' legate alla fisica e alla fisica delle particelle. Per l'Astrofisica Particellare e' in costruzione una grande infrastruttura di ricerca sottomarina (KM3NeT) per la rivelazione di neutrini presso una sede dei LNS situata a Portopalo di Capo Passero (SI). KM3NeT e' il piu' grande telescopio sottomarino mai realizzato. L'osservatorio sottomarino consentira' agli scienziati di identificare le sorgenti dei neutrini di alta energia provenienti da eventi catastrofici nell'universo, e di studiare le proprieta' fondamentali di queste particelle, le piu' elusive che si conoscano perche' interagiscono pochissimo con la materia e, proprio per questo, per osservarle sono necessari rivelatori di grandi dimensioni. Ai LNS sono inoltre operativi una sala di irraggiamento per la proton-terapia (CATANA), un laboratorio per i beni culturali (LANDIS), un laboratorio per la radioattivita' ambientale e altri laboratori per attivita' multidisciplinari (fotonica, biologia, chimica, ecc.). 179 Vds. Direttiva CE n. 56 del 2008. 180 La posizione dell'osservatorio e' strategica anche per la sua vicinanza al vulcano Etna. L'interpretazione delle misure geofisiche prese a mare alla profondita' di 2000 metri, congiuntamente all'analisi dei dati rilevati dalle stazioni geofisiche a terra, contribuiscono a migliorare la conoscenza del vulcano. 181 Istituita nel 1994 in base alla Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), l'International Seabed Authority, ISA) si occupa di amministrare, per conto degli Stati membri, le risorse minerarie dei fondali marini dell'Area, nonche' di assicurare che l'ambiente marino sia protetto nello svolgimento di queste attivita' e infine che la ricerca scientifica marina e la conoscenza dei fondali vengano promosse. 182 Inoltre, l'Italia ha contribuito ai lavori della commissione tecnico legale in tutte le fasi piu' rilevanti delle attivita' dell'ISA, da quelle organizzative del suo funzionamento, alla redazione dei regolamenti di esplorazione sino alla preparazione del codice di sfruttamento. Esperti italiani provenienti a diverse discipline sono, infatti, stati eletti membri della Commissione sin dal 1997. 183 In questo contesto, si ricorda la disciplina internazionale che regola la posa dei cavi sottomarini, in particolare la Convenzione di Montego Bay del 1982 sul diritto del mare, che distingue le regole esistenti per il mare territoriale da una parte, e la Zona economica esclusiva e il mare internazionale dall'altra. Per il mare territoriale (fino a 12 miglia dalla linea di base) la posa di cavi sottomarini cosi' come il collegamento con le infrastrutture terrestri puo' avvenire solo con il consenso dello Stato territoriale, che ne disciplina anche il percorso della posa nonche' le modalita' di protezione. Nella zona economica esclusiva (fino a 200 miglia nautiche dalla linea di base) vige il principio della liberta' della posa dei cavi sottomarini. Sebbene lo Stato territoriale possa richiedere di approvarne il tracciato (affinche' non interferisca con le attivita' di pesca o sfruttamento minerario del sottosuolo), non ha facolta' di porre un divieto sulla posa dei cavi nei confronti di altri Stati. In alto mare, infine, si afferma il principio di totale liberta' di posa dei cavi sottomarini. 184 Il territorio insulare italiano e' pari a circa 49.798 km², mentre il territorio nazionale totale ricopre una superficie di circa 301.278 km², vds. EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 185 Il calcolo ricomprende anche le isole dell'arcipelago spezzino e l'Asinara, sostanzialmente disabitate o, comunque, con una popolazione inferiore a 50 unita'. Queste isole sono dette "minori" in quanto hanno tutte una superficie inferiore ai 1.000 km². Esse occupano un'area complessiva di oltre 800 km², di cui 224 sono di pertinenza dell'Isola d'Elba - la piu' grande - seguita da Sant'Antioco (115,6 km²) e Pantelleria (84,5 km²); solo altre tre sono al di sopra dei 40 km² (San Pietro, Asinara, Ischia) mentre le restanti sono piu' piccole. Non tutte le isole minori sono abitate; lo sono poco meno di 30 per un totale di abitanti inferiore a 200mila unita' (poco piu' dello 0,3% della popolazione italiana). Fatta eccezione per Ischia (oltre 62mila abitanti) e l'Isola d'Elba (31mila abitanti circa), tutte le altre isole minori hanno una popolazione inferiore ai 15mila abitanti. Possono cosi' individuarsi 2 gruppi: il primo, che comprende quelle con un numero di abitanti superiore a 10mila, e' composto da Capri, Sant'Antioco, le Isole Eolie nel loro insieme, la Maddalena e Procida; il secondo, piu' consistente, raggruppa le isole con meno di 10mila abitanti: Pantelleria, le Pelagie, San Pietro, le Egadi, Ponza, Salina, il Giglio e Ustica. Infine, ci sono realta' che hanno meno di 1.000 abitanti (Ventotene, le Tremiti e Capraia). Ivi, 4. 186 Ivi, 5. 187 Il Fondo e' destinato a finanziare progetti di sviluppo infrastrutturale o di riqualificazione del territorio di Comuni ricompresi nell'ambito delle isole minori, cosi' come individuate dalla legge n. 448 del 2001. 188 Legge recante «Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023». 189 In questi termini A. Gallia - S. Malatesta, «Le isole minori italiane nelle missioni del PNRR. Una visione sul futuro», in Documenti geografici, 2022, 161 e ss, DOI: 10.19246 https://www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/349 190 V. art. 1 c. 494 l. 197 del 2022 (bilancio per l'anno 2023) ed il successivo comma 495 che prevede: «Il fondo di cui al comma 494 e' destinato al finanziamento di interventi per la mobilita' dei cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna». 191 In tal modo, nell'ottica di una internazionalizzazione della telemedicina, la Sicilia diventerebbe una sorta di cerniera tra l'Europa, il Continente africano ed il Medio Oriente. Dallo sviluppo della Telemedicina con il suo impiego nelle emergenze sanitarie attraverso il sistema satellitare e' naturale ricavarne un modello validato, snello ed appropriato esportabile e condivisibile con altre realta' sanitarie quali quelle dei Paesi del Nord Africa, ma anche del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente dove le criticita' sanitarie sono strettamente correlate al loro contesto sociale, allo stato di poverta' o di carenza scolastica, oltre ai problemi di natura politica ed ai conflitti etnico-religiosi. In tal modo, la Sicilia diventerebbe un collante di promozione culturale, sanitaria e sociale, quindi di sviluppo sociale di nazioni in stato di precarieta' economica e sociale. 192 L'innovazione tecnologica in sanita' pubblica con la creazione e l'implementazione della telemedicina e del monitoraggio da remoto nelle aree disagiate, sulle imbarcazioni, nei porti favorisce nel cittadino la cultura della sicurezza delle cure, ne migliora la fiducia nei confronti del SSN ed e' elemento di garanzia e motivazione per implementare la scelta di viaggi culturali, ma anche per il turismo sportivo, ecc. e, di riflesso per la conoscenza ed interesse per il mare, per le aree protette e per la tutela delle stesse. Molti cittadini oggi, soprattutto di fasce d'eta' piu' elevate o affette da patologie croniche e' costretto a scegliere le mete turistiche soprattutto in correlazione ai servizi sanitari presenti sul luogo. 193 Vds. in tale contesto il d.lgs. n. 71 del 2015, recante «Attuazione della direttiva 2012/35/UE, che modifica la direttiva 2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente di mare» che gia' prevede la possibilita' di agevolare percorsi semplificati - nell'ambito delle norme stabilite dalle convenzioni internazionali - per i marittimi che svolgono il proprio lavoro a bordo delle navi impegnate nei viaggi costieri. 194 Il costo della formazione e della certificazione professionale del personale marittimo e' un tema attuale, in parte affrontato dal Governo con il decreto-legge 4 maggio 2023, n. 48 (d.l. Lavoro), recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al mondo del lavoro poi convertito con modificazioni con legge 3 luglio 2023, n. 85. 195 In questo senso anche il «Rapporto dell'Osservatorio isole sostenibili, Le sfide della transizione ecologica nelle isole minori», edizione 2023. 196 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 197 Ibidem. 198 Vds. il Libro Bianco sull'Energia - Ancim, Nov 2019. 199 Dati Osservatorio isole sostenibili, Le sfide per le isole minori e le buone pratiche dal mondo, edizione 2022. 200 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 201 Ibidem. 202 Le linee marittime interessate a questi servizi, classificati di "corto raggio", riguardano - per lo piu' - servizi marittimi regolari connotati da obblighi di servizio pubblico e, in alcuni casi, disciplinati da contratti di servizio pubblico. L'eta' media dei mezzi Ro-Pax si attesta ad oltre i 35 anni, mentre quella delle unita' veloci e' superiore ai 25 anni. In termini di stazza lorda, su un totale di circa 225.000 TSL, l'89% circa e' costituito da unita' Ro-Pax e il restante 11% da unita' veloci. 203 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 204 Ibidem. 205 Fonte «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare», Centro Studi Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare. 206 Deloitte &Touche, Universita' di Genova e Universita' di Amburgo. 207 Direttiva CE del Parlamento Europeo e del consiglio 12 dicembre 2006, n. 123. 208 IPCC, 2021: Climate Change 2021: The Physical Science Basis. Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [Masson-Delmotte, V., P. Zhai, A. Pirani, S.L. Connors, C. Pean, S. Berger, N. Caud, Y. Chen, L. Goldfarb, M.I. Gomis, M. Huang, K. Leitzell, E. Lonnoy, J.B.R. Matthews, T.K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu, and B. Zhou (eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge, United Kingdom and New York, NY, USA, 2391 pp. doi:10.1017/9781009157896. IPCC, 2022: Climate Change 2022: Impacts, Adaptation and Vulnerability. Contribution of Working Group II to the Sixth Assessment Report of the Intergovernmental Panel on Climate Change [H.-O. Pörtner, D.C. Roberts, M. Tignor, E.S. Poloczanska, K. Mintenbeck, A. Alegria, M. Craig, S. Langsdorf, S. Löschke, V. Möller, A. Okem, B. Rama (eds.)]. Cambridge University Press. Cambridge University Press, Cambridge, UK and New York, NY, USA, 3056 pp., doi:10.1017/9781009325844. 209 Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo, al Consiglio, al Comitato Economico e Sociale Europeo e al Comitato delle Regioni «Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici - La nuova strategia dell'UE di adattamento ai cambiamenti climatici». Bruxelles, 24.2.2021 COM(2021) 82 final. 210 https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/clima/s trategia adattamentoCC.pdf. La Strategia, con i tre rapporti che la supportano, rappresenta un primo quadro di riferimento per l'adattamento nazionale e fornisce obiettivi, principi ed un set di azioni settoriali ed intersettoriali di adattamento. 211 Cfr. https://climate-adapt.eea.europa.eu/en/knowledge/tools/adaptation-sup port-tool. 212 Eventi di mareggiate e acqua alta eccezionale a Venezia descritti in Il clima in Italia nel 2022, Report SNPA 36/2023. 213 Cfr. IPCC FAQ 5.1: How is life in the sea affected by climate change' https://www.ipcc.ch/srocc/about/faq/final-faq-chapter-5 214 Vds. Il clima in Italia nel 2022, Report SNPA 36/2023: stime aggiornate della temperatura dei mari italiani. 215 Trae fondamento sia dal Trattato sul funzionamento dell'Unione europea (art. 174) sia dalla Costituzione italiana (art. 3, comma 2, e art. 119, comma 5) che richiedono interventi specifici per favorire uno sviluppo armonico e una rimozione degli squilibri economici e sociali. La politica di coesione e' promossa e sostenuta dall'UE con i Fondi strutturali che finanziano programmi con una gestione condivisa tra Stato membro e Commissione. 216 La finalita' degli interventi CTE consiste nel promuovere la collaborazione tra i territori dei diversi Stati membri mediante lo sviluppo di azioni congiunte, scambi di esperienze e costruzione di reti tra attori nazionali, regionali e locali per contribuire allo sviluppo economico, sociale e territoriale. 217 I quali comprendono: Interreg Area Alpina, Interreg ESPON 2030, Interreg EURO MEDITERRANEO (EURO MED), Interreg Europa, Interreg Europa centrale, Interreg Francia-Italia (ALCOTRA), Interreg Grecia-Italia, Interreg IPA ADRION, Interreg IPA South ADRIATIC, Interreg Interact, Interreg Italia-Austria, Interreg Italia-Croazia, Interreg Italia-Francia (Marittimo), Interreg Italia-Malta, Interreg Italia-Slovenia, Interreg Italia-Svizzera, Interreg NEXT Bacino del Mediterraneo (NEXT MED), Interreg NEXT Italia Tunisia e Interreg URBACT IV. 218 Circa 86 programmi: 64 Transfrontalieri di cui: 49 sui confini interni dell'UE, 10 sui confini con i Paesi in pre-adesione (Interreg IPA) e 5 sui confini esterni all'UE (Interreg Next); 13 Transnazionali a sostegno di ampie aree di cooperazione; 4 interregionali per il sostegno all'efficacia della politica di coesione (Interreg Europe; ESPON; URBACT; INTERACT); 5 dedicati alle regioni d'oltremare https://interreg.eu/about-interreg/ 219 Sono 67 programmi, declinati in 38 regionali, 10 nazionali e 19 CTE questi ultimi interamente dedicati alla "blue economy". 220 Fonte: Relazione Annuale sulla CTE 2022, consultabile al seguente indirizzo: https://www.agenziacoesione.gov.it/news_istituzionali/relazione-annua le-sulla-partecipazione-italiana-ai-programmi-cte-eni-ipa-ii-anno-202 2/ 221 Quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Grecia, Croazia) e sei Paesi non-UE (Albania, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord e Repubblica di San Marino). 222 Processo di incorporazione delle priorita' identificate dalle strategie nei Programmi della coesione, mainstream e di cooperazione territoriale europea. Sebbene questo processo sarebbe orientato prevalentemente ai Programmi mainstream, anche in considerazione del loro volume finanziario, oggi la cooperazione territoriale riveste un ruolo importante in questo sistema nella programmazione 2021-2027. 223 L'UpM riunisce i Paesi dell'Unione europea e 15 Paesi delle sponde meridionali e orientali del Mediterraneo: Algeria, Bosnia-Erzegovina, Egitto, Israele, Giordania, Libano, Mauritania, Monaco, Montenegro, Marocco, Autorita' palestinese, Siria, Tunisia e Turchia. La Libia, invece, ne fa parte come Stato osservatore. L'Unione ha lo scopo di promuovere la stabilita' e l'integrazione in tutta la regione mediterranea, al fine di sostenere lo sviluppo socioeconomico dei diversi Paesi e garantire la stabilita' nella regione. A tal fine, individua e svolge attivita' di assistenza a progetti di interesse regionale, ai quali conferisce il proprio supporto. Questi progetti ed iniziative si concentrano su sei settori di attivita', come prescritto dagli Stati membri dell'UpM: sviluppo imprenditoriale, alta formazione e ricerca, affari sociali e civili, energia e azioni per il clima, trasporti e sviluppo urbano, acqua e ambiente. 224 L'UpM prevede un doppio Segretario generale: uno nominato dai Paesi della sponda Sud ed uno nominato da quelli della sponda Nord. L'UE, attraverso la Commissione europea, partecipa all'UpM costituendo una traccia e un indirizzo per l'evoluzione della stessa Unione. 225 Vds. d.lgs. 16 agosto 2016, n. 177, art. 2, comma 1, lett. c) 1). 226 L'iniziativa dei Tre Mari - Baltico-Nero-Adriatico - e' promossa dalla Polonia con l'avallo statunitense, con la Romania in Mar Nero e la Croazia in Adriatico che agiscono da perni. Un'iniziativa pervasivamente duale, civile e militare, che abbraccia i settori dell'approvvigionamento energetico, delle infrastrutture autostradali e ferroviarie e quello dello sviluppo della portualita', coi progetti europei del corridoio Gdynia/Danzica-Trieste e del progetto nazionale di alta velocita' Trieste-Ancona. 227 Episodi come quello dell'incagliamento della nave portacontainer Ever Given nel Canale di Suez ne hanno mostrato con chiarezza la vulnerabilita' e le conseguenze critiche sull'intero sistema di logistica e approvvigionamenti mondiale. 228 Comunicazione della Commissione Europea 17 maggio 2021, n. 240 final.