PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - COMITATO INTERMINISTERIALE PER LE POLITICHE DEL MARE

DELIBERA 31 luglio 2023 

Approvazione del Piano del mare per il triennio 2023-2025. (23A05758) 
(GU n.248 del 23-10-2023 - Suppl. Ordinario n. 36)

 
 
 
                    IL COMITATO INTERMINISTERIALE 
                      PER LE POLITICHE DEL MARE 
 
 
                   Nella seduta del 31 luglio 2023 
 
  Vista  la  legge  23  agosto  1988,  n.  400,  recante  «Disciplina
dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
Consiglio dei ministri» e successive modificazioni ed integrazioni; 
  Visto il decreto  legislativo  30  luglio  1999,  n.  300,  recante
«Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'art. 11  della
legge  15  marzo  1997,  n.  59»  e   successive   modificazioni   ed
integrazioni; 
  Visto il decreto  legislativo  30  luglio  1999,  n.  303,  recante
«Ordinamento della Presidenza del Consiglio  dei  ministri,  a  norma
dell'art. 11  della  legge  15  marzo  1997,  n.  59»,  e  successive
modificazioni; 
  Visto il decreto-legge 11 novembre 2022, n.  173,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  16  dicembre  2022,  n.  204,   recante
«Disposizioni urgenti in materia di riordino delle  attribuzioni  dei
Ministeri», e, in particolare, l'art. 12 recante «Funzioni in materia
di coordinamento delle politiche del mare e istituzione del  Comitato
interministeriale per le politiche del mare»; 
  Visto, altresi', il comma 11 del predetto art. 12 del decreto-legge
11 novembre 2022, n. 173, convertito, con modificazioni, dalla  legge
16 dicembre 2022, n. 204, il quale  prevede  che  la  Presidenza  del
Consiglio dei ministri assicura il supporto tecnico  e  organizzativo
alle attivita' del Comitato interministeriale per  le  politiche  del
mare, anche mediante il ricorso ad esperti; 
  Visto il decreto-legge 29 dicembre 2022, n.  198,  convertito,  con
modificazioni,  dalla  legge  24  febbraio  2023,  n.   14,   recante
«Disposizioni urgenti  in  materia  di  termini  legislativi»  e,  in
particolare, l'art. 20 recante «Proroga  di  termini  in  materia  di
politiche per il mare»; 
  Visti i decreti del Presidente della Repubblica in data 21  ottobre
2022 di costituzione del nuovo Governo; 
  Visto il decreto del Presidente della Repubblica in data 21 ottobre
2022 con il quale il Sen. Sebastiano Musumeci, detto Nello, e'  stato
nominato Ministro senza portafoglio; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in  data
10 novembre 2022, con il quale al  Ministro  senza  portafoglio  Sen.
Sebastiano Musumeci, detto Nello, e' stato conferito  l'incarico  per
la protezione civile e le politiche del mare; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in  data
12 novembre 2022, con il quale al  Ministro  senza  portafoglio  sen.
Sebastiano Musumeci,  detto  Nello,  e'  delegato  l'esercizio  delle
funzioni di coordinamento, indirizzo, promozione  d'iniziative  anche
normative, vigilanza e  verifica,  nonche'  di  ogni  altra  funzione
attribuita dalle vigenti disposizioni al Presidente del Consiglio dei
ministri in materia di protezione civile, superamento delle emergenze
e ricostruzione civile, nonche' per le politiche del mare; 
  Visto, in particolare, l'art. 4  del  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri in data 12 novembre  2022,  con  il  quale  al
Ministro senza portafoglio sen.  Sebastiano  Musumeci,  detto  Nello,
sono state delegate la Presidenza del Comitato interministeriale  per
le  politiche  del  mare,  l'adozione  del  regolamento  interno  del
medesimo Comitato e  la  trasmissione  alle  Camere  della  relazione
annuale sullo stato di attuazione del Piano del mare di cui  all'art.
12, comma 3, del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173,  convertito,
con modificazioni, dalla legge 16 dicembre 2022, n. 204; 
  Visto il decreto del  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  1°
ottobre 2012, recante «Ordinamento  delle  strutture  generali  della
Presidenza del Consiglio dei ministri»; 
  Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri in  data
16 dicembre 2022 di istituzione della «Struttura di missione  per  le
politiche del mare»; 
  Visto il decreto  del  Ministro  per  la  protezione  civile  e  le
politiche del mare, dell'8 marzo 2023 recante il «Regolamento interno
del Comitato interministeriale di coordinamento delle  Politiche  del
mare»; 
  Visti i verbali delle sedute del Comitato interministeriale per  le
politiche del mare del 29 marzo 2023 e del 28 giugno 2023; 
  Vista la nota 24 luglio 2023  n.  1564  di  Convocazione  della  3ª
seduta del Comitato interministeriale per le politiche  del  mare  in
data 31 luglio 2023; 
  Sulla proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche
del mare; 
 
                              Delibera: 
 
                               Art. 1 
 
  1. Ai sensi dell'art. 12, comma 3, del  decreto-legge  11  novembre
2022, n. 173, convertito con modificazioni dalla  legge  16  dicembre
2022, n. 204,  e'  approvato  il  Piano  del  Mare  per  il  triennio
2023-2025, allegato alla presente delibera, di cui costituisce  parte
integrante. 
                               Art. 2 
 
  1. Il Comitato interministeriale per le politiche del mare, con  il
supporto della Struttura di Missione per le politiche  del  mare,  di
cui all'art. 3 decreto del Presidente del Consiglio dei  ministri  16
dicembre 2022, effettua il monitoraggio sull'attuazione del Piano del
mare di cui all'art. 1 e provvede al  suo  aggiornamento  annuale  in
funzione degli obiettivi conseguiti e delle priorita' indicate  anche
in sede europea. 
                               Art. 3 
 
  1. La presente delibera sara' pubblicata nella  Gazzetta  Ufficiale
della Repubblica italiana. 
 
                                              Il Presidente: Musumeci 
Il segretario: Perego Di Cremnago 
                Presidenza del Consiglio dei Ministri 
                                           
      MINISTRO PER LA PROTEZIONE CIVILE E LE POLITICHE DEL MARE 
 
                           PIANO DEL MARE 
                    Redatto ai sensi dell'art. 12 
             del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173 
 
                                2023 
 
Indice 
 
1. INTRODUZIONE 
2. DIRETTRICI 
  2.1 SPAZI MARITTIMI 
    2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo 
    2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale 
    2.1.3 Proclamazione della Zona contigua 
    2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva 
    2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale 
    2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo 
  2.2 ROTTE COMMERCIALI 
  2.2 ROTTE COMMERCIALI 
    2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori 
    2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori 
    2.2.3 Il trasporto merci in contenitore 
    2.2.4 Le autostrade del mare 
    2.2.5  La  navigazione  costiera  di   prodotti   industriali   e
    petrolchimici 
    2.2.6 Le crociere 
    2.2.7 Il general cargo 
    2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche 
    2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo 
    2.2.10 Il quadro  normativo  e  regolatorio  quale  strumento  di
    protezione e sviluppo dei servizi marittimi 
    2.2.10 Il quadro  normativo  e  regolatorio  quale  strumento  di
    protezione e sviluppo dei servizi marittimi 
      2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore 
      2.2.10.b  La  semplificazione  della  normativa  nazionale   di
      settore 
      2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima 
      2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica 
      2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore
      della "blue economy" 
  2.3 I PORTI 
  2.3 I PORTI 
    2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo 
    2.3.2 Le reti ten-t 
    2.3.3 I bacini portuali 
    2.3.4  Le  aree  retro-portuali  e  l'interazione  con   i   c.d.
    "dry-ports" 
    2.3.5 Le Zes e le Zls 
    2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione 
    2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale 
    2.3.8 I dragaggi portuali 
    2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria 
    2.3.10 La transizione energetica nei porti 
    2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors" 
    2.3.12 Le autorita' di sistema portuale 
    2.3.13  I  servizi  di  deposito  e  distribuzione  dei  prodotti
    energetici e a servizio della pesca 
  2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE 
    2.4.1 Fonti fossili 
    2.4.2 Fonti rinnovabili 
  2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE 
    2.5.1 Le regole europee 
    2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55" 
    2.5.3 La tassonomia europea 
    2.5.4 Le regole IMO 
    2.5.4 Le regole IMO 
    2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e  sulla  economia  del
    mare 
    2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione 
      2.5.6.a I carburanti navali attuali ed i carburanti  low-carbon
      e zero-carbon emergenti 
      2.5.6.b   Il   ruolo   dei   bio-fuel   per    accelerare    la
      decarbonizzazione dello shipping 
      2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel 
      2.5.6.d I servizi di ops 
      2.5.6.e La produzione dei carburanti 
      2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio 
      2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo 
  2.6 PESCA E ACQUACOLTURA 
    2.6.1 Pesca 
    2.6.2 Acquacoltura 
  2.7 CANTIERISTICA 
    2.7.1 Cantieristica mercantile 
      2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field" 
      2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione 
    2.7.2 Cantieristica nautica 
      2.7.2.a Design e concept innovativo 
      2.7.2.b Propulsione ed energie 
      2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0 
    2.7.3 Cantieristica militare 
    2.7.4 Innovazione tecnologica 
  2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE 
  2.9 LAVORO MARITTIMO 
    2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita 
    2.9.2 Collocamento della gente di mare 
    2.9.3 La formazione 
    2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi 
    2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare 
    2.9.6 Il lavoro portuale 
    2.9.7 Il lavoro nella pesca 
    2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare 
  2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE 
    2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini 
    2.10.2 Aree marine protette 
  2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI 
    2.11.1 L'ambiente subacqueo 
    2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini 
    2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine 
    2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee 
    2.11.5 Polo nazionale della subacquea 
    2.11.6 Autorita'  nazionale  per  il  controllo  delle  attivita'
    subacquee 
  2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI 
  2.13 TURISMI DEL MARE 
    2.13.1 Promozione e internazionalizzazione 
    2.13.2  Competivita'  fiscale,  burocratica  e  nei  sistemi   di
    controllo 
    2.13.3 Il crocierismo 
    2.13.4 Nautica da diporto 
    2.13.5 Portualita' turistica 
    2.13.6 Il sistema balneare 
    2.13.7 Turismo nautico 
    2.13.8 Turismo sportivo 
    2.13.9 Turismo ambientale 
    2.13.10 Altri turismi legati al mare 
    2.13.11 Formazione e lavoro 
  2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI 
    2.14.1 Impatti e misure di adattamento 
    2.14.2 Misure di mitigazione 
  2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE 
  2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE 
    2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027 
    2.15.2 Le ulteriori politiche per la crescita e la competitivita'
    dell'area mediterranea 
  2.16 SICUREZZA 
    2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico 
    2.16.2 L'approccio alle sfide 
3. CONCLUSIONI 
4. APPENDICE 
4. APPENDICE 
 
1. INTRODUZIONE 
 
Il  presente  documento  viene  elaborato  e  approvato  con  cadenza
triennale dal Comitato interministeriale per le  politiche  del  mare
(Cipom), ai sensi dell'art 12 del decreto-legge 11 novembre 2022,  n.
173, recante «Disposizioni  urgenti  in  materia  di  riordino  delle
attribuzioni dei Ministeri»,  convertito,  con  modificazioni,  dalla
legge 16 dicembre 2022, n. 204. 
Ferme restando  le  relative  competenze  in  materia  delle  singole
amministrazioni, il Piano del mare contiene gli indirizzi  strategici
in tema di: 
    - tutela e valorizzazione della risorsa mare dal punto  di  vista
      ecologico, ambientale, logistico, economico; 
    - valorizzazione economica del mare con  particolare  riferimento
      all'archeologia subacquea, al turismo, alle iniziative a favore
      della pesca e  dell'acquacoltura  e  dello  sfruttamento  delle
      risorse energetiche; 
    - valorizzazione delle  vie  del  mare  e  sviluppo  del  sistema
      portuale; 
    - promozione   e   coordinamento   delle   politiche   volte   al
      miglioramento della continuita' territoriale da e per le isole,
      al  superamento  degli  svantaggi  derivanti  dalla  condizione
      insulare e  alla  valorizzazione  delle  economie  delle  isole
      minori; 
    - promozione del sistema-mare nazionale a livello internazionale,
      in coerenza con le linee di indirizzo strategico in materia  di
      promozione e internazionalizzazione delle imprese italiane; 
    - valorizzazione   del   demanio   marittimo,   con   particolare
      riferimento alle concessioni demaniali marittime per  finalita'
      turistico-ricreative. 
    - valorizzazione   del   demanio   marittimo,   con   particolare
      riferimento alle concessioni demaniali marittime per  finalita'
      turistico-ricreative. 
 
Premessa indispensabile per delineare le politiche  del  mare,  visto
come "sistema mare"  nel  suo  complesso,  e'  la  definizione  degli
interessi marittimi nazionali, anche in relazione alla  strategia  di
sicurezza e difesa. Cio' richiede un'analisi delle competenze e degli
spazi geografici d'interesse, attraverso un approccio omnicomprensivo
e trasversale che valorizzi gli attori "tutelati", assieme  a  quelli
"tutelanti".  L'Italia  e'  una  media  potenza  regionale  a   forte
connotazione marittima, che basa la sua  economia  di  trasformazione
sulla gestione dinamica dell'importazione di energia e materie  prime
e dell'esportazione di prodotti finiti, cosa che avviene massimamente
via mare. 
La  marittimita'  accomuna,  dunque,  numerosi  "Utenti  del   Mare"1
pubblici  e  privati,  che  devono  operare  assieme  in  sinergia  e
sicurezza, sia nel contesto interno sia in quello internazionale. 
Il fine e' ritrovare nel mare la naturale  risorsa  e  dimensione  di
crescita per l'Italia; il metodo consiste nello stimolare da un  lato
il progresso delle imprese e delle competenze marittime  nazionali  e
dall'altro nel garantire un uso  libero,  sicuro  e  sostenibile  del
mare, tutelando la sua ricca biodiversita' e  agendo  al  contempo  a
beneficio dell'Italia  e  della  Comunita'  internazionale,  passando
anche da una "crescita blu" ad una economia del mare sostenibile2 . 
Nel mondo, il 90% del traffico merci viaggia via mare3 , il  99%  del
traffico dati transita nelle  dorsali  sottomarine4  e  il  trasporto
marittimo e' sei volte meno inquinante di quello su gomma5 . 
A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 ,  evidenzia
che il valore aggiunto lordo  (VAL)  dei  settori  consolidati  della
"blue  economy"  nel  2020  e'  stato  di  129,1  miliardi   di   EUR
(contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un  fatturato
complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di  3,34  milioni
di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27). 
A livello Europeo, il «The EU Blue Economy Report 2023»6 ,  evidenzia
che il valore aggiunto lordo  (VAL)  dei  settori  consolidati  della
"blue  economy"  nel  2020  e'  stato  di  129,1  miliardi   di   EUR
(contribuendo per l'1,1% dell'economia dell'UE-27), con un  fatturato
complessivo di 523 miliardi di EUR e un'occupazione di  3,34  milioni
di persone (1,8% in termini di contributo all'economia dell'UE-27). 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
L'Italia rispetto  agli  altri  Paesi  europei,  sia  in  termini  di
occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The  EU  Blue
Economy Report 2023» rimane terza. 
L'Italia rispetto  agli  altri  Paesi  europei,  sia  in  termini  di
occupazione che per valore aggiunto, secondo il citato «The  EU  Blue
Economy Report 2023» rimane terza. 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
A livello nazionale, dall'«XI Rapporto  Nazionale  sull'Economia  del
Mare»7  emerge  che  l'Italia,  considerando  anche   la   componente
indiretta, arriva a circa 143 miliardi  di  euro,  quasi  il  9%  del
complesso del valore aggiunto prodotto, con circa  914  mila  persone
direttamente coinvolte con 228.190 imprese con un'incidenza del  3,8%
sul totale economia. 
Una misura della capacita' di  attivare  sviluppo,  ci  e'  data  dal
valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo  complesso  e'
pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue  economy"
se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende  a
1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale. 
Una misura della capacita' di  attivare  sviluppo,  ci  e'  data  dal
valore del moltiplicatore, che se per l'Italia nel suo  complesso  e'
pari a 1,7 (per ogni euro di produzione diretta nella "blue  economy"
se ne attivano mediamente 1,7 in settori collegati), al Sud scende  a
1,6, contro l'1,9 del dato settentrionale. 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
L'Italia con oltre 8.000 Km di costa, 15 Regioni che  affacciano  sul
mare, un importante sistema marittimo insulare  e  con  ben  29  Aree
Marine Protette, si qualifica naturalmente come Nazione marittima  al
centro del Mediterraneo, dove si sviluppa  il  flusso  di  rotte  che
collegano l'Indo-Pacifico all'Oceano Atlantico e all'Europa. 
In questo piccolo "Medioceano" - appena l'1% della superficie  acquea
del pianeta - scorrono il  65%  degli  approvvigionamenti  energetici
europei8 il 35% del traffico  di  greggio9  .  L'Italia  rappresenta,
quindi, il porto "naturale" d'accesso all'Europa. 
L'Italia possiede la prima flotta di navi Ro-Ro del mondo  ed  e'  la
prima in Europa per valori occupazionali nel  settore  del  trasporto
marittimo. L'industria cantieristica nazionale  primeggia  nel  mondo
nelle costruzioni delle navi da crociera, di quelle militari e  nella
nautica da diporto. 
Il   comparto   turistico   rappresenta   un   elemento    propulsivo
dell'economia nazionale. 
La pesca, diffusa lungo tutte le coste  italiane,  riveste  un  ruolo
sociale ed ambientale di primo piano e, unitamente  all'acquacoltura,
pesa nelle politiche alimentari della Nazione. Essa, tra l'altro,  e'
anche materia di accordi internazionali  per  la  gestione  condivisa
delle attivita' di pesca nelle acque internazionali, dove le  risorse
sono condivise. 
Di particolare importanza sono  altresi'  le  attivita'  legate  alla
sicurezza  dove  sono  riconosciute  in  tutto  il  mondo  le  nostre
capacita' tecnologiche e industriali. 
Inoltre,  la  dimensione  subacquea  e   l'utilizzo   delle   risorse
geologiche dei fondali rappresentano alcune delle nuove frontiere  in
cui l'Italia e' protagonista. 
Tutto questo, anche grazie al  lavoro  effettuato  nell'ambito  dello
studio e ricerca in tutti i settori legati al mare, in  cui  l'Italia
si distingue al livello europeo, mediterraneo e mondiale, intimamente
legato a quello della tutela dell'ambiente  che  coinvolge  tutte  le
filiere del mare. 
Le linee di comunicazione marittime che si snodano  dal  Mediterraneo
verso  gli  Oceani  rappresentano  oggi  la  via   commerciale   piu'
conveniente per collegare il Medio e l'Estremo Oriente con  le  coste
orientali americane e l'Europa. Nel prossimo futuro, l'apertura delle
rotte artiche - rispetto alle quali si e' gia' iniziato a lavorare in
ambito International Maritime Organization (IMO)  con  l'adozione  di
norme tecniche per la navigazione in acque polari -  e'  destinata  a
definire  nuovi  equilibri,  coi  quali  l'Italia   e'   chiamata   a
confrontarsi. 
Le  principali  rotte  commerciali  scorrono  attraverso  i  passaggi
obbligati di Gibilterra, Suez,  del  Golfo  di  Guinea  e  del  Corno
d'Africa,  oltre  a  quello  dello  Stretto  di  Sicilia,  sulla  cui
sicurezza l'Italia avverte una naturale responsabilita'. Infatti,  le
rotte commerciali rappresentano le sue arterie, sono vitali  ai  fini
della sua sopravvivenza perche' se venissero  recise,  o  anche  solo
parzialmente ostruite, la sua  economia  collasserebbe.  Esse  devono
essere quindi mantenute libere e sicure, alla stregua del  territorio
nazionale. 
Oltre   all'asse   commerciale   Est-Ovest   ve   n'e'    un    altro
energetico-securitario Nord-Sud, lungo il quale si  snodano  i  dotti
sottomarini e le dorsali  di  comunicazione  subacquee  giacenti  sui
fondali  del  Mediterraneo,  che  connettono  l'Europa   all'Asia   e
all'Africa. L'Italia rivendica, inoltre, dei significativi  interessi
nel Mediterraneo Orientale, nel  Golfo  di  Guinea  e  in  Mozambico,
rappresentati dall'intraprendenza della nostra flotta peschereccia  e
dagli investimenti per lo sfruttamento di giacimenti energetici. 
Nonostante questi interessi siano particolarmente rilevanti nell'area
del "Mediterraneo allargato"10 , essi  hanno  carattere  globale.  Il
mondo oggi non si misura piu' secondo la distanza  geografica  bensi'
secondo quella  economica.  Paesi  ed  aree  di  mare  apparentemente
lontani sono in realta'  economicamente  vicini  perche'  influenzano
direttamente la nostra vita quotidiana. Circoscrivere lo sguardo alle
sole zone marittime di  giurisdizione  nazionale  significa  limitare
l'orizzonte  delle  opportunita'  e  disconoscere  l'ampiezza   delle
responsabilita' nazionali. 
In  sintesi,  l'Italia  intende  disciplinare  il  "sistema-mare"  in
maniera  dedicata,  abilitante  e  con  un'unica  visione  d'insieme,
rafforzando il proprio ruolo nell'ambito del contesto internazionale. 
 
2. DIRETTRICI 
 
2.1 SPAZI MARITTIMI 
 
2.1.1 Piano del mare e piani di gestione dello spazio marittimo 
La crescente  domanda  e  la  sempre  piu'  consistente  esigenza  di
sfruttamento di  risorse  marine,  mediante  l'estrazione  di  quelle
minerarie  ed  energetiche,  la  produzione  di  energia   da   fonti
rinnovabili, il trasporto marittimo, lo  sfruttamento  delle  risorse
alieutiche, il turismo, la ricerca scientifica  e  la  necessita'  di
preservare  gli  ecosistemi  e  l'ambiente,  hanno  indotto  l'Unione
Europea  ad  elaborare  un'apposita  strategia  per  la  "governance"
nell'ambito della politica marittima integrata, la  quale  stabilisce
principi comuni per gli Stati  membri  per  conseguire  una  crescita
sostenibile della blue economy. A tale scopo, i  «Piani  di  gestione
dello spazio marittimo», che trovano  il  loro  fondamento  normativo
nella Direttiva UE 23 luglio 2014, n.  89  poi  recepita  nel  nostro
ordinamento con il  d.lgs.  17  ottobre  2016,  n.  201,  hanno  come
principale finalita' quella di «promuovere  la  crescita  sostenibile
delle economie marittime, lo sviluppo sostenibile delle zone marine e
l'uso sostenibile delle risorse  marine,  assicurando  la  protezione
dell'ambiente   marino    e    costiero    mediante    l'applicazione
dell'approccio  ecosistemico,   tenendo   conto   delle   interazioni
terra-mare e del rafforzamento della  cooperazione  transfrontaliera,
in conformita' alle pertinenti disposizioni della  Convenzione  delle
Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS) [.]». 
Tali Piani,  nell'ambito  delle  varie  aree  marine,  opportunamente
definite, individuano specifiche "zone", in  riferimento  alle  quali
vengono determinati i tipi di  uso  del  mare  prevalenti  a  livello
spaziale e temporale; per ciascuna "zona"  vengono  altresi'  fornite
misure, raccomandazioni e indirizzi per lo svolgimento  delle  citate
attivita'. La pianificazione dello spazio marittimo, pertanto, ha  lo
scopo  di  promuovere   un   processo   pubblico   trasversale   alle
amministrazioni, diretto ad analizzare e organizzare la distribuzione
spaziale e temporale delle attivita' antropiche nelle zone  marittime
al fine di conseguire obiettivi economici, ambientali e sociali. 
Quanto al presente "Piano del mare", esso si colloca quale  strumento
di indirizzo politico e di  coordinamento  di  un'unitaria  strategia
marittima nazionale,  anche  attraverso  la  proposta  di  successivi
interventi normativi e/o amministrativi a cura dei Dicasteri titolari
delle   funzioni   amministrative,   da    programmare    nell'ottica
dell'armonizzazione  e  della  composizione  tra  i  vari   interessi
coinvolti nello sviluppo della "blue economy". 
In estrema sintesi, pertanto, puo' affermarsi che mentre i "Piani  di
gestione  dello   spazio   marittimo"   indicano   la   distribuzione
spazio-temporale degli usi, il "Piano del mare", nella prospettiva di
una "visione d'insieme" di  come  strutturare  l'utilizzo  del  mare,
predispone gli indirizzi utili ex art. 12 d.l. 11 novembre  2022,  n.
173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1, comma 1, l.
16 dicembre 2022, n. 204, nonche' le azioni generali da intraprendere
per perseguimento degli obiettivi strategici piu'  volte  citati.  In
ottemperanza alle scadenze previste dalla normativa unionale  di  cui
alla richiamata  Direttiva  UE  n.  89  del  2014,  sara'  necessaria
un'accelerazione dei lavori per giungere alla definitiva approvazione
di detti strumenti pianificatori. 
 
2.1.2 Spazi marittimi di giurisdizione nazionale 
Il presente "Piano  del  mare",  nella  discendente  fase  attuativa,
dovra' tenere conto, sotto il  profilo  strategico  della  proiezione
marittima dell'Italia nei mari adiacenti alle coste nazionali,  della
definizione delle  aree  marittime  soggette  o  assoggettabili  alla
giurisdizione nazionale. Si fa riferimento nello specifico alle acque
territoriali, alla zona contigua,  alla  piattaforma  continentale  e
alla Zona economica esclusiva (ZEE), nell'ambito delle quali aree  vi
e' oggi l'esigenza di realizzare  un  regime  giuridico  adeguato  al
mutato quadro delle relazioni internazionali, alle sfide geopolitiche
ed ai  progressi  della  tecnica  che  dia  piena  applicazione  alle
pertinenti norme della Convenzione di Montego Bay (UNCLOS). 
 
2.1.3 Proclamazione della Zona contigua 
A differenza del mare  territoriale,  che  e'  costituito  ipso  iure
secondo  la  UNCLOS,  la  "Zona  contigua"  deve  essere  formalmente
proclamata dallo Stato costiero; in  assenza  di  tale  proclamazione
ufficiale, pertanto, a  legislazione  vigente,  la  stessa  non  puo'
ritenersi istituita nel nostro  ordinamento  sebbene  menzionata  dal
d.lgs. 25 luglio 1998 n. 28611 , dal d.lgs. 22 gennaio 2004, n.  4212
e dal d.m. 15 agosto 2017, senza tuttavia che ne siano stati  fissati
i limiti spaziali e  senza  che  siano  state  introdotte  norme  che
definiscano  le  attivita'  vietate  e   le   misure   sanzionatorie,
preventive e repressive, adottabili dagli organi competenti in  detta
"zona" di mare. 
In tal senso, non appare piu' rinviabile la proclamazione della "zona
contigua" ex  art.  33  della  citata  UNCLOS.  A  tal  riguardo,  e'
intenzione dell'Italia procedere mediante un intervento normativo  di
definizione, anche spaziale, della "zona contigua" entro il 2024. 
 
2.1.4 Istituzione della Zona economica esclusiva 
Inoltre, il mutevole quadro delle relazioni  internazionali  e  delle
sfide  geopolitiche  contemporanee  evidenziano,  sempre   piu',   la
necessita' che l'Italia dia anche concreta  attuazione  alla  recente
legge 14 giugno  2021,  n.  9113  ,  con  la  quale  e'  «autorizzata
l'istituzione di una zona economica esclusiva» (ZEE), nella quale  ai
sensi dell'art. 2 «l'Italia esercita  i  diritti  sovrani  attribuiti
dalle norme internazionali vigenti». 
Ai sensi della UNCLOS (art. 56), nella ZEE lo Stato costiero gode  di
diritti sovrani ai fini dell'esplorazione, dello sfruttamento,  della
conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche e/o
non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il  fondo  del
mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo. Esercita  inoltre
la propria giurisdizione in particolare in materia di installazione e
utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture in mare,  di
ricerca   scientifica   marina,   di   protezione   e   conservazione
dell'ambiente marino. L'estensione dei diritti  sovrani  dello  Stato
nella ZEE consentira', in particolare,  lo  sfruttamento  sostenibile
delle  energie  rinnovabili,  incluso  l'eolico  e  il   fotovoltaico
offshore e la forza delle maree  e  delle  correnti.  Potra'  inoltre
migliorare il controllo e la gestione dei giacimenti  di  idrocarburi
della sottostante piattaforma continentale, inclusi quelli  condivisi
con Paesi vicini a cavallo delle linee di delimitazione. 
Il semplice rinvio generico dell'art. 2 della sopra richiamata  legge
n. 91 del 2021 alle «norme internazionali  vigenti»  richiedera'  una
azione puntuale di definizione del regime regolamentare relativo alle
materie su cui si estendera' la giurisdizione nazionale,  inclusa  la
pesca in  conformita'  con  le  disposizioni  pertinenti  dell'Unione
Europea, la protezione ambientale, la ricerca scientifica, le energie
rinnovabili,  le   installazioni   artificiali.   Al   riguardo,   va
considerato che lo Stato irradia la sua sovranita',  secondo  i  modi
stabiliti dall'UNCLOS, in zone di mare che rappresentano ad un  tempo
patrimonio esclusivo della Nazione, ma anche aree  che  lo  Stato  ha
l'obbligo e la responsabilita'  di  preservare  nell'interesse  della
Comunita' internazionale per garantirne l'uso libero e sostenibile  a
beneficio delle generazioni future. 
L'esigenza di disciplinare le diverse attivita' negli spazi marittimi
e'  particolarmente  avvertita   dagli   operatori   economici,   che
necessitano di informazioni  affidabili  e  durevoli  nel  tempo  per
investire  nelle  loro  iniziative  imprenditoriali.  L'esigenza   di
certezza  dei  confini  marittimi  trascende  gli   spazi   marittimi
nazionali, perche' gli operatori  economici  devono  anche  conoscere
quali spazi siano da considerare  sottoposti  alla  giurisdizione  di
altri Stati e quali rientrino invece nel regime dell'alto mare. 
Per quanto sopra, l'Italia intende istituire  anche  parzialmente  la
propria  ZEE  entro  il  2024.  Tenuto  conto   della   conformazione
geografica del Mediterraneo, i limiti della ZEE italiana non potranno
estendersi fino alle 200 miglia dalle linee  di  base  come  indicato
dalla UNCLOS (art.  57),  ma  richiederanno,  prioritariamente  e  in
conformita' con la legge n. 91 del 2021, una delimitazione concordata
dei suoi limiti esterni sulla base di accordi con gli  Stati  il  cui
territorio e' adiacente a quello italiano o lo fronteggia. Nelle more
della conclusione di  tali  accordi,  tali  limiti  esterni  potranno
essere stabiliti, in conformita' con la suddetta  Legge,  in  maniera
unilaterale, senza comunque  compromettere  od  ostacolare  l'accordo
finale. 
Detta istituzione consentirebbe, tra  l'altro,  l'estensione  a  tale
zona dell'ambito di applicazione della normativa sulla pianificazione
spaziale marittima di cui si e' gia' detto. Per questo, e' importante
e necessario  uno  sforzo  sinergico  tra  tutte  le  amministrazioni
competenti nell'ambito del Cipom. 
Considerato che il «Piano per la Transizione  Energetica  Sostenibile
delle Aree idonee» (PiTESAI), redatto ai sensi dell'art. 11-ter della
legge 11  febbraio  2019,  n.  12  prevede,  nella  sua  formulazione
attuale, la decisione di non aprire piu' in futuro nuove zone  marine
alle ricerche di idrocarburi e di chiudere quelle attualmente  aperte
alle ricerche per le quali non vi siano istanze, e' evidente  che  la
regolamentazione  della  giurisdizione  esercitabile  sulla  ZEE  non
comportera' effetti su tale previsione, stante la valenza prioritaria
dei principi di transizione verso la decarbonizzazione alla  base  di
tale decisione. 
 
2.1.5 Disciplina delle attivita' sulla piattaforma continentale 
Connessa alla regolamentazione  della  ZEE  e'  la  disciplina  delle
attivita' che possono essere  svolte  sulla  sottostante  piattaforma
continentale, stante la contiguita' fisica e concettuale14 tra i  due
differenti spazi marittimi i quali, a certe condizioni, possono anche
avere limiti spaziali coincidenti. Entro il 2024  si  dovra'  percio'
modificare l'ormai superata legge 21 luglio 1967, n. 61315  che  reca
la disciplina delle attivita' di prospezione, ricerca e  coltivazione
degli idrocarburi liquidi e  gassosi  nel  sottofondo  marino  e  che
risulta addirittura antecedente alla stessa UNCLOS. Tra l'altro,  tra
le risorse naturali della  piattaforma  continentale  vi  sono  anche
minerali, diversi dagli idrocarburi, come i noduli polimetallici,  le
terre rare, le emissioni geotermiche il cui  sfruttamento  (auspicato
anche dall'Unione europea in una prospettiva di  affrancamento  dalle
importazioni  di  energia)  e'  parte  integrante  del  processo   di
conoscenza, valorizzazione e sorveglianza della dimensione  subacquea
nazionale. 
 
2.1.6 Leggi e regolamenti relativi al passaggio inoffensivo 
Infine, la UNCLOS all'art. 17 prevede, quale  eccezione  inizialmente
ammessa  dalle  norme  consuetudinarie,  il  «diritto  di   passaggio
inoffensivo», alle condizioni dalla stessa prescritte, a favore delle
navi di tutti gli Stati: passaggio  inoffensivo  attraverso  il  mare
territoriale (16 ); il carattere dell'inoffensivita' richiede di  non
compiere attivita' che possano arrecare «pregiudizio  alla  pace,  al
buon ordine  e  alla  sicurezza  dello  Stato  costiero»  (17  ).  Al
riguardo, l'art. 21, comma 1, della UNCLOS definisce  che  «lo  Stato
costiero  puo'  emanare  leggi  e  regolamenti,  conformemente   alle
disposizioni della presente Convenzione e ad altre norme del  diritto
internazionale, relativamente al passaggio inoffensivo attraverso  il
proprio mare territoriale»,  con  riferimento  a  specifiche  materie
all'uopo elencate. 
Pertanto, sebbene solo  indirettamente  riferibile  alla  portata  ed
estensione delle aree  marittime,  come  definite  dalla  UNCLOS,  in
un'ottica strategica di preservazione dell'ordine e  della  sicurezza
nelle acque sottoposte alla  sovranita'  nazionale  e  alla  connessa
protezione dell'integrita' territoriale, si intende emanare, entro un
breve/medio  periodo,  normative  afferenti  sia  alle  modalita'  di
transito secondo le fattispecie ex art.  19  della  Convenzione,  ivi
incluso il regime del passaggio  degli  Stretti  italiani,  sia  alla
disciplina di una o piu' delle materie elencate nel  citato  art.  21
della UNCLOS. 
 
2.2 ROTTE COMMERCIALI 
Il trasporto,  in  particolare  quello  marittimo,  e'  stato  sempre
considerato  un'attivita'  strumentalmente  funzionale  al  progresso
economico di una Nazione. In tal senso, puo' senz'altro dirsi  che  i
singoli  segmenti  che  compongono  una  qualsivoglia  attivita'   di
trasporto, ancor piu' se marittima, contribuiscono a formare un  vero
e proprio "sistema", che e' andato progressivamente evolvendo  e  che
comprende vie di comunicazione, infrastrutture e logistica dedicate e
mezzi di trasporto. Al riguardo,  non  puo'  non  rilevarsi  come  la
pandemia prima e il conflitto russo-ucraino  dopo  abbiano  disvelato
una forte condizionalita' e vulnerabilita' di tutto  cio'  che  ruota
attorno al commercio, in specie quello via mare, tanto piu' grave ove
si e' dovuto prendere atto dell'incapacita' di contenere, anche  solo
geograficamente, determinati effetti negativi che producono, per loro
natura, incertezza, volatilita' e instabilita'. 
Le ragioni sopra accennate concorrono a caratterizzare una  rinnovata
e diversa fase del processo di globalizzazione nel  cui  contesto  e'
destinata ad  assumere  nuova  centralita',  come  gia'  evidenziato,
l'area del Mediterraneo  e  vieppiu'  del  "Mediterraneo  allargato".
Difatti, le dinamiche economiche e geopolitiche globali,  i  rapporti
di  scambio  piu'  selettivi  -  in   cui   le   ragioni   economiche
dell'efficienza dovranno trovare un nuovo equilibrio con interessi di
natura piu' generale - stanno progressivamente restituendo all'intera
area mediterranea quel ruolo centrale che aveva avuto in un risalente
passato. 
I fattori che determinano detta progressiva trasformazione sono senza
dubbio il recupero  della  importanza  strategia  del  "near-shoring"
indotto dagli eventi di  cui  si  e'  accennato  sopra,  nonche'  dal
disallineamento tra le grandi  potenze  produttive,  nello  specifico
Stati   Uniti   e   Cina,   dalle   nuove    alleanze    strategiche,
dall'accorciamento delle catene produttive globali e dalla spinta  al
raggiungimento di un  adeguato  livello  di  indipendenza  dei  Paesi
europei dalle fonti energetiche (gas,  in  primis)  in  favore  delle
risorse energetiche provenienti dalla sponda Sud del Mediterraneo. In
questo contesto, l'area  mediterranea  e'  destinata  a  trasformarsi
sempre piu' da semplice area di passaggio di merci dirette verso  gli
USA o in Nord Europa a fulcro di una regione economica e politica  di
crescente importanza strategica. 
Ovviamente l'Italia - nello specifico mediante le sue rotte marittime
- dovrebbe avvantaggiarsi della sua posizione privilegiata  in  detto
un contesto globale cosi'  ridisegnato,  potendo  svolgere  un  ruolo
decisivo nell'intera area mediterranea sfruttandone  le  opportunita'
che ne conseguono. Infatti, la sua posizione strategica la propongono
quale potenziale "piattaforma logistica", perfettamente funzionale ad
un contesto di riposizionamento  e  ridistribuzione  dei  flussi  del
commercio   internazionale.   L'Italia,   pertanto,   deve   cogliere
l'occasione per avvantaggiarsi dalla fase di  attuale  riallineamento
del processo di globalizzazione e della dinamica del "supply network"
che presuppone  un  parziale  ritorno  alla  regionalizzazione  degli
scambi commerciali, in specie di quelli via mare, da  intendersi  non
in senso deteriore, bensi'  funzionalmente  collegata  alle  nuove  e
diramate filiere produttive, anche in funzione del suo posizionamento
strategico che la candida altresi' al ruolo di "hub logistico", oltre
che energetico, per i flussi commerciali tra Nord  Africa  ed  Europa
continentale. Tra l'altro, in cio', l'Italia e'  avvantaggiata  dalla
circostanza di avere saputo  sviluppare  un'importante  posizione  di
preminenza nell'ambito del traffico marittimo a  corto  raggio  (c.d.
"short sea shipping"): una modalita' di trasporto pienamente in linea
proprio con le esigenze del commercio marittimo regionale. 
In tal senso, e' quindi necessario acquisire  la  consapevolezza  che
oggi, e sempre di piu', le rotte marittime,  come  gia'  evidenziato,
sono di interesse strategico nazionale e costituiscono vere e proprie
infrastrutture su cui si innestano interessi primari dello Stato. Non
si puo' prescindere, a livello generale, dalla condizione per cui dai
servizi di trasporto via mare dipendano  sia  gli  approvvigionamenti
energetici nazionali e la tutela delle  liberta'  costituzionali  dei
cittadini, sia la logistica  a  servizio  della  seconda  manifattura
industriale europea. A livello locale, invece, da  questo  genere  di
servizi dipende una larga parte delle attivita' turistiche costiere e
sulle isole. 
L'efficienza di una rete trasportistica sul mare, nei porti  e  nella
logistica terrestre rappresenta un primario interesse nazionale.  Per
conseguire un'efficienza competitiva accettabile, infatti, non  basta
l'eliminazione del gap infrastrutturale ed il  raggiungimento  di  un
buon livello dei servizi,  ma  serve  una  visione  centralizzata  ed
olistica del trasporto. Tutto questo senza dimenticare una necessaria
riduzione delle barriere burocratiche e una regolazione  omogenea  di
tutti i settori coinvolti. 
Infine, occorre pensare al trasporto marittimo inserito in un sistema
che dovra': (i) tenere conto della transizione energetica e  del  suo
impatto sul costo del trasporto delle merci  e  delle  persone;  (ii)
essere  ben  raccordato  ai   sistemi   di   trasporto   europei   ed
internazionali, in particolare ai progetti di vicinato Mediterraneo18
e delle interconnessioni intra-regionali  europee  ed  infine;  (iii)
essere inteso nella sua  accezione  integrata  (verticalmente)  da  e
verso le altre modalita' del transito,  deposito  e  trasporto  delle
merci, laddove tale modello di business abbia consolidato i  traffici
e favorito gli investimenti. 
Anche  in  questo  caso,  appare  appropriato  che  le  politiche  di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove   richiedano   interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
 
2.2.1 Il traffico passeggeri e merci con le isole maggiori 
I servizi di collegamento di linea con  le  isole  maggiori  sono  da
sempre il presupposto per garantire  la  "continuita'  territoriale",
oggi presidiata dall'articolo 119  della  Costituzione.  Sulle  rotte
nazionali ed internazionali, infatti, sono attivi piu' di 130 servizi
A/R che generano  oltre  570  partenze  settimanali  con  oltre  1,33
milioni di metri lineari di capacita' di stiva netta a settimana  sia
sui  segmenti  "Ro-Ro"   sia   "Ro-Pax". Valutando   la   statistica,
maggiormente attendibile, della fase ante-Covid, nel 2019 sono  stati
oltre 17 milioni i passeggeri movimentati e piu' di  106  milioni  le
tonnellate di merce movimentata nei porti collegati19 . 
In questo contesto, si pone la necessita'  di  garantire  un  sistema
flessibile  e  non  costoso  del  trasporto  garantendo  qualita'   e
quantita' dei servizi a livello  europeo.  Sara'  inoltre  necessario
misurare e adeguatamente lenire gli effetti  incrementali  del  costo
del trasporto determinati dall'entrata in vigore del regime  previsto
dalla Direttiva UE 10 maggio 2023, n. 959 (c.d. regime "ETS")20 . 
 
2.2.2 Il traffico passeggeri e merci con le isole minori 
Sulle  isole  minori  italiane21  ,  distribuite  in  sette   Regioni
(Liguria, Toscana, Lazio,  Campania,  Puglia,  Sicilia  e  Sardegna),
vivono stabilmente circa 220.000 residenti.  Da  cio'  l'esigenza  di
assicurare la "continuita'  territoriale"  alle  popolazioni  isolane
nonche' il diritto alla  libera  circolazione  delle  merci  e  delle
persone, senza dimenticare il  vitale  supporto  al  turismo  che  di
frequente rappresenta la piu'  importante  attivita'  locale22  .  Le
linee marittime interessate a questi servizi, classificati di  "corto
raggio", riguardano -  per  lo  piu'  -  servizi  marittimi  regolari
connotati da presenza di operatori di servizio pubblico e, in  alcuni
casi, disciplinati da contratti di servizio pubblico23 . 
I servizi esistenti coprono tutti i porti delle  isole  minori  e  il
mercato dei servizi di collegamento non e' spesso  caratterizzato  da
un  notevole  livello  di  concorrenza  con  gravi  disagi  nei  mesi
autunnali  ed  invernali.  Senza  la  realizzazione   di   importanti
interventi  infrastrutturali  nei  punti  di  approdo,  e'  difficile
prevedere l'incremento di suddetti servizi sia nel numero di navi sia
nella dimensione dei vettori. Appare  pertanto  necessario  prevedere
quantomeno una ricognizione complessiva, in ordine di priorita',  dei
suddetti interventi infrastrutturali da realizzazione  nei  punti  di
approdo. Saranno importanti altresi'  i  risultati  del  monitoraggio
puntuale dei servizi da e per le isole, avviato dal  Ministero  delle
infrastrutture e dei trasporti (d'ora in poi anche MIT)  al  fine  di
verificare la rispondenza dei servizi alle esigenze dei cittadini, le
dinamiche dei prezzi e la qualita' ed efficienza dei mezzi. 
 
2.2.3 Il trasporto merci in contenitore 
Questi servizi rappresentano la spina dorsale della  globalizzazione,
posto che la produzione si e' da tempo concentrata in Asia mentre  le
aree ove avviene il maggior consumo delle merci si trovano in America
ed in Europa. Il Mediterraneo concentra oltre il  20%  del  trasporto
marittimo mondiale e rappresenta una via privilegiata di transito per
i traffici containerizzati ove si concentra oltre il 27% dei  servizi
di linea mondiali24 . Le strategie di "near-shoring" alle quali si e'
gia' accennato - che si ipotizzano accelerare nel prossimo decennio -
non sono destinate a ridurre il  ruolo  del  trasporto  di  merce  in
contenitori.   Saranno   verosimilmente   riviste   le   catene    di
approvvigionamento solamente per una serie di prodotti e per le  aree
del mondo maggiormente favorite  ad  ospitare  i  nuovi  insediamenti
industriali (area del Mediterraneo e del Golfo).  Una  strategia  che
segnera' una crescita  importante,  seppure  rivista  alla  luce  del
conflitto  russo-ucraino  che  sta  interessando  proprio  parte   di
quest'area. 
Nel dettaglio, si stima un aumento medio annuo  delle  movimentazioni
container  nei  porti  del  Mediterraneo  del  3,1%  per   la   parte
occidentale, del 4,1% per la parte orientale e del  Mar  Nero  e  del
3,6% per il Nord Africa25 . 
Per quanto concerne l'Italia, in  generale  nei  porti  del  Nord  e'
prevalente la componente di traffico in  export  per  ragioni  legate
alla concentrazione, in quella zona, di  imprese  manifatturiere  che
esportano il c.d. "Made in Italy". 
Gli USA sono il primo cliente con circa il  24%  del  nostro  export,
mentre le merci provenienti dall'Asia rappresentano il 18%  di  tutto
l'import via mare italiano26 . Il tasso di occupazione degli impianti
portuali di destinazione o  partenza  delle  merci  (c.d.  "gateway")
varia  sensibilmente  nei   differenti   contesti,   dimostrando   la
necessita'  di  valutare  seriamente  la  domanda   potenziale   come
condizione per la realizzazione degli  investimenti  a  carico  dello
Stato. Importanti progetti di infrastrutturazione  sono  in  corso  a
Genova, La Spezia e Livorno oltre a Trieste,  ovvero  nei  principali
porti nazionali per il traffico "gateway"27 . 
Ai servizi marittimo-portuali  relativi  alla  merce  in  contenitori
viene dedicata una parte importante della politica portuale italiana. 
Consolidati i regimi concessori nella gran parte degli scali italiani
attraverso il rilascio di titoli di media/lunga durata, la gran parte
di essi - rilasciati ad  importanti  operatori  internazionali  della
logistica, anche marittima - e' stata pianificata dalle Autorita'  di
Sistema Portuale (d'ora in poi  anche  "AdSP"),  prevedendo  numerose
opere di grande infrastrutturazione volte ad aumentare  la  capacita'
ricettiva  sia  qualitativa  (navi  piu'  grandi)  sia   quantitativa
(accrescimento della capacita' ricettiva e di inoltro  della  merce).
Con il fondo complementare al PNRR sono  state  destinate  importanti
risorse  per  lo  sviluppo  dell'accessibilita'  marittima  e   della
resilienza delle infrastrutture portuali  ai  cambiamenti  climatici,
nonche'  per  l'ammodernamento  infrastrutturale  e  funzionale   dei
terminal per contenitori. 
L'obiettivo e'  di  continuare  nell'azione  di  miglioramento  della
competitivita'  dei  servizi   marittimo-portuali   per   raggiungere
posizioni  di  eccellenza  in  ambito  euro-mediterraneo.   In   tale
contesto,  e'  opportuna  una  pianificazione   centralizzata   degli
investimenti infrastrutturali,  in  particolare  nello  sviluppo  dei
collegamenti di "ultimo miglio" - soprattutto ferroviari -  valutando
anche la possibilita' di ridurre i costi per le  manovre  ferroviarie
portuali. E' importante inoltre allineare le procedure e i tempi  dei
controlli doganali alle pratiche degli Stati  che  competono  con  il
nostro. 
Il progetto del MIT relativo alla digitalizzazione della  piattaforma
logistica nazionale ha l'obiettivo di  rispondere  alla  sfida  della
rivoluzione  digitale  nel  segmento  del  trasporto  merci  e  della
logistica a livello  nazionale  a  partire  dalle  criticita'  e  dai
fabbisogni cui il progetto intende  rispondere  in  modo  organico  e
integrato.  Gli  obiettivi   specifici   dell'iniziativa   consistono
nell'incrementare:  l'efficienza  del   trasporto   merci   e   della
logistica; i livelli  di  "customer  experience";  la  sostenibilita'
ambientale; i livelli  di  sicurezza  dei  trasporti;  i  livelli  di
sicurezza in termini generali; essi consistono inoltre  nel  favorire
il bilanciamento modale e nel ridurre la congestione. 
Occorre  poi  affrontare  le  criticita'  connesse  al   deficit   di
concorrenza  del  settore  del  "transhipment"  portuale   nazionali,
rispetto ai  competitor  extra-UE,  specialmente  quelli  localizzati
sulla costa Nordafricana e che possono  offrire  servizi  competitivi
grazie al modesto costo  del  lavoro.  Cio'  anche  in  relazione  al
possibile rischio di delocalizzazione degli impianti industriali. 
Devono altresi' essere  supportati  i  servizi  (anche  costieri)  di
trasporto  marittimo  quale  alternativa   al   trasporto   terrestre
attribuendo agli stessi le prerogative definite  dalla  Comunicazione
della Commissione europea 30 aprile 1999, n. 31728 . 
Infine, occorre favorire la creazione e il mantenimento di  una  rete
di interporti integrata con le realta' portuali (anche rendendo  piu'
efficienti gli strumenti di partecipazione delle  AdSP),  monitorando
l'andamento dei costi dei servizi portuali  alla  luce  dei  principi
previsti dal Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 35229 nell'interesse
generale della sicurezza e degli utenti. 
 
2.2.4 Le autostrade del mare 
A seguito dell'enorme sviluppo, nella prima decade degli  anni  2000,
delle Autostrade del Mare ("AdM") sia italiane sia mediterranee e del
successivo loro consolidamento e incremento nella seconda decade  del
secolo, e' prevedibile che l'infrastruttura del  trasporto  marittimo
mantenga le sue caratteristiche sia in termini di servizi operati sia
in termini di volumi anche alla fine di questo decennio. La  crescita
esponenziale del mercato delle AdM nel corso degli  ultimi  vent'anni
e' stata determinata anche dagli strumenti messi a  disposizione  dal
Governo italiano per incentivare lo "shift-modale"30 . 
In questo contesto, il traffico delle AdM e' senza dubbio il segmento
del trasporto marittimo che  ha  registrato  in  Italia  le  migliori
performances nei cinque anni  pre-pandemici.  La  nostra  Nazione  e'
leader nell'UE per merce movimentata via unita'  Ro-Ro  e  Ro/Ro-Pax,
con un market share del 24,5% del totale UE. Nel 2009 la  percentuale
era  del  18%.   Sempre   valutando   la   statistica,   maggiormente
attendibile, della fase ante-Covid, il segmento  Ro-Ro  e'  cresciuto
del 23,8% dal 2014 al 2019 con  un  tasso  di  crescita  annuo  (c.d.
"CAGR") del 4,4%31 . Nel 2022,  inoltre,  le  merci  movimentate  nei
porti italiani attraverso i Ro-Ro (120,8 milioni di tonnellate) hanno
superato  quelle  trasportate  con  i  container  (119,5  milioni  in
container)32 . 
Anche  in   questo   strategico   settore   occorre   rafforzare   la
consapevolezza dell'importanza del  trasferimento  modale  sulla  via
marittima, ponendola, tramite il ruolo del  Cipom,  al  centro  delle
politiche di Governo. Tale modalita' non deve confinarsi al trasporto
di merce rotabile ma deve comprendere ogni merce, anche unitizzata  o
alla rinfusa, il cui trasporto viene sottratto alla strada. 
E' necessario, dunque, sviluppare idonee politiche per assicurare  il
"level playing field" tra il servizio di trasporto marittimo e quelli
concorrenti sulle vie terrestri. Le misure economiche -  sotto  forma
di incentivi e compensazioni - vanno adeguatamente integrate  con  il
sostegno europeo laddove il  trasporto  marittimo  benefici  di  reti
stradali transfrontaliere. 
Nell'attesa  della  maturazione  dei  tempi  per  l'introduzione  dei
servizi di trasporto terreste nel regime dei certificati di emissione
(il c.d. "Emissions Trading  System"  o  "ETS")  prevista  nel  2025,
occorrera' prevedere un'adeguata misura per calmierare l'aumento  dei
costi del trasporto marittimo rispetto alla  modalita'  stradale,  il
cui inserimento nel regime  dei  certificati  di  emissione  e'  oggi
temporalmente disallineato. 
Infine, sara' opportuno assicurare  attenzione  alla  fluidificazione
del transito dei cittadini e delle merci al seguito nei  servizi  con
Paesi extra-UE ovvero  extra  Schengen,  onde  intercettare  per  via
marittima la crescente domanda di mobilita'. 
 
2.2.5 La navigazione costiera di prodotti industriali e petrolchimici 
Tra i vari contributi resi  all'economia  dell'Italia  da  parte  dei
servizi  di  trasporto  marittimo,  rientra  quello   di   consentire
all'industria italiana  di  inviare  e  ricevere  prodotti  grezzi  o
lavorati direttamente presso gli impianti industriali  situati  sulla
costa,  contribuendo  ad  attingere  la  merce  presso  la  logistica
portuale33 . 
Dovra' essere acquisita la consapevolezza che le  catene  industriali
nazionali  sono  spesso  basate  su  un  efficiente  e  poco  costoso
trasporto  costiero  di  prodotti  e   che,   anche   tali   servizi,
contribuiscono in  maniera  rilevante  alla  riduzione  del  traffico
stradale e delle emissioni nocive. Anche in questo caso, una  visione
unitaria  del  sistema  portuale  nazionale,  di  cui   eventualmente
prendere atto in vista di una eventuale riforma da considerare  quale
possibile priorita' da portare all'attenzione  del  Cipom  (v.  infra
par. 2.3), potra'  consentire  di  individuare  gli  scali  ove  tali
traffici   sono   maggiormente   presenti   prevedendo   misure    di
incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione dei costi. 
A  tale  riguardo,  dovra'  poi   essere   assicurato   il   rispetto
incondizionato della riserva prevista dal Regolamento CE  7  dicembre
1992, n. 357734 a favore delle  imprese  di  navigazione  dell'Unione
europea, come piu' volte ribadito dalla Commissione europea. 
 
2.2.6 Le crociere 
L'Italia e' il maggior beneficiario europeo del business generato dal
turismo crocieristico con  un  impatto  economico  annuo  complessivo
stimato in 14,5 miliardi di euro, secondo le ultime rilevazioni  CLIA
(raccolti nella fase ante-Covid)35 . Sempre valutando la  statistica,
maggiormente attendibile, della fase ante-Covid  l'impatto  economico
mondiale e' salito a 154 miliardi di dollari nel 2019,  superando  la
soglia   del   milione   di   lavoratori   coinvolti   nell'industria
crocieristica (1,17 Mln) per oltre 50,2 miliardi di euro  in  salari.
Tuttavia, la pandemia ha  inevitabilmente  diminuito  il  volume  dei
traffici, con una riduzione dell'impatto economico  mondiale  stimato
al 59% (63,4 miliardi di euro  nel  2020).  Il  settore  e'  altresi'
"labour intensive": i posti di  lavoro  attivati  dal  comparto  sono
circa 125.000 ovvero il 30% del totale europeo, mentre  gli  occupati
diretti sono 53.000. 
Questo segmento  di  mercato  presenta  importanti  potenzialita'  di
crescita  anche  e  soprattutto  presso  scali  inediti   e   minori,
circostanza  che  potrebbe  innescare  -  come  e'  accaduto  per  le
principali destinazioni - fenomeni di  crescita  del  turismo  locale
come effetto del volano crocieristico. 
Con riferimento agli ultimi valori a consuntivo,  fino  al  2022,  la
crocieristica  ha  difatti  continuato  a  crescere  sia  a   livello
internazionale (con ormai oltre 30 milioni di clienti annui)  sia  in
Italia. Sempre valutando  la  statistica,  maggiormente  attendibile,
della fase ante-Covid, il 2019 ha segnato, infatti, il record storico
del movimento passeggeri nei  porti  italiani,  attestandosi  per  la
prima volta sui 12 milioni. La classifica dei porti mediterranei, con
dati a consuntivo 2022, ha confermato il primo  posto  di  Barcellona
con oltre 2 milioni di movimenti passeggeri (+324% sul 2021) e grazie
al risultato della Spezia (+386%), sono saliti a 9 i  porti  italiani
all'interno della top 20 mediterranea36 . 
Inoltre,  nella  classifica  regionale,  il  2022  ha  registrato  il
preesistente predominio della  Liguria  e  del  Lazio  con  la  quota
maggiore di passeggeri movimentati a  livello  nazionale  (23,5%  del
totale per ciascuna regione); entrambe allineate a  poco  piu'  di  2
milioni  di  crocieristi  movimentati  nei  propri  porti.  Anche  la
Campania  e   la   Sicilia   hanno   registrato   ottimi   risultati,
rispettivamente +364% e + 234%  rispetto  all'anno  precedente;  piu'
distante  sia  la  Puglia   che   il   Friuli-Venezia   Giulia,   con
rispettivamente circa 600 e 500 mila passeggeri movimentati. Il  dato
piu' significativo e' sicuramente relativo al fatto che le prime  tre
regioni hanno concentrato il 60% della movimentazione passeggeri e il
48% delle toccate nave37 . 
Occorre  pertanto  rafforzare  il  settore  crocieristico  che  opera
regolarmente nei nostri porti e cio' anche: (i) in funzione dei piani
strategici di sviluppo del turismo adottati sia a  livello  nazionale
che regionale38 ; (ii) in  considerazione  degli  annunciati  ingenti
investimenti dell'industria crocieristica in Europa  nei  prossimi  5
anni, di cui quasi la meta' sono previsti in Italia. 
Appare quindi opportuno coordinare il  turismo  di  crociera  con  le
altre iniziative in  essere  a  favore  del  turismo  tradizionale  e
considerare gli investimenti necessari per la realizzazione di  nuove
infrastrutture  portuali  a  servizio   delle   linee   di   crociera
perseguendo cosi' gli obiettivi della Conferenza di Coordinamento dei
Presidenti delle AdSP quale sede di  elaborazione  della  complessiva
strategia portuale. 
Da ultimo, in vista della prossima  entrata  in  funzione  dei  nuovi
regimi per i controlli dei passeggeri ed i marittimi di  Paesi  terzi
in  partenza  o  in  arrivo  dai/nei  porti  dell'area  Schengen39  -
nonostante la proroga concessa  a  livello  europeo  sull'entrata  in
funzione di detti sistemi (prevista entro la fine del 2024) - occorre
un adeguato coordinamento tra le amministrazioni  centrali  nazionali
ed unionali al fine di favorire  l'interoperabilita'  tra  i  sistemi
informatici  delle  predette  amministrazioni   e   degli   operatori
privati40 . Al riguardo,  appare  appropriato  che  le  politiche  di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove   richiedano   interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
Il tutto assecondando politiche di semplificazione delle procedure di
controllo frontaliero che, in vista della  prossima  adozione  di  un
sistema di "Entry-Exit" dall'area Schengen, consentano un  quadro  di
esenzione dai  controlli  dei  passeggeri  che,  nel  rispetto  delle
condizioni di  sicurezza,  miri  ad  assicurare  la  riduzione  degli
ostacoli al transito della clientela. 
 
2.2.7 Il general cargo 
Il "general cargo"41 rappresenta uno  dei  settori  principali  della
catena logistica a servizio della nostra industria  manifatturiera  e
meccanica. I volumi degli scambi commerciali italiani,  distinti  per
modalita' di trasporto, confermano l'importanza del settore marittimo
per le nostre esportazioni. Quest'ultimo e' un settore che ricopre il
24,3%, anche se rimane predominante il ruolo del  trasporto  stradale
che detiene il 68,8% in virtu' dell'attraversamento dell'Arco Alpino. 
Secondo le stime dell'indagine sui trasporti internazionali di  merci
della Banca d'Italia42 , i costi medi per tonnellata per il  segmento
di traffico di maggior rilievo del general cargo - vale a dire quella
relativa al trasporto di impianti, macchinari e  mezzi  di  trasporto
(ivi inclusi i servizi ausiliari) - nel 2022 risultano  aumentati  in
termini  nominali  collocandosi  su  livelli  superiori  alla   media
dell'ultimo decennio. Nelle restanti tipologie di traffico  (quali  i
prodotti chimici, i materiali da costruzione ed i prodotti forestali)
i noli hanno registrato tassi di crescita nominali  elevati,  con  un
range  del  30/40%,  risentendo  maggiormente   di   un'insufficiente
capacita' di stiva rispetto ad una domanda di trasporto  che,  almeno
per la prima parte dell'anno, risulta essere stata sostenuta. 
Anche per  tale  segmento  vanno  sviluppate  adeguate  politiche  di
sostegno. Cio' anche in relazione all'importanza fondamentale di tali
servizi per la competitivita' dell'industria manifatturiera italiana. 
Sotto altro e diverso profilo, occorre ricordare come soprattutto  il
traffico della carpenteria industriale di grandi dimensioni  richieda
altissime professionalita' da  parte  delle  maestranze  sia  per  il
trasporto a destinazione nel porto di partenza sia per il rizzaggio a
bordo. Queste professionalita' rappresentano un'eccellenza del nostro
sistema portuale  che  va  senz'altro  valorizzata  e  sostenuta  con
adeguate politiche di settore. 
 
2.2.8 Il traffico energetico: le rinfuse liquide e secche 
Questo comparto e' tra i piu' grandi contributori di merce nei  porti
nazionali43 , la cui importanza per la  societa'  e  per  l'industria
nazionale ed europea e' indubbia, nonostante la sua scarsa  evidenza.
Inoltre, il recente e piu' volte citato conflitto russo-ucraino ed il
contemporaneo processo di alleggerimento portato avanti dalla  nostra
Nazione con riferimento all'affrancamento energetico dalla Russia, ha
imposto un ripensamento complessivo delle fonti di approvvigionamento
di gas. Al riguardo, e' stato possibile  completare  questo  processo
solo sul presupposto che l'Italia potesse  contare  su  competenze  e
infrastrutture idonee per il trasporto di gas per via marittima. 
E' fuor di dubbio che a questo comparto viene e  verra'  affidato  un
ruolo  particolarmente  importante   nella   transizione   energetica
nazionale perche' il trasporto e lo stoccaggio portuale di carburanti
alternativi al fossile  pongono  quesiti  tecnici  e  regolatori  non
comuni. Questi ultimi dovranno essere assecondati e risolti, onde non
scontare  pericolosi  ritardi  che  potrebbero  ripercuotersi   sulla
capacita' nazionale di assecondare  le  nuove  politiche  energetiche
determinate dal contesto internazionale e dalla transizione ecologica
voluta dall'Unione europea. 
Fino ad oggi,  tuttavia,  e'  stata  dedicata  scarsa  attenzione  ai
rigassificatori ed alle strutture di stoccaggio del gas  e  di  altri
carburanti alternativi che, specialmente  negli  ultimi  mesi,  hanno
assunto  un'importanza  strategica  per  l'approvvigionamento  e   la
diversificazione  delle  fonti  energetiche,   sovrapponendosi   alle
esigenze   di   infrastrutturazione   energetica   riguardante,    in
particolare, l'alimentazione alternativa delle navi. Occorre tuttavia
rilevare che le azioni governative messe in campo in materia  con  il
fondo complementare al PNRR non  hanno  ad  oggi  avuto  un  completo
utilizzo per il parziale interesse manifestato dagli investitori. 
Nella consapevolezza che gli orientamenti europei in materia di aiuti
di  Stato  vanno  in  direzione  della   non   ammissibilita'   delle
incentivazioni ai combustibili fossili, fra cui viene fatto rientrare
il GNL non "bio", occorre pertanto rafforzare  il  tema  dell'energia
"che  viene   dal   mare"   e   "per   il   mare",   con   interventi
infrastrutturali, logistici e procedurali specificamente dedicati. 
 
2.2.9 Il trasporto fluvio-marittimo 
Tra gli interventi di programmazione  strategica  che  riguardano  il
mare, e' auspicabile prendere in considerazione anche il comparto dei
trasporti fluvio-marittimi. Quest' ultimo, infatti, puo'  contribuire
al  decongestionamento  delle   arterie   stradali   piu'   sensibili
soprattutto del quadrante Nord-Est del nostro  territorio  nel  quale
sono presenti distretti economici e poli industriali ubicati in  zone
di  notevole  propensione   all'esportazione,   con   l'esigenza   di
infrastrutture per scambiare beni in modo rapido ed economico. 
Ad oggi, tuttavia, manca un  sistema  adeguato  alle  esigenze  e  la
situazione attuale porta ad  una  frequente  congestione  delle  reti
autostradali e, talvolta, delle ferrovie  in  un'area  caratterizzata
dall'ampio volume di scambi. 
In tale  contesto,  in  cui  la  navigazione  interna  dei  fiumi  e'
un'opportunita' di trasporto che, in Italia,  rappresenta  solo  l'1%
del totale degli spostamenti effettuati, occorre sostenere  obiettivi
di sinergia per migliorare il livello di prestazione del  sistema  in
vista dello sviluppo del trasporto per via d'acqua. 
 
2.2.10  Il  quadro  normativo  e  regolatorio  quale   strumento   di
protezione e sviluppo dei servizi marittimi 
 
2.2.10.a Le misure fiscali e di aiuto al settore 
Il legislatore nazionale ha previsto per  il  settore  marittimo,  in
coerenza con le direttrici unionali di riferimento, specifiche misure
fiscali  volte  a  favorire  nei  diversi  comparti   impositivi   la
competitivita' internazionale delle imprese. 
Si tratta, in particolare, delle misure di  de-fiscalizzazione  delle
imprese  marittime,  nonche'  di  quelle  di   de-fiscalizzazione   e
de-contribuzione  del  costo  del  lavoro  marittimo,  stabilite   in
coerenza agli  Orientamenti  UE  in  materia  di aiuti  di  Stato  ai
trasporti  marittimi44  .  Il   settore   del   trasporto   marittimo
internazionale e' poi interessato dall'esenzione ai  fini  Iva  delle
principali operazioni, in coerenza  alla  Direttiva  CE  28  novembre
2006, n. 112. 
Quanto al regime di  sostegno,  esso  e'  previsto  in  primis  dalla
normativa di cui al d.l. 30 dicembre 1997,  n.  457,  convertito  con
modificazioni dalla legge 27 febbraio 1998, n.  3045  ,  recentemente
integrato  dal  d.l.  23  settembre  2022,  n.  144,  convertito  con
modifiche dalla legge 17 novembre 2022, n. 175  in  attuazione  degli
impegni contenuti nella decisione della Commissione europea 11 giugno
2020, n. 3667. Tramite tale  decisione,  la  Commissione  europea  ha
confermato  e  prorogato  le  misure  del   Registro   Internazionale
Italiano, dichiarandole compatibili con il mercato  interno  a  norma
dell'articolo 107, paragrafo 3, lettera c), del TFEU, alla condizione
che l'Italia dia corretta  attuazione  agli  impegni  di  adeguamento
della disciplina agli Orientamenti UE, analiticamente declinati dalla
decisione stessa46 . 
In ambito Iva, il settore, limitatamente ad alcune  operazioni,  gode
di esenzioni  riguardo  alle  «operazioni  assimilate  alle  cessioni
all'esportazione» disciplinate dall'art. 8-bis del d.p.r. 26  ottobre
1972, n. 633 e ai «servizi  internazionali  o  connessi  agli  scambi
internazionali» disciplinati dall'art. 9 del d.p.r. n. 633 del 1972. 
Le misure di aiuto, generalmente concesse da tutti gli  Stati  membri
dell'Unione a supporto  dei  loro  rispettivi  sistemi  di  trasporto
nonche' quelle di esenzione dal regime Iva, appaiono coerenti con  il
quadro europeo e decisive non solo per le imprese a cui tali  servizi
sono affidati ma altresi', e soprattutto, per il funzionamento  e  la
competitivita' - nel contesto internazionale - delle attivita' legate
all'economia del mare  svolte  in  Italia;  attivita'  caratterizzate
dalla intrinseca mobilita' dei mezzi e di elementi quali la  bandiera
o la sede dell'impresa che potrebbero essere facilmente delocalizzate
in Paesi a bassa o inesistente fiscalita'. 
In questo contesto occorre non soltanto impegnare  le  risorse  dello
Stato per consolidare la competitivita' delle  imprese  nazionali  ma
anche realizzare, con il concorso delle amministrazioni  interessate,
un'effettiva armonizzazione delle norme e della loro interpretazione,
creando in ultima analisi un quadro regolatorio certo. In tal  senso,
appare appropriato che le politiche di coordinamento e programmazione
necessarie  per  mettere  a  sistema  tutte   le   suddette   azioni,
soprattutto  laddove  richiedano  interventi  trasversali  tra   piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di  riferimento  nel
Cipom. 
Sotto altro, ma non meno importante, profilo il fatto che il previsto
allargamento  dei  benefici  concessi  alle  imprese   di   trasporto
marittimo stabilite in Italia alle attivita' dalle stesse  esercitate
anche su navi che battono bandiera dell'Unione europea o dello Spazio
Economico Europeo (SSE), e non piu' limitate alle  navi  che  battono
bandiera italiana, impone di procedere con una certa  urgenza  a  una
complessiva rivisitazione delle norme  principalmente  rinvenute  del
nostro codice della navigazione47 e nel suo  regolamento  attuativo48
(ma anche in molte norme dettate  dalla  legislazione  e  regolazione
successiva). Il tutto con lo scopo di creare un ambiente  regolatorio
moderno ed efficiente nonche'  in  linea  con  quelli  che  sono  gli
standard dei registri marittimi europei piu' avanzati. 
Anche in questo ambito al Cipom  spettano  compiti  di  coordinamento
amministrativo  volti  a  migliorare  il  contesto  regolatorio   del
settore. 
 
2.2.10.b La semplificazione della normativa nazionale di settore 
Per le ragioni piu' sopra illustrate, occorre valutare con una  certa
urgenza le gia' (da piu' parti) avanzate proposte di  semplificazione
ed efficientamento,  anche  digitale,  dell'attuale  legislazione  di
settore. 
Anche  in   questo   settore,   infatti,   dal   confronto   con   le
amministrazioni e i portatori di interessi e'  stata  evidenziata  la
necessita' di incentivare  le  azioni  di  semplificazione  volte  ad
incrementare la competitivita' della bandiera italiana. 
In concreto, si  tratta  di  avviare  rapidamente,  da  un  lato,  la
semplificazione di quelle norme ritenute "superate" del nostro codice
della navigazione (e  del  relativo  regolamento  di  attuazione)  e,
dall'altro,  adeguare  le  relative  procedure  amministrative   alla
digitalizzazione  in   modo   tale   da   consentire   una   gestione
(amministrativa) efficiente volta a permettere alla navi che  battono
la bandiera italiana, alla logistica portuale e al  lavoro  marittimo
nazionale  di   poter   competere   ad   armi   pari   nei   contesti
internazionali. Per  fare  questo  occorre  in  primis  allineare  la
normativa primaria e secondaria di settore agli  standard  dei  Paesi
europei piu' moderni, soprattutto sotto  il  profilo  amministrativo,
digitale e giuslavoristico. 
Nello   specifico,   come   sopra   gia'   rilevato,    un'efficiente
semplificazione dovrebbe poter  partire  da  una  ragionata  modifica
della legislazione in materia di regime  amministrativo  della  nave,
della   digitalizzazione   delle   pratiche   di   bordo   e    della
semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo. E'  in  ogni
caso necessario che il complessivo corpus  normativo  che  regola  il
settore venga aggiornato per affrontare le odierne sfide tecnologiche
e competitive. 
Ancora una  volta  il  Cipom  puo'  (rectius:  deve)  ragionevolmente
esercitare in questo contesto il ruolo di catalizzatore delle istanze
e acceleratore dei processi di revisione delle norme e delle obsolete
pratiche amministrative. Nello specifico: 
I. La semplificazione del regime amministrativo della nave 
In tale ambito, occorre prevedere un  aggiornamento  sistematico  del
codice della navigazione con riferimento,  in  senso  non  esaustivo,
alle  questioni  afferenti  alla  dismissione   di   bandiera,   alla
sospensione temporanea dell'abilitazione  alla  navigazione,  nonche'
all'iscrizione provvisoria in caso  di  acquisto  e/o  vendita  della
nave. Occorre altresi' operare una  complessiva  rivisitazione  della
normativa afferente alle visite di bordo delle navi  da  parte  delle
autorita'  competenti,  nonche'  con  riferimento  a   tutte   quelle
attivita' ispettive di bordo che trovano applicazioni disomogenee sul
territorio nazionale ed unionale49 . In  questa  prospettiva  occorre
quindi revisionare adeguatamente anche  il  vigente  "Regolamento  di
sicurezza" di cui al d.p.r. 8 novembre 1991, n. 435. 
II. La digitalizzazione delle pratiche di bordo 
Occorre   una   progressiva    digitalizzazione    delle    procedure
amministrative,  approfittando   delle   tecnologie   nel   frattempo
affermate e disponibili, peraltro gia'  utilizzate  in  altri  ambiti
dalla  Pubblica  Amministrazione.  In  particolare,  sara'  opportuno
adeguatamente digitalizzare la tenuta della documentazione di bordo50
, gli adempimenti amministrativi connessi alla partenza e  all'arrivo
della nave nei porti nazionali e, piu' in  generale,  lo  scambio  di
informazioni  fra  la  nave  e  le  competenti  Autorita'  Marittime,
doganali e portuali. 
III. La semplificazione e digitalizzazione del lavoro marittimo 
Occorrono  nuove  procedure  amministrative  in  special   modo   per
l'arruolamento dei marittimi mediante: (i) la  creazione  della  c.d.
"Anagrafe digitale della gente di mare" che, attraverso  una  moderna
piattaforma digitale  integrata,  consenta  di  gestire  gli  annessi
adempimenti burocratici; (ii) l'attuazione del d.p.r.  n.  18  aprile
2006, 231, con particolare riferimento alla  necessaria  riforma  del
collocamento  della  gente  di  mare  e  mare   e   all'aggiornamento
dell'Allegato riguardante i requisiti di accesso alle professioni del
mare; (iii) la  semplificazione  delle  procedure  di  stipula  delle
convenzioni di arruolamento e di quelle di annotazione sul  ruolo  di
equipaggio (artt. 328, 329 e 331 cod. nav. e  357  reg.  nav.  mar.),
nonche'  di  quelle  relative  alle  annotazioni  sul   libretto   di
navigazione con riferimento alla navigazione effettuata, valorizzando
cosi' il ricorso alla modalita' digitale, (iv) l'aggiornamento  e  la
digitalizzazione delle procedure di imbarco e  sbarco  dei  marittimi
sia con riferimento alla figura del comandante, sia  con  riferimento
al resto dell'equipaggio a bordo (artt. 223  e  236  reg.  cod.  nav.
mar.); (v) la semplificazione delle procedure relative  alle  attuali
autorizzazioni plurime necessarie per l'avvicendamento  di  personale
marittimo da parte del medesimo armatore che opera  servizi  regolari
negli stessi porti, rendendo con cio' piu' flessibile  l'impiego  dei
marittimi in forza alla medesima impresa di navigazione (art. 172 bis
cod. nav.); (vi) l'aggiornamento della normativa  sulla  retribuzione
dei marittimi51 . 
IV. La certificazione marittima 
Attualmente, ogni nave in esercizio opera con oltre  100  certificati
statutari, ivi compresi quelli richiesti dall'International  Maritime
Organization (IMO), per i quali esiste una specifica circolare52 . Ad
essi  si  sommano  quelli  richiesti  dalle   varie   amministrazioni
competenti. 
Il rilascio della  maggior  parte  dei  gia'  menzionati  certificati
compete ai  cosiddetti  RO  (in  passato  Enti  di  Classifica,  oggi
"Recognized Organization") e all'Amministrazione di  bandiera  quando
non deleghi i RO. Il citato allargamento alle navi registrate  presso
gli Stati membri della UE e dello Spazio Economico  Europeo  ("SEE"),
armate e operate da armatori stabiliti sul territorio  nazionale  del
regime  di  aiuto  garantito  al  trasporto  marittimo  esposto  alla
competizione internazionale, impone una riflessione sulla  necessita'
di allineare il corredo regolamentare e le relative incombenze legate
alla operativita' della nave italiana agli standard degli altri Paesi
marittimi  dell'Unione.  Il  tutto  per  scongiurare   l'ipotesi   di
emigrazione delle  unita'  verso  registri  europei  che,  nel  pieno
rispetto dei  requisiti  dettati  dalla  regolazione  internazionale,
garantiscono un livello regolatorio e burocratico  meno  complesso  e
piu' attrattivo per l'operatore. 
Nello  specifico,  le  audizioni  delle   parti   interessate   hanno
evidenziato alcune consolidate criticita': ad  esempio,  solo  alcune
amministrazioni  hanno  introdotto  ed  accettano  i  certificati  in
formato elettronico, cosi' come non tutte le amministrazioni delegano
ai  RO  tutti  gli  accertamenti  ed  il  rilascio   della   relativa
certificazione. Da questo punto di vista, anche  mediante  l'istituto
della delega, occorre introdurre alcune importanti novita' nel regime
dei controlli dello Stato  di  bandiera  permettendo  agli  organismi
riconosciuti di effettuare le  residuali  visite  ispettive  previste
dallo Stato di bandiera  medesimo,  che  ancora  oggi  sono  in  capo
esclusivo  alle   Autorita'   marittime,   come   la   certificazione
"International Ship Security" e quella  per  la  certificazione  "MLC
2006"53 . 
V. Le ulteriori norme 
Ulteriori  procedure  di  semplificazione  da  attuare   nel   nostro
ordinamento riguardano, in particolare, la  pubblicita'  dell'ipoteca
navale nonche' il consolidamento della stessa. Trattasi di  questioni
di natura procedimentale molto lunghe e complesse che  -  nell'ambito
dei contratti di finanziamento relativi  all'acquisto  delle  navi  -
presuppongono trascrizioni e trasferimenti di ipoteca dal registro di
provenienza a quello di  nuova  iscrizione  della  nave.  Nell'ottica
della piu' volte dichiarata semplificazione e razionalizzazione delle
procedure occorre quindi  riformare  anche  tali  norme  al  fine  di
agevolare i processi di sviluppo delle imprese di navigazione. 
 
2.2.10.c La legislazione UE sulla sicurezza marittima 
Pare opportuno segnalare una  recente  iniziativa  della  Commissione
europea sfociata nella proposta di  revisione  del  quadro  normativo
europeo  sulla  sicurezza  marittima  (nell'accezione  di   "Maritime
Safety")54 . La proposta ha  il  fine  di  rafforzare  la  protezione
ambientale e  recepire  le  normative  internazionali  nel  frattempo
sedimentate. 
Nel presupposto che la normazione trattata nella proposta rappresenta
l'attuale quadro regolatorio complessivo e generale per la  sicurezza
marittima  nazionale  ed  unionale,  andra'   valutato   attentamente
l'impatto di una sua modifica anche per  scongiurare  il  pregiudizio
agli interessi  nazionali  potenzialmente  determinato  da  possibili
impatti deteriori sulla flotta nazionale ovvero  sulle  attivita'  di
trasporto a servizio dell'Italia ovvero  allorquando  si  verificasse
un'alterazione del "level playing field", tra la normativa europea  e
quella internazionale. 
Pare  pertanto  opportuna  una  breve  disamina  della  proposta   di
revisione della normativa in questione che riguarda: 
I. La revisione della Direttiva CE n. 16  del  2009sul  controllo  da
parte dello Stato di approdo: 
In sintesi,  la  Commissione  europea  propone  (principalmente)  di:
ampliare l'ambito di applicazione della Direttiva55 ,  modificare  il
profilo di rischio della nave alla luce dei cambiamenti approvati dal
Memorandum  of  Understanding  ("MoU")  di  Parigi5  6;  integrare  i
parametri ambientali nella  determinazione  del  profilo  di  rischio
delle  navi  e  della  conseguente  individuazione  delle   navi   da
ispezionare (art 10 e Allegati I e II), i.e.: utilizzare, ai fini  di
valutare la sicurezza, il rating del Carbon Index  Indicator  ("CII")
delle navi57 ; aggiungere un nuovo parametro del profilo  di  rischio
della  nave  collegato  all'utilizzo   di   certificati   elettronici
(allegato I.1.c.iv)58 . 
II. La revisione della Direttiva CE n. 21 del 2009 sulla  conformita'
ai requisiti dello Stato di bandiera: 
La proposta di revisione della Direttiva CE 23 aprile 2009, n. 21  ha
come obiettivo quello di allineare quest'ultima  agli  strumenti  IMO
adottati dal 2009, tenendo in considerazione gli sviluppi tecnologici
e digitali. 
Nello specifico, la Commissione  propone  di:  recepire  nel  diritto
unionale le disposizioni  del  "Codice  per  l'Implementazione  degli
Strumenti IMO"; stabilire misure piu' dettagliate che  gli  Stati  di
bandiera dell'UE devono attuare per garantire la sicurezza delle navi
battenti  bandiera  di  uno  Stato  membro  (nuovo  articolo  4-ter);
introdurre  requisiti  in  materia   di   sicurezza   e   prevenzione
dell'inquinamento (nuovo articolo 4 quater)59 ; introdurre  requisiti
per la digitalizzazione e lo scambio di informazioni60  ;  modificare
le disposizioni vigenti in materia di audit dello Stato di bandiera e
dei sistemi di gestione della qualita61 ;  istituire  un  «Gruppo  ad
alto  livello  sulle  questioni  relative  allo  Stato  di  bandiera»
incaricato, tra le altre cose, anche di formulare raccomandazioni  su
un approccio comune  all'ispezione  dello  Stato  di  bandiera  e  di
sviluppare  e  attuare  un  sistema  di   supervisione   degli   enti
riconosciuti. 
III. La revisione della Direttiva CE n. 35 del 2005 sull'inquinamento
provocato dalle  navi  e  sull'introduzione  di  sanzioni  per  reati
ambientali: 
E' previsto un  importante  ampliamento  del  campo  di  applicazione
attraverso la proposta di inclusione di ulteriori sostanze inquinanti
descritte negli  Allegati  III-VI  della  Convenzione  MARPOL  73/78.
Queste sostanze comprendono acque reflue, rifiuti, acque di scarico e
residui dei depuratori  di  gas  di  scarico  (Exhaust  Gas  Cleaning
System, "ECGS", noti anche come "scrubbers")62 . 
IV.  La  revisione  della  Direttiva  2009/18/CE   recante   principi
fondamentali in materia di indagini  sui  sinistri  nel  settore  del
trasporto marittimo: 
La Commissione propone di aggiornare la Direttiva per  allinearla  al
"Casualty Investigation  Code"  dell'IMO  e  quindi  di  abrogare  il
Regolamento UE 9 dicembre 2011, n.  1286  della  Commissione,  del  9
dicembre 2011, che adotta una metodologia comune per le indagini  sui
sinistri o incidenti marittimi. 
L' iniziativa appare giustificata in  quanto  l'IMO  con  la  propria
Risoluzione A.1075(28), ha adottato le linee guida per assistere  gli
investigatori nell'attuazione del codice  di  indagine  sui  sinistri
fornendo una metodologia dettagliata per le indagini degli stessi63 . 
V. La revisione del Regolamento sull'Agenzia Europea per la Sicurezza
Marittima e abrogazione del Regolamento CE n. 1406 del 2002: 
La proposta amplierebbe le competenze  dell'EMSA  (l'Agenzia  Europea
per la Sicurezza Marittima) in una serie di ambiti, tra  i  quali  la
sicurezza  marittima,  la  cybersicurezza,  la  sostenibilita'  e  la
decarbonizzazione. L'EMSA verrebbe  altresi'  incaricata  di  fornire
sostegno agli Stati membri e  alla  Commissione  nell'attuazione  del
Regolamento FuelEU Maritime e della Direttiva relativa al sistema  di
scambio di quote di emissione ("ETS"). 
 
2.2.10.d La legislazione UE per la transizione ecologica 
A questo riguardo si dedica un intero capitolo  del  presente  "Piano
del mare", posta l'importanza delle norme europee  ed  internazionali
sulla materia e gli importanti effetti che  tali  norme  avranno  sul
mondo del mare. 
 
2.2.10.e Ulteriori prospettive regolatorie unionali nel settore della
"blue economy" 
Il Cipom  si  conferma  naturale  sede  ex  lege  per  promuovere  il
necessario  coordinamento  in  merito  ad  altre  recenti  iniziative
europee di interesse per il settore della "blue economy", di  seguito
sintetizzate, oggetto di discussione nelle sedi europee nei  prossimi
mesi. Nello specifico, si fa riferimento a  tre  distinte  iniziative
attinenti, rispettivamente, alla promozione  di  un  trasporto  merci
piu' verde,  anche  mediante  l'intermodalita'  (pacchetto  «Greening
Freight Transport»), alla necessita' di affiancare agli obiettivi  di
transizione energetica  un  piano  di  politica  industriale  europea
(denominato «Net Zero Industry Act»), e alla prevista revisione della
normativa europea sul riciclaggio delle navi (c.d. "Ship Recycling"). 
Si tratta di iniziative distinte nei contenuti  ma  accomunate  dalla
rilevanza,  in  termini  di  potenziali  criticita',  nonche'   dalle
opportunita' che il comparto marittimo potrebbe cogliere  e  rispetto
alle quali sembra opportuno auspicare il necessario  coordinamento  a
livello nazionale ed europeo. Nello specifico: 
I. Il pacchetto Greening Freight Transport: 
Il pacchetto "Greening Freight  Transport",  pubblicato  in  data  11
luglio 2023 dalla Commissione europea, propone un insieme  di  misure
legislative volte  a  promuovere  un  trasporto  merci  piu'  pulito,
efficiente e sostenibile dal punto di vista ambientale. 
Tale obiettivo verrebbe perseguito in particolare  mediante  proposte
volte  all'ottimizzazione  del  sistema  di   gestione   della   rete
ferroviaria europea, la previsione di incentivi piu' efficaci  per  i
veicoli merci piu' puliti, il miglioramento delle informazioni  sulle
emissioni di gas climalteranti del trasporto merci, e la proposta  di
revisione della Direttiva sul trasporto combinato64 (Direttiva CEE  7
dicembre 1992, n. 106),  la  cui  pubblicazione  e'  prevista  in  un
momento successivo. 
Nello specifico, il pacchetto presentato dalla Commissione europea e'
composto dalla comunicazione COM (2023)  440  «Rendere  il  trasporto
merci piu' pulito», dalla proposta COM (2023) 445 di  modifica  della
Direttiva sui pesi e le dimensioni dei  veicoli,  dalla  proposta  di
Regolamento  COM  (2023)  443  per  l'accesso   alla   infrastruttura
ferroviaria e dalla proposta di Regolamento COM (2023) 441,  relativo
all'adozione  di  una  cornice  armonizzata  per  il  calcolo   delle
emissioni climalteranti del trasporto attraverso la nuova  iniziativa
denominata "CountEmissionsEU". Per completare le  suddette  proposte,
la Commissione europea ha annunciato una successiva  revisione  della
Direttiva  sui  trasporti  combinati,  inclusa  la  possibilita'   di
inserirvi misure normative, operative ed economiche volte  a  rendere
il trasporto intermodale piu' competitivo. 
Delle misure sopra richiamate, attualmente  pubblicate,  l'iniziativa
"CountEmissionsEU" consisterebbe in un quadro comune per quantificare
le emissioni di gas a effetto serra  dei  servizi  di  trasporto  nei
diversi modi di trasporto, inclusa la modalita' marittima.  Con  tale
iniziativa, la Commissione propone un approccio  metodologico  comune
per consentire alle imprese di calcolare le loro emissioni di  gas  a
effetto serra qualora decidano  di  pubblicare  tali  informazioni  o
siano tenute a condividerle per motivi contrattuali.  La  metodologia
proposta si basa sulla norma ISO/CEN, recentemente  adottata  per  la
quantificazione e la comunicazione delle emissioni di gas  a  effetto
serra derivanti dal funzionamento delle catene per  il  trasporto  di
passeggeri  e  di  merci.  Secondo  la  Commissione,   una   maggiore
trasparenza dei dati sulle emissioni di  gas  a  effetto  serra  puo'
influenzare le decisioni degli utenti  dei  trasporti  e  incentivare
l'utilizzo di opzioni di trasporto piu' sostenibili. 
La suddetta proposta sara' esaminata dal  Parlamento  europeo  e  dal
Consiglio  secondo  la  procedura  legislativa  ordinaria.  In   tale
contesto,   se   l'iniziativa   in   questione   puo'   rappresentare
un'opportunita'  per   promuovere   modalita'   di   trasporto   piu'
sostenibili,  quali  la  modalita'  marittima,   appare   auspicabile
assicurare nel corso del negoziato europeo che le specificita'  delle
singole modalita' di trasporto  e  delle  rispettive  metodologie  di
rendicontazioni esistenti vengano prese in considerazione al fine  di
scongiurare rischi di possibili confronti iniqui  e  arbitrari  o  di
ulteriori oneri amministrativi per le compagnie di trasporto. 
Occorrera' infine prestare particolare attenzione  alla  sopra-citata
proposta di revisione della Direttiva sul trasporto combinato, la cui
pubblicazione sembra essere invece prevista  nel  mese  di  settembre
2023. La Direttiva potrebbe infatti rappresentare un'opportunita'  da
cogliere rispetto alla  promozione  dell'intermodalita',  soprattutto
alla luce degli ambiziosi target di  trasferimento  modale  verso  le
modalita' di trasporto piu' sostenibili, quali la navigazione a corto
raggio,  stabilite  nella  strategia  europea   per   una   mobilita'
sostenibile ed intelligente adottata nel 202065 . 
II. Il Net Zero Industry Act: 
La proponenda misura legislativa denominata «Net Zero Industry  Act»,
pubblicata in data 16 marzo  2023,  potrebbe  rappresentare,  con  le
necessarie   modifiche,   una   opportunita'   per   rafforzare    la
competitivita' industriale e capacita' di produzione strategica delle
tecnologie a zero emissioni nette in  Europa  anche  per  il  settore
della "blue economy". 
L'atto e' da alcuni visto come un tentativo  europeo  di  contromossa
nei  confronti  dell'«Inflation  Reduction  Act»   (IRA)   americano,
approvato dal Congresso la scorsa estate e che ha  allocato  ben  369
miliardi di dollari in misure a  favore  del  clima,  prevalentemente
agevolazioni fiscali per la produzione di energia a  basse  emissioni
di carbonio e per l'acquisto di veicoli elettrici. 
L'iniziativa in questione, proposta dalla Commissione nel quadro  del
c.d. "Piano industriale del Green  Deal",  individua  tecnologie  che
apporteranno un contributo  significativo  alla  decarbonizzazione  e
che, in quanto considerate  "strategiche",  riceveranno  un  sostegno
particolare a livello europeo sulla base dei seguenti  pilastri:  (i)
definizione delle condizioni abilitanti: la normativa migliorera'  le
condizioni per gli investimenti nelle  tecnologie  a  zero  emissioni
nette migliorando l'informazione, riducendo gli oneri  amministrativi
per l'avvio di progetti e  semplificando  le  procedure  di  rilascio
delle autorizzazioni; (ii) agevolazione dell'accesso ai mercati:  per
migliorare la diversificazione  dell'offerta  di  tecnologie  a  zero
emissioni nette, la normativa  impone  alle  Autorita'  pubbliche  di
tenere conto dei  criteri  di  sostenibilita'  e  resilienza  per  le
tecnologie a zero emissioni nette nell'ambito degli appalti  pubblici
o delle aste; (iii)  miglioramento  delle  competenze:  la  normativa
introduce nuove misure per garantire la disponibilita' di  manodopera
qualificata; (iv) promozione dell'innovazione: la normativa  consente
agli Stati membri di istituire spazi di sperimentazione normativa per
testare tecnologie innovative a  zero  emissioni  nette  e  stimolare
l'innovazione in condizioni normative flessibili; (v) la "piattaforma
Europa"  a  zero  emissioni   nette   sosterra'   gli   investimenti,
individuando le esigenze finanziarie, le strozzature  e  le  migliori
pratiche per i progetti in tutta l'UE. Il Regolamento  proposto  deve
ora  essere  discusso  e  approvato  dal  Parlamento  europeo  e  dal
Consiglio dell'Unione, prima della sua adozione ed entrata in vigore. 
Al riguardo, occorre evidenziare che l'attuale  proposta  legislativa
non  sembra  riconoscere  adeguatamente  il  ruolo   strategico   del
trasporto  marittimo,  e,  quindi,  la  necessita'  di  sostenere  lo
sviluppo  delle  tecnologie,  dei  carburanti  alternativi  e   delle
infrastrutture richieste per  la  decarbonizzazione  di  quest'ultimo
alla luce  delle  peculiarita',  specificita'  e  complessita'  della
transizione energetica del settore. 
Pertanto, sara' di fondamentale importanza  nel  corso  del  processo
legislativo a livello europeo che il decisore unionale  consideri  il
trasporto  marittimo  quale  infrastruttura  strategica   dell'Unione
europea, prevedendo specifiche di  politica  industriale  a  supporto
della transizione energetica di tale comparto. 
Il Cipom potrebbe svolgere un importante ruolo di coordinamento e  di
raccordo tra le amministrazioni nazionali coinvolte, con  l'obiettivo
di tramutare la criticita' della  proposta  sopra-richiamata  in  una
opportunita'  per   supportare,   tramite   questa   iniziativa,   la
competitivita' e la transizione energetica  della  filiera  nazionale
della blue economy. 
III. Il riciclaggio delle navi: 
Il Regolamento UE 20 novembre 2013, n. 1257 relativo  al  riciclaggio
delle navi ("EU Ship Recycling Regulation") e'  un  atto  legislativo
europeo che mira a regolare in modo  piu'  efficace  il  processo  di
demolizione  delle   navi   commerciali,   al   fine   di   prevenire
l'inquinamento ambientale e garantire condizioni di lavoro  sicure  e
dignitose per i lavoratori impiegati in questo settore. 
Il Regolamento, in vigore dal 2014, stabilisce una serie di requisiti
e procedure che le navi commerciali devono seguire quando raggiungono
la fine della loro vita operativa e devono, dunque, essere  dismesse.
Esso si applica a tutte le navi battenti bandiera di uno Stato membro
dell'UE e alle navi con bandiere di Paesi extra-UE che fanno scalo  o
ancoraggio in un porto dell'Unione. 
Ai sensi del suddetto Regolamento, il  riciclaggio  delle  navi  puo'
avvenire solo presso gli impianti elencati nell'elenco europeo  degli
impianti di riciclaggio, come stabilito dalla decisione di esecuzione
UE 19 dicembre 2016, n. 2323 della Commissione. Gli impianti  possono
essere  situati  nell'Unione  europea  o  in  Paesi  terzi  e  devono
rispettare  una  serie  di  requisiti  relativi  alla  sicurezza  dei
lavoratori e alla tutela dell'ambiente. 
Attualmente e' in corso una valutazione della suddetta  normativa  da
parte della Commissione europea la cui pubblicazione, prevista  entro
fine anno, potrebbe essere accompagnata da una proposta di  revisione
del richiamato Regolamento66 , anche tenendo  conto  dell'entrata  in
vigore della Convenzione internazionale di Hong Kong sul  riciclaggio
delle navi67 , prevista per  il  26  giugno  2025,  a  seguito  della
recente conclusione delle procedure di ratifica. 
Tale Convenzione e' stata adottata da 63 Paesi nel 2009 e  stabilisce
requisiti a livello internazionale per navi, cantieri  navali,  stati
di bandiera e autorita' in tema di sicurezza,  condizioni  di  lavoro
adeguate, questioni ambientali e trattamento dei materiali pericolosi
nel riciclaggio delle navi. 
L'entrata  in  vigore  della  Convenzione  nel  2025  rappresenta  un
importante  passo  in  avanti  nel  garantire  che  le  navi  vengano
riciclate in modo sicuro e nel rispetto dell'ambiente, attraverso  lo
sviluppo di strutture di riciclaggio globali  sostenibili  -  creando
altresi' condizioni di parita' a livello internazionale. 
In tale contesto, la prevista revisione del Regolamento UE 31  agosto
2013, n. 1517 potrebbe rappresentare l'occasione  per  affrontare  le
attuali  criticita'   emerse   nell'applicazione   di   quest'ultimo,
migliorandone, laddove possibile, l'efficacia. Al  contempo,  sarebbe
in grado di garantire il necessario allineamento  con  la  disciplina
adottata a livello internazionale, l'unica per sua natura in grado di
assicurare  efficacemente  un'attuazione  uniforme  e  condizioni  di
parita' a livello internazionale nella promozione di  un  riciclaggio
delle navi sicuro e compatibile con l'ambiente. 
Rispetto alle sopraelencate materie, incluse le recenti iniziative di
matrice  europea,  appare  auspicabile  che  il  Cipom  coordini   le
amministrazioni competenti affinche' l'Italia  possa  partecipare  ai
processi di formazione normativa e di regolazione, facendo valere  in
maniera autorevole e consapevole  i  propri  interessi  nei  consessi
europei ed internazionali di riferimento. 
Presidiare  efficacemente  gli  organismi  europei  che  trattano   i
numerosi  temi  impattanti  lo   shipping   in   modo   proattivo   e
continuativo, sia a livello politico  sia  tecnico,  rappresenta  non
piu' solo un'opportunita', ma un'esigenza imprescindibile dell'azione
di Governo per il tramite del Cipom. 
Andrebbe  valutata,  di  concerto  con  i  Dicasteri  competenti,  la
possibilita' di rafforzare il presidio italiano a  Bruxelles,  ed  in
particolare presso la Rappresentanza Permanente  d'Italia  presso  la
Unione  europea,  in  misura  analoga   agli   effettivi   di   altre
rappresentanze nazionali. 
Per parte sua il  Cipom  potra'  attivare  e  coltivare  i  necessari
processi  di  approfondimento  con   le   amministrazioni   coinvolte
raccogliendo al contempo le osservazioni dei portatori di  interesse,
utilizzando la professionalita' e la  conoscenza  degli  esperti  che
lavorano a supporto dell'Amministrazione. 
Nel settore in  esame  occorre,  in  ultima  analisi,  affrontare  la
legislazione del mare in  modo  olistico  e  con  il  concorso  delle
amministrazioni interessate nel rispetto  delle  singole  competenze,
onde  giungere  a  posizioni  conformi  all'interesse  del   comparto
nazionale  cosi'  da  consentire  anche  una  valida  e   consapevole
perorazione delle proposte italiane nei consessi internazionali. 
 
2.3 I PORTI 
 
2.3.1 Il ruolo della portualita' italiana nel Mediterraneo 
Con la sua tradizione marittima e la  sua  centralita'  mediterranea,
l'Italia  detiene  una  posizione  che  impone  di   considerare   la
dimensione marittima della Nazione quale  caposaldo  delle  politiche
del  Governo.  Le  prospettive  economiche  del  Continente  africano
impongono altresi' di  considerare  quest'area  del  mondo  come  una
risorsa significativamente importante sia  per  la  de-localizzazione
delle   produzioni   industriali,   in   particolare   nel    settore
dell'energia,  sia  come  sbocco  degli  scambi   commerciali   posto
l'aumento  demografico  ed   economico   dei   Paesi   immediatamente
frontalieri nel bacino del Mediterraneo. 
In  quest'ottica  si  colloca  il   progetto   del   c.d.   "vicinato
meridionale", ovvero di una rete di rapporti collaborativi con  Paesi
in grado di assurgere al ruolo di partner impegnandosi su programmi e
progetti che includono una componente di  sviluppo  economico  ed  un
forte  impegno  al  miglioramento   della   catena   logistica   come
effettivamente sta accadendo in alcuni Paesi dell'area "Middle  East"
e del Nord Africa68 . 
La  centralita'  geografica  del  Mediterraneo  rispetto  alle  rotte
marittime Est-Ovest69 impone una profonda riflessione sul  ruolo  del
nostro sistema portuale e logistico a servizio dei  traffici  europei
nella  prospettiva   che   il   sistema   portuale   medesimo   possa
ragionevolmente evolvere nella direzione da tempo  auspicata70  dello
sfruttamento  delle  aree  retro-portuali  a  servizio  di  attivita'
logistico-manifatturiere, anche grazie alle gia' esistenti  forme  di
incentivazione - sia mediante misure per la promozione dello sviluppo
dei  traffici  "Ro-Ro"  e  delle  "Autostrade  del  Mare"  attraverso
l'aggregazione e l'incentivazione della domanda di  trasporto  merci,
sia ricorrendo all'adozione  di  misure  per  l'incentivazione  della
localizzazione di attivita' manifatturiere e  logistiche  nelle  aree
portuali  nazionali   e   nelle   aree   logistiche   integrate   del
Mezzogiorno71 ,  che  devono  essere  opportunamente  promosse  anche
presso  operatori  internazionali  potenzialmente  interessati   alla
re-introduzione nel territorio europeo  delle  attivita'  industriali
gia' trasferite nei Paesi asiatici (c.d. "re-shoring").  Cio'  assume
ancora maggiore rilevo in considerazione della circostanza che  anche
il Nord Africa, quale  area  geografica  sempre  piu'  emergente,  e'
destinato a divenire un luogo attraente per nuovi impianti produttivi
in un'ottica di "near-shoring", grazie alle capacita' del  territorio
di fornire alcune materie  prime  critiche,  oltre  ad  un  ulteriore
vantaggio competitivo in termini di costi della manodopera72 . 
Per quanto sopra, e' pertanto necessario migliorare l'efficienza  dei
servizi portuali, riducendo  in  particolare  i  tempi  di  attesa  e
stazionamento delle navi nei porti  nazionali  che  risultano  ancora
decisamente  elevati  rispetto  ai  porti  europei  e  internazionali
concorrenti. Infatti, il "just-in-time" si realizza quando all'arrivo
della nave in porto segua prontamente l'inizio  delle  operazioni  di
carico e scarico delle merci, senza rallentamenti o soste delle  navi
in rada ad attendere piu' del necessario il  nulla-osta  all'ingresso
in porto. Ovviamente trattandosi di un obiettivo virtuoso, lo  stesso
presuppone che la gestione  dell'infrastruttura  portuale  non  venga
attuata   isolatamente   e   frammentariamente   ma   mediante    una
concertazione che coinvolga tutti gli operatori, pubblici e  privati.
Il PNRR prevede, ad esempio, che si superi  la  elevata  complessita'
del   ciclo   portuale,   anche   mediante   il   superamento   della
disomogeneita' e  frammentazione  attuale  favorita  dall'assenza  di
un'opportuna centralizzazione raggiunta, di  fatto,  solo  in  alcuni
specifici settori.  In  questo  contesto,  come  si  dira'  piu'  nel
dettaglio innanzi e come messo in luce  nel  corso  delle  audizioni,
particolare  importanza  assume  il  completamento  dei  processi  di
digitalizzazione   e   combinazione   dei   sistemi   informativi   e
operazionali gia' in  uso  (quali  il  «Port  Management  Information
System»-  PMIS  e  il  «Port  Community  System»  -   PCS   impiegati
rispettivamente  dalle  Autorita'  marittima  e  dalle  Autorita'  di
Sistema Portuale) ed in grado di ottimizzare l'efficienza dello scalo
proprio perche' finalizzati  a  semplificare  l'elevata  complessita'
dell'intero ciclo portuale  legato  all'assistenza  alla  nave  nelle
operazioni necessarie73 . 
Puo' quindi dirsi che il concorrente contributo che i diversi fattori
geopolitici  hanno  portato   al   processo   di   riconduzione   del
Mediterraneo al  ruolo  di  piattaforma  strategica  in  un  contesto
logistico molto esteso pretende che le realta' portuali  si  adeguino
velocemente al mutato scenario complessivo. 
Del resto, in generale, la scelta di un porto  piuttosto  che  di  un
altro da  parte  dell'utenza  marittima  (armatori,  operatori  della
logistica, operatori portuali, operatori turistici/diportistici)  non
dipende piu' dal solo fattore geografico e  comunque  presuppone  che
detto fattore venga inteso  in  un  senso  maggiormente  evoluto.  Il
porto, quindi, non si riduce solamente all'infrastruttura  marittima,
ma deve essere inteso e riguardato in questa sua prospettiva dinamica
che  valorizzi  anche  l'efficienza  e  l'affidabilita'   dell'intera
connessione intermodale ad esso risalente. In conclusione, puo' dirsi
che in aggiunta alla collocazione geografica devono  essere  valutati
altri elementi, quali l'efficienza dell'integrazione sostenibile  del
"sistema porto" nella rete logistica  retroportuale  e  tutti  quegli
altri fattori aggiuntivi  che  coniugano  gli  aspetti  di  sicurezza
marittima e portuale tradizionali con le nuove  ed  evolute  esigenze
commerciali sottese  all'intero  settore  dello  shipping  (movimento
delle navi, possibilita'  di  accosto  in  banchina,  operazioni  che
consentano alle navi di compiere  le  attivita'  tecnico-nautiche  in
sicurezza, nonche' tutte le pratiche burocratiche,  amministrative  e
commerciali nel minor tempo possibile). 
 
2.3.2 Le reti ten-t 
All'interno delle  reti  trans-europee  di  trasporto  ("TEN-T"),  il
completamento  della "Core  Network"  (c.d.   "Rete   centrale")   e'
programmato per il 2030 e, per sostenerne la realizzazione coordinata
tra i diversi Stati membri, l'Unione  europea  ha  identificato  nove
"Corridoi"74 . 
Le reti TEN-T sono, di fatto, un insieme  di  infrastrutture  lineari
(ferroviarie, stradali e fluviali) e puntuali  (nodi  urbani,  porti,
interporti e aeroporti) considerate rilevanti a livello UE e la "Core
Network" e' costituita: (i)  dai  nodi  urbani  a  maggiore  densita'
abitativa; (ii) dai nodi intermodali  di  maggiore  rilevanza;  (iii)
dalle relative connessioni75 . 
Dette reti, infatti, favoriscono l'integrazione dei Paesi europei  in
vista  di  un  mercato  unico  e  sostengono  una  politica  per   la
de-carbonizzazione dei  trasporti  ed  un  ruolo  attivo  dell'Unione
europea nella "lotta" globale ai cambiamenti climatici. 
In questo contesto, la priorita'  a  livello  europeo  e'  quella  di
assicurare la continuita' dei "Corridoi", realizzando i  collegamenti
mancanti, assicurando collegamenti tra  le  differenti  modalita'  di
trasporto,  eliminando  i  "colli   di   bottiglia"   esistenti.   Il
completamento  della  rete "Core" entro  il  2030   richiede   quindi
all'Italia uno sforzo importante,  soprattutto  per  quanto  riguarda
l'efficientamento  dei  collegamenti  ferroviari  e  stradali  ed  il
completamento dei  collegamenti  di  "ultimo  miglio"  a  porti76  ed
aeroporti della rete "Core". In tal senso, sono gia' stati finanziati
programmi per collegamenti ferroviari e  stradali  atti  a  risolvere
criticita' strutturali nell'accessibilita' stradale e  ferroviari  di
alcuni porti italiani. In particolare,  con  il  fondo  complementare
sono stati stanziati 250 milioni  per  l'ultimo  miglio  ferroviario/
stradale a cui si vanno ad aggiungere oltre 350  milioni  (PNRR),  di
cui il 60% al Sud, per interventi ferroviari per il collegamento  dei
porti alla rete nazionale. 
In considerazione del ruolo della rete centrale e' pertanto opportuno
elaborare ed attuare appositi piani di sviluppo  dei  "Corridoi"  con
strutture di governance tali da agevolare la realizzazione della rete
centrale. In tale scenario, il fatto che 4 dei 9 "Corridoi"  giungano
o partano  da  porti  italiani  trova  la  sua  ragione  anche  nella
consapevolezza raggiunta a livello europeo sul fatto che  ragioni  di
efficienza e  competitivita'  ambientale  giustificano  una  maggiore
alimentazione da Sud dei mercati continentali77 . 
Cio' richiede una relazione tra le reti TEN-T core, i "Corridoi" ed i
porti   italiani   che   costituiscono   i   terminali   di   sistemi
multi-portuali e logistici (i c.d. «European core corridor  multiport
& logistic gateway»).  Naturalmente  stante  le  caratteristiche  del
territorio italiano e la numerosita' dei  porti  sul  territorio,  le
vocazioni dei singoli porti dovranno essere differenziate sulla  base
delle caratteristiche funzionali ed organizzative di ciascuna realta'
in linea con gli obiettivi dei "Corridoi" medesimi. 
Alla luce di quanto sopra, posto che  i  principali  "Corridoi"  sono
collegati ai porti di maggior rilievo della  Nazione,  e'  necessario
prevedere una politica portuale nazionale che vada di  pari  passo  e
che sia armonizzata e funzionale al  raggiungimento  degli  obiettivi
dei "Corridoi" medesimi. 
E'  quindi  necessario,  da  un  lato,  implementare  le  misure   di
investimento  nell'ambito  del   c.d.   «Meccanismo   per   collegare
l'Europa», ovvero il c.d. «Connecting Europe Facility»78 anche per  i
porti   nazionali   e,   dall'altro,   incentivare   l'intermodalita'
ferro-mare tra i porti (nazionali) ed i "Corridoi" europei. 
Questa e' una delle chiavi per garantire efficienza ed innovazione al
sistema  produttivo  nazionale  sviluppando  le  potenzialita'  delle
interconnessioni anche nell'ottica di offrire ai porti  nazionali  la
possibilita' di divenire hub per il traffico merci su ferrovia  da  e
per i  poli  logistici  italiani  ed  europei  contribuendo  cosi'  a
realizzare la c.d. «cura del ferro». 
In tal senso, appare appropriato che le politiche di coordinamento  e
programmazione necessarie per mettere a  sistema  tutte  le  suddette
azioni, soprattutto laddove  richiedano  interventi  trasversali  tra
piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto di  riferimento
nel Cipom. 
 
2.3.3 I bacini portuali 
In questo contesto, poi,  con  riferimento  ai  bacini  portuali,  un
indice della razionalita'  della  distribuzione  delle  installazioni
portuali nazionali e della loro capacita' di servire i territori  che
ricadono nella propria area di influenza, nonche' di interconnettersi
alle reti transeuropee, puo' essere ricavato attraverso il  confronto
e la sovrapposizione dei relativi bacini di utenza commerciale79 . In
tal senso occorre implementare misure volte ad integrare detti bacini
di utenza dei cluster portuali sia nel Nord Italia sia nel  Meridione
con i Corridoi TEN-T. 
Cio' anche in ragione del fatto che la struttura  dimensionale  delle
infrastrutture  portuali  e'  estremamente  diversificata  su   scala
territoriale e regionale e che tale  diversificazione,  che  altresi'
dipende dalla piu' o  meno  elevata  specializzazione  dei  traffici,
dovra'  sempre   piu'   esprimere   un'evoluzione   delle   dotazioni
infrastrutturali in linea con  la  selezione  dei  porti  della  rete
"Core"80 . 
 
2.3.4 Le aree retro-portuali e l'interazione con i c.d. "dry-ports" 
La circostanza che la maggiore disponibilita' di aree  retro-portuali
potenzialmente idonee all'insediamento di  attivita'  industriali  si
trovi nel Mezzogiorno e nelle isole maggiori rappresenta un ulteriore
stimolo   nel   contesto   di   una   progressiva   riduzione   della
sotto-occupazione in quei contesti territoriali. 
I porti commerciali costituiscono uno strumento dello Stato -  inteso
come rete logistica complessa a  servizio  della  Nazione  -  le  cui
strategie complessive devono sempre  essere  volte  a  cogliere  ogni
opportunita', evitando sovrapposizioni  o  inutili  competizioni  tra
scali portuali che vadano a ridurre  l'efficienza  complessiva  degli
investimenti. 
Occorre  poi  prendere  atto  che  l'esperienza   internazionale   ha
insegnato che il porto puo' dare vita ad attivita' connesse  in  aree
viciniori e, parimenti,  supportarne  la  creazione  di  investimenti
industriali  a  servizio  della  merce  in  transito  o   addirittura
impiegate nella produzione di merce destinata all'esportazione. 
Le  moderne  esigenze  di  lavorazione  ed  imballaggio  delle  merci
(logistica),  nonche'  quelle  di  smistamento   attraverso   diverse
modalita' di trasporto (vale  a  dire  l'intermodalita'),  richiedono
spazi che non sono  talvolta  disponibili  in  prossimita'  di  molti
bacini portuali italiani.  Tali  attivita',  tuttavia,  possono  piu'
opportunamente    svilupparsi    nelle    strutture     interportuali
dell'hinterland mettendo  -  ad  esempio  -  in  pratica  servizi  di
"navettamento", anche ferroviario, tra porti  ed  interporti81  .  Un
legame piu' stretto tra i porti e gli interporti  determina  vantaggi
competitivi per entrambe  le  strutture  e  consente  di  sommare  ai
servizi di trasporto ulteriori servizi  ad  elevato  valore  aggiunto
(i.e. magazzinaggio, gestione ordini, controlli qualita', assemblaggi
etc.). E' questo il modello che si sta affermando  in  altri  mercati
europei,  con  una  forte  crescita  nelle  aree  retro-portuali   di
"distripark" all'interno delle quali,  attraverso  servizi  di  prima
trasformazione e lavorazioni intermedie  delle  merci,  e'  possibile
accrescere notevolmente il valore aggiunto della merce (si  pensi,  a
titolo  esemplificativo  ma  non  esclusivo,  ad  un   container   in
transito). 
Alla luce di quanto sopra, affinche' detto modello  possa  affermarsi
anche all'interno del mercato italiano, nel quale gli spazi  portuali
sono  tendenzialmente   limitati,   e'   necessario   coordinare   ed
omogeneizzare gli interventi su scala macro-regionale per favorire le
relazioni   di   sistema   interporti-interporti   e/o    piattaforme
intermodali e porti-interporti82 . 
In questo contesto, infatti, il veloce smistamento delle merci  verso
i nodi interportuali grazie ad  appositi  servizi,  quale  quello  di
shuttle via ferrovia, potrebbe consentire agli interporti di agire da
catalizzatori di traffico ossia da veri e propri Inland  terminal  (o
dry ports), dai quali gli operatori ferroviari potrebbero  rilanciare
i propri servizi lungo le maggiori direttrici di traffico. 
Anche  in  questo  caso,  appare  appropriato  che  le  politiche  di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove   richiedano   interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
 
2.3.5 Le Zes e le Zls 
E' altresi' evidente come, nel panorama portuale nazionale, vi  siano
delle realta' - specialmente nel Sud - le quali nonostante dispongano
di ampie aree retro-portuali (a differenza dei porti del Centro-Nord)
risultano  essere  sotto-utilizzate.  In  questo  senso,   cio'   che
senz'altro si rileva ai nostri fini e' che le norme introdotte  negli
anni successivi che hanno portato alla possibilita' di  istituire  in
Italia le Zone Economiche  Speciali  ("ZES")  e  le  Zone  Economiche
Logistiche  Semplificate  ("ZLS")  hanno  accentuato  il   ruolo   di
promotore dello sviluppo degli enti portuali. 
E' quindi necessario dare un fattivo impulso alle  ZES  ed  alle  ZLS
allo scopo di recuperare quanto  prima  lo  svantaggio  maturato  nei
confronti delle altre Nazioni europee  che  hanno  attivato  analoghi
regimi83 . Si ritiene quindi che questa impostazione, rafforzata  con
agevolazioni e semplificazioni effettive, possa costituire  una  leva
interessante per far  si'  che  i  porti  diventino  drivers  per  lo
sviluppo industriale del "Sistema Italia"84 . In  tal  senso,  appare
appropriato  che  le  politiche  di  coordinamento  e  programmazione
necessarie  per  mettere  a  sistema  tutte   le   suddette   azioni,
soprattutto  laddove  richiedano  interventi  trasversali  tra   piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di  riferimento  nel
Cipom. 
Dal punto di  vista  logistico,  e'  poi  fondamentale  investire  in
infrastrutture ed attrezzature  che  rispondano  alla  necessita'  di
crescita della capacita' portuale, all'aumento delle dimensioni delle
navi ed alla crescente  domanda  di  collegamento  con  l'entroterra.
Inoltre,  particolare  importanza  dovra'  essere  riconosciuta  alle
strutture di protezione ed alla accessibilita'  marittima.  Il  Piano
Nazionale di Ripresa e Resilienza,  misura  M5C385  ha  previsto  una
serie di interventi infrastrutturali in tali aree per un  importo  di
630 milioni di euro. 
Sotto  altro  profilo,  lungo  l'intera  catena   logistica   e,   in
particolare, per  le  nuove  concessioni  nelle  aree  operative,  e'
altresi'  essenziale   adeguarsi   continuamente   alla   transizione
energetica, alla sicurezza informatica ed alla tutela  dell'ambiente,
in particolare nella gestione dei rifiuti dei porti (ivi inclusi  gli
scali minori ed  i  piccoli  porti  non  commerciali)  -  cio'  anche
mediante adeguati modelli di gestione  del  servizio  che  dovrebbero
evolversi verso una progressiva  apertura  al  mercato86  -  e  nella
riduzione dell'inquinamento atmosferico e idrico. 
 
2.3.6 Digitalizzazione e semplificazione 
Altrettanto importante e' continuare ad  investire  nell'automazione,
nella digitalizzazione e nella semplificazione dei processi. 
A questo proposito, gli scali portuali nazionali e mediterranei hanno
un  ruolo  nevralgico  nei  progetti  di  digitalizzazione  e   nella
salvaguardia della sicurezza delle informazioni e della  c.d.  "Cyber
security"87 . 
In termini generali, le stime relative  alla  portata  macroeconomica
della transizione  digitale  del  settore  dei  trasporti  marittimi,
rispetto  all'introduzione  di  nuove  tecnologie  quali,  a   titolo
esemplificativo ma non esaustivo, sistemi di intelligenza artificiale
e di robotica avanzata, promettono di contribuire alla  crescita  del
PIL, in tutta l'Unione europea, determinando aumenti mediamente  pari
all'1,1% su base annuale, lungo tutto il  decennio  corrente  e  fino
alla conclusione del 203088 . 
La digitalizzazione offre opportunita' di  ampio  efficientamento  ed
ammodernamento nel settore logistico particolarmente - ma non solo  -
nel settore del trasporto di merci in contenitore.  In  tale  ambito,
dare piena attuazione  operativa  a  quanto  previsto  dall'«European
Maritime Single Window environment» (EMSWe), sistema  di  interfaccia
unica ai sensi del Regolamento UE n. 1239 del  201989  ,  costituisce
un'importante misura  di  ammodernamento  che  mira  a  garantire  la
possibilita'  che  le  informazioni  correlate   agli   obblighi   di
dichiarazione possano essere fornite dalle compagnie  di  navigazione
in formato elettronico e soltanto una volta  per  ogni  scalo  in  un
porto   dell'Unione.   Un   ulteriore   esempio   e'    rappresentato
dall'introduzione della tecnologia c.d. "blockchain" per la  gestione
dei processi dei documenti di trasporto  e  la  tracciabilita'  delle
merci. 
Le  piattaforme  digitali,  in  questo  senso,   possono   facilitare
l'incrocio  tra  domanda  ed  offerta  nel  settore   del   trasporto
marittimo, collegando aziende che necessitano di  spedire  merci  con
operatori del trasporto e fornendo servizi  di  "tracking",  gestione
dei pagamenti e stoccaggio. Al momento - posto  che  il  mondo  della
logistica continua tuttora ad essere  caratterizzato,  nella  maggior
parte dei casi, da una gestione cartacea dei documenti  di  trasporto
relativi alla merce o comunque dispone di sistemi  digitali  talvolta
obsoleti - uno  degli  aspetti  maggiormente  sfidanti  attiene  alla
digitalizzazione della polizza di carico. Cio' in ragione  dell'ormai
articolato sistema di trasporto internazionale dei container90 . 
In questo contesto - per rendere maggiormente competitivi  gli  scali
marittimi italiani e quindi ridurre i tempi di transito  delle  merci
nei porti, in termini di documentazione,  dogana,  movimentazione  ed
organizzazione di convogli in partenza e in arrivo - come emerso  nel
corso delle audizioni occorrono sforzi organizzativi ma, soprattutto,
una maggiore semplificazione amministrativa che tenda all'omogeneita'
con gli standard europei e la riduzione  del  numero  di  passaggi  e
intermediari.  Il  tutto  anche  mediante  il   potenziamento   dello
sportello  unico  doganale  -  e  quindi  la  semplificazione   delle
transazioni di importazione/esportazione - e la gestione  informatica
a  distanza  delle  pratiche,  come  gia'  anticipato  in   tema   di
digitalizzazione, prima dell'arrivo delle navi nel porto.  In  questo
senso, la semplificazione delle procedure doganali, anche nell'ottica
di accrescere la potenzialita' delle scarse superfici  esistenti  nei
porti italiani, deve  portare  ad  una  progressiva  riduzione  della
permanenza in porto della merce  (ad  esempio  del  contenitore)91  .
Occorre pertanto anche un coinvolgimento diretto delle  Autorita'  di
Sistema  Portuale  affinche',  progressivamente,  si  dotino  di   un
apposito sistema informativo, il c.d. "Port Community System", che  -
oltre ad avvantaggiare dal punto di vista operativo  l'intera  catena
della logistica portuale - agevoli il dialogo tra le  amministrazioni
coinvolte e gli operatori del settore mediante i servizi  informatici
offerti dalla citata infrastruttura informatica92 . 
 
2.3.7 Gli strumenti di programmazione in ambito portuale 
Occorre inoltre garantire  il  rispetto  del  "level  playing  field"
concorrenziale all'interno delle strutture  portuali,  in  compliance
con le regole europee93 , in un contesto omogeneo  e  rispettoso  del
principio della demanialita' necessaria  delle  aree  destinate  alle
attivita' portuali. 
In  tale  scenario,  emerge  l'importanza  di  dotarsi  di   adeguati
strumenti pianificatori in linea con le previsioni dell'art. 5  della
legge 28 gennaio 1994, n. 84, recante  «Documento  di  programmazione
strategica di sistema. Piano regolatore portuale». 
Detti strumenti, infatti, costituiscono - da un lato  -  la  garanzia
del rispetto del livello di  concorrenza  all'interno  del  porto  in
quanto hanno la responsabilita' di definire i contesti entro i  quali
si misurano le imprese in concorrenza su quel mercato e, allo  stesso
tempo, costituiscono - dall'altro lato - la garanzia di un quadro  di
riferimento per tale competizione che non  dovrebbe  essere  alterato
proprio per consentire un  adeguato  sfruttamento  della  concessione
quale requisito necessario per la  realizzazione  degli  investimenti
che, medio tempore, l'operatore  privato  concessionario  di  un'area
portuale deve effettuare per mantenere detta area  (cosi'  assentita)
in efficienza94 . 
Sotto altro profilo, poi, i Piani Regolatori portuali (PRP)  assumono
la funzione di atto di programmazione della Pubblica  Amministrazione
che fissa i criteri e le modalita' per la  futura  utilizzazione  del
porto;   tali   atti,   infatti,   vincolano   -    limitandone    la
discrezionalita' - la  stessa  amministrazione,  la  quale  non  puo'
(senza valide ragioni e motivatamente) discostarsene95 . 
La valorizzazione e l'efficientamento delle  realta'  portuali  passa
anche attraverso la piena  attuazione  delle  disposizioni  contenute
nell'art. 5 della legge n. 84 del 1994, con l'adozione dei  documenti
di  programmazione  strategica  di  sistema  portuale  e  dei   Piani
Regolatori portuali per la redazione dei  quali  sono,  peraltro,  in
corso di revisione a cura del Consiglio superiore dei lavori pubblici
le relative linee guida96 . Trattasi  questo  di  un  punto  centrale
della politica portuale  nazionale  e  della  regolazione  in  ambito
portuale  che  parte  dalla  determinazione  degli  obiettivi   degli
strumenti di pianificazione in ambito portuale  [ndr.  il  PRP]  come
vincolanti per la Pubblica Amministrazione. 
Oltre a  cio'  occorre  poi  segnalare  la  necessita'  di  forme  di
semplificazione - in aggiunta a  quelle  gia'  apportate  all'art.  5
della legge n. 84 del 1994, operate con il d.l. 10 settembre 2021, n.
121, riguardanti il Documento di programmazione strategica di sistema
- relative a qualsivoglia intervento sul sedime portuale  nel  quale,
tra le altre, rientrano la semplificazione: (i) dei procedimenti  per
l'aggiornamento  della  pianificazione   portuale   sia   a   livello
strategico, con il Documento di pianificazione strategica di  sistema
("DPSS"), sia a livello di Piano Regolatore  Portuale  ("PRP");  (ii)
delle procedure decisionali e realizzative delle opere portuali o  in
ambito  retro-portuale;  (iii)   delle   procedure   di   valutazione
ambientale e di attuazione dei dragaggi. 
 
2.3.8 I dragaggi portuali 
Deve affrontarsi  in  modo  coordinato  ed  efficiente  -  come  gia'
accennato nei paragrafi precedenti - il  tema  della  semplificazione
delle procedure necessarie per procedere agli interventi di dragaggio
dei fondali portuali distinguendo, ove possibile, quelli necessari al
mantenimento  dei  fondali  con  quelli  che  sono  volti   al   loro
approfondimento. 
E'  dunque  impellente  la  necessita'  di  definire  una   normativa
nazionale  -  ad  oggi  ancora  disorganicamente   rintracciabile   e
differentemente rivolta ai porti ricadenti e non ricadenti  nei  siti
di interesse nazionale - che ricomprenda in maniera organica tutti  i
regolamenti emanati e, in  particolare,  in  cui  siano  definite  in
maniera  olistica:  (a)  i  criteri  e  le  modalita'  relative  alla
caratterizzazione  dei  sedimenti,  alla   valutazione   della   loro
qualita', nonche' alla gestione di vari  passaggi  autorizzativi  (ad
esempio ai fini dell'approvazione di un apposito Piano nazionale  dei
dragaggi sostenibili)97 ; (b) le modalita' di  adeguamento  evolutivo
delle disposizioni vigenti in linea con i principi giuridici  "guida"
del quadro normativo interno ed unionale di riferimento, indirizzando
la gestione dei materiali verso reimpieghi, recuperi o  ri-utilizzi98
. Auspicabile  in  tal  senso  e'  altresi'  il  coordinamento  delle
competenze nelle singole amministrazioni e l'adozione di linee  guida
per guidare le scelte e i processi decisionali e autorizzativi. 
Anche  in  questo  caso,  appare  appropriato  che  le  politiche  di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove   richiedano   interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
 
2.3.9 L'intermodalita' ferroviaria 
Sotto  altro  profilo,  come  gia'  anticipato  nei   paragrafi   che
precedono, occorre agevolare le  connessioni  ferroviarie  dei  porti
alla rete ferroviaria nazionale e agli  interporti  attraverso  nuove
infrastrutturazioni e semplificazioni regolatorie e amministrative. 
Cio' nell'ottica di  rivedere  in  tempi  brevi  le  priorita'  degli
interventi  del  gestore   della   rete   ferroviaria   in   funzione
dell'esigenza  di:  (i)  colmare,  tra  le  altre,  il  deficit   dei
collegamenti ferroviari dei porti del Mezzogiorno99 ;  (ii)  adeguare
le connessioni dei porti piu' prossimi alle aree dell'Europa centrale
ed orientale, offrendo  cosi'  a  tutte  le  componenti  del  sistema
logistico analoghi  livelli  di  connessione  e  la  possibilita'  di
dispiegare al meglio tutte le loro potenzialita'. 
Alla luce di quanto sopra, occorre quindi incentivare lo sviluppo del
trasporto ferroviario riducendo il gap dei costi operativi (portuali)
legati alla movimentazione ferroviaria100 . Il tutto, prendendo  come
riferimento   l'orientamento   della   Commissione    europea    che,
nell'attuale contesto di forte incentivo alla  transizione  ecologica
del settore dei trasporti,  ha  inteso  valorizzare  -  in  linea  di
principio - la conformita' della misura di  aiuto  di  Stato  oggetto
alle  priorita'  e  finalita'  stabilite  nella  strategia  per   una
mobilita' sostenibile e intelligente e  nell'agenda  del  cd.  "Green
Deal europeo"101 . 
 
2.3.10 La transizione energetica nei porti 
Occorre sostenere adeguatamente il processo di decarbonizzazione  del
porto, inclusa la fornitura di energia elettrica alle navi durante la
sosta a  costi  competitivi,  favorendo  altresi'  la  nascita  delle
comunita' energetiche portuali102 . 
Per quanto riguarda il primo profilo, e' necessario che i  competenti
enti  gestori  dei  porti,  nell'ambito   della   definizione   delle
rispettive  linee  strategiche  di   sistema,   tengano   in   debita
considerazione  la  totalita'  delle  banchine  che  gestiscono  quei
determinati traffici e, di conseguenza, quelle  specifiche  attivita'
all'interno di un determinato scalo che dovrebbero essere beneficiate
dall'intervento previsto nell'ambito del PNRR. 
Occorre quindi un'adeguata  pianificazione  programmatica  coordinata
delle azioni di sistema da parte delle  competenti  AdSP,  unitamente
alla definizione dei ruoli e dei profili di responsabilita' di  tutti
gli stakeholder coinvolti, per scongiurare interventi selettivi volti
ad effettuare  investimenti  presso  talune  banchine  lasciando  gli
interventi presso altre in sospeso o addirittura non prevedendoli. 
Per quanto attiene, invece,  al  secondo  profilo,  con  l'estensione
della nozione di Comunita' Energetiche (c.d. "CER") anche  all'ambito
portuale103 e' stata perseguita  la  finalita'  di  contribuire  alla
crescita sostenibile dell'Italia, nonche' alla de-carbonizzazione del
sistema energetico (portuale). Sul presupposto che i porti  sono  tra
le infrastrutture maggiormente energivore al mondo104 , e' necessario
prevedere specifiche misure volte a  far  si'  che  le  CER  portuali
possano  concretamente  sostenere,  in   prospettiva,   le   esigenze
energetiche sia dell'intero cluster portuale sia del retro-porto105 .
Cio' in quanto, rendere i porti piu' sostenibili e' fondamentale  per
garantirne la competitivita'  a  lungo  termine.  La  sostenibilita',
infatti,  ha  un  impatto  positivo   sulle   attivita'   economiche,
commerciali ed  operative,  sul  presupposto  che  i  Green  Ports106
garantiscono la protezione dell'ambiente al pari  del  risparmio  dei
costi.  Il  tutto  con  un   effetto   positivo   complessivo   anche
sull'economia del Sistema Italia. 
In questo contesto l'Italia ha gia' attivato iniziative  di  sostegno
ai  processi  di  decarbonizzazione  del  porto  destinando   risorse
pubbliche per la realizzazione dei sistemi di collegamento alla  rete
elettrica  di  terra  (OPS  -  Cold-Ironing)  da  parte  delle   navi
mercantili, quando queste sono all'ormeggio. I predetti  investimenti
per  il  Cold-Ironing  sono  stati  accompagnati   da   una   riforma
finalizzata a velocizzare e facilitare  la  realizzazione  dei  nuovi
impianti. Il  Ministero  delle  Infrastrutture  e  dei  Trasporti  ha
avviato un tavolo di coordinamento affinche' sia  i  singoli  aspetti
della connessione dei  servizi  di  Cold-Ironing  alla  rete  che  il
modello di gestione siano uniformi. Anche  da  questo  indispensabile
lavoro  di  armonizzazione  dei  sistemi  passa  l'efficienza   degli
impianti e  dei  servizi  connessi.  Anche  in  questo  caso,  appare
appropriato  che  le  politiche  di  coordinamento  e  programmazione
necessarie  per  mettere  a  sistema  tutte   le   suddette   azioni,
soprattutto  laddove  richiedano  interventi  trasversali  tra   piu'
amministrazioni, possano trovare un giusto punto di  riferimento  nel
Cipom. 
 
2.3.11 Lo sviluppo dei "green corridors" 
In tale contesto occorre sostenere la creazione  e  lo  sviluppo  dei
c.d.  "Green  Corridors"  o  "corridoi  verdi"107  ,  vale   a   dire
collegamenti marittimi (o, meglio, specifiche rotte commerciali)  tra
due o piu' porti operate da vettori che adottino soluzioni  volte  ad
abbattere  (e  possibilmente  azzerare)  le  emissioni.   Pur   nella
consapevolezza che il trasporto  marittimo  sia  un  settore  ove  le
emissioni di gas alteranti sono  da  considerarsi  "hard  to  abate",
occorre sostenere azioni anche volte all'abbattimento delle emissioni
delle  navi  nei  porti  (specialmente  per   quelli   collocati   in
prossimita' delle zone abitate), obiettivo che sembra  -  almeno  nel
breve  periodo  -  essere   conseguibile   mediante   l'utilizzo   di
bio-carburanti108 . 
In linea con quanto e' emerso anche nel  corso  dell'ultima  sessione
del G7 trasporti del giugno 2023 - e sul  presupposto  che  i  "Green
shipping corridors" possano emergere come  strumento  per  concorrere
alla de-carbonizzazione del trasporto marittimo -  occorre  valutare,
anche con il concorso di altre amministrazioni  statali  interessate,
la  promozione  di  iniziative  volte  ad  incentivare  lo   sviluppo
tecnologico, la produzione e l'utilizzo di  combustibili  alternativi
e, parimenti,  incoraggiare  gli  investimenti  nelle  infrastrutture
portuali  destinate  allo  stoccaggio  ed  alla  distribuzione  degli
stessi. Cio' anche ricorrendo  alla  introduzione  di  mirate  misure
regolatorie e prevedendo, altresi', eventuali regimi incentivanti. 
 
2.3.12 Le autorita' di sistema portuale 
Indipendentemente dalla natura giuridica delle singole  Autorita'  di
Sistema Portuale, si deve prendere  atto  del  fatto  che  l'ente  di
gestione del porto deve  avere  un  modello  di  funzione  moderno  e
competitivo al passo con l'esperienza (quantomeno) europea a cui deve
fare riferimento l'efficienza del nostro sistema portuale. 
Alle funzioni gia' assegnate dalla legge n. 84 del 1994 alle AdSP  e'
opportuno che  si  affianchino  competenze  nel  coordinamento  delle
attivita' logistiche anche in aree retroportuali fino a prevedere per
le AdSP la possibilita' di partecipazione in  attivita'  logistico  e
strategiche, in un disegno unitario 
Inoltre, anche nell'ottica di un aggiornamento della legge n. 84  del
1994, dovra'  essere  valutata  una  possibile  riforma  del  sistema
portuale in una logica di semplificazione e competitivita' dei  porti
italiani. Il tutto valutando di agevolare  la  necessaria  evoluzione
delle attivita' di gestione portuale affidate alle odierne  AdSP  per
renderle piu' efficienti nei  confronti  delle  mutate  esigenze  del
mercato rispetto a quelle vigenti al momento dell'entrata  in  vigore
della sopracitata legge n. 84 del 1994, e piu'  competitive  rispetto
ai benchmark dei principali modelli portuali europei. 
Appare  pertanto  importante  valutare,   non   solo   un   possibile
adeguamento della natura giuridica  dell'Ente,  ma  anche  di  quella
propria delle attivita' gestorie migliorando  il  modello  originario
per incrementare l'efficienza dei singoli porti. In questo  contesto,
consentire alle AdSP - deputate alla gestione dei porti  nazionali  -
iniziative d'impresa nella catena logistica, anche  attraverso  forme
consortili o  comunque  di  co-partecipazione  con  soggetti  privati
secondo un modello gia' da tempo consolidatosi nei  sistemi  portuali
piu' evoluti, appare un ulteriore spunto di opportuna riflessione. 
Appare, infine, non procrastinabile il rafforzamento  delle  funzioni
centralizzate sia nella fase  della  programmazione  delle  opere  di
infrastrutturazione  portuale  ed  extra-portuale  a  beneficio   dei
traffici  -  onde  scongiurare  pregiudizievoli  sovrapposizioni  che
rischierebbero  di  provocare   significative   diseconomie   e   non
gioverebbero all'efficienza  del  sistema  -  sia  nell'attivita'  di
regolazione onde evitare  che  si  verifichino  distorsioni  tali  da
incidere  sull'attrattivita'  degli  scali  posto   che   le   stesse
altererebbero il necessario "level playing field". Tra  l'altro,  una
visione unitaria del sistema portuale nazionale, di cui eventualmente
prendere atto in vista di una possibile riforma da considerare  quale
possibile priorita'  da  portare  all'attenzione  del  Cipom,  potra'
consentire di individuare  gli  scali  ove  i  traffici  di  prodotti
industriali e petrolchimici  sono  maggiormente  presenti  prevedendo
misure di incentivazione che ne assicurino fluidita' e riduzione  dei
costi (v. supra par. 2.2.5). 
In quest'ottica, alcune esperienze europee  -  e  tra  queste  quella
spagnola - rendono opportuno considerare la possibile  individuazione
di un  organo  centrale  con  compiti  di  coordinamento,  indirizzo,
pianificazione,  regolazione  e  distribuzione  delle  risorse  dello
Stato. 
A livello locale, potrebbe poi  considerarsi  opportuno  un  maggiore
coinvolgimento, nella gestione operativa degli scali,  dell'utenza  e
degli attori esercenti i servizi e le operazioni  portuali  oltre  ai
rappresentanti delle maestranze. 
E' auspicabile, inoltre, procedere ad una  revisione  organica  della
parte marittima del codice  della  navigazione  al  fine  di  operare
interventi di adeguamento ed integrazione delle norme codicistiche in
linea con le attuali esigenze ed evoluzioni del settore portuale. 
Anche  in  questo  caso,  appare  appropriato  che  le  politiche  di
coordinamento e programmazione necessarie per mettere a sistema tutte
le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove   richiedano   interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
 
2.3.13 I servizi di deposito e distribuzione dei prodotti  energetici
e a servizio della pesca 
I depositi costieri  di  prodotti  energetici  e  chimici  hanno  una
straordinaria importanza nel contesto  della  transizione  ecologica,
importanza tale da identificarli  come  un'infrastruttura  strategica
nell'ambito degli scali di competenza. 
Saranno, infatti, queste  infrastrutture  che  dovranno  dotarsi  del
corredo impiantistico e tecnologico per il  deposito  e  la  messa  a
bordo  dei  bio-carburanti  e  di  quelli   sintetici   di   prossima
generazione ad uso  marittimo  ed  industriale.  In  questo  contesto
occorre prevedere, cosi' come per l'intero alveo dei servizi portuali
(ivi incluso quello del servizio di raccolta e gestione  dei  rifiuti
prodotti dalle navi)109 , un'adeguata attivita'  di  regolazione  per
garantire l'accesso equo e non  discriminatorio  alle  infrastrutture
assieme a condizioni eque  e  trasparenti  in  linea  con  le  regole
europee, in ossequio con quanto previsto dal Regolamento  UE  n.  352
del 2017110 che istituisce un quadro normativo per la  fornitura  dei
servizi portuali e norme comuni in materia di trasparenza finanziaria
dei porti. 
Da ultimo, nella programmazione delle politiche  portuali  e'  infine
necessario  recepire  le  esigenze  della  pesca  moderna,  che  deve
svolgere a terra  una  serie  di  funzioni  in  banchine  attrezzate,
pensando anche a spazi specializzati per lo smaltimento  dei  rifiuti
"pescati" accidentalmente che non devono essere gettati nuovamente  a
mare ma correttamente e gratuitamente conferiti. 
 
2.3.14 Raccolta dei rifiuti prodotti da nave e gestione dei  relativi
impianti portuali 
Con il decreto legislativo 8 novembre 2021, n. 197, che  ha  abrogato
il decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182, e' stata  recepita  la
direttiva UE n. 883 del 2019 riguardante  gli  impianti  portuali  di
raccolta per il conferimento dei rifiuti delle navi. Tale  normativa,
finalizzata a proteggere l'ambiente  marino  dagli  effetti  negativi
degli scarichi dei  rifiuti  delle  navi  che  utilizzano  porti  nel
territorio dello Stato nonche' garantire il  buon  funzionamento  del
traffico marittimo migliorando la disponibilita' e l'uso di  adeguati
impianti portuali di raccolta dei rifiuti ed  il  conferimento  degli
stessi presso  tali  impianti,  si  applica  alle  navi,  compresi  i
pescherecci e le imbarcazioni da diporto che, indipendentemente dalla
bandiera, fanno scalo  presso  un  porto  italiano.  Conformemente  a
quanto previsto in ambito unionale, il provvedimento attuativo impone
alle Autorita'  di  Sistema  Portuale  o,  ove  non  istituite,  alle
Autorita' marittime, l'onere di elaborare e  approvare  un  piano  di
raccolta e gestione dei rifiuti prodotti  dalle  navi,  di  validita'
quinquennale,  che  sia  tuttavia  coerente  con  la   pianificazione
regionale in materia di rifiuti. 
In questo settore, ulteriori  aspetti  sono  altresi'  lambiti  dalla
legge 17 maggio 2022, n. 60, c.d. "Salvamare", che ha come  obiettivo
quello di contribuire al risanamento dell'ecosistema  marino  e  alla
promozione dell'economia circolare,  nonche'  alla  sensibilizzazione
della collettivita' per  la  diffusione  di  modelli  comportamentali
virtuosi volti alla prevenzione dell'abbandono dei rifiuti  in  mare,
nei laghi, nei fiumi e nelle lagune  e  alla  corretta  gestione  dei
rifiuti medesimi. 
Dalla comparazione del quadro  normativo  in  esame,  a  legislazione
vigente, sia sul piano interpretativo sia su quello della  governance
complessiva  dell'intero  sistema,  emergono  diversi   aspetti   che
afferenti la gestione complessiva dei rifiuti prodotti dalle  navi  e
del relativo conferimento degli stessi negli impianti di raccolta  in
ambito portuale, che  richiedono  un  sempre  maggiore  coordinamento
delle competenze e delle amministrazioni  coinvolte  (AdSP,  Regioni,
Comuni  e  Autorita'  marittime)  nei   procedimenti   amministrativi
relativi ai rifiuti prodotti dalle navi presso gli scali italiani. 
Alla  luce  di  quanto  sopra,  emerge,  a  carattere  generale,   la
necessita'   di   semplificare   e   razionalizzare   le    procedure
amministrative per la gestione degli impianti  portuali  di  raccolta
dei rifiuti prodotti dalle  navi  e  una  contestuale  necessita'  di
semplificazione delle norme attributive delle competenze,  apportando
al contempo eventuali modifiche  alle  disposizioni  riguardanti  gli
affidamenti del servizio di  raccolta  rifiuti  previsti  da  diverse
leggi speciali. 
Inoltre, la richiamata legge n. 60/2022, al proprio interno, annovera
alcune definizioni che  non  sempre  collimano  con  le  altre  norme
vigenti in  materia  nello  specifico  settore  in  esame  (a  titolo
esemplificativo, ma non esaustivo, si pensi al termine  "imbarcazione
da diporto" in luogo di "unita' da diporto", che ai sensi del  d.lgs.
n. 171/2005, recante il  «Codice  della  nautica  da  diporto»  viene
definita come «ogni costruzione di qualunque  tipo  e  con  qualunque
mezzo di propulsione destinata  alla  navigazione  da  diporto»).  In
generale, quindi, potrebbero essere utili interventi di coordinamento
tra i diversi testi normativi in materia a beneficio dell'utenza  del
mare. 
Altresi' in tema di TARI  sarebbe  opportuna  la  valutazione  di  un
criterio di proporzionalita' tra porti commerciali e porti turistici,
in ragione della piu' elevata potenzialita' di produzione dei rifiuti
di questi ultimi. 
 
2.4 ENERGIA PROVENIENTE DAL MARE 
L'Italia per conformazione e posizione  geografica  e'  il  candidato
ideale a diventare l'hub energetico meridionale dell'Europa. 
Come  recentemente  affermato  dal   Presidente   della   Commissione
Europea,111 la Sicilia e' infatti  fondamentale  per  la  transizione
ecologica in quanto ponte naturale verso l'Africa, un continente che,
grazie all'immenso potenziale in termini di solare, eolico  ma  anche
di idrogeno verde, diventera' uno dei giganti dell'energia pulita. In
tal senso, il Governo e' impegnato in un poderoso impegno diplomatico
per realizzare entro il 2023 un nuovo  "Piano  Mattei"  per  l'Africa
volto a una sempre maggiore cooperazione tra la sponda Nord e Sud del
Mediterraneo in termini di investimenti,  finanziamento  di  progetti
comuni, trasferimento di tecnologia e know-how. 
Nel  contesto  della   nuova   strategia   di   sviluppo   energetico
dell'Italia,  il  mare  puo'  dare  un  contributo   decisivo   nella
produzione di energia da fonti rinnovabili,  quali  i  parchi  eolici
offshore ed il moto ondoso, sempre piu' importanti nel mix energetico
a livello europeo e, pur con un passo piu' rallentato, dell'Italia112
. Come  gia'  anticipato  (v.  supra,  par.  2.2.8),  sara',  quindi,
indispensabile affrontare il tema dell'energia "che viene dal mare" e
"per il mare" - energia pulita  nazionale  che  e'  fondamentale  per
raggiungere  gli  obiettivi  della  decarbonizzazione  energetica   e
dell'indipendenza  energetica  -  con  interventi   infrastrutturali,
logistici e procedurali specificamente dedicati. 
Inoltre, nella definizione di una politica energetica  del  mare  che
sia  efficace  assumono   particolare   rilevanza   la   cooperazione
transfrontaliera, lo scambio di buone pratiche  e  gli  strumenti  di
finanziamento per sostenere il settore. 
 
2.4.1 Fonti fossili 
La  fase  di  transizione  ecologica  non  potra'   prescindere   dal
contributo delle fonti fossili. In tale contesto,  le  navi  -  quali
infrastrutture mobili - possono assicurare la flessibilita' che manca
alle infrastrutture di terra. 
Per il petrolio, ad esempio, il consumo annuo di petrolio  in  Italia
e' di oltre 58 milioni di tonnellate ed arriva quasi tutto via  mare.
E', quindi, importante  preservare  la  competitivita'  della  flotta
cisterniera, anche rivedendo i criteri tassonomici europei. 
Per il gas, invece, embargo e sanzioni determineranno  verosimilmente
l'aumento delle gasiere nell'area mediterranea. Non potendo viaggiare
via terra, il gas viaggera' via nave  ed  e'  quindi  necessario  che
l'Italia  investa  risorse  adeguate  e   favorisca   una   strategia
industriale di lungo periodo per lo sviluppo di  una  flotta  gasiera
operata da imprese nazionali che assicuri l'indipendenza della catena
di approvvigionamento nazionale. In tale scenario,  un  importante  e
strategico anello della filiera, a lungo purtroppo oggetto di  scarsa
attenzione, e' costituito dai rigassificatori e  dalle  strutture  di
stoccaggio113 . 
 
2.4.2 Fonti rinnovabili 
Eolico offshore: pur rimanendo lontana  dall'offerta  di  petrolio  e
gas, la produzione di energia eolica  rappresenta  oggi  un'industria
rilevante,  con  alcuni  porti  che  fungono  da  hub  logistici  per
l'installazione dei parchi offshore114 . Il Piano nazionale integrato
energia e clima (PNIEC) prevede la produzione di 900 MW  al  2030  di
eolico  offshore  nella  nostra  Nazione  nell'ambito  dell'obiettivo
fissato dalla Strategia europea in  materia  di  energie  rinnovabili
offshore di raggiungere a livello europeo 60 GW  di  eolico  offshore
nel 2030 e i 300 GW nel 2050115 , ma  si  attendono  quantitativi  di
energia eolica prodotti anche superiori. 
Gli impianti eolici offshore tradizionali sono oggi affiancati  dalla
nuova tecnologia galleggiante che consente di costruire  progetti  in
acque profonde come quelle del Mediterraneo, area che sta registrando
un forte interesse da parte di molti importanti players nazionali  ed
internazionali, in particolare vicino a Sicilia e Sardegna116 . 
In particolare, i campi eolici galleggianti (FOW - "Floating Offshore
Wind") possono rappresentare un  elemento  chiave  per  la  strategia
energetica nazionale ed europea, garantendo  la  massima  efficienza,
per  rendimenti  e  dimensioni,  rispetto   all'eolico   offshore   a
fondazioni fisse ("bottom fixed")  e  un  impatto  ambientale  minore
rispetto all'eolico a terra117 . 
Non esiste allo stato attuale in Italia  una  produzione  industriale
delle  piattaforme  galleggianti  necessarie  all'eolico   flottante.
L'Italia ha l'opportunita' di giocare  d'anticipo.  In  questo  campo
Fincantieri sta sviluppando una specifica supply chain  in  grado  di
produrre le unita' galleggianti che sarebbero richieste dal  mercato,
sfruttando sia siti esistenti sia nuovi  che,  in  entrambi  i  casi,
richiedono ingenti investimenti 
Le ricadute sui sistemi portuali e territoriali sono notevoli:  dalla
realizzazione in loco delle  piattaforme  galleggianti  agli  effetti
derivanti sulla riconversione e specializzazione dei porti  (sia  per
la produzione che per le  attivita'  marine  collegate  e  i  servizi
dell'indotto) e sull'occupazione (sia nella fase realizzativa che per
quella manutentiva di lungo termine). 
In tale ambito, e' ipotizzabile  ed  auspicabile  la  definizione  di
accordi per la fornitura dell'energia prodotta in  favore  del  porto
utilizzato come base logistica per la realizzazione dell'impianto. 
Infine, occorre tenere conto della sopracitata Strategia  europea  in
materia di energie rinnovabili offshore, all'interno della  quale  si
trova  esplicito  riferimento  al  Piano  di  Gestione  dello  Spazio
Marittimo, considerato come uno strumento per l'individuazione  delle
aree marittime da destinare allo sviluppo delle  energie  rinnovabili
in  Europa  e  per  il  raggiungimento  degli  obiettivi   strategici
nazionali in tema di energia e nel rispetto dell'Agenda verde europea
e dei  Sustainable  Development  Goals  (SDGs).  A  questo  riguardo,
l'intero  processo  di  identificazione   delle   aree   idonee   per
l'installazione di impianti  di  produzione  di  energia  rinnovabile
offshore dovrebbe basarsi su criteri di tipo estensivo - al  fine  di
massimizzare la produzione nazionale di energia da fonti  rinnovabili
- e fare leva sulle notevoli opportunita'  legate  allo  sfruttamento
delle  aree  marine  e  a  tecnologie   innovative   quali   l'eolico
galleggiante  e  la  generazione  di  energia  dal  moto  ondoso.  Al
riguardo, si segnala  che  il  PNRR  ha  stanziato  675  milioni  per
sostenere la realizzazione di  impianti  innovativi  e  offshore  per
produrre energia pulita grazie a tecnologie  ad  alto  potenziale  di
sviluppo e sperimentali come, per l'appunto, i sistemi che  sfruttano
le correnti e il moto delle onde118 . 
La Strategia sottolinea inoltre che per un cambio di  marcia  l'UE  e
gli Stati membri necessitano di un quadro a lungo termine per imprese
e investitori che promuova una  coesistenza  sana  tra  gli  impianti
offshore e gli altri usi dello spazio  marittimo,  contribuisca  alla
protezione  dell'ambiente  e  della  biodiversita'  e  consenta  alle
comunita' di pescatori di prosperare. 
Moto ondoso: pur non avendo ancora raggiunto la piena  maturita'  per
un pieno sviluppo industriale, lo sfruttamento dell'energia dal  moto
ondoso ha  trovato  in  Italia  interessanti  applicazioni  su  scala
prototipale,  quali  il  sistema  ISWEC  (Inertial  Sea  Wave  Energy
Converter) e il REWEC3 (Resonant  Wave  Energy  Converter  -  release
3)119 , nonche' prestigio, a  livello  europeo  e  mondiale,  con  lo
sviluppo di numerosi brevetti e importanti attivita' di ricerca. 
 
2.5 TRANSIZIONE ECOLOGICA DELL'INDUSTRIA DEL MARE 
La transizione ecologica del trasporto marittimo, e piu' in  generale
dell'industria del mare, verso l'utilizzo di combustibili alternativi
ai carburanti  fossili  rappresenta  una  sfida  epocale  in  termini
operativi, tecnologici, finanziari, nella quale l'Italia, per la  sua
posizione  geografica,  conformita'  territoriale  e  dipendenza  dai
traffici via mare, e' chiamata a giocare un ruolo importante. 
Occorre innanzitutto partire da alcune  considerazioni  di  base  per
affrontare razionalmente e con  successo,  tenendo  ben  presenti  le
specificita' nazionali, il complesso percorso  verso  la  transizione
energetica dello shipping, uno dei settori considerati piu' difficili
da decarbonizzare. 
Innanzitutto, va notato che  le  navi,  per  il  loro  funzionamento,
richiedono dei carburanti con un'elevata densita' energetica, sia  di
massa sia di volume, che possano essere stoccati e gestiti a bordo in
modo sicuro e di cui le navi possano facilmente approvvigionarsi  nei
vari porti di scalo, in modo altrettanto sicuro e  con  una  rete  di
distribuzione adeguatamente diffusa. Le navi hanno, inoltre, un ciclo
di vita pluridecennale ed i  tempi  di  ricambio  delle  flotte  sono
legati in modo diretto alla capacita' produttiva della  cantieristica
navale.  La  capacita'  produttiva  globale  annuale  non  supera  il
migliaio  di  navi  c.d.  "maggiori".  Se  si  tiene  conto  che   la
consistenza della flotta mondiale e' stimata in 70-80 mila unita', si
vede chiaramente come la transizione delle flotte verso le  soluzioni
alternative emergenti sara' giocoforza lenta e graduale. 
Occorrera' quindi contemporaneamente, da un lato, gestire il presente
in un modo ottimale e pragmatico e, dall'altro,  accelerare  tutti  i
possibili processi atti a favorire la transizione. In questo processo
i  biocombustibili  potrebbero,  ad   esempio,   giocare   un   ruolo
estremamente rilevante nell'immediato perche' consentono  di  ridurre
significativamente l'impronta di carbonio delle navi esistenti  senza
drastici interventi tecnici sulle navi e sulle infrastrutture. 
L'ammontare delle risorse da stanziare per la transizione energetica,
infine, e' elevato120 ed  il  settore,  gia'  in  affanno  in  taluni
segmenti, sara' necessariamente costretto a ribaltare  sull'utenza  -
carico e passeggeri - almeno parte dei costi aggiuntivi. 
Nella  sostanza,  quindi,  la  transizione  sara'  un  processo   che
richiedera' un tempo  non  breve  e  nel  corso  del  quale  dovranno
necessariamente continuare  ad  operare  le  navi  esistenti.  Queste
ultime saranno  sostituite  progressivamente  da  naviglio  di  nuova
generazione e, infine, dovra' essere messa in campo una quantita'  di
risorse economiche molto rilevante. 
Nel   corso   degli   ultimi   anni   lo    shipping    ha    ridotto
significativamente, rispetto  al  passato,  la  propria  impronta  di
carbonio.  Non  potendo  contare   su   carburanti   alternativi   ai
combustibili fossili esistenti, lo  ha  fatto  agendo  esclusivamente
sull'efficienza delle navi e sulla loro operativita', anche  cercando
di contenere i costi energetici crescenti che spingono verso l'alto i
costi operativi delle flotte. 
Sebbene molto  sia  stato  fatto,  esistono  ancora  dei  margini  di
miglioramento  ma   e'   ormai   del   tutto   evidente   che   senza
un'introduzione  massiccia  di  nuovi  carburanti  carbon-neutral   e
zero-carbon, non sia possibile fare il salto di qualita' necessario. 
All'attuale scarsita' di soluzioni energetiche praticabili, che fa da
freno  all'evoluzione  del  settore,  si  contrappone  una  crescente
accelerazione normativa che, da parte sua, vuole esercitare un'azione
di  spinta  verso  la  transizione  energetica.  In  tale   contesto,
l'ambiziosa  traiettoria  temporale  per  la  decarbonizzazione   del
trasporto  marittimo  tracciata  dall'Unione  europea  (UE)  e  dalla
International Maritime  Organization  ("IMO")  impone  l'adozione  di
combustibili "carbon-neutral" e "zero-carbon" in tempi rapidi  ed  in
quantita' crescenti. Alcune di queste normative europee come l'EU-ETS
o la FuelEU Maritime  agiscono  sulla  leva  economica,  scoraggiando
l'uso dei carburanti fossili attraverso  misure  che  rendono  sempre
svantaggioso l'utilizzo di questi combustibili.  Diversamente,  altre
misure (come il "Carbon Index Indicator" - CII - dell'IMO)  usano  la
leva tecnologica al fine di ridurre le emissioni. 
Oltre ai diversi approcci, e' necessario sottolineare che  le  misure
europee sono regionali, interessano  solo  i  traffici  in/da  e  per
l'Europa e rischiano di generare deviazioni delle tratte  e  in  ogni
caso distorsioni del mercato. Per questo motivo, nel caso in  cui  si
raggiunga un accordo internazionale (sul piano IMO) su questioni gia'
disciplinate  a  livello  regionale  dalla  UE,  le   norme   europee
potrebbero essere  riviste  con  lo  scopo  di  allinearle  a  quelle
internazionali. Questo e', in linea con quanto  gia'  chiarito  dalle
istituzioni europee, un obiettivo  che  eviterebbe  una  duplicazione
degli obblighi e degli oneri amministrativi per le navi che viaggiano
in Europa. 
Infine, vale la pena  ricordare  che  qualsiasi  misura  tecnica  e/o
economica (da sola o come parte di  un  paniere  di  misure)  risulta
inefficace nel raggiungimento degli obiettivi di decarbonizzazione, a
meno che non siano garantiti la disponibilita' di futuri  carburanti,
nuove tecnologie e motori a prezzi accessibili,  oltre  ad  avere  il
personale di bordo addestrato per il proprio utilizzo in sicurezza. 
 
2.5.1 Le regole europee 
L'Unione europea ha assunto da anni la leadership nella lotta per  la
difesa dell'ambiente ed ai  cambiamenti  climatici  ed  il  trasporto
marittimo europeo, oltre alle norme dettate dall'IMO, e ha da  tempo,
quindi, ricevuto un impianto regolatorio  teso  a  ridurre  l'impatto
ambientale dello shipping. 
Questa aspirazione europea e' totalmente condivisibile,  come  lo  e'
quella di trasformare l'UE  in  una  societa'  equa  e  prospera  con
un'economia moderna, efficiente sotto  il  profilo  delle  risorse  e
competitiva, in cui non vi siano emissioni nette  di  gas  a  effetto
serra nel 2050 e in cui la crescita economica sia dissociata dall'uso
delle  risorse.  Appare  importante  assicurare  che  la  transizione
ecologica e'  sostenibile  anche  dai  punti  di  vista  economico  e
sociale, oltre che ambientale. 
E',   inoltre,   opportuno   che   l'azione   dell'Unione    europea,
particolarmente per quanto riguarda lo shipping internazionale, tenga
conto del fatto che l'UE, per quanto attore di grandissimo peso nello
scenario mondiale, rappresenta solo una  delle  realta'  con  cui  lo
shipping  si  trova  ad  operare.  Come   ricordato   nel   paragrafo
precedente, iniziative di carattere regionale presentano, quindi,  il
rischio di poter ostacolare l'azione dell'IMO nella  sua  funzione  e
prerogativa di regolatore internazionale, ponendo i  Paesi  terzi  in
una posizione di contrasto  a  protezione  delle  loro  flotte  e  di
mettere gli armatori europei, impegnati nei traffici  internazionali,
in una situazione di svantaggio competitivo rispetto ai concorrenti. 
In  tali  contesti,  il  Cipom  potra'   assicurare   il   necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 
 
2.5.2 Il "Green Deal" e il pacchetto "Fit for 55" 
L'11 dicembre 2019 la Commissione europea ha adottato il c.d.  "Green
Deal" europeo, ossia una serie di iniziative  e  proposte  che  hanno
l'obiettivo di  far  raggiungere  all'Europa  -  primo  fra  tutti  i
continenti - la neutralita' climatica entro il 2050. 
Nell'ambito del "Green  Deal",  il  14  luglio  2021  la  Commissione
europea ha adottato  una  serie  di  proposte,  identificate  con  il
pacchetto "Fit for  55"  che  indirizzano  le  politiche  dell'UE  in
materia di clima, energia, trasporti e fiscalita' verso una riduzione
delle emissioni nette di gas serra di almeno il  55%  entro  il  2030
rispetto ai livelli del 1990. Si tratta di un pacchetto  di  proposte
che interessa praticamente tutti i settori e che mira  a  modificare,
accelerandola, la  traiettoria  della  decarbonizzazione  in  Europa,
agendo essenzialmente sulla leva economica e fiscale. 
In tale contesto,  nei  primi  mesi  del  2023  si  sono  conclusi  i
negoziati europei sulle principali proposte legislative contenute nel
citato pacchetto, tra cui l'inclusione  dello  shipping  nel  sistema
europeo di scambio di quote  di  emissione  ETS  («Emissions  Trading
System») e i nuovi Regolamenti FuelEU Maritime e  AFIR  («Alternative
Fuels Infrastructure Regulation»). 
L'ETS e' il sistema di scambio  di  quote  di  emissione  dell'Unione
europea; schema "cap and trade" in cui viene posto un limite (cap) al
diritto di emettere determinati inquinanti su un'area  e  le  aziende
possono scambiare (trade) i diritti di emissione all'interno di  tale
area. Viene infatti introdotto un limite alla  quantita'  massima  di
emissioni da parte delle imprese che rientrano nel sistema  e,  entro
tale limite, le  imprese  partecipanti  acquistano  o  vendono  quote
(allowances, EUAs) di emissioni a  seconda  del  proprio  fabbisogno.
Infatti, le imprese le cui quote di emissioni non sono sufficienti  a
coprire  le  emissioni  prodotte,  acquistano  all'asta  o  da  altri
soggetti le quote di emissione necessarie. Viceversa, chi ha quote di
emissioni in eccesso rispetto alle emissioni prodotte, puo' venderle. 
Ai sensi della nuova  Direttiva  UE  del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio, 10 maggio 2023, n. 959 recante modifica alla Direttiva  CE
13 ottobre 2003, n. 87 che istituisce un sistema per  lo  scambio  di
quote di emissioni dei gas a effetto serra (Direttiva ETS),  le  navi
che scalano i porti europei  saranno  gradualmente  incluse  in  tale
sistema a partire dal 2024. In  pratica,  nel  2025  le  societa'  di
navigazione dovranno pagare il 40% delle emissioni  di  CO2  generate
nel 2024 dalle navi nei viaggi intra-UE e nei porti UE, nel  2026  il
70% delle emissioni di CO2 del 2025 e dal 2027 in poi il  100%  delle
emissioni del rispettivo anno precedente, incluse le emissioni di CH4
(metano)  e  di  N2O  (biossido  di  azoto).  Tali  percentuali  sono
dimezzate per le emissioni generate nei viaggi in entrata o in uscita
dall'Unione. 
Relativamente  alla  proposta  di  Regolamento   "FuelEU   Maritime",
attualmente in fase di approvazione finale, le  navi  che  scalano  i
porti europei saranno obbligate a  partire  dal  2025  ad  utilizzare
combustibili via via meno impattanti, pena l'applicazione di ammende.
I miglioramenti richiesti iniziano con un primo step che  prevede  la
riduzione dell'intensita' di carbonio  nei  carburanti  utilizzati  a
bordo del 2% nel 2025, rispetto al 2020 e successivi step ogni cinque
anni fino a raggiungere una riduzione dell'80% nel 2050. Inoltre,  le
navi portacontainer e passeggeri dovranno utilizzare, a  partire  dal
2030, il "cold ironing"  nei  principali  porti  europei  dotati  del
servizio. 
L'accordo raggiunto sul Regolamento  AFIR,  attualmente  in  fase  di
approvazione, d'altro canto, introduce dei  targets  obbligatori  per
gli Stati membri relativamente alla messa  a  terra,  nei  principali
porti europei della rete TEN-T,  di  punti  per  il  bunkeraggio  del
metano  liquefatto  (GNL,  bio-gas   liquefatto,   metano   sintetico
liquefatto e miscele) entro il 1° gennaio 2025 e di impianti  per  la
fornitura di elettricita' da terra nei porti ("cold  ironing")  entro
il 1° gennaio 2030. Gli Stati membri devono inoltre presentare, entro
il  1°  gennaio  2025,  dei  piani  nazionali  per  lo  sviluppo   di
infrastrutture per il rifornimento di  altri  carburanti  alternativi
(es.  metanolo,  ammoniaca).  Sullo  specifico  tema,  si  rinvia  ai
paragrafi successivi (v. infra par.  2.4.5  e  2.4.6)  relativi  alla
valutazione dell'impatto delle suddette regole europee sul sistema di
trasporto marittimo nazionale e alle  rispettive  raccomandazioni  di
policy in vista della loro attuazione, con riferimento in particolare
all'utilizzo dei proventi nazionali derivanti  dall'inclusione  dello
shipping nel sistema ETS. 
Piu' complesse appaiono invece le discussioni, a livello di Consiglio
UE, sulla  proposta  del  pacchetto  relativa  alla  revisione  della
"Energy Taxation Directive" (Direttiva CE 27 ottobre 2003, n. 96). La
possibilita' di giungere almeno  in  tempi  rapidi  ad  un  possibile
accordo su tale proposta sembra al momento remota, stante le  riserve
espresse da diversi Stati membri e la regola dell'unanimita'  vigente
in materia fiscale. La Direttiva CE n. 96 del 2003 che ristruttura il
quadro  europeo  per  la  tassazione  dei   prodotti   energetici   e
dell'elettricita', prevede all'art.  14  lettera  c,  che  gli  Stati
membri esentino dalla tassazione i prodotti  energetici  forniti  per
essere  utilizzati  come  carburanti  per  la   navigazione   europea
(compresa la pesca), diversa  dalla  navigazione  delle  imbarcazioni
private  da  diporto  e  l'elettricita'  prodotta   a   bordo   delle
imbarcazioni. Nel quadro della revisione della Direttiva, la proposta
di abolizione dell'art.  14  porterebbe  quindi  all'introduzione  di
accise  sui  combustibili  navali  venduti  nello  spazio   economico
europeo. In tale contesto, e' stato osservato che una tale  revisione
potrebbe avere evidenti ricadute sia sui  costi  delle  compagnie  di
navigazione sia in termini di potenziali mutamenti delle attivita' di
bunkeraggio al di fuori dello spazio economico europeo. 
Di converso, potrebbe essere opportuno valutare  la  possibilita'  di
sostenere un'estensione  delle  esenzioni  fiscali  esistenti  per  i
carburanti convenzionali anche ai biocarburanti  e  al  gas  naturale
liquefatto121 , cosi' come all'energia elettrica a terra  nei  porti,
in linea con gli obiettivi del Regolamento "FuelEU Maritime". 
In  tali  contesti,  il  Cipom  potra'   assicurare   il   necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 
 
2.5.3 La tassonomia europea 
Nell'ambito del "Green Deal europeo", la tassonomia e'  un'iniziativa
che  mira  a  disciplinare  la  definizione  ambientale  dei  settori
economici al fine di indirizzare  gli  investimenti  e  finanziamenti
"verdi"  attraverso  un  insieme  di  regole  e  criteri  di   vaglio
("Technical Screening Criteria"). Il sistema di tassonomia  e'  stato
introdotto con il Regolamento UE 18 giugno 2020, n. 852 e si sviluppa
progressivamente attraverso l'adozione di  atti  secondari  da  parte
della Commissione europea (c.d. atti  delegati)  che  stabiliscono  i
suddetti criteri di vaglio per le varie  attivita'  economiche  sulla
base  degli  obiettivi  climatici  ed  ambientali  europei.  In  tale
contesto, il settore dei trasporti marittimi  e'  stato  definito  un
"settore transizionale", stante  le  complessita'  di  decarbonizzare
tale comparto e la cui  inclusione  nella  tassonomia  europea,  come
attivita'  eco-sostenibile,  e'  soggetta  a  principi  specifici  di
valutazione. 
Tali criteri appaiono, tuttavia, molto sfidanti dal  punto  di  vista
tecnico ed operativo, in base alle tecnologie e soluzioni energetiche
disponibili attualmente per lo shipping e non  allineati  alle  altre
normative europee, proposte nell'ambito del pacchetto Fit for 55 (es.
Regolamento "FuelEU Maritime"). Il rischio che si pone, in assenza di
opportune modifiche ai criteri tecnici di valutazione,  e'  che  tale
iniziativa, pensata per promuovere gli  investimenti  verdi,  finisca
per  rendere  ancora  piu'  difficoltoso  l'accesso  da  parte  degli
operatori del settore marittimo ai finanziamenti verdi necessari  per
sostenere gli  ingenti  investimenti  richiesti  per  la  transizione
energetica del settore. Cio'  a  maggior  ragione  se  tali  criteri,
pensati per guidare finanziamenti  privati,  venissero  esportati  in
strumenti di politica pubblica, come gia' in larga parte avvenuto nel
contesto dei nuovi orientamenti europei in materia di aiuti di  stato
per il clima, l'energia e la protezione ambientale (c.d. "CEEAG"). 
 
2.5.4 Le regole IMO 
L'azione dell'IMO122 a protezione dell'ambiente e' iniziata nel  1973
con l'adozione della Convenzione Internazionale  per  la  Prevenzione
dell'Inquinamento causato dalle Navi ("MARPOL"). 
Nel 1997 e' stato aggiunto l'Allegato VI  dedicato  alla  prevenzione
dell'inquinamento atmosferico  provocato  dalle  navi  che,  oltre  a
fissare stringenti limiti alle emissioni di  ossidi  di  zolfo  e  di
ossidi di azoto, nel 2011 ha introdotto un capitolo che  riguarda  le
misure  tecniche  e  operative  obbligatorie  per  il   miglioramento
dell'efficienza energetica, volte a ridurre le emissioni di gas serra
da parte delle navi. 
Nel corso degli anni le compagnie di  navigazione  si  sono  adeguate
alle normative sempre piu'  stringenti  emanate  dall'IMO,  adottando
soluzioni tecniche ed operative che, per esempio, hanno consentito di
abbattere il  tenore  di  zolfo  dei  combustibili  navali  dal  4,5%
all'attuale 0,5% worldwide e 0,1% nelle aree ad emissione controllata
("ECA" - Emission Control Area). 
Il quarto studio dell'IMO sulle emissioni di GHG da parte delle navi,
pubblicato nell'agosto 2021, mostra come rispetto al 2008,  a  fronte
di un aumento dei trasporti via mare di oltre il 30%  in  termini  di
tonnellate trasportate e di oltre il 40%  in  termini  di  lavoro  di
trasporto, si sia avuta una riduzione di quasi il 7% delle  emissioni
di carbonio e di quasi il 30%  dell'intensita'  di  carbonio.  Questi
risultati  sono  stati  ottenuti   introducendo   le   prime   misure
obbligatorie prese dall'IMO  a  partire  dal  2013:  l'EEDI  («Energy
Efficiency Design Index») per tutte le navi nuove ed il SEEMP  («Ship
Energy Efficiency Management Plan») per tutte le navi in esercizio. 
Nel 2022 sono entrate in vigore le nuove  misure  disegnate  dall'IMO
nell'ambito  della  strategia  iniziale  per  la  riduzione  dei  GHG
adottata dall'Organizzazione nel 2018123 . 
A partire dall'inizio del 2023 le nuove  misure  introdotte  dall'IMO
richiedono a tutte le navi esistenti di calcolare il loro  indice  di
efficienza energetica  ("EEXI"  -  Energy  Efficiency  Existing  Ship
Index)  che  dovra'  essere  conforme  ad  una  specifica   base-line
identificata dall'IMO in funzione della tipologia di nave. Se la nave
non soddisfera' i requisiti, dovranno essere adottate delle soluzioni
tecniche atte a migliorare l'efficienza  energetica  ed  a  riportare
l'EEXI al valore previsto. 
Sempre a partire dall'inizio del 2023, e' stato previsto che le  navi
forniscano annualmente il loro indicatore di intensita'  di  carbonio
("CII")  e  il  rating  CII.  L'intensita'  di  carbonio  collega  le
emissioni di gas serra alla  quantita'  di  merci  trasportate  sulla
distanza percorsa e le navi riceveranno una  valutazione  della  loro
efficienza energetica secondo le classi A, B, C, D ed E, dove  con  A
e' designata la classe migliore. Una nave classificata D per tre anni
consecutivi oppure E dovra' presentare un piano di azioni correttive,
atte a dimostrare come raggiungere l'indice C o un indice  superiore.
Come si potra' leggere nel paragrafo  successivo,  il  CII  e'  molto
discusso124 per la sua oggettiva incapacita', in  base  alla  metrica
attuale, di descrivere  correttamente  l'efficienza  della  nave  (ad
esempio in termini di nave in rada, nave in porto,  nave  ai  lavori,
nave in manovra, navigazione in zavorra rispetto  a  navigazione  con
carico e carico realmente trasportato) e di non tenere  adeguatamente
in considerazione l'impatto di  aspetti  operativi  non  legati  alla
volonta' dell'armatore (ad esempio soste  per  scioperi,  congestione
nei porti o soste tecniche). Anche  alla  luce  di  tali  criticita',
sara' di grande importanza la revisione del  CII  prevista  entro  il
2026. 
In  tali  contesti,  il  Cipom  potra'   assicurare   il   necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 
 
2.5.5 L'impatto complessivo sul trasporto e sulla economia del mare 
Le normative adottate a  livello  UE  e  IMO,  sono  complessivamente
destinate a produrre un profondo impatto  strutturale,  economico  ed
operativo nel  volgere  di  pochi  anni  sul  sistema  dei  trasporti
marittimi in Italia. Si tratta  di  normative  che  per  lo  shipping
comportano non solo la necessita' di investimenti di  enorme  portata
per l'adeguamento delle  flotte,  ma  anche  -  e  soprattutto  -  la
necessita' di disporre di soluzioni tecniche e di  infrastrutture  al
momento non effettivamente disponibili. 
Come evidenziato in vari studi125 , i  carburanti  alternativi  e  le
relative necessarie infrastrutture di produzione e distribuzione  non
sono al momento sufficientemente mature e disponibili per lo shipping
e non lo saranno ragionevolmente per diversi anni. Soprattutto in una
Nazione come la nostra, dove la  strada  e'  ancora  piu'  in  salita
rispetto  ad   altri   Paesi   europei,   anche   a   cagione   delle
caratteristiche morfologiche dei nostri porti, quasi tutti  contigui,
se non addirittura inclusi  nel  tessuto  cittadino,  che  renderanno
molto difficile dotare gli stessi di impianti per lo stoccaggio e  la
fornitura  di  tali  carburanti,  in  genere   intrinsecamente   piu'
pericolosi degli attuali. 
In tale contesto, stante le condizioni sopra  ricordate,  si  prevede
che l'impatto economico  dell'ETS  sara'  significativo  su  tutti  i
segmenti del trasporto marittimo e in particolare per le navi  ro-pax
che effettuano collegamenti con le isole maggiori e nei servizi delle
Autostrade del Mare ("AdM"), come del resto  osservato  nello  studio
commissionato dalla Commissione  Trasporti  e  Turismo  ("TRAN")  del
Parlamento europeo126 e nel Parere127  adottato  da  quest'ultima  in
merito alla proposta di inclusione dello shipping  nel  sistema  ETS.
Secondo stime fornite da Assarmatori, le compagnie di navigazione,  a
causa di un quadro tecnologico e infrastrutturale indipendente  dalla
loro volonta', non avranno la possibilita' di modificare  il  proprio
piano energetico e saranno soggette a costi aggiuntivi  di  oltre  il
25-30% per ogni singola  tratta  all'interno  di  tali  collegamenti.
Andranno pertanto monitorati attentamente, cosi' come stabilito dalla
stessa Direttiva ETS,  i  possibili  trasferimenti  degli  extracosti
derivanti dall'ETS sul  mercato,  in  particolare  nel  caso  non  vi
fossero alternative all'utilizzo dei carburanti fossili e conseguenti
impatti sulla continuita' territoriale con le  isole  -  sancita  nel
novellato articolo 119 della Costituzione - nonche'  sugli  obiettivi
di  trasferimento  modale  delle  merci  dalla   strada   alla   piu'
sostenibile modalita' di trasporto marittima. 
Anche a tale riguardo, si sottolinea l'opportunita'  di  investire  i
proventi nazionali derivanti dall'inclusione del trasporto  marittimo
nel sistema ETS non ascrivibili  al  bilancio  europeo,  a  beneficio
della   transizione   ecologica   del   comparto   marittimo,    come
sottolineato, piu' in dettaglio, nel successivo paragrafo 2.5.6.g del
presente capitolo. 
Per  quanto  concerne  il  futuro  Regolamento   "FuelEU   Maritime",
l'obbligo dell'utilizzo di  carburanti  alternativi  per  ottemperare
agli ambiziosi target di quest'ultimo, in  assenza  di  certezze  sul
loro effettivo sviluppo,  disponibilita'  ed  approvvigionamento  nei
porti,  rischia  di  esporre  il  comparto  armatoriale  a  possibili
sanzioni in caso  di  non  disponibilita'  di  tali  carburanti,  con
potenziali impatti economici per le compagnie e il mercato. Anche  in
tale  contesto,   sara'   importante   che   i   proventi   derivanti
dall'impianto  sanzionatorio  vengano  integralmente  reinvestiti   a
beneficio della transizione energetica del settore marittimo ai sensi
di quanto disposto dall'art.  20  dello  stesso  Regolamento  "FuelEU
Maritime"128 . 
Infine, la formulazione dell'algoritmo del sopracitato  CII,  la  cui
logica di principio  e'  del  tutto  condivisibile,  si  scontra  con
l'incapacita' della stessa di catturare adeguatamente la combinazione
delle caratteristiche tecniche  e  delle  modalita'  operative  della
nave, per cui una nave migliore di un'altra dal punto di vista  delle
emissioni di  CO2,  come  caratteristiche  tecniche,  puo'  risultare
peggiore a causa di elementi operativi  spesso  fuori  dal  controllo
dell'armatore.  Questo  fattore  rischia  di   generare   un'evidente
distorsione  della   classificazione,   anche   perche'   spesso   le
caratteristiche operative sono legate al tipo di servizio  a  cui  la
nave e' destinata -  si  pensi,  per  il  caso  italiano,  alle  navi
traghetto che collegano la Sardegna con l'Italia continentale che  in
ragione del loro servizio hanno lunghi tempi di sosta in banchina - o
nel  caso  in   cui   le   soste   non   dipendano   dalla   volonta'
dell'armatore129 . Valga per tutti il caso di una nave  in  sosta  in
rada,  ad  esempio,  perche'  in  attesa  di  entrare  in  un   porto
congestionato oppure ferma a causa di uno sciopero. 
Ancora, e' da sottolineare che  una  delle  poche  azioni  correttive
efficaci che puo' essere messa in atto per  far  rientrare  una  nave
dalla  classe  E  verso  le  classi  superiori  e'  la  riduzione  di
velocita'.  Detto  che  non  sempre   questa   e'   possibile,   pena
l'impossibilita' di mantenere il servizio (si pensi ai  traghetti  di
linea), la riduzione di  velocita'  comporta  allo  stesso  tempo  la
riduzione della quantita' di merce trasportata nell'unita' di  tempo.
Questo significa che, su  una  certa  linea  di  traffico  che  abbia
necessita' di una  specifica  quantita'  di  trasporto,  ci  potrebbe
essere una riduzione della velocita' di una nave ma  l'immissione  di
un'altra unita' sulla stessa linea di traffico. Dal  punto  di  vista
ambientale questo e' un controsenso,  perche'  le  emissioni  che  ne
deriverebbero ben difficilmente sarebbero inferiori. 
Alla luce di quanto esposto  sopra,  e'  quindi  necessario  valutare
complessivamente l'impatto dell'algoritmo di calcolo  del  richiamato
CII sul trasporto marittimo nazionale in  vista  della  revisione  di
quest'ultimo (entro il 1° gennaio 2026), sostenendo  nelle  opportune
sedi europee ed internazionali appropriate modiche migliorative,  con
l'obiettivo di  premiare  sia  l'efficienza  tecnologica  sia  quella
operativa delle navi, riducendo effetti distorsivi identificati negli
attuali criteri di calcolo del  CII,  tenendo  in  particolare  conto
degli aspetti operativi  al  di  fuori  del  controllo  dell'armatore
precedentemente richiamati. 
Inoltre, in attesa  che  per  la  valutazione  di  impatto  dei  vari
carburanti  venga  reso   applicabile   l'approccio   "well-to-wake",
l'applicazione di criteri transitori a livello IMO per la valutazione
dei bio-combustibili, sia gassosi (bio-gas) sia liquidi  (bio-diesel)
riveste  fondamentale  importanza.   Infatti,   l'attuale   approccio
"tank-to-wake"   dell'IMO   non    considera    le    caratteristiche
sostanzialmente "carbon neutral" di questi carburanti, penalizzandone
ingiustamente il loro utilizzo130 . 
Pertanto, una modifica del CII, che  oltre  ai  necessari  interventi
sulla metrica  di  calcolo  introducesse  anche  correttivi  relativi
all'utilizzo  dei  bio-combustibili,  consentirebbe  una  valutazione
delle  navi  meno  penalizzante  e  soprattutto  piu'  aderente  alla
effettiva impronta di carbonio delle flotte. 
In tal senso, la circolare IMO MEPC relativa all'  «Interim  Guidance
on the use on the use of biofuels under regulations 26, 27 and 28  of
MARPOL Annex VI (DCS and CII)», adottata durante la sessione IMO MEPC
80 (3-7 Luglio 2023), sembra  rappresentare  un  passo  nella  giusta
direzione. 
 
2.5.6 Le misure a supporto della decarbonizzazione 
 
2.5.6.a I carburanti navali attuali  ed  i  carburanti  low-carbon  e
zero-carbon emergenti 
Al giorno d'oggi la pratica totalita' delle navi  (il  99%  circa  in
termini  di  numero  di  unita'  ed  il  95%  circa  in  termini   di
tonnellaggio) e' propulsa  con  combustibili  fossili,  derivati  dal
petrolio o dal gas naturale131  .  I  carburanti  tradizionali,  come
l'MDO (Marine Diesel Oil) e l'HFO (Heavy Fuel Oil), sono stati  negli
anni alcuni dei pilastri  su  cui  e'  stato  costruito  lo  sviluppo
tecnico e commerciale dello shipping. I motori a combustione  interna
che usano  questi  combustibili,  nel  corso  dei  decenni  del  loro
sviluppo,   hanno   raggiunto   un'efficienza   ed   un'affidabilita'
elevatissima; la catena produttiva e la logistica di distribuzione di
questi combustibili e' solida e distribuita capillarmente in tutti  i
porti del mondo. Questo enorme patrimonio tecnologico,  produttivo  e
di infrastrutture ha contribuito a fare del trasporto  marittimo  uno
degli assi portanti del progresso economico e sociale  globale,  come
viene unanimemente riconosciuto. 
Benche' i carburanti fossili si siano  qualitativamente  evoluti  nel
tempo, riducendo progressivamente le emissioni nocive prodotte  dalla
loro combustione (si pensi,  ad  esempio,  al  contenuto  di  zolfo),
mantengono un'impronta di carbonio significativa ed ineliminabile  e,
bruciando, vanno ad aggiungere anidride carbonica  fossile  a  quella
gia' naturalmente presente in atmosfera. 
Da  qui  la  necessita'  di  evolvere,  in  una  prima   fase   verso
combustibili low-carbon,  con  un  contenuto  di  carbonio  inferiore
rispetto ai  carburanti  tradizionali,  arrivando  poi  a  carburanti
carbon-neutral  ed  in  una  prospettiva   piu'   a   lungo   termine
possibilmente a carburanti zero-carbon. Nei carburanti carbon-neutral
il carbonio non proviene da fonti  fossili  ma  e'  in  qualche  modo
riciclato, prelevandolo  dall'anidride  carbonica  gia'  presente  in
atmosfera; quindi, la CO2 che si genera nella combustione non  va  ad
alterare il bilancio  globale.  I  carburanti  zero-carbon,  come  ad
esempio l'ammoniaca, non hanno contenuto di  carbonio  e  quindi,  da
questo punto di vista, il problema non sussiste. 
Il  gas  naturale  liquefatto  ("LNG")  e'  accreditato  dall'IMO  di
un'impronta di carbonio inferiore rispetto ai  combustibili  derivati
dal petrolio; per questo motivo, soprattutto unitamente al fatto  che
per questo carburante esiste una struttura produttiva consolidata  ed
una logistica di distribuzione nei porti in rapida crescita132 .  Nel
corso  degli  ultimi  anni  il  gas  naturale  liquefatto  e'   stato
selezionato  come  carburante  low-carbon  da  molte   compagnie   di
navigazione133 ed e' certo che questo combustibile giochera' un ruolo
nel processo di  transizione.  Il  portafoglio  ordini  dei  cantieri
navali vede in crescita il numero di nuove costruzioni alimentate  da
questo combustibile; tuttavia, il  numero  di  navi  a  gas  naturale
continua ad essere marginale rispetto al numero totale delle navi  in
circolazione134 . 
Piu' di recente, si sta affermando  come  low-carbon  fuel  anche  il
metanolo ed il numero di  ordinativi  di  navi  in  grado  di  essere
propulse con questo carburante e' in ascesa. Dal punto di vista delle
emissioni di CO2, tenendo conto del fatto che il contenuto energetico
rispetto ai carburanti tradizionali e' meno della meta',  si  ha  una
riduzione modesta. Tuttavia, il metanolo  presenta  rispetto  al  gas
naturale liquefatto alcuni vantaggi  di  natura  tecnica,  primo  fra
tutti quello di essere liquido a temperatura  ambiente  e  quindi  di
poter essere agevolmente immagazzinato, trasportato e distribuito, in
modo simile a quanto si fa con i tradizionali combustibili fossili. 
La produzione attuale di metanolo avviene  quasi  esclusivamente  dal
syngas ottenuto dai combustibili fossili, ma il metanolo puo'  essere
agevolmente prodotto da una vasta gamma di fonti di origine biologica
e quindi rinnovabili,  come  gli  scarti  agricoli  e  alimentari,  i
rifiuti urbani, il legno ed altri tipi di  biomassa;  in  prospettiva
questo rende il metanolo uno dei  carburanti  piu'  interessanti  per
l'impiego navale.  Esistono  gia'  da  anni  alcune  navi  che  usano
sperimentalmente il metanolo come carburante, ma gia'  da  quest'anno
cominceranno ad  entrare  in  servizio,  in  numero  crescente,  navi
portacontenitori a metanolo, a riprova dell'interesse degli  armatori
per questo tipo di propulsione. La morfologia  portuale  nazionale  -
connotata da una sostanziale vicinanza  ai  centri  abitati  -  rende
tuttavia problematico lo stoccaggio e la movimentazione portuale  del
metanolo. 
L'ammoniaca si sta delineando come  il  carburante  zero-carbon  piu'
promettente per l'impiego navale, contrariamente all'idrogeno liquido
che, per via delle criticita' connesse con  la  sua  gestione,  desta
piu' di qualche perplessita'. Al  momento  non  esiste  nessuna  nave
propulsa ad ammoniaca, i costruttori di motori a combustione  interna
sono tutti impegnati nello sviluppo di questa soluzione e si  prevede
che  il  primo  motore   alimentato   ad   ammoniaca   possa   essere
commercializzato entro il 2024. Tuttavia, l'ammoniaca come carburante
navale, soprattutto per le  navi  che  trasportano  passeggeri,  pone
alcune problematiche relative alla sicurezza - si tratta  di  un  gas
estremamente tossico -  che  vanno  ancora  attentamente  valutate  e
risolte. Questo processo richiedera' degli anni prima che l'ammoniaca
trovi concreto impiego a bordo delle navi. 
In sintesi, si puo' affermare che il rinnovamento delle flotte navali
si stia indirizzando decisamente verso  motorizzazioni  dual-fuel  in
cui al carburante tradizionale derivato dal petrolio - HFO  o  MDO  -
viene affiancato un combustibile low-carbon - LNG o il metanolo -  in
grado  di  abbassare  gia'  da  subito  l'impronta  di  carbonio   ma
soprattutto in grado di essere sostituito con le rispettive  varianti
bio o elettro - bioLNG, bioMetanolo, eMetanolo - e, quindi,  con  una
fonte di energia completamente rinnovabile. 
Nel mercato si assiste alla sottoscrizione  di  ordinativi  per  navi
ammonia-ready, ossia progettate per poter essere  trasformate  in  un
secondo momento per essere messe in  grado  di  essere  propulse  con
l'ammoniaca. Si tratta tuttavia, al momento,  di  navi  assolutamente
tradizionali. 
Alla luce di quanto esposto e in questo ambito,  si  puo'  concludere
riconoscendo al Cipom la  possibilita'  di  ricoprire  un  importante
ruolo di coordinamento delle Amministrazioni interessate anche per la
definizione delle strategie industriali a  medio-lungo  termine,  sia
per la necessaria sintesi in termini di ricerca/sviluppo,  produzione
e distribuzione nel  contesto  di  un  piu'  ampio  piano  energetico
nazionale. Non v'e' dubbio che  le  strategie  dovranno  prendere  in
considerazione   tutte   le   possibili   tipologie   di   carburanti
alternativi,  inclusi  i  carburanti   sintetici   e   i   carburanti
rinnovabili di origine  non  biologica,  c.d.  e-fuels  -  nonostante
questi rappresentano una soluzione  ancora  ben  lontana  dall'essere
praticabile, soprattutto in Italia per  via  della  loro  immaturita'
tecnologica e per le note problematiche di stoccaggio e distribuzione
nel sistema portuale nazionale. 
 
2.5.6.b Il ruolo dei bio-fuel  per  accelerare  la  decarbonizzazione
dello shipping 
L'evoluzione degli ordinativi di  nuove  costruzioni,  descritta  nel
precedente paragrafo, e' fondamentale per  la  decarbonizzazione  del
settore,  ma  e'  un  processo  che  viaggia  con  la  velocita'  del
rinnovamento delle flotte e che appare poco compatibile, dal punto di
vista dei tempi, con le traiettorie di decarbonizzazione disegnate in
ambito internazionale ed europeo. 
Gran parte della flotta italiana e' evidentemente costituita da navi,
molte delle quali fanno e faranno sempre piu' fatica a rientrare  nei
parametri richiesti. Per queste navi, in attesa di una loro  graduale
sostituzione che, per quanto accelerata  richiedera'  dei  tempi  non
brevi, sara' necessario fare  degli  interventi  tecnici  o  di  tipo
operativo,  che  ne  consentano  un  utilizzo   in   linea   con   le
regolamentazioni internazionali. 
Nel corso degli ultimi anni, come  gia'  ricordato,  lo  shipping  ha
ridotto significativamente rispetto al passato la propria impronta di
carbonio.  Non  potendo  contare   su   carburanti   alternativi   ai
combustibili fossili esistenti, lo  ha  fatto  agendo  esclusivamente
attraverso il miglioramento dell'efficienza delle navi e  della  loro
operativita', anche alla ricerca del contenimento di costi energetici
crescenti che spingono verso l'alto i costi operativi delle flotte. 
Tuttavia, senza una riduzione immediata  dell'impronta  di  carbonio,
che solo i carburanti alternativi possono  favorire,  e'  prevedibile
che ben presto molte navi impiegate nei servizi che toccano  i  porti
nazionali potrebbero essere costrette  ad  uscire  dal  mercato  o  a
ridurre drasticamente la loro velocita135 per soddisfare le norme IMO
su EEXI e CII. Parimenti, si potrebbe assistere ad un incremento  dei
costi per soddisfare le normative europee su ETS  e  Fuel-EU  che  si
ripercuoterebbe sul costo del trasporto. 
In questo processo i  biocombustibili  potrebbero  giocare  un  ruolo
estremamente   rilevante   perche'   consentirebbero    di    ridurre
drasticamente l'impronta di  carbonio  delle  navi  esistenti,  senza
prevedere  drastici   interventi   tecnici   sulle   navi   e   sulle
infrastrutture136 . 
Ragionando  in  termini   di   sostenibilita'   nel   suo   complesso
(economica-ambientale-sociale) appare  utile  inoltre  ricordare  che
l'origine (feed-stock) dei  biocarburanti  assume  una  significativa
importanza  poiche',  a  seconda  della  loro  classificazione,  tali
carburanti saranno o meno ammessi all'uso da  parte  della  industria
marittima137 . 
L'attenzione deve essere quindi rivolta ai biocarburanti di seconda e
terza generazione che possono offrire delle risposte immediate e che,
se  adottati  in  modo  deciso,  consentirebbero  allo  shipping   di
allinearsi alle traiettorie  di  riduzione  delle  emissioni  di  GHG
previste dalle normative internazionali ed europee. 
Anche in questo caso  appare  appropriato  riconoscere  al  Cipom  la
possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento  delle
amministrazioni interessate anche per la definizione delle  strategie
industriali a medio-lungo termine. 
 
2.5.6.c Il ruolo dei bio-diesel 
Il bio-gnl e' il corrispettivo biologico del gas naturale liquefatto,
mentre  il  bio-diesel  e'  il  corrispettivo  biologico  degli  olii
combustibili (HSFO e VLSFO) e del gasolio (MGO e MDO)138 . Occorre da
subito notare che i ragionamenti relativi al  bio-gnl  sono  per  ora
limitati ad un numero esiguo di  unita',  quelle  alimentate  a  GNL,
mentre  la  grandissima  parte  del  naviglio,  alimentata  da   olio
combustibile  o  da  gasolio,  guarda  con   estremo   interesse   ai
combustibili biologici  liquidi,  come  il  bio-diesel.  Quest'ultimo
potrebbe essere utilizzato, fin da subito, senza modifiche tecniche e
sfruttando l'infrastruttura di distribuzione esistente, collaudata  e
distribuita in modo capillare in tutti i porti. 
Per l'Italia, inoltre,  l'adozione  dei  bio-diesel  ha  una  valenza
strategica  che  puo'  essere  opportuno  sottolineare   e   che   si
concretizza in due  aspetti  particolarmente  significativi.  Recenti
studi hanno dimostrato come l'Italia abbia un  potenziale  energetico
proveniente da biomasse solide,  liquide  e  gassose  sostenibili  in
grado di soddisfare quasi un terzo di tutta l'energia che serve  alla
Nazione; quindi, l'Italia ha  una  potenzialita'  produttiva  interna
estremamente rilevante, che va a sommarsi  a  quella  che  importanti
industrie nazionali stanno costruendo  in  altri  Stati139  .  Questa
potenzialita' produttiva,  unitamente  alla  collocazione  geografica
dell'Italia (cioe', in prossimita' ad uno dei transiti marittimi piu'
trafficati del mondo), potrebbe consentire alla Nazione di giocare un
ruolo molto rilevante nella produzione e nella distribuzione di  fuel
blended con bio-fuel per uso marino. 
Occorre ribadire, ancora una volta, che per la decarbonizzazione  del
trasporto marittimo  sono  richiesti  ingenti  volumi  di  carburanti
alternativi e che le soluzioni proposte ed adottate finora in tema di
bio-carburanti non sono risolutive per il settore, sia in termini  di
volumi sia di agevolazioni. 
Le navi di grande  tonnellaggio  sono  generalmente  propulse  con  i
motori diesel a 2 tempi a basso numero di giri, alimentati  con  olio
pesante (HSFO o VLSFO) a cui, per diminuirne l'impronta di  CO2,  non
e' necessario addizionare prodotti biologici di alta  qualita',  come
FAME140 e HVO141 . Per queste navi, infatti, e'  possibile  miscelare
all'olio  pesante  anche  materie   prime   biologiche   pretrattate,
rimanendo all'interno di tutti  gli  standard  qualitativi  richiesti
dalle  normative  internazionali.  L'uso   di   materiale   biologico
pretrattato, ad esempio  olio  di  anacardo  o  altri  feedstock  non
elaborati come FAME o HVO e quindi con minori  livelli  di  emissioni
well-to-wake (perche' nella fase well-to-tank mancano molte di quelle
derivanti dal  processo  industriale  di  produzione),  consente  una
sostanziale riduzione delle emissioni di CO2 in blending con  HSFO  e
VLSFO. 
FAME e HVO sono invece essenziali nei blending con MDO e  MGO,  anche
questi ampiamente usati  in  campo  navale,  soprattutto  nei  motori
medium-speed ma anche nei motori low-speed  -  quando  e'  necessario
usare combustibile con tenore di zolfo inferiore allo 0,1%. A  questo
riguardo e' utile sottolineare  che  l'imminente  trasformazione  del
Mediterraneo in Area SECA portera' ad un significativo aumento  della
richiesta  di  gasolio  marino  e,  quindi,  anche  di   queste   sue
alternative biologiche. 
Quindi   il   blending   di   combustibili   tradizionali    con    i
bio-combustibili, ferme restando le necessarie valutazioni di  natura
tecnica  e  di  sicurezza  legate  alle   percentuali   di   blending
ammissibili, rappresenta  un'immediata  e  concreta  possibilita'  di
azione verso la riduzione delle  emissioni  di  CO2  da  parte  della
flotta mondiale esistente, mentre, nel frattempo, si deve  proseguire
ed accelerare il processo di rinnovamento delle flotte alimentate con
carburanti carbon-neutral o zero-carbon. 
Sebbene vi sia da parte armatoriale un interesse  crescente  verso  i
bio-combustibili, affinche'  questo  interesse  possa  effettivamente
concretizzarsi, sono da valutare alcune azioni immediate di indirizzo
e di incentivazione. 
Come  sottolineato  nel  precedente  paragrafo  2.4.5,  i   documenti
adottati durante MEPC80 dell'IMO142 affermano che i  bio-combustibili
sono da considerarsi low-carbon o zero-carbon, e che quindi apportano
una diminuzione del CII sostanzialmente proporzionale alla  quota  di
blending con i combustibili tradizionali  o  assoluta,  se  usati  in
purezza, istruendo i propri organismi riconosciuti di conseguenza. 
Sara' opportuno dunque valutare la possibilita', come  gia'  previsto
in altri Paesi europei,  di  miscelare  nei  combustibili  marini  di
origine fossile FAME, HVO e materie prime  biologiche  pretrattate  -
prima in via sperimentale e quindi, a buon esito dei test, in via  di
normale utilizzo. Anche in questo contesto il Cipom potra' coordinare
le necessarie procedure delle amministrazioni competenti. 
Occorre infine ricordare che i carburanti di origine biologica  hanno
costi significativamente superiori ai carburanti tradizionali  e  che
in termini di disponibilita', i quantitativi per lo shipping non sono
allo stato attuale sufficienti. Questo  implica  che,  parallelamente
alle azioni di natura politica di cui si e'  detto,  dovranno  essere
valutate misure di incentivazione al consumo ed alla  produzione  dei
biofuel,  in  modo  da  riequilibrare  i  costi,  compensando  almeno
parzialmente i maggiori esborsi oltre che incrementare la produzione. 
Anche in questo caso  appare  appropriato  riconoscere  al  Cipom  la
possibilita' di ricoprire un importante ruolo di coordinamento  delle
amministrazioni interessate anche per la definizione delle  strategie
industriali a medio-lungo termine. 
 
2.5.6.d I servizi di ops 
I servizi di fornitura di Onshore  Power  ("OPS"),  noti  anche  come
"cold ironing" - c.d. "elettrificazione della banchine" -  consentono
di  alimentare  le  navi  in  sosta  nei  porti  non   piu'   con   i
diesel-generatori di bordo ma con l'energia elettrica prelevata dalla
rete  terrestre.  Questo  consentirebbe  di  ridurre   le   emissioni
atmosferiche ed acustiche nei porti,  con  evidenti  e  significativi
vantaggi sotto il profilo ambientale e della  "qualita'  della  vita"
dei  cittadini  che  abitano  le  zone  limitrofe   a   tali   porti.
Indubbiamente,  lo  sviluppo  del  "cold  ironing"  rappresenta   per
l'Italia un'opportunita' concreta, da cogliere appieno,  per  rendere
il nostro sistema marittimo - portuale piu' efficiente dal  punto  di
vista energetico. 
In  tale  contesto  il  progetto  per  la  realizzazione  del  «Piano
Nazionale del cold ironing», nell'ambito del  PNRR,  e'  di  primaria
rilevanza, essendo strettamente  connesso  non  solo  all'ineludibile
sfida di transizione energetica per lo shipping e  agli  obblighi  di
utilizzo e di dotazione infrastrutturali imposti  dalle  nuove  norme
europee143 , ma anche in ragione  dell'applicazione  del  sopracitato
CII dell'IMO. 
Per evitare differenti modelli di somministrazione in ambito portuale
che possano incidere sui livelli dell'offerta dei singoli servizi  di
terminal nazionali, e'  fondamentale  il  contributo  dei  gruppi  di
lavoro, operativi  presso  il  MIT.  Anche  in  questo  caso,  appare
appropriato  che  le  politiche  di  coordinamento  e  programmazione
necessarie per mettere a sistema tutte le  suddette  azioni,  laddove
richiedano interventi trasversali tra piu'  amministrazioni,  possano
trovare un giusto punto di riferimento nel Cipom. 
 
2.5.6.e La produzione dei carburanti 
Dal punto di vista della produzione dei nuovi carburanti  alternativi
per il trasporto marittimo, risulta evidente la necessita'  di  avere
un'industria in grado di produrre "in modo sostenibile" i  carburanti
carbon-neutral  o  zero-carbon  nelle   quantita'   necessarie   alla
decarbonizzazione dell'industria dello shipping. 
Non e' poi secondario sottolineare il fatto che la produzione di tali
carburanti debba avvenire "in modo sostenibile". Infatti, i  processi
industriali per ottenere questi combustibili  sono  tutti  fortemente
energivori e qualcuno di essi - i combustibili di origine biologica -
presuppone un utilizzo di suolo che comporta problemi di natura etica
e sociale che vanno attentamente valutati. 
E' del tutto evidente che  i  processi  industriali  dovranno  essere
alimentati da energia proveniente da fonti rinnovabili, altrimenti si
giochera' una partita  il  cui  bilancio  ambientale  continuera'  ad
essere inevitabilmente in perdita. Infatti, l'impatto dei  carburanti
deve essere valutato nel loro intero ciclo di vita, dalla  produzione
fino all'utilizzo (approccio "well-to-wake", ovvero  dal  pozzo  alla
scia  della  nave)  e  non  solo   nella   fase   finale   (approccio
"tank-to-wake", dal serbatoio alla scia). 
Ad esempio, attualmente  l'idrogeno  -  considerato  il  combustibile
green per eccellenza - e'  per  la  maggior  parte  prodotto  con  un
processo  (c.d.  "steam  reforming")  che   utilizza   gas   naturale
(preferibilmente metano) e produce una grande quantita'  di  anidride
carbonica. Si parla di idrogeno  grigio  e  questo  non  puo'  essere
considerato un vettore energetico pulito; infatti, la sua combustione
non porta alla  generazione  di  gas  serra  aggiuntivi,  ma  la  sua
produzione ne rilascia in atmosfera una grande quantita', come minimo
uguale a quella che sarebbe stata rilasciata  dalla  combustione  del
gas naturale di partenza144 . 
In quest'ottica, e'  infine  opportuno  favorire  lo  sviluppo  delle
produzioni di idrogeno, sia direttamente da fonti rinnovabili tramite
processo  di  elettrolisi  dell'acqua,  sia  attraverso  processi  di
produzione  da   reforming   del   biometano   rinnovabile   mediante
l'investimento dei fondi previsti dal  PNRR  per  lo  sviluppo  delle
produzioni di idrogeno blu, verde e del biometano come materia prima. 
 
2.5.6.f La rete di distribuzione e i servizi di bunkeraggio 
Dall'individuazione dei carburanti e dalla loro produzione si  dovra'
quindi arrivare alla distribuzione nei porti  e,  quindi,  occorrera'
superare le barriere infrastrutturali che esistono relativamente alla
realizzazione di una efficiente e capillare rete di distribuzione. 
Ad oggi, infatti, il collo di bottiglia per l'utilizzo su larga scala
nel  trasporto  marittimo  di  combustibili  in  grado  di  abbassare
sensibilmente l'impronta carbonica e' a terra, piu'  specificatamente
nei porti e ancora piu'  precisamente  nei  terminal  che  gestiscono
depositi costieri, chiamati oggi a  fare  adeguati  investimenti  per
rispondere alle esigenze e agli obblighi dei loro clienti, ovvero gli
armatori. 
Il tema non e' da sottovalutare, particolarmente in Italia, stante le
difficolta' che ha incontrato e che tuttora incontra la realizzazione
della  rete  small  scale  per  la  distribuzione  del  gas  naturale
liquefatto nei porti. La sindrome "NIMBY" (Not In My  Back  Yard)  e'
uno degli ostacoli piu' difficili da superare quando si  passa  dalla
pianificazione  di  un'opera  alla   sua   effettiva   realizzazione,
soprattutto se si tratta di infrastrutture che possono potenzialmente
avere qualche impatto  sia  sull'ambiente  sia  sulla  sicurezza.  Il
rischio, di conseguenza, e' quello di una perdita  di  competitivita'
(e di capacita' di attrazione dei traffici) per i porti  italiani  e,
di  conseguenza,  anche  per  il  trasporto  marittimo  nazionale  di
prossimita'. 
Oltre  allo  sviluppo  di  un'adeguata  infrastrutturazione,  occorre
infatti prevedere che i  concessionari  effettuino  gli  investimenti
necessari per rendere disponibili  nei  terminali  portuali  i  nuovi
carburanti  alternativi,  soggetti  ad  un  assetto  regolatorio  che
garantisca  il  rispetto   degli   obblighi   concessori,   l'accesso
indiscriminato  e  generalizzato  al  mercato  e  l'efficienza  degli
impianti. 
L'importanza di avere un'adeguata rete di stoccaggio e  distribuzione
e'  resa  ancora  piu'   plastica   dal   posizionamento   geografico
dell'Italia che richiede la repentina eliminazione di tutti i  "colli
di bottiglia" rimasti in essere; quindi, a terra  e  nei  porti  dove
servono adeguati e rilevanti investimenti. 
Risulta pertanto necessario dare attuazione rigorosa, in primo luogo,
agli obblighi infrastrutturali del nuovo Regolamento AFIR -  in  fase
di  approvazione  a  livello  europeo  -  per  quanto   concerne   la
disponibilita' di punti di bunkeraggio di metano liquefatto entro  il
1° gennaio 2025. Al riguardo, si sottolinea la necessita' sia di  una
piena valorizzazione delle dotazioni infrastrutturali gia'  esistenti
e in sviluppo per i prodotti gassosi presenti sul demanio  marittimo,
sia  di  ulteriore  supporto  alla  crescita  dell'infrastruttura  di
approvvigionamento del GNL e del bioGNL, con particolare  riferimento
allo sviluppo dei punti di rifornimento nei porti ed  al  bunkeraggio
di carburante per la navigazione e per il trasporto  pesante  tramite
bettoline. Questo aspetto realizzabile non da ultimo attraverso nuovi
bandi per assegnare le risorse non ancora  allocate  e  previste  dal
Fondo complementare al PNRR. 
In secondo luogo, e' di  fondamentale  importanza  avviare  in  tempi
rapidi,  con  il   coinvolgimento   dell'intero   cluster   marittimo
nazionale,  la  stesura  del  piano   nazionale   per   lo   sviluppo
dell'infrastruttura nei porti nazionali  per  il  rifornimento  degli
altri carburanti alternativi sostenibili, richiesto agli stati membri
ai sensi del nuovo Regolamento  AFIR  e  la  cui  bozza  deve  essere
inviata alla Commissione entro il 1° gennaio 2025. 
 
2.5.6.g Il regime ETS e il suo utilizzo 
L'art. 10, par. 3, della Direttiva ETS (EC n.  87  del  2003),  cosi'
come emendato dalla nuova Direttiva n. 959 del 2023, dispone che «gli
Stati membri stabiliscono l'uso dei proventi della  vendita  all'asta
di quote» prescrivendo che detti proventi siano utilizzati per  scopi
legati al clima e all'ambiente in base ad un elenco  contenuto  nella
medesima disposizione. 
Tra gli scopi legati al clima contenuti nel suddetto elenco,  di  cui
al nuovo articolo 10, par. 3, lettera f, emendato dalla Direttiva  n.
959 del 2023,  vengono  incluse  misure  volte  a  decarbonizzare  il
settore  marittimo,   compreso   il   miglioramento   dell'efficienza
energetica  delle  navi,   dei   porti,   delle   tecnologie,   delle
infrastrutture e dei carburanti sostenibili alternativi. 
Alla luce di quanto esposto, un accorto utilizzo a livello settoriale
degli   ingenti   proventi   nazionali145   che   saranno    generati
dall'inclusione del trasporto marittimo nel sistema ETS a partire dal
2024,   potrebbe   rappresentare   un'importante   opportunita'   per
supportare il processo di transizione del settore. 
In linea con quanto raccomandato nel novellato articolo 10, paragrafo
3, lettera f, della Direttiva ETS, tali  proventi  potrebbero  essere
destinanti a sostenere finanziariamente  gli  investimenti  necessari
nella ricerca, sviluppo e innovazione di tecnologie e  ad  assicurare
la  disponibilita'  su  scala  commerciale   dei   nuovi   carburanti
alternativi per il trasporto marittimo. In particolare, se  destinati
al settore, tali proventi permetterebbero di colmare il differenziale
di prezzo con  i  carburanti  fossili,  realizzare  un'adeguata  rete
logistica per il rifornimento nei porti di tali  nuovi  carburanti  e
dare  seguito   agli   interventi   di   rinnovo   delle   flotte   e
all'efficientamento energetico delle navi. 
Nell'ottica suddetta, il Cipom potra'  effettivamente  coordinare  le
amministrazioni per giungere al risultato di assicurare che una parte
significativa  dei  proventi   nazionali   generati   dal   trasporto
marittimo, non attributi al bilancio dell'Unione, venga destinata  ad
un apposito fondo nazionale per la decarbonizzazione del settore146 . 
Infine, pare opportuno approfondire il  tema  della  capacita'  degli
Stati membri interessati ad utilizzare tale parte  significativa  dei
proventi nazionali generati dal trasporto marittimo  nell'ambito  del
regime ETS per azioni direttamente volte alla  decarbonizzazione  del
comparto. Infatti, dovranno essere valutate le azioni necessarie  per
consentire una revisione  dei  criteri  di  ammissibilita'  contenuti
nell'attuale disciplina unionale sugli aiuti di stato in  materia  di
clima,  energia  ed  ambiente  («Climate,  Energy  and  Environmental
Protection State aid guidelines», "CEEAG" 2022). 
Alla luce della recente esperienza applicativa di tale disciplina nel
processo di approvazione a livello europeo del c.d. "Decreto  flotte"
nazionale ("Fondo Complementare al PNRR"), occorrera' in  particolare
valutare e, se  del  caso  proporre  nelle  opportune  sedi  europee,
possibili  mitigazioni  dei  citati  requisiti  per  la   concessione
dell'aiuto, nel rispetto della neutralita' tecnologica e  sulla  base
di  una  valutazione  realistica  delle  soluzioni  tecnologiche   ed
energetiche esistenti nonche' disponibili per il settore. 
Infine, e sempre per facilitare  i  suddetti  investimenti  da  parte
delle  compagnie  impegnate  nel   trasporto   marittimo   nazionale,
occorrera'  prestare  particolare  attenzione  agli  sviluppi   della
tassonomia  europea   della   finanza   sostenibile,   valutando   la
possibilita' di rivedere in sede  europea  gli  altrettanto  sfidanti
criteri  attuali  di  classificazione   delle   attivita'   marittime
nell'ambito di tale iniziativa. Inoltre, alla luce delle specificita'
settoriali,  degli   sviluppi   tecnologici   e   delle   alternative
energetiche effettivamente disponibili,  sara'  necessario  procedere
con una valutazione improntata al ciclo di vita delle  emissioni  dei
carburanti e nel rispetto del principio di neutralita' tecnologica. 
 
2.6 PESCA E ACQUACOLTURA 
 
2.6.1 Pesca 
La pesca in Italia e' una attivita' diffusa, tradizionale, con solide
basi culturali e storiche millenarie. 
Lo sviluppo della costa, la presenza di  importanti  laghi  e  lagune
costiere, rendono la pesca una attivita' presente in tutte le regioni
italiane. 
Nelle politiche del mare la pesca italiana ha progressivamente  perso
rilevanza economica (oggi pesca e  acquacoltura  italiane  soddisfano
solo il 25% della domanda, con una produzione da cattura  di  130.085
tonnellate  nel  2020)  a  causa  della   riduzione   della   flotta,
conseguente allo stato di sovra-sfruttamento delle risorse biologiche
dei mari, alla riduzione degli spazi marini costieri soggetti a forte
competizione tra usi tradizionali  ed  emergenti,  al  degrado  degli
ecosistemi.  Nonostante  cio',  la  pesca  in  Italia  e'  un  attore
significativo tra gli usi del mare. 
Il riferimento principale della pesca italiana, e' la Politica Comune
della Pesca147 ,  considerate  le  competenze  esclusive  dell'UE  in
questa materia148 . 
Il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranita'  Alimentare  e  delle
Foreste (d'ora in poi anche MASAF), con la Direzione  generale  della
Pesca  marittima  e  dell'acquacoltura,   predispone   il   Programma
nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura, unico  strumento
programmatico delle produzioni acquatiche nell'ambito della  politica
agroalimentare italiana. 
Il MASAF opera in stretta collaborazione con le istituzioni  europee,
con le regioni (competenti in materia di acquacoltura), con gli altri
Ministeri competenti nelle varie materie concorrenti che intercettano
a qualche titolo la pesca. 
Il Programma triennale e' uno strumento completo, ricco  di  tutti  i
dati necessari, e condivisi con le istituzioni europee,  redatto  con
la partecipazione dei portatori di interessi. Infatti, fin da  quanto
indicato dalla legge 17  febbraio  1982,  n.  41  il  legislatore  ha
avviato in Italia un costruttivo dialogo  strutturato  tra  il  mondo
della pesca e l'Amministrazione centrale competente. 
Inoltre, trattando di spazi marini,  va  sottolineato  che  la  pesca
condivide il mare aperto con altri Stati membri dell' UE e non  solo,
dove vivono  specie  ittiche,  fra  cui  quelle  pelagiche  altamente
migratorie, che vengono pescate da piu' flotte nazionali e che quindi
richiedono organismi internazionali per definire regole condivise  di
gestione  e  controllo  (fra  di  esse:   la   Commissione   per   la
conservazione dei tunnidi  dell'Atlantico  -  ICCAT;  la  Commissione
generale della pesca per il Mediterraneo - CGPM, organismo della FAO,
l'OCSE). Il MASAF e' designato per il coordinamento  delle  attivita'
di  tutte  le  autorita'  di  controllo  nazionali  responsabili  del
rispetto delle norme della PCP. In queste politiche e'  coinvolto  il
Ministero degli Affari esteri  e  della  Cooperazione  internazionale
(MAECI). 
E' essenziale sottolineare come l'Italia e gli altri Stai  membri  UE
del Mediterraneo condividano questo mare con Stati terzi, soprattutto
delle sponde africana, e balcanica, che hanno importanti attivita' di
pesca. Pertanto, si deve tendere a definire regole comuni, per  avere
effetti delle scelte gestionali su larga scala. Soprattutto  si  deve
tendere a una armonizzazione delle attivita' e dei  comportamenti  in
mare  attraverso  la  Commissione  generale  della   pesca   per   il
Mediterraneo e Mar  Nero,  una  delle  organizzazioni  regionale  che
regolano la pesca nel mondo (alcune  di  esse  come  organismi  della
FAO). Una pesca non regolata crea conflitti tra pescatori che operano
in mare aperto, e non solo. E' anche difficile imporre restrizioni ai
nostri pescatori, consapevoli  che  altrove,  nello  stesso  mare  si
praticano attivita' con maggiori gradi di  liberta',  e  con  impatti
ambientali significativi. 
L'Italia,  attraverso  il  MAECI  e  il  MASAF,  ha  manifestato   un
vastissimo impegno verso la CGPM, ospitandone in Italia  il  quartier
generale,  e  dando  supporto  con  continuita'  ai  suoi   programmi
subregionali, in Adriatico (AdriaMed)  e  nello  Stretto  di  Sicilia
(MedSudMed). 
Nonostante gli sforzi dell'Unione europea  e  dell'Italia,  la  pesca
risulta essere comunque un settore "in crisi", complesso da gestire. 
L'Italia, con le sue isole, e' comunque terra di pescatori, la  prima
gente di mare per radici  storiche,  e  questo  richiede  un  impegno
politico di grande visione strategica, che vada ben oltre la  portata
economica del settore. 
La pesca non e'  solo  cattura  e  mercato,  ma  e'  anche  ambiente,
navigazione, controllo,  cantieristica,  portualita',  pianificazione
spaziale,  lavoro  e  previdenza,  formazione,   turismo,   attivita'
ricreativa, e tanto altro. 
Sintetizzando al massimo, i temi sensibili della pesca nella politica
del mare, si puo' considerare al primo punto la esigenza  di  pescare
garantendo la rinnovabilita' delle risorse alieutiche e  minimizzando
gli  impatti   sulla   biodiversita',   attraverso   la   regolazione
dell'accesso agli spazi marini. 
Inoltre, la politica deve  generare  un  sistema  di  regole,  schemi
formativi, incentivi e sanzioni per regolare l'accesso  alle  risorse
razionalizzandone il prelievo,  secondo  i  principi  dello  sviluppo
sostenibile (Obiettivo - SDG n. 14  dell'Agenda  2030  delle  Nazioni
Unite), tenendo presente che questa attivita' ha un ruolo  sociale  e
di presidio  della  fascia  costiera,  particolarmente  rilevante  in
Italia. Tutto cio' e' previsto nell'obiettivo del FEAMPA  «Conservare
ed utilizzare in modo durevole  gli  oceani,  i  mari  e  le  risorse
marine» ed e' sottolineato nel Piano di azione europeo per proteggere
e ripristinare gli ecosistemi marini  per  una  pesca  sostenibile  e
resiliente (COM 21 febbraio 2023, n.  102),  cercando  di  realizzare
nuove politiche che superino i limiti della PCP. 
Lo stato delle risorse nel Mediterraneo e' preoccupante, anche se  ci
sono alcuni segni di ripresa. Allo stato attuale,  il  Fondo  europeo
per gli affari marittimi  e  la  pesca  (FEAMPA)  prevede  un  quadro
europeo per la raccolta, la gestione e l'uso  dei  dati  nel  settore
della  pesca  come  supporto  ai  pareri  scientifici  relativi  alla
Politica comune della pesca. 
La raccolta dei dati sulla pesca e sulla  biodiversita'  marina,  con
solide  basi  scientifiche,  e'  essenziale  per  definire  piani  di
gestione e scelte politiche appropriate. 
L'Italia dispone di una robusta ricerca scientifica e tecnologica nei
campi della pesca e dell'acquacoltura, che ha da sempre  fatto  parte
della biologia  marina  nazionale.  Universita',  CNR,  ISPRA,  CREA,
Stazione Zoologica di Napoli, cooperative di  ricerca  e  ricercatori
del mondo associativo e sindacale, hanno contribuito alla  conoscenza
nei vari capitoli del sistema pesca, con particolare attenzione  agli
impatti delle catture e degli strumenti sugli ecosistemi marini  alle
varie scale spazio-temporali, secondo i dettati delle norme europee 
Questa rete, attraverso il sistema  di  raccolta  dati  previsto  dal
FEAMPA fa riferimento di fatto dalla Direzione generale  della  Pesca
marittima e dell'acquacoltura del MASAF,  tradizionalmente  impegnata
nel  supporto  alla  ricerca,  come  previsto  anche  dal   Programma
triennale fin  dai  tempi  della  legge  n.  41  del  1982.  E'  bene
ricordare, ancora una volta, che proprio  su  questa  base  di  dati,
raccolti con metodi scientifici condivisi, sono varate misure per  la
mitigazione degli impatti della mortalita' da pesca sugli stock. 
Questa rete avrebbe necessita' di una  razionalizzazione,  mantenendo
pluralita' di partecipazione ed integrazione  tra  enti  di  ricerca,
ricerca pubblica e privata, con presenza capillare  sulla  costa.  il
coordinamento dovrebbe essere dello Stato, e il risultato  di  questa
rete sarebbe il primo "istituto" diffuso di scienze della pesca degli
Stati membri dell'UE, vicino ai territori ed alle realta'  ambientali
e produttive. 
I dati sul controllo sono previsti dai regolamenti europei, e  questa
attivita' fondamentale per  il  contrasto  alla  pesca  illegale,  e'
garantita dal Corpo delle Capitanerie di  porto,  che  monitora,  tra
l'altro  in  tempo  reale,  le  attivita'  attraverso  un   controllo
centralizzato. 
Senza mettere in discussione l'insostituibile  valore  della  ricerca
scientifica, resta il fatto che i piani di gestione messi in atto non
mostrano, allo stato attuale, tutta  la  capacita'  di  invertire  le
tendenze rispettando gli obiettivi temporali previsti. 
Si tratta di materia complessa. Certamente gli  effetti  della  pesca
illegale, la ridotta sensibilita' di una parte sempre piu'  marginale
degli operatori, il degrado degli ecosistemi dovuto ai molteplici usi
del mare, possono vanificare i risultati attesi  di  misure  tecniche
corrette. 
Ad esempio, la riduzione della flotta e' stato lo strumento primo  di
conservazione, che si tende ancora a voler utilizzare  come  uno  dei
pilastri della PCP.  E'  necessario  identificare  il  limite  di  un
approccio che, applicato agli estremi, porterebbe all'azzeramento  di
alcune attivita'. Come ricordato la Commissione europea ha presentato
recentemente un «Piano di azione per proteggere  e  ripristinare  gli
ecosistemi marini per una pesca sostenibile e resiliente»  nel  quale
si propone, nel  pacchetto  relativo  alla  riduzione  degli  impatti
negativi  della  pesca  sugli  ecosistemi  marini,   in   particolare
attraverso la perturbazione dei fondali, di eliminare gradualmente la
pesca di fondo, con reti a strascico e altri  sistemi,  in  tutte  le
aree marine protette entro il 2030 e di vietarla in tutte  quelle  di
recente istituzione, adottando misure  urgenti  per  i  siti  "Natura
2000". 
Tali proposte, motivate dalla necessita' di un  quadro  di  revisione
della PCP, dalla necessita di rispettare gli impegni assunti  dall'UE
in materia di Biodiversita' per il 2030, che prevedono di  proteggere
il 30% dei mari, con una  percentuale  di  aree  interdette  ad  ogni
attivita' antropica, hanno generato molti  allarmi  nel  mondo  della
pesca, con particolare riferimento alla  pesca  a  strascico.  Si  e'
diffusa  infatti   una   lettura   del   Piano,   che   ha   generato
preoccupazioni, anche accentuate dal fatto  che  lo  stesso  non  da'
reale spazio alle necessarie considerazioni sociali ed economiche. 
Nel caso italiano, gli attrezzi  da  traino  rappresentano  il  17,7%
della flotta, ma forniscono oltre il 30% della produzione. Ma anche i
prodotti ittici che importiamo sono in gran parte  catturati  con  la
pesca a  strascico,  e  politiche  sensibili  dovrebbero  considerare
l'impatto generato dalla domanda  in  ecosistemi  non  soggetti  alle
scelte dell'UE. 
I pescatori allarmati da  una  politica  che  potrebbe  portare  alla
eliminazione allo strascico in tutti gli spazi marini, chiedono  alla
politica interventi per la salvaguardia degli  ecosistemi,  ma  anche
nuove strategie per pianificare al meglio le destinazioni  d'uso  dei
fondali in cui lo strascico potra' operare con profitto e stabilita'. 
C'e' piena consapevolezza degli impatti dello strascico sui  fondali,
rispetto  a  quella  che  era  la  biodiversita'  prima  dell'impatto
antropico. Ma oggi  tali  fondali  marini,  soggetti  ed  adattati  a
costanti  perturbazioni   da   molti   decenni,   potrebbero   essere
considerati, con una forte esemplificazione, come  "campi  coltivati"
in cui svolgono il loro ciclo vitale  una  serie  ridotta  di  specie
adattate alle condizioni perturbate, quelle di fatto su cui la  pesca
si basa, e che possono essere oggetto di  una  corretta  gestione  su
base scientifica. 
Sono stati effettuati molti studi sulle comunita' ittiche soggette  a
strascico, ed anche i  casi  in  cui  tale  attivita'  e'  stata  poi
interdetta. I risultati di questi studi, e l'esperienza secolare  dei
pescatori, potrebbero essere oggetto  di  considerazioni  utili  alla
identificazione  di  strategie  orientate  a  pianificare  l'uso  dei
fondali per la pesca nelle aree consentite. 
Certamente occorrono misure per limitare gli impatti dello  strascico
sui  fondali  da  tutelare  e  non  destinati  a  questa   attivita',
proteggendo con determinazione le aree  marine  protette,  costruendo
basi  ecologiche  solide,  con   conoscenza   storica   dei   fondali
strascicati, riducendo gli impatti degli  strumenti  grazie  a  nuove
tecnologie, utilizzando al meglio appunto la pianificazione  spaziale
per collocare correttamente tali attivita' negli spazi marini  e  nel
tempo  (Fisheries  Restricted  Areas,  tutela   delle   praterie   di
Posidonia, fermi temporanei, ecc.). 
E' comunque necessario partire dalla pianificazione spaziale, infatti
le aree destinate alla pesca tendono ad essere fortemente ridotte, ad
esempio per il conflitto con le finalita' energetiche. E per lo  piu'
i sistemi non dialogano, considerando la pesca marginale. 
Anche le scelte che saranno fatte in materia  di  ZEE  pongono  molte
incertezze sulle future aree di  pesca,  considerando  le  dimensioni
della flotta italiana che spazia nel Mediterraneo, unico nostro campo
di  pesca.  (La  pesca  italiana  al  di  fuori  di  questo  mare  e'
rappresentata da poche  unita',  ed  anche  questo  aspetto  dovrebbe
richiedere una serie di valutazioni politiche per valutarne l'ipotesi
di rilancio). 
Il tema dell'accesso agli spazi marini  per  la  pesca  evidenzia  la
urgente necessita' di politiche coordinate tra i diversi  utenti  del
mare, non esiste infatti una banca dati che sovrapponga tutti gli usi
del mare, che si  sommano  alla  pesca,  ed  abbia  la  capacita'  di
restituire in tempo reale informazioni a tutti gli utenti pubblici  e
privati. 
I  sistemi  in  uso  al  Comando  Generale   delle   Capitanerie   di
Porto-Guardia Costiera-Centro di Controllo Nazionale Pesca, quali  il
sistema  G.I.A.N.O.  («Guidance  for  Information  and  Analisys  for
Operation») attivo per la pesca,  potrebbero  essere  efficientemente
integrati con tutti gli altri sistemi di gestione dei dati. 
Per quanto riguarda il traffico  marittimo  delle  unita'  da  pesca,
dotate  di  sistema  di  localizzazione  satellitare  o  di   sistema
automatico di identificazione (AIS), il monitoraggio e'  gestito  con
grande efficacia dal «Fisheries Monitoring Centre» (FMC)  del  Centro
Operativo  della  Guardia  Costiera,  che  gestisce  dati   sensibili
relativi alla nostra flotta da pesca, anche in relazione a chi  opera
in prossimita' di aree considerate "a rischio". 
Un  approccio  siffatto  richiede  il   concorso   attivo   di   piu'
amministrazioni, competenti nelle varie materie, e la  partecipazione
degli utenti che possano rappresentare interessi contrapposti, ma che
la politica potra' armonizzare. 
La pesca deve essere informata ed  integrata,  e  questo  e'  compito
delle scelte politiche che  dovranno  predisporre  gli  strumenti  di
coordinamento attraverso le decisioni del Cipom. 
Per consolidare un nuovo  percorso,  e'  evidente  la  necessita'  di
presidiare con grande energia le scelte europee, qualora non  avviino
processi innovativi, ad esempio inaugurando forme di  cogestione  nel
mondo della piccola pesca e non solo. 
La saldatura tra imprese della pesca  e  conservazione  dell'ambiente
non deve apparire un paradosso, ma l'unico  strumento  per  garantire
sostenibilita'  reale,  con  un'apertura  da  parte   del   Ministero
dell'Ambiente e della Sicurezza Energetica ai  pescatori  che  devono
essere attori della "blue economy"  e  non  esclusi  dalle  politiche
nazionali ed europee di conservazione. 
Ma senza pescatori formati, dotati di titoli di  studio  appropriati,
in istituti  tecnici  specializzati,  sara'  impossibile  avviare  un
processo di innovazione profonda. 
I  lavoratori  della  pesca  devono  riassumere  centralita':   Senza
ricambio generazionale, senza  riconoscimento  del  lavoro  usurante,
senza accesso agli ammortizzatori sociali, come quelli  applicati  in
agricoltura, ogni  sforzo  di  riqualificazione  del  settore  appare
debole. Cio' e' indispensabile in un momento in cui servono pescatori
capaci di affrontare le sfide che il "Green Deal"  europeo  ci  pone,
anche a difesa della sovranita'  alimentare  che  i  nostri  mari  ci
possono in parte garantire. 
A  questo  tema  si  associa  la  formazione  che  le  rappresentanze
sindacali, gia' fortemente impegnate, svolgono e  possono  rinforzare
svolgere su tutto il territorio, anche per  gli  imbarcati  di  altre
nazionalita'. 
Particolare attenzione va assegnata al potenziale occupazionale e  di
supporto al turismo marino che la pesca puo' offrire,  non  solo  con
attivita' di Pescaturismo, ma anche offrendo (si pensi al caso  delle
piccole isole) servizi per visite guidate, e tanto  altro.  Anche  in
questo caso questa opportunita'  va  regolata  ed  esemplificata  sul
piano burocratico. 
Ulteriore  attenzione  va  posta  al  potenziale  rappresentato   dai
pescatori  nel  presidio  ambientale  del  mare,  nei   processi   di
monitoraggio, raccolta di rifiuti, di collaborazioni con  la  ricerca
scientifica. 
Nella identificazione delle  politiche  nazionali  per  il  mare,  va
considerata con attenzione particolare la pesca sportiva o,  come  si
usa dire per alcune tipologie, ricreativa). Si tratta di attivita' il
cui ruolo culturale,  economico  ed  ambientale  richiede  una  piena
integrazione e regolazione nella politica della  pesca,  chiudendo  i
conflitti storici tra professionisti e pescatori sportivi soprattutto
sull'uso dello spazio e sulla definizione delle regole. Naturalmente,
anche in questo caso  le  associazioni  maggiormente  rappresentative
devono essere coinvolte nel processo  decisionale,  nella  educazione
ambientale e nel rispetto delle regole, per evitare confusioni tra le
attivita' di pesca sportiva e pesca illegale. 
 
2.6.2 Acquacoltura 
Alle produzioni da pesca si sommano quelle  da  acquacoltura  che  e'
l'attivita' che produce organismi in ambienti acquatici, sia in acque
interne, sia in ambienti marini. 
Anche in questo caso, l'Italia ha una lunga storia  nella  produzione
di molluschi e pesci in ambienti controllati. 
Basti pensare alla tradizione secolare di allevare mitili ed ostriche
in aree marine confinate ed in lagune costiere. 
Questo  settore  dovrebbe  giocare  un   ruolo   fondamentale   nella
vicarianza ed integrazione delle produzioni da pesca, ma molti sono i
limiti allo sviluppo nonostante  i  molteplici  strumenti  settoriali
introdotti da UE, Stato e Regioni. 
A favore della reale assunzione del ruolo  atteso  dall'acquacoltura,
le politiche del mare dovranno considerare che e' necessario: 
    - accelerare il processo di definizione delle Zone  Allocate  per
      l'Acquacoltura (AZA), nell'ambito della pianificazione spaziale
      marittima, anche per non perdere l'accesso ai programmi europei
      di supporto allo sviluppo; 
    - tutelare le zone umide costiere, riconoscendo le funzioni ed  i
      servizi  ecosistemici  prodotti  dalle  aree  di   acquacoltura
      estensiva che contribuiscono alla conservazione di  tali  zone,
      grazie all'intervento dei piscicoltori; 
    - investire sulla qualita' dei prodotti freschi e  trasformati  e
      sui sistemi di etichettatura; 
    - rivedere  rapidamente  tutta  la  materia   delle   concessioni
      demaniali, con canoni e regole appropriate, per  fare  assumere
      al  settore  il  ruolo  strategico  atteso,  con  una  crescita
      significativa delle produzioni.  In  questa  materia,  tutti  i
      benefici previsti dovrebbero essere estesi a tutte le tipologie
      di impresa; 
    - considerare  che  molti  progetti   per   attivita'   in   mare
      (Produzione di energia, estrazione) potrebbero  integrarsi  con
      impianti innovativi di acquacoltura, molte strutture potrebbero
      essere adattate per ospitare nurseries o  strutture  attrattive
      per pelagici; o essere utilizzate per finalita' naturalistiche,
      pesca ricreativa, ed attivita' subacquee ad esempio. 
 
Per fare questo e' necessario  che  i  progetti  siano  disegnati  in
contesti gia' predisposti alla integrazione, in cui gli uni conoscono
gli altri, sia al livello interministeriale, che tra imprese. 
In generale, il bisogno di integrazione delle  produzioni  acquatiche
da pesca e da acquacoltura nel "sistema mare" risulta essenziale  per
lo sviluppo di questi settori, per i  quali  gli  strumenti  fin  qui
introdotti, soprattutto su indirizzo europeo, manifestano dei limiti,
nonostante l'impegno. 
Risulterebbe prioritario far confluire la ricca base  di  dati  della
pesca e  della  acquacoltura  in  un  sistema  centrale  di  raccolta
informatizzata dei dati sul mare. Cio' al fine di consentire un nuovo
approccio alla pianificazione della pesca e  della  acquacoltura  che
tengano conto  dei  vari  usi  del  mare  e  delle  varie  competenze
gestionali coinvolte. 
La ricerca italiana in acquacoltura riveste un ruolo importante nello
scenario europeo grazie all'impegno delle Universita', del  Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR),  dell'Ispra,  del  Consiglio  per  la
ricerca in agricoltura  e  l'analisi  dell'economia  agraria  (CREA),
delle cooperative di ricerca, dell'industria. Anche in questo settore
il MASAF ha promosso attivita' di coordinamento attraverso l'avvio di
una piattaforma comune. 
 
2.7 CANTIERISTICA 
 
2.7.1 Cantieristica mercantile 
L'industria cantieristica italiana e' un  settore  che,  raggruppando
imprese di costruzione e riparazione navale, produttori di sistemi  e
componenti ad uso navale, societa' di ricerca ed aziende  di  servizi
al settore, genera un'occupazione di  circa  70.000  persone  (90.000
persone includendo  l'occupazione  trainata),  per  un  valore  della
produzione di circa 9 miliardi  di  euro,  in  gran  parte  derivante
dall'export. 
Per quel che concerne la cantieristica  mercantile,  fatta  eccezione
per i piccoli cantieri specializzati in unita' da  lavoro  e  piccoli
mezzi trasporto  passeggeri,  in  Europa  la  produzione  e'  rivolta
essenzialmente alle navi da crociera. In tale  contesto,  i  cantieri
italiani detengono posizioni di leadership a livello  mondiale  nella
costruzione di tali navi che, come noto, sono  altamente  sofisticate
dal punto di vista tecnologico e del processo produttivo. Per le navi
portacontainer e trasporto carichi alla rinfusa (solidi  e  liquidi),
l'Est  asiatico  e'  invece  protagonista  assoluto,  con  un   ruolo
predominante della Cina, la cui industria cantieristica negli  ultimi
anni  e'  tuttavia  riuscita  a  consolidare,  attraverso  aggressive
strategie di politica industriale (es. "Made in China 2025"), il  suo
ingresso anche in segmenti di  marcato  tecnologicamente  avanzati  e
complessi, quali il  settore  dei  traghetti,  un  tempo  appannaggio
esclusivo dei cantieri europei. 
Volgendo lo sguardo  allo  scenario  di  mercato  internazionale,  si
osserva  che  la  consistenza  numerica  della  flotta  mondiale  sta
registrando un incremento di oltre il 2,1% annuo ed  e'  in  continuo
aumento. La flotta adibita al trasporto di prodotti alla  rinfusa  ha
subito un significativo rinnovamento nel corso degli ultimi anni  per
la necessita' di un naturale svecchiamento. Le navi  portacontenitori
- lo stesso si puo' dire  delle  navi  da  crociera  -  hanno  invece
iniziato una corsa al gigantismo che sembra non fermarsi. Il  rinnovo
della flotta traghetti procede, invece, a un passo  diverso  per  una
serie di ragioni  -  non  da  ultimo  il  costo  significativo  della
tipologia di nave e la notevole "vita media" di queste unita'. 
In  tale  contesto,  risulta  indispensabile  recuperare   il   pieno
potenziale  strategico  che  da  sempre  l'industria   navalmeccanica
riveste  per  lo  sviluppo  economico  nazionale  e  per  l'autonomia
strategica europea. Senza un proprio settore navalmeccanica, l'Europa
dipenderebbe infatti interamente dai cantieri navali asiatici per  la
costruzione, riparazione, conversione, manutenzione o adeguamento  di
navi civili e militari, e dai  produttori  asiatici  di  attrezzature
marittime per la produzione di sistemi  navali  innovativi,  verdi  e
digitali, e pertanto, per garantire, la propria difesa, sicurezza,  e
libero accesso ai  propri  mari,  al  commercio  marittimo,  ed  alle
attivita' dell'economia blu nel suo  complesso,  nonche',  come  gia'
accennato, per l'attuazione delle attuali ambiziose politiche dell'UE
come il "Green Deal" europeo. 
Ad esempio, i target di riduzione delle emissioni stabili  a  livello
europeo e dell'IMO (International Maritime Organization) per il 2050,
per      essere      realizzati,      richiedono      una      totale
sostituzione/ristrutturazione dell'attuale  intera  flotta  mondiale,
con un investimento di circa 3.000 miliardi di dollari.  Considerando
la distribuzione dell'attuale  capacita'  produttiva  mondiale,  tale
processo di rinnovamento verrebbe lasciato per il  70%  a  due  Paesi
asiatici (Cina e Corea) mentre solo  l'8%  delle  nuove  esigenze  di
flotta potrebbe essere  realizzato  in  Europa,  con  il  rischio  di
delegare il raggiungimento dei piani di decarbonizzazione del settore
marittimo europeo alla costruzione navale asiatica. 
La necessita' di salvaguardare il  settore  della  navalmeccanica  si
pone quindi all'interno di  un  piu'  ampio  obiettivo  di  autonomia
strategica generale: se l'Europa vuole infatti  svolgere  il  proprio
tradizionale ruolo di potenza marittima  sulla  scena  mondiale,  non
puo' che alimentare le proprie capacita' marittime commerciali  e  di
difesa, che non possono prescindere dalla  presenza  in  loco  di  un
significativo complesso industriale (cantieri navali e produttori  di
attrezzature marittime) su  cui  poter  fare  affidamento  nel  lungo
termine. 
Occorre, pertanto, valutare opportune iniziative  che  permettano  di
rafforzare la competitivita' dei cantieri navali italiani  aumentando
la diversificazione dei mezzi prodotti e riducendo  il  differenziale
di prezzo con i  cantieri  navali  asiatici.  E'  quindi  auspicabile
valutare l'elaborazione di un piano strutturato di azioni all'interno
di un disegno condiviso a livello europeo, per rilanciare l'industria
navalmeccanica italiana dinanzi alle sfide della concorrenza  (spesso
sleale) internazionale e alle  esigenze  della  transizione  green  e
digitale. 
 
2.7.1.a Concorrenza globale e "level playing field" 
Nel 1980, l'Europa - con un ruolo chiave giocato dalla navalmeccanica
italiana - aveva una quota di mercato nei nuovi ordini ben  superiore
al 50%, mentre adesso e' inferiore  al  4-5%.  Politiche  commerciali
molto aggressive sono state attuate dai costruttori asiatici  (Corea,
prima, e Cina poi) negli ultimi 30 anni, grazie ad una  attivita'  di
"dumping"  strutturale  e  continuativo  sostenuto  da  abbondanti  e
diversificati sussidi statali. Il tutto e' stato  possibile  anche  a
causa del fallimento dei negoziati multilaterali per  una  disciplina
settoriale volta a restaurare il "level playing  field"  nel  mercato
della globale della cantieristica navale  e  l'inapplicabilita'  alla
navalmeccanica sia delle procedure antidumping previste  dalla  World
Trade  Organization  ("WTO")  sia  dei  vari  strumenti   di   difesa
commerciali messi in campo dall'Europa,  inclusi  il  Regolamento  UE
1035 del 2016 e il recente  «EU  Foreign  Subsidies  Regulation».  In
particolare: 
    - gli  approcci  multilaterali  sono  falliti  perche'  i   Paesi
      asiatici che forniscono il maggior volume di  sovvenzioni  alla
      cantieristica navale da decenni bloccano i  negoziati  per  una
      disciplina settoriale globale. Alcuni di tali  Paesi,  inoltre,
      ostacolano di fatto il ricorso  al  meccanismo  di  risoluzione
      delle controversie del WTO attraverso il mancato rispetto degli
      obblighi  WTO  in  materia  di  trasparenza   e   notifica   di
      sovvenzioni industriali; 
    - le particolari caratteristiche del "prodotto" nave e della  sua
      compra-vendita a livello globale non consentono  l'applicazione
      dei tradizionali strumenti di difesa commerciale  previsti  dal
      WTO, quali i dazi anti-sussidi o antidumping che  si  applicano
      sui  beni  importati.  Questo  perche'  le  navi  non   vengono
      generalmente "importate", nell'accezione di  un  loro  ingresso
      permanente in un territorio doganale, e le regolamentazioni del
      WTO sono invece concepite per beni che entrino  permanentemente
      nel confine doganale di uno Stato; 
    - il «Regolamento (UE) 1035 del 2016 relativo alla difesa  contro
      i prezzi pregiudizievoli nella vendita  di  navi»  (adottato  a
      fine anni '90 per  trasporre  a  livello  UE  un  accordo  OCSE
      firmato nel 1994) non e' mai divenuto applicabile a causa della
      mancata entrata in vigore  dell'accordo  OCSE  in  questione  a
      causa della mancata  ratifica  da  parte  di  una  delle  parti
      contraenti; 
    - il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni
      estere  distorsive  del  mercato  interno  (Foreign   Subsidies
      Regulation), pur riconoscendo in parte  il  suddetto  problema,
      cosi come attualmente formulato  non  consente  azioni  avverso
      sussidi  concessi  da  Paesi  terzi  ai  produttori   di   beni
      industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto  tali
      sussidi sono regolati dagli strumenti WTO  (rispetto  ai  quali
      esistono le limitazioni  di  cui  sopra  per  la  cantieristica
      navale), limitando quindi l'applicabilita' di  fatto  solamente
      ai sussidi distorsivi del mercato  interno  concessi  da  Paesi
      terzi ai prestatori di servizi. 
    - il recente Regolamento (UE) 2022/2560 relativo alle sovvenzioni
      estere  distorsive  del  mercato  interno  (Foreign   Subsidies
      Regulation), pur riconoscendo in parte  il  suddetto  problema,
      cosi come attualmente formulato  non  consente  azioni  avverso
      sussidi  concessi  da  Paesi  terzi  ai  produttori   di   beni
      industriali quali appunto i costruttori navali, in quanto  tali
      sussidi sono regolati dagli strumenti WTO  (rispetto  ai  quali
      esistono le limitazioni  di  cui  sopra  per  la  cantieristica
      navale), limitando quindi l'applicabilita' di  fatto  solamente
      ai sussidi distorsivi del mercato  interno  concessi  da  Paesi
      terzi ai prestatori di servizi. 
 
Pertanto, un primo pilastro di un potenziale piano di azioni dovrebbe
contemplare, l'adozione  a  livello  europeo  di  soluzioni  volte  a
restaurare  il  "level  playing  field",  attraverso   la   possibile
creazione di strumenti di difesa commerciale di natura settoriale,  a
livello  unilaterale  (in   caso   di   probabile   mancato   accordo
internazionale), tale da prevenire o rendere inefficaci  le  pratiche
di concorrenza sleale asiatica. 
 
2.7.1.b Competitivita', ricerca e innovazione 
A supporto di tale piano di  azione,  andrebbero  valutare  opportuni
interventi regolatori, accompagnati da adeguati strumenti di supporto
finanziario-fiscale,  volti  a  rafforzare  la   competitivita'   dei
cantieri italiani ed europei e a stimolare al contempo la  ricerca  e
l'innovazione per far fronte al complesso scenario globale.  Cio'  al
fine,  da  un  lato,  di  promuovere  lo  sviluppo  della   capacita'
produttiva italiana, con focus sui segmenti di  mercato  fondamentali
per l'autonomia strategica  europea  (trasporto  passeggeri,  difesa,
energie rinnovabili offshore, navi per il trasporto  di  combustibili
verdi, piccolo cabotaggio etc.), con conseguente beneficio anche  dei
cantieri privati cosiddetti "minori". E,  dall'altro,  rafforzare  la
sovranita'  e  della  superiorita'  tecnologica  italiana  di   lungo
periodo,  seguendo  le  direttrici  verdi   e   digitali   ma   anche
dell'efficienza produttiva. 
Tra i suddetti interventi, si potrebbero valutare la promozione di un
quadro regolatorio che uniformi, a livello internazionale, i  criteri
costruttivi  agli  standard  europei  e  l'introduzione  di   criteri
tassonomici per l'accesso alla finanza sostenibile che stimolino  gli
investimenti verdi e digitali, sia dal lato dei  processi  produttivi
navalmeccanici sia sul piano della domanda  (in  termini  di  rinnovo
flotte),  con  l'obiettivo  di  promuovere,  laddove   possibile   ed
auspicabile, la sovranita' tecnologica nazionale ed europea. Al  fine
di facilitare i  suddetti  investimenti,  potrebbe  essere  opportuno
promuovere in  sede  europea  una  revisione  degli  attuali  criteri
tassonomici di classificazione delle attivita'  marittime  alla  luce
delle specificita' settoriali, degli  sviluppi  tecnologici  e  delle
alternative energetiche disponibili, sulla base di una piu'  corretta
valutazione improntata al ciclo di vita  delle  emissioni  ("well  to
wake") e alla neutralita' tecnologica. 
Sarebbe, inoltre, opportuno promuovere interventi europei o nazionali
di  stimolo  allo  sviluppo  tecnologico,  quali  il  rinnovo   della
Co-Programmed  Partnership  on  Zero-Emission  Waterborne   Transport
("cPP"  ZEWT)  e  la  creazione  di  almeno  una  nuova  "cPP"  sulla
digitalizzazione del settore marittimo. 
In  parallelo,  sarebbe  auspicabile  studiare  possibili  interventi
specifici  per  stimolare  la  creazione  di  una   nuova   capacita'
produttiva verde, digitale e ad efficienza  massimizzata.  Parimenti,
sarebbe utile intervenire su formazione e forza  lavoro,  ad  esempio
attraverso l'attuazione di un "Patto per le competenze"  che  risolva
il problema della carenza di professionalita' ad hoc del settore. 
Inoltre, la previsione di un  programma  di  investimenti  specifico,
dedicato  all'industria  della  difesa  navale,  potrebbe  non   solo
contribuire a ottimizzare il sistema di difesa  italiano  all'interno
di una logica di difesa europea comune, ma anche favorire lo sviluppo
di soluzioni tecnologiche in grado di cross-fertilizzare il  segmento
civile e viceversa. 
Infine, andrebbe valutato lo sviluppo di  un  piano  di  rinnovo  del
naviglio commerciale che possa stimolare la produzione, in  Italia  o
in Europa, di  quelle  tipologie  di  navi  necessarie  all'autonomia
strategica  nazionale,   sostenendo   al   contempo   la   necessaria
transizione energetica e digitale della flotta. 
In tale contesto  risultera'  in  ogni  modo  fondamentale  il  ruolo
giocato  dall'Italia  nella  definizione  di  una  strategia  europea
dedicata al settore sulla base delle direttrici sopracitate. 
 
2.7.2 Cantieristica nautica 
La cantieristica nautica e' un asset strategico sia  sotto  l'aspetto
industriale, che per quanto riguarda il  refit.  Per  questo  occorre
tener conto delle nuove frontiere ed evoluzioni di mercato. 
 
2.7.2.a Design e concept innovativo 
La  progettazione  dovra'  evolvere  verso  un  approccio  fortemente
orientato sul cliente ma anche estremamente funzionale, attingendo ai
concetti di modularita' ed eco-design oltre a ricomprendere materiali
sostenibili e design for disassembling per favorire il  recupero  dei
materiali stessi a fine vita dell'imbarcazione. 
E'  necessario  sviluppare  tecnologie   legate   a   sostenibilita',
ergonomia, disassembling, modularita', nuovi materiali, integrazione,
comfort, sensoristica, accessibilita', da applicare nell'ambito delle
nuove costruzioni, del refit e della fornitura. 
 
2.7.2.b Propulsione ed energie 
L'adozione di nuove propulsioni (fondamentalmente nei  prossimi  anni
si andra' verso il  "full  electric",  ma  si  assistera'  nel  lungo
periodo anche all'utilizzo di motorizzazioni  ad  idrogeno)  richiede
necessariamente  una  riforma  di  carattere  normativo.  Infatti,  i
registri navali oggi  non  consentono  per  motivi  di  sicurezza  il
semplice passaggio al "full electric" in alcune condizioni di mare  o
senza limite dalla costa. 
Sono numerose le tecnologie in fase di sviluppo, quali ibride,  "full
electric", idrogeno, "wind concept", batterie e  stoccaggio  energia,
riduzione NOx, magneti permanenti, e  la  cui  applicazione  riguarda
costruzione, refit, navigazione, yachting e tenderistica. 
 
2.7.2.c Shipyard e yacht 4.0 
Barca e cantiere sono elementi sempre piu' interconnessi e  modulari,
che dialogano anche in navigazione. I singoli componenti sono  sempre
piu' tracciati sia in  fase  costruttiva  che  in  fase  di  refit  e
utilizzo. 
In un complesso contesto di  forti  sinergie  fra  piu'  aziende,  e'
necessario  un  nuovo  approccio  a  partire  dall'individuazione   e
gestione dei processi. 
E',  altresi',  importante  lo  sviluppo  di   una   piattaforma   di
interconnessione tra filiera e cantiere, dedicata alla gestione della
commessa e dei processi in chiave "Industry 4.0" (produzione interna)
e NIM (Naval Information Modeling - coordinamento esterno). 
Tra le tecnologie da sviluppare per la costruzione,  il  refit  e  la
navigazione, si segnalano: digitalizzazione  a  terra  e  bordo,  IOT
controllo    navigazione,    automazione,     rotte     intelligenti,
tracciabilita', innovazioni di processo, robotica  di  costruzione  e
smantellamento. 
 
2.7.3 Cantieristica militare 
La cantieristica militare ha  attraversato,  soprattutto  nell'ultimo
decennio, un periodo positivo grazie ai programmi di  rinnovamento  e
ammodernamento della Difesa nel  suo  complesso,  inclusa  la  Marina
Militare, e ai successi conseguiti  sul  mercato  internazionale,  in
particolare in Medio Oriente, Nord Africa e Stati Uniti. 
Il sistema cantieristico militare di Fincantieri, incentrato su  Riva
Trigoso-Muggiano  col  supporto  di  Castellammare  di   Stabia,   ha
raggiunto un buon  livello  di  efficienza  e  di  distribuzione  sul
territorio nazionale, ma puo' e deve ulteriormente progredire. 
Fincantieri   in   questo   periodo    ha    potuto    avvantaggiarsi
dell'esperienza maturata  sul  mercato  americano  a  contatto  e  in
collaborazione con un sistema industriale particolarmente competitivo
in cui ha potuto trasferire l'esperienza e  le  competenze  acquisite
con  i  programmi  italo-francesi  sulle  unita'  di  superficie   e,
successivamente,  con  i  programmi   nazionali.   La   nuova   scala
dimensionale internazionale ha spinto e consentito a  Fincantieri  di
diventare uno dei player mondiali del settore navale. 
Su questa base Fincantieri sta partecipando, in collaborazione con il
partner francese,  al  programma  finanziato  dall'«European  Defence
Fund» per sviluppare una classe di  "European  Patrol  Corvette"  che
dovrebbero  consentire  a  diverse  Marine  europee   di   avere   un
pattugliatore con una forte comunalita' in modo da favorire attivita'
operative, addestramento e supporto logistico  quasi  in  comune.  E'
un'occasione importante che non va sprecata perche',  ovviamente,  su
questo tipo di unita' vi sono obiettivamente meno vincoli  e  riserve
sul piano tecnologico. 
A  tal  proposito,  anche  nella  subacquea  Fincantieri  ha   potuto
lanciare,  insieme  alla  Marina  Militare,  una  nuova   classe   di
sottomarini, la 212 NFS - "Near Future Submarine", in cui e' previsto
un  significativo  inserimento  di  nuovi   sistemi   elettronici   e
sottosistemi nazionali, in collaborazione con Leonardo,  in  modo  da
sviluppare una piu'  autonoma  capacita'  tecnologica  e  industriale
nazionale, mentre proseguono i rapporti di collaborazione col partner
tedesco. 
L'industria navale italiana ha migliorato la sua  offerta  anche  nel
campo  delle  unita'  minori  specialistiche  (cacciamine,   soccorso
sottomarini e sorveglianza) sia per la Difesa sia  per  le  forze  di
sicurezza. 
Il nuovo  quadro  strategico  sta  facendo  crescere  rapidamente  le
esigenze navali in relazione alla diffusione e  all'intensita'  delle
minacce. La quantita' di unita' navali impegnate in compiti operativi
e' cresciuta sensibilmente insieme alla durata della loro presenza in
mare e alla distanza dei teatri di impiego. Non si  tratta,  infatti,
solo  delle  tradizionali  operazioni  di  protezione   delle   rotte
commerciali e di controllo dei confini marittimi.  La  postura  delle
navi russe e cinesi nel Mediterraneo, cosi'  come  la  protezione  di
cavi e dotti e delle infrastrutture energetiche,  anche  fuori  dalle
acque  territoriali,  impone  una  maggiore  presenza  delle   unita'
italiane. 
Tutto questo si traduce in un  accelerato  logoramento  della  flotta
militare che, insieme alle  aumentate  esigenze,  dovra'  condurre  a
confermare, e se possibile incrementare, i piani di ammodernamento  e
di investimento della Difesa nel settore  come  anche,  nello  stesso
tempo, le azioni poste in essere  per  un  reclutamento  sempre  piu'
efficace. 
Le stesse capacita' industriali dovranno  progressivamente  adeguarsi
alla nuova domanda, razionalizzando la' dove possibile  la  struttura
industriale e assicurando la disponibilita' del personale necessario.
In  particolare,  dovra'  essere  rapidamente  implementato  il  Polo
Nazionale  della  Subacquea  di  recente  istituzione  al   fine   di
affrontare le sfide dell'ambiente subacqueo, mettendo a fattor comune
le capacita'  scientifiche,  tecnologiche,  industriali  e  operative
maturate in campo militare e civile. 
Inoltre,  andra'  attentamente  considerato  anche  l'utilizzo  delle
collaborazioni nel campo  della  difesa  e  della  sicurezza,  sia  a
livello industriale sia operativo, con gli stati costieri  (che  sono
195 contro 44 nel mondo) come strumento di proiezione  internazionale
per tutelare i nostri interessi nazionali. Peraltro, le  esportazioni
militari sono sovente corredate da un corollario  di  attivita',  che
abbracciano  l'addestramento  degli   equipaggi   e   la   successiva
manutenzione delle navi  consegnate.  Si  tratta  di  un  formidabile
strumento politico e diplomatico, che concorre  a  creare  dei  saldi
legami di cooperazione tra le Marine e tra gli Stati. 
Infine,   va   tenuto   presente   il   livello   della   ricerca   e
dell'innovazione  tecnologica  che  caratterizza  l'industria  navale
delle  costruzioni  militari.  I  risultati  che  essa  consegue   si
riverberano beneficamente anche sulla cantieristica mercantile  e  da
diporto,  consolidando  e  incrementando  il  vantaggio   tecnologico
complessivo. 
 
2.7.4 Innovazione tecnologica 
L'innovazione tecnologica e' il tratto distintivo del mondo  odierno.
Intensita', vastita' e rapidita'  ne  sono  le  caratteristiche  piu'
appariscenti. Ma vi e' un quarto  aspetto  che  sta  richiamando  una
crescente attenzione,  quello  del  trasferimento  delle  conoscenze,
esperienze  e  competenze   sul   piano   scientifico,   tecnologico,
industriale e, seppur parzialmente, operativo. 
Questo quadro deve essere tenuto presente anche  nell'elaborazione  e
applicazione di una nuova strategia marittima nazionale  per  far  in
modo che le scelte di  carattere  politico  e  operativo  marcino  in
parallelo con la politica della ricerca e innovazione  tecnologica  e
con  la  politica  industriale.  Da  questo   punto   di   vista   il
perseguimento di questo  obiettivo  potra'  essere  facilitato  dalla
presenza nel Cipom di tutte le amministrazioni interessate. 
La dimensione marittima (compresa  la  sua  articolazione  subacquea)
coinvolge gran parte delle tecnologie e molteplici  settori,  sia  in
campo civile  sia  militare.  Solo  a  titolo  esemplificativo  vanno
considerate quelle legate alle costruzioni  e  infrastrutture  navali
(che sono tradizionalmente sistemi fortemente autonomi e completi, ma
che oggi sono diventati sempre piu' sistemi di sistemi a complessita'
crescente); al trasporto di persone, mezzi di  locomozione  e  merci;
alla  movimentazione  e  alla  conservazione  dei  carichi   (solidi,
liquidi, gassosi); alla ricerca e all'estrazione di fonti energetiche
e minerali;  alla  pesca  e  all'acquacultura;  allo  svolgimento  di
attivita' scientifiche. 
La dispersione delle attivita' svolte sul, nel e  sotto  il  mare  e'
strettamente   connessa   con   il   settore   delle   comunicazioni,
localizzazione e  controllo  della  navigazione,  anche  grazie  alle
applicazioni satellitari. Va, quindi, sempre tenuto presente  che  le
attivita' vi si svolgono isolate fisicamente. Questo vale, a  maggior
ragione,  nella   dimensione   subacquea   e   nelle   infrastrutture
automatizzate localizzate a mare. 
Tutte queste attivita', sempre piu' complesse e interconnesse, stanno
portando ad una elevata automazione e informatizzazione di  tutte  le
componenti che  comporta,  pero',  maggiori  rischi  di  fronte  alla
minaccia cibernetica sia  in  termini  di  sicurezza  sia  a  livello
economico. 
Da una parte, quindi, la dimensione marittima va considerata come uno
dei  motori  dell'innovazione  tecnologica,  dall'altra  richiede  la
massima attenzione per  garantirne  la  protezione  oltre  che  dalle
minacce   tradizionali   anche   da   quelle   cibernetiche.    Nella
realizzazione del "Piano del mare" dovra', quindi, essere  assicurato
anche il coordinamento di queste esigenze con la  politica  nazionale
volta a proteggere  il  Sistema  Italia  e,  in  particolare  le  sue
infrastrutture critiche, da tutte le minacce. 
Nello  stesso  tempo  si  dovra'   perseguire   anche   uno   stretto
coordinamento fra il perseguimento degli  obiettivi  del  "Piano  del
mare" e lo sviluppo  armonico  delle  diverse  iniziative  nel  campo
dell'innovazione tecnologica volte a rendere sempre piu' adeguata  ed
efficace la cornice di  sicurezza  in  cui  questi  obiettivi  devono
essere collocati. 
 
2.8 INDUSTRIA ARMATORIALE 
L'industria armatoriale e' un asset strategico  fondamentale  per  la
Nazione: 
- 1260 navi di bandiera italiana per oltre 13 milioni di GT; 
- oltre 42mila posti di lavoro  a  bordo  (sui  quali  ruotano  oltre
  61mila lavoratori); 
- oltre quasi 8mila posti di lavoro diretti a terra; 
- 2,8 euro e' il moltiplicatore del comparto per ogni euro investito; 
- il trasporto marittimo,  diversamente  dalle  altre  infrastrutture
  (oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la  flessibilita'
  delle fonti di approvvigionamento. 
- il trasporto marittimo,  diversamente  dalle  altre  infrastrutture
  (oleodotti e gasdotti), e' in grado di assicurare la  flessibilita'
  delle fonti di approvvigionamento. 
 
Si tratta di un'industria mobile e "silenziosa" che mette in  rete  e
sviluppa l'economia nazionale. 
Per l'Italia il mare e' la piu' grande ricchezza naturale.  Via  mare
sono transitate nel 2021 il: 
- 60% delle importazioni nazionali; 
- 51% delle esportazioni nazionali; 
- 480 milioni di  tonnellate  di  merci  -  alla  rinfusa  (secche  e
  liquide) in container o a bordo  di  traghetti  -  movimentati  nei
  nostri porti; 
- l'Italia e' leader in Europa  (15%  del  totale  europeo)  con  314
  milioni di merci trasportate in Short Sea Shipping; 
- nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea  Shipping  con
  252 milioni di tonnellate trasportate e una quota  di  mercato  del
  40%. 
- nel Mediterraneo, l'Italia e' leader nello Short Sea  Shipping  con
  252 milioni di tonnellate trasportate e una quota  di  mercato  del
  40%. 
 
L'estensione alle imprese utilizzatrici di navi  di  bandiera  UE/SEE
dei benefici previsti dal Registro Internazionale Italiano - pilastro
comunque irrinunciabile della  nostra  marineria  -  rappresenta  una
rivoluzione del settore del trasporto marittimo nazionale. 
A fronte di tale profondo mutamento, per assicurare la competitivita'
delle imprese di navigazione nazionali ed evitare il  c.d.  "flagging
out", ovverosia di quel fenomeno principalmente  rappresentato  dalla
volonta' di un armatore di ricercare registri navali (o bandiere) che
possano permettere una congrua riduzione delle voci di costo e  spesa
riferite, ad esempio, ad assicurazioni, equipaggi e imposte, ma anche
una  semplificazione  della  gestione  dell'imbarcazione  in  termini
tecnici (come, per esempio, la gestione delle dotazioni  obbligatorie
di  bordo).  Pertanto,  si  rendono  necessarie  urgenti  misure   di
snellimento  dei  procedimenti  amministrativi,  di   semplificazione
normativa     dell'ordinamento      marittimo      nazionale,      di
"sburocratizzazione"  dei  processi  e  di   digitalizzazione   delle
procedure. Negli ultimi anni, a livello internazionale, si e' infatti
assistito a un generalizzato livellamento dei costi di costruzione ed
esercizio della nave (rifornimento,  oneri  fiscali  e  contributivi,
ecc.). Il confronto competitivo tra le flotte si e'  quindi  spostato
sugli oneri amministrativi legati  allo  Stato  di  registrazione,  a
bordo e a terra. 
Al riguardo, si riscontrano criticita' che spesso derivano  anche  da
disposizioni nazionali appesantite rispetto al dettato  unionale.  In
un settore per sua natura internazionalizzato come lo shipping,  tale
appesantimento e' ancor piu' rilevante nel confronto con le  bandiere
di Paesi extra-UE. 
E'  emblematico  in  tal  senso  l'importante  tema   della   sanita'
marittima, una materia trasversale  a  diversi  dicasteri  e  il  cui
quadro normativo per alcune importanti disposizioni risale alla  fine
del XIX secolo con  evidenti  problematiche  per  la  gestione  della
flotta mercantile149  .  Con  particolare  riferimento  al  trasporto
marittimo di  passeggeri,  l'emanazione  del  nuovo  Regolamento  sul
servizio sanitario a bordo delle  navi  mercantili  nazionali  potra'
auspicabilmente  risolvere  molte  delle  criticita'  che  la  flotta
italiana affronta quotidianamente, a partire dalla carenza dei medici
di bordo. 
In tale contesto, negli anni  sono  stati  presentati  in  Parlamento
diversi progetti di  legge  volti  a  semplificare  la  normativa  in
materia di trasporto marittimo con una serie di importanti interventi
senza oneri a carico dello Stato. E'  auspicabile  che  tale  riforma
venga  perseguita  concretamente  e  in  tempi  brevi   quale   primo
fondamentale passo per consentire alla bandiera italiana di competere
con quelle UE, al momento molto piu' al passo con i tempi. 
 
2.9 LAVORO MARITTIMO 
Per questa disciplina gli obiettivi cardine delle politiche del  mare
sono: (i) il consolidamento di una governance unitaria  (intesa  come
regole e prassi) per il trasporto  marittimo;  (ii)  la  salvaguardia
della specialita' del settore; (iii) una complessiva  semplificazione
e un profondo  aggiornamento  della  regolamentazione  del  lavoro  a
bordo; (iv) un tendenziale miglioramento delle condizioni di  vita  a
brodo;  (v)  una  maggiore  attenzione  ai  percorsi  divulgativi   e
formativi volti all'accesso alle professioni marittime e della pesca. 
La competitivita' del trasporto marittimo  di  merci  e  di  persone,
necessaria in ragione del ruolo strategico del settore, si consegue e
mantiene  anche  e  soprattutto  attraverso  la  valorizzazione   dei
lavoratori  del  mare.  Il  trasporto  marittimo,  con  le   relative
attivita' ancillari  oltre  che  la  pesca,  si  e'  qualificato,  in
particolar  modo  nell'ultimo  ventennio,  come   uno   dei   settori
maggiormente  coinvolti  dalla  profonda  evoluzione  tecnologica   e
digitale tutt'ora in corso. Le  prospettive  derivanti  dai  processi
connessi alla  transizione  ecologica  previsti  dagli  obiettivi  di
"Agenda 2030" dell'ONU  e  dal  "Green  Deal"  Europeo  costituiscono
altresi' elementi che impongono nuove  specializzazioni  di  mestieri
antichi ma oggi profondamente diversi dal passato e nuove prospettive
di inclusione. 
Il contesto in continuo aggiornamento,  la  compresenza  a  bordo  di
professionisti di diverse nazionalita' e genere, l'evoluzione sociale
che ha caratterizzato l'esperienza  europea  dell'ultimo  decennio  -
anche rispetto alla concezione  stessa  del  rapporto  di  lavoro  in
termini di conciliazione con le esigenze  di  vita  -  delineano  uno
scenario caratterizzato da grande complessita'. Allo stesso tempo  il
comparto assicura i servizi  marittimi  con  grande  flessibilita'  e
capacita' di adattamento.  Tutto  cio'  in  un  contesto  che,  nelle
attivita' umane, appare come il  piu'  regolato  e  standardizzato  a
livello mondiale150 . 
Nell'ambito della generale riforma dei servizi  amministrativi  verso
la transizione digitale, occorre pertanto definire, in  un'ottica  di
semplificazione e dematerializzazione, molte procedure in materia  di
lavoro marittimo151 ancora oggi affidate a  strumenti  e  regole  del
tutto superati. 
Infine, non puo' non rilevarsi che ogni progetto  di  riforma  dovra'
sempre tener conto della oggettiva specialita' del  lavoro  marittimo
che peraltro trova il suo fondamento nell'art. 1 cod. nav.152 . 
 
2.9.1 La crisi occupazionale e le opportunita' di crescita 
Le ultime rilevazioni descrivono la  "Shipping  Industry"  in  Italia
come un settore fortemente concentrato, con  il  2,2%  delle  imprese
operanti sul territorio che occupa l'80,4% degli addetti153 .  Questo
elemento di stabilita' non e' tuttavia in grado di risolvere la grave
crisi da carenza di personale, in particolar modo per  alcune  figure
professionali del bordo - si  pensi  alla  figura  professionale  dei
direttori di macchina che, fra le posizioni a  bordo,  e'  quella  di
piu' difficile reperimento per gli imbarchi - carenza  che  evidenzia
la necessita'  di  reperimento  di  oltre  diecimila  lavoratori  nel
settore del trasporto e della  pesca  nel  prossimo  quinquennio.  Si
osserva da piu' parti che l'attuale offerta di lavoratori italiani  e
dell'Unione europea non appare in grado di soddisfare le esigenze del
mercato154 per l'oggettiva inadeguatezza delle regole che  sottendono
i requisiti di accesso alle professioni del mare, le  quali  appaiono
ampiamente superate155 . Il lavoro marittimo e' infatti, in un  certo
senso, non allineato alle ultime riforme del sistema scolastico -  ed
in tal senso, appare quanto mai auspicabile  anche  la  rivisitazione
dei programmi scolastici in riferimento alle materie  nautiche  -  ma
soprattutto   all'evoluzione    dei    fabbisogni    di    competenza
dell'industria marittima. L'alterazione dell'equilibrio  tra  domanda
ed  offerta,  riferita  in  modo  piu'  significativo   alle   figure
professionali del bordo, risulta altresi'  dovuta  alla  mancanza  di
strumenti efficaci volti ad  individuare  e  raggiungere  le  risorse
professionali gia' formate e presenti sul territorio. 
L'evoluzione tecnologica che sta coinvolgendo il settore  rappresenta
infine  un'opportunita'  per  incentivare  l'occupazione   attraverso
l'adozione di interventi  di  ammodernamento  e  semplificazione  dei
percorsi  professionali  funzionali  al   rilancio   delle   carriere
marittime. 
Certamente l'innovazione e la trasformazione del  mondo  del  lavoro,
gia' in atto, potranno agevolare l'inserimento di giovani e di  donne
nel settore marittimo e portuale. 
La  necessita'  di  giungere  alla  parita'  di  genere  nel  settore
marittimo e portuale, al fine di ridurre e quanto prima eliminare  le
disuguaglianze di genere, comporta un impegno a promuovere e favorire
iniziative e percorsi volti a valorizzare il ruolo delle donne  nello
shipping,  quale  fattore  competitivo  di  sviluppo   culturale   ed
occupazionale, ed a sostenere quelli gia' in corso, come, ad esempio,
il "Patto per la parita' di genere", siglato dalle AdSP. 
 
2.9.2 Collocamento della gente di mare 
La questione del collocamento della  gente  di  mare,  gia'  prevista
dal d.p.r.  18  aprile  2006,  n.  231  e  ancora  non  compiutamente
attuata, e' centrale per il rilancio delle  attivita'  del  mare.  La
norma aveva infatti previsto una nuova disciplina del collocamento  e
delle relative procedure per l'imbarco dei marittimi. Tale  impianto,
superando il precedente regime dettato dagli artt.  125  e  126  cod.
nav., e sul d.m. 13 ottobre 1992 n. 584156 , ha inteso procedere alla
razionalizzazione delle procedure e alla messa a  disposizione  delle
necessarie tecnologie  informatiche  in  funzione  del  miglioramento
dell'incontro tra domanda e offerta di lavoro. 
L'emanazione dei d.lgs. 14 settembre 2015, n. 150 e n. 151, che hanno
fra l'altro prodotto  alcune  innovazioni  in  materia  di  politiche
attive del lavoro, ha avuto riflessi anche  sulla  specifica  materia
del lavoro marittimo intervenendo sul  collocamento  della  gente  di
mare, senza tuttavia portare a  compimento  la  sua  riforma.  Andra'
pertanto urgentemente considerata, al fine di dare piena applicazione
al succitato d.p.r. n. 231 del 2006, l'adozione dei  diversi  decreti
attuativi previsti dallo stesso d.p.r. e non interessati dal disposto
del d.lgs. n. 151 del 2015. Il medesimo d.p.r. n.  231  del  2006  ha
inoltre  previsto   l'istituzione   dell'«Anagrafe   Digitale   Unica
Nazionale della gente di mare», che tuttavia non e'  mai  entrata  in
vigore. In questo senso, la soluzione e' da  ricercare  nel  concreto
avvio di detto sistema e contestuale implementazione  di  un  portale
unico e costantemente aggiornato  e  integrato  con  le  banche  dati
dell'INPS e dell'ANPAL. 
La mappatura delle risorse professionali gia' formate e presenti  sul
territorio nazionale, oltre all'aggiornamento delle rilevazioni circa
l'entita' del fabbisogno di professionalita' di  bordo  e  di  terra,
rappresentera' un elemento fondamentale per fronteggiare il fenomeno.
L'assenza di prassi strutturate di monitoraggio della forza lavoro e'
infatti una delle principali cause che determinano la difficolta'  di
incrocio tra le risorse disponibili ed in cerca di occupazione  e  le
diverse   opportunita'   lavorative   offerte   dal    settore.    Le
amministrazioni interessate hanno riferito nel corso delle  audizioni
che la realizzazione  dell'infrastruttura  digitale  e'  in  fase  di
completamento; circostanza questa che consolida  le  aspettative  per
una sua prossima entrata in vigore. 
A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie  azioni  di
impulso tese a velocizzare i suddetti processi. 
 
2.9.3 La formazione 
Nell'ambito del  lavoro  marittimo,  il  tema  della  formazione  del
personale  e  della   semplificazione   dei   percorsi   propedeutici
all'accesso alle professioni  del  mare  appare  non  procrastinabile
anche alla luce della  strutturale  carenza  di  personale  marittimo
italiano  che  si  riscontra  diffusamente  su  tutto  il  territorio
nazionale.  Nel  rispetto  integrale  degli  standard  internazionali
determinati da una copiosa disciplina  di  matrice  convenzionale,  i
percorsi  formativi  volti   all'ottenimento   delle   certificazioni
obbligatorie   potranno   essere   semplificati   e    digitalizzati.
Altrettanto  importante  appare  altresi'   una   rivisitazione   dei
programmi  relativi  al  conseguimento  dei  titoli  professionali  e
contestualmente un'omogenizzazione nazionale sullo svolgimento  degli
esami professionali. 
Sotto  altro  profilo,  non   v'e'   dubbio   che,   per   rilanciare
l'occupazione, in particolare in  quei  contesti  geografici  ove  il
lavoro marittimo rappresenta storicamente un  volano  di  crescita  e
sviluppo sociale, occorra attuare una politica di  incentivazione  in
grado  di   compensare   i   costi   determinati   dalla   formazione
obbligatoria,  introducendo  forme  di  supporto   economico157   per
sostenere  i  giovani  che,  successivamente   al   diploma,   devono
intraprendere percorsi formativi necessari all'avviamento del  lavoro
marittimo  e  anche  per  incentivare,  sempre  dal  punto  di  vista
retributivo, le nuove generazioni. 
Il  tutto  non  solo  a  garanzia  della  tenuta  e  dello   sviluppo
dell'industria armatoriale e della pesca nazionale,  ma  anche  quale
elemento di sostegno per quei territori in cui da sempre e' forte  la
vocazione marittima (si pensi in  particolare  alle  isole)158  .  In
questa  prospettiva   occorre,   quindi,   realizzare   il   generale
ammodernamento e la semplificazione dei  requisiti  di  accesso  alle
varie  professioni  marittime  disciplinati  nell'ambito   del   noto
Allegato al citato d.p.r. n. 231 del 2006159 . 
Oltre a quanto considerato, appare necessario attuare quanto previsto
dall'art. 8 del d.lgs. 12 maggio 2015, n. 71, il quale ha  introdotto
la  possibilita'  di  agevolare   percorsi   formativi   semplificati
nell'ambito  delle  norme  stabilite  dalla  menzionata   Convenzione
STCW160 per i marittimi che svolgono il proprio servizio nel  settore
dei  "viaggi  costieri".  La  norma  citata161  ,  che  recepisce  la
Direttiva UE 21 novembre 2012, n. 35, che modifica la Direttiva CE 19
novembre  2008,  n.  106  consente  ai  Paesi   membri   di   emanare
disposizioni piu' favorevoli ai  lavoratori  marittimi  che  prestano
servizio  a  bordo  di  navi  battenti  bandiera  italiana,   adibite
esclusivamente  alla  navigazione  costiera.  Con  questa  norma   il
legislatore  si  e'   preoccupato   di   disciplinare   l'ambito   di
applicazione delle norme STCW  per  i  marittimi  che  effettuano  la
navigazione costiera nazionale prevedendo la possibilita' -  a  certe
condizioni - di applicare disposizioni piu' favorevoli,  al  fine  di
individuare un percorso professionale per  i  possessori  dei  titoli
nazionali per la navigazione costiera162 . 
In considerazione della centralita' della formazione nei processi  di
sviluppo del settore marittimo ai suoi diversi comparti (navigazione,
strutture portuali, logistica  marittima,  cantieristica,  diporto  e
pesca) e della connessa  esigenza  di  qualificazione  delle  risorse
umane quale condizione imprescindibile  per  il  potenziamento  della
filiera,  devono  individuarsi  opportunita'  di  intervento  a  piu'
livelli per il supporto alla formazione del personale del settore. In
particolare, si ipotizza la creazione e la promozione di una  offerta
di alta formazione  specifica  dedicata  alle  figure  apicali  e  ai
quadri, con l'obiettivo di potenziare le  competenze  di  coloro  che
ricoprono ruoli chiave  nella  pianificazione  strategica  aziendale,
riferita in particolare ai processi di innovazione tecnologica  e  di
sostenibilita'. Inoltre, occorre potenziare le politiche di  supporto
alla formazione per le figure di natura  tecnica  che  operano  nelle
diverse aree funzionali del comparto, con l'obiettivo di garantire la
corretta preparazione  del  personale  operativamente  coinvolto  nei
processi  di  innovazione.  Parimenti,  si  potrebbe  ipotizzare   di
attivare il potenziamento delle politiche di supporto alla formazione
per i lavoratori che svolgono funzioni non tecniche (quali, a  titolo
esemplificativo,  figure  dedicate  a  servizi  complementari  ed   a
supporto della navigazione, pulizie, somministrazione cibi e bevande,
servizi alberghieri), al fine di  garantire  a  costoro  la  corretta
familiarizzazione con i sistemi aziendali in ambito marittimo. 
Infine, dovranno intensificarsi i  programmi  di  riqualificazione  e
aggiornamento professionale, in un contesto di  formazione  continua.
In ragione della platea coinvolta e delle evidenti specificita' della
filiera, occorrerebbe  attivare  la  costruzione  e  introduzione  di
metodologie formative pensate in base della specificita' del lavoro a
bordo delle navi, che sfruttino elementi di innovazione tecnologica -
quali a titolo esemplificativo il potenziamento  o  la  creazione  di
piattaforme digitali  per  apprendimento  a  distanza  e  e-learning,
utilizzo di simulatori, sviluppo di nuovi pacchetti  didattici  e  di
nuovi strumenti diagnostici di  controllo  e  verifica,  individuando
nuovi modelli di certificazione delle  competenze  e  di  validazione
amministrativa della formazione in mare. Appare  appropriato  che  le
politiche di coordinamento e programmazione necessarie per mettere  a
sistema tutte le  suddette  azioni,  soprattutto  laddove  richiedano
interventi trasversali tra piu' amministrazioni, possano  trovare  un
giusto punto di riferimento nel Cipom. 
 
2.9.4 Il ruolo di ANPAL Servizi 
Nel descritto ambito, un ruolo di rilievo  potra'  senz'altro  essere
ricoperto dall'Agenzia governativa  ANPAL  Servizi,  in  qualita'  di
coordinatore preposto alla conduzione e implementazione a sistema  di
politiche  attive  del  lavoro  volte  a   sostenere   e   rilanciare
l'occupazione. 
Pare opportuno evidenziare che le direttrici dell'azione  di  Governo
dovrebbero condurre a: (i) connettere il mondo delle imprese e quello
della  formazione  agevolando  le   opportunita'   lavorative;   (ii)
sostenere i lavoratori lungo tutto l'arco della carriera, favorendo e
incentivando percorsi di  continuo  aggiornamento  delle  competenze;
(iii)  preparare  coloro  che   si   affacciano   alla   professione,
individuando soluzioni formative mirate in grado  di  intercettare  i
fabbisogni di competenze delle imprese. 
Occorre inoltre valutare il potenziamento degli strumenti  finanziari
e   di   supporto   alla   conduzione   delle   attivita'   formative
professionalizzanti   messi   a   disposizione   dall'Agenzia,    con
particolare riferimento al necessario sviluppo di competenze digitali
e di tutela ambientale163 . 
Ulteriore  obiettivo  e'  infine  quello  di  gestire  la   mobilita'
internazionale  del  lavoro  e  qualificare  i  lavoratori  stranieri
mediante    il    loro    inserimento    in    percorsi     formativi
professionalizzanti, da svilupparsi nell'ambito  di  un  processo  di
consolidamento del sistema di relazioni con i Paesi d'origine. 
 
2.9.5 Il ruolo degli ITS e l'educazione del mare 
Gli  Istituti  tecnici   superiori   (ITS)164   svolgono   un   ruolo
significativo nella formazione del personale  marittimo  in  numerosi
settori ed ambiti legati  al  mondo  del  mare  ed  all'attivita'  di
navigazione. Negli ultimi anni, questi istituti hanno consolidato  il
proprio ruolo  nel  panorama  formativo  italiano  confermandosi  uno
strumento competitivo per la preparazione di  risorse  professionali,
soprattutto di natura tecnica, rispondendo alle esigenze  manifestate
dal comparto e contribuendo, seppur ad oggi  in  maniera  ancora  non
risolutiva, ad affrontare la forte carenza di personale che  colpisce
il settore. 
I programmi di istruzione professionale offerti  da  questi  soggetti
risultano importanti al fine di garantire e  mantenere  l'offerta  di
lavoratori altamente qualificati per vari settori dell'industria  del
mare.  La  dimensione  di  strutturale  collaborazione,   sin   dalla
progettazione dell'offerta formativa, tra il mondo delle imprese e  i
vari  ITS  attivi  sul  territorio,  si  e'  dimostrata  un   modello
efficiente ed in grado di garantire percentuali di stabilizzazione in
azienda, a seguito della conclusione dei percorsi professionalizzanti
e  senza  soluzione  di  continuita',  vicine  alla  totalita'  degli
studenti iscritti negli istituti. 
Per garantire una  crescita  sostenibile  e  un'occupazione  continua
nell'industria   marittima,   si   auspica   il   rafforzamento   del
coordinamento tra le Autorita' nazionali e regionali,  le  imprese  e
gli istituti di istruzione superiore. L'obiettivo e' pertanto  quello
di rafforzare la centralita' dell'azione di  formazione  al  fine  di
garantire unitarieta' di  coordinamento  e  un  maggiore  accesso  al
sostegno statale e regionale. 
E' altresi' importante consentire al sistema educativo di  soddisfare
le esigenze di formazione continua e post-qualifica.  Di  particolare
interesse e' altresi' il beneficio rappresentato dalla collaborazione
con le Compagnie di Navigazione, anche in ragione della prassi oramai
consolidata di creazione di occasioni di  confronto  tra  studenti  e
professionisti esperti gia' imbarcati165 . 
Dal punto di vista didattico, oltre a  rafforzare  e  incrementare  i
percorsi utili a conseguire l'abilitazione di ufficiale di  macchina,
in  considerazione  della  loro  significativa  carenza,   andrebbero
incentivati percorsi formativi nei settori ove  e'  piu'  consistente
l'offerta di lavoro ovvero nei settori del turismo nautico166  ovvero
del diporto e delle attivita' ancillari167 . 
Inoltre, non meno importante, sara' promuovere  campagne  strutturate
volte alla sensibilizzazione ed all'orientamento professionale  verso
questo  strategico  settore   dell'economia,   da   rivolgersi   alla
popolazione  studentesca  di  scuole  medie  inferiori  e  superiori,
realizzate in stretto coordinamento tra Ministero del Lavoro e  delle
Politiche sociali, Ministero delle Infrastrutture e dei  Trasporti  e
il Ministro per la Protezione civile e le  Politiche  del  mare,  con
l'obiettivo di ridurre gradualmente  il  gap  oggi  rilevato  tra  la
domanda e l'offerta di lavoro nella filiera. 
Al riguardo, la sensibilizzazione del nostro  sistema  educativo,  in
riferimento all'importanza dello studio dei mari e delle  scienze  ad
esso  legate,  la  geografia  in  primis,  deve,  quindi,  avere  una
prioritaria  precedenza  nello  sviluppo  dei   programmi   educativi
nazionali, in maniera analoga  a  quanto  gia'  avvenuto,  da  tempo,
in molti Paesi dell'Unione europea, ma non ancora in Italia. 
Va promossa e diffusa un'adeguata conoscenza del  mare,  con  le  sue
caratteristiche e le  sue  problematiche,  e  occorre  sviluppare  le
opportunita' che il mare offre in un Paese come il nostro, circondato
dal mare e storicamente, culturalmente ed economicamente legato  alle
attivita' marinare. Per proteggere i  nostri  mari  e  preservare  il
nostro futuro e',  pero',  indispensabile  promuovere  comportamenti,
individuali e collettivi, compatibili con gli obiettivi  di  sviluppo
sostenibile previsti dall'Agenda 2030 delle  Nazioni  Unite,  che  ha
inserito,  tra  i  suoi  obiettivi  fondamentali,  il  goal   n.   14
«Conservare e utilizzare in modo sostenibile gli oceani, i mari e  le
risorse marine». 
La manifesta esigenza di una nuova politica  educativa  per  il  mare
assume  un'urgenza  improrogabile,  avvalorata   anche   dall'attuale
proclamazione, da parte dell'ONU, del  «Decennio  delle  Scienze  del
Mare», il cui obiettivo dichiarato e' quello di colmare i  vuoti  che
ancora oggi si registrano sul fronte della ricerca e dell'istruzione.
In tal senso, si e' espresso anche  il  CNR  sottolineando  come  gli
oceani rappresentino ancora un mondo in gran  parte  inesplorato;  si
stima, ad esempio,  che  solo  il  5%  dei  loro  fondali  sia  stato
effettivamente esplorato con sistematicita'. In  ulteriore  linea  di
coerenza con questa emergenza risulta anche  il  Piano  Nazionale  di
Ripresa e Resilienza (PNRR), la cui  missione  n.  4  e'  ascrivibile
proprio al campo "Istruzione e ricerca". 
L'Italia  allora,  ponendosi   all'avanguardia   anche   in   settori
strategici quali quello  dell'educazione  e  della  formazione,  puo'
ambire al ruolo di forza marittima trainante del Mediterraneo,  cosi'
come esplicitamente sollecitato anche dal  Manifesto  Unesco  per  la
salvaguardia dei mari e degli oceani. Anche  attraverso  il  presente
"Piano del  mare",  l'Italia  vuole  promuovere  questo  cambiamento,
facilitando la genesi di  una  cittadinanza  blue,  imperniata  sulla
partecipazione, la comprensione  dei  valori,  dei  bisogni  e  delle
prospettive  utili  ad  incentivare  anche  lo  sviluppo  di   azioni
educative e formative innovative. 
A tal riguardo, il presente "Piano del mare"  auspica  una  serie  di
iniziative didattiche sui principali ambiti della geografia del mare,
della biologia marina, della  blue  economy,  dell'etologia,  aprendo
focus specifici su temi prioritari, quali i cambiamenti climatici, lo
sfruttamento delle risorse ittiche,  la  valorizzazione  dell'energie
rinnovabili  marittime,  la   necessita'   di   attivare   interventi
maggiormente e trasversalmente ecocompatibili. Si restituira', cosi',
il  giusto  significato  al  valore  non  solo  ambientale  ma  anche
culturale e antropologico del mare, che costituisce parte  integrante
della storia di molti popoli  del  Mediterraneo  e,  in  particolare,
dell'Italia. 
L'educazione al mare, percio', dovra' riguardare non solo gli ITS  ma
tutti i livelli dell'istruzione formale - dalle scuole di ogni ordine
e grado all'universita' - u' e informale, con una formazione dedicata
anche a cittadini al di fuori del contesto scolastico. Il "Piano  del
mare" si predispone, pertanto, anche per rafforzare la concezione dei
mari e degli oceani come "bene  comune"  nel  pieno  interesse  della
collettivita'. 
Dall'analisi dei profili professionali, inoltre, emerge, chiaramente,
che l'attuale offerta, proveniente dall'istruzione e dalla formazione
lavorativa  emanata  dalla  Scuola  e  dall'Universita'  in   Italia,
risponde solo in parte alle domande  di  competenza  per  il  futuro.
Un'offerta, difatti, che non include  adeguatamente  la  possibilita'
per i giovani di inserirsi in alcune delle professioni  blue  perche'
mancano o sono  limitati  i  nuovi  profili  richiesti  dall'economia
circolare. Questa criticita' non riguarda solo il futuro ma anche  il
presente, ne' e' dimostrazione  la  carenza  di  molte  delle  figure
professionali richieste dalle attivita'  piu'  innovative  esercitate
dalle  imprese  di  settore  che  non  riescono  a  trovare  adeguate
soluzioni dall'odierno mercato del lavoro. 
Le strade per giungere  a  un'efficace  ri-educazione  al  mare  sono
molteplici, alcune basilari rispetto ad altre, come  la  proposizione
di curricula verticali e interdisciplinari riguardanti  il  mare,  un
indirizzo gia' sperimentato con efficacia in Portogallo  e  auspicato
nell'intera Unione europea (Lovat, 2023); cosi' come sara' importante
promuovere le relazioni tra scolaresche di localita' di aree  interne
e di aree costiere; apportare un ripensamento dei libri di testo  che
dedicano al mare uno spazio limitato e  frammentato  tra  le  diverse
discipline; proporre una descrizione  del  mare  che  non  si  limiti
all'elencazione  delle   geomorfologie   costiere,   ma   prenda   in
considerazione i complessi rapporti tra gli esseri umani e lo  spazio
marittimo per far emergere un rapporto affettivo tra gli alunni e  il
mare che sia propedeutico alla costruzione del civis maris. 
In una prospettiva che renda attive e operative tali azioni educative
e formative, un ruolo rilevante deve  essere  svolto  dal  cosiddetto
Terzo Settore e l'Italia gia' annovera,  al  riguardo,  significativi
contributi. Un  supporto  altamente  qualificato  all'attuazione  del
"Piano del  mare"  in  questo  specifico  comparto  strategico  viene
individuato  nell'Associazione  Italiana  Insegnanti   di   Geografia
(AIIG),  che  persegue,  tra  i  suoi  fondamentali   obiettivi,   la
promozione  di  un'efficace  educazione   e   formazione   al   mare,
annoverando sul tema  diverse  attivita'  convegnistiche  e  numerose
pubblicazioni scientifiche nazionali e internazionali. 
L'applicazione su scala nazionale delle citate azioni, indirizzate ad
un progetto di riforma  sull'educazione  e  la  formazione  al  mare,
portera' numerosi benefici, non ultimo, un riequilibrio del  rapporto
tra  domanda  e  offerta,  inerente   le   "professioni   blu",   che
transitera', proficuamente, anche da un'implicita  quanto  costatante
azione di orientamento scolastica a favore degli ITS. 
 
2.9.6 Il lavoro portuale 
In tema di lavoro  portuale,  preliminarmente  si  evidenzia  che  il
sistema  normativo   vigente   e'   indubbiamente   improntato   alla
valorizzazione della risorsa lavoro  e  alla  tutela  dei  lavoratori
(anche sotto il profilo economico attraverso  il  C.C.N.L.  unico  di
riferimento)168  .  Tale  tipologia  di  lavoro  e'   caratterizzata,
peraltro, da  una  elevata  elasticita'  al  fine  di  consentire  le
migliori  combinazioni  tra  le  esigenze  della   domanda   (imprese
terminaliste)  e  dell'offerta  di  lavoro  (compagnie   del   lavoro
portuale), e che andrebbe comunque monitorata. 
In particolare, anche dalle audizioni delle parti interessate, si  e'
rilevato un differenziale di garanzie tra i dipendenti delle  imprese
ex artt. 18 e 16 della legge n. 84 del 1994, rispetto  ai  lavoratori
portuali temporanei (solo questi ultimi  beneficiari  dell'indennita'
di mancato avviamento - IMA)169 . 
Al  riguardo,  una  particolare  riflessione  merita  anche  il  tema
dell'adeguatezza   dei   livelli   occupazionali   alla   progressiva
diffusione  dell'automazione  portuale  (specialmente  per  quel  che
riguarda il traffico contenitori), nonche'  dell'adeguata  formazione
dei lavoratori portuali temporanei  agli  standard  del  segmento  di
attivita' a cui sono avviati e delle imprese che  li  richiedono.  Le
imprese che operano sulla base di concessioni ex art. 18 della  legge
n. 84 del 1994, se - da un lato - hanno  sempre  meno  necessita'  di
manodopera portuale c.d. "tradizionale"  o  "generica"  -  dall'altro
lato - necessitano  sempre  piu'  di  personale  qualificato  se  non
addirittura specializzato. 
 
2.9.7 Il lavoro nella pesca 
Le politiche ed i piani sullo sviluppo e sulla sostenibilita'  devono
essere incentrati sulle persone e  quindi  avere  il  loro  lavoro  e
condizioni di vita come perno. Questo  passaggio  scaturisce  da  una
Risoluzione adottata dalla ILO, con le rappresentanze di  187  Paesi,
identificando le strategie per la ripresa dopo il COVID-19 sul  mondo
del lavoro ed in particolare sui devastanti effetti sul  mondo  della
Pesca, come ribadito in piu' sedi dalla FAO. 
La  Pesca  e'  una  attivita'  in  cui,  per  le  delicate  relazioni
economia-lavoro-ambiente, e' assolutamente necessario promuovere  uno
sviluppo  economico  che  vada  allineato  con  il  lavoro  dignitoso
(obiettivo 8 dell'Agenda 2030). 
Lo Stato, in questo specifico caso soprattutto l'UE, e' di  fatto  il
decisore sull'uso  sostenibile  delle  risorse  dei  mari  su  cui  i
lavoratori della pesca operano con licenza. Dunque, la relazione  tra
pescatori e il Governo impone la necessita' di coniugare le politiche
di conservazione con gli effetti delle stesse sul lavoro.  In  questo
senso, il Cipom potra' richiamare l'attenzione  di  questo  sensibile
tema che vede di fatto i lavoratori del mare collocati in  un  angolo
in cui gli stessi ammortizzatori  sociali,  da  attivare  secondo  le
scelte  gestionali  mirate  alla  tutela  delle  risorse,  non   sono
incorniciati in un quadro normativo stabile come  avviene  per  altri
lavoratori. E' pur vero che l'Italia ed i  Ministeri  competenti  non
hanno fatto mancare strumenti in deroga per ammortizzare gli impatti,
ad esempio dei periodi di fermo. I temi  di  maggiore  interesse  che
riguardano il  lavoro  del  sistema  pesca  italiana  possono  essere
sintetizzati nei seguenti punti essenziali: 
- Formazione: una pesca moderna e sostenibile dipende dal livello  di
  formazione dei pescatori. Che da uno scenario tradizionale di pesca
  con poche regole, contratti di lavoro consolidati dalla tradizione,
  devono transitare verso i paradigmi della blue economy, che prevede
  un completo rinnovamento delle idee  e  degli  strumenti  messi  in
  campo.  Molto  hanno  fatto,  in  questa  direzione,  sindacati  ed
  associazioni della pesca. Il decreto  relativo  al  riordino  degli
  Istituti Professionali (d.lgs. 13 aprile  2017,  n.  61),  ha  dato
  piena  dignita'  al  settore  pesca,  attivando  il  corso   «Pesca
  commerciale e  produzioni  ittiche».  Restano  criticita'  come  la
  possibilita' di accedere facilmente a  periodi  di  formazione  sul
  lavoro,   che   dovranno   essere   superate   con   strumenti   di
  esemplificazione ad hoc. 
- Titoli professionali: e' essenziale modernizzare  ed  esemplificare
  le  regole  di  accesso  ai  titoli  professionali170  attuando  un
  aggiornamento normativo  ed  una  rivisitazione  dei  programmi  di
  esame, proseguendo sulla linea seguita nella riforma degli ITS. 
- Formazioni specializzate: e' necessario affiancare  gli  interventi
  formativi per gli imbarcati  in  pesca,  per  il  conseguimento  di
  specifiche   figure   professionali,   una   strategia    formativa
  specialistica per affrontare i nuovi  temi  della  digitalizzazione
  (si pensi al trasferimento dati per la  scienza  ed  il  controllo,
  alle nuove frontiere della sicurezza in mare), alle sfide  tecniche
  lanciate dalla pianificazione spaziale. 
- Reclutamento di lavoratori stranieri: nella pesca il fabbisogno  di
  lavoratori stranieri rappresenta una reale emergenza, da affrontare
  con gli appropriati strumenti politici ed amministrativi,  data  la
  delicatezza del tema. Il mondo della pesca stima  una  domanda  per
  circa 1.000 lavoratori annualmente.  Attualmente  la  forza  lavoro
  totale presso le imbarcazioni italiane e' stimata intorno a  25.000
  unita'. L'inserimento degli stranieri ha bisogno di utilizzare  gli
  spazi aperti, ad esempio quanto previsto nel decreto-legge 10 marzo
  2023, n. 20, sull'ingresso e soggiorno al di fuori delle quote.  Ma
  naturalmente servono lavoratori in possesso di titoli e  requisiti;
  dunque,  va  incrementato  lo  sforzo  sulla  formazione  e   sulla
  acquisizione dei titoli. Il quadro e' complesso,  c'e'  un  impegno
  presso le amministrazioni competenti ad accelerare il percorso  con
  la consapevolezza che  la  formazione  degli  equipaggi  da  pesca,
  attraverso una regolare reclutamento della  forza  lavoro,  e'  una
  reale emergenza. La  mancanza  di  ricambio  generazionale,  dovuta
  anche alle dinamiche demografiche italiane aggrava il quadro. 
- Ammortizzatori sociali: il settore  della  pesca  non  accede  alla
  cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito
  dei pescatori sono  stati  comunque  attuati  per  rispondere  alle
  esigenze  di  tutela.  In  particolare,  e'  stato   garantito   un
  indennizzo, per ogni componente  dell'equipaggio  in  relazione  ai
  giorni di fermo temporaneo delle attivita' di  pesca.  Occorrerebbe
  pertanto portare  a  compimento  la  riforma  degli  ammortizzatori
  sociali nella pesca  (CISOA).  L'auspicio  del  mondo  della  pesca
  sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale  riforma
  riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge
  30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica  di  garantire  al  lavoratore
  della pesca sostenibile - quale protagonista della blue  economy  e
  delle politiche alimentari  della  Nazione  -  una  tutela  equa  e
  stabile. 
- Ammortizzatori sociali: il settore  della  pesca  non  accede  alla
  cassa integrazione ordinaria171 . Interventi di sostegno al reddito
  dei pescatori sono  stati  comunque  attuati  per  rispondere  alle
  esigenze  di  tutela.  In  particolare,  e'  stato   garantito   un
  indennizzo, per ogni componente  dell'equipaggio  in  relazione  ai
  giorni di fermo temporaneo delle attivita' di  pesca.  Occorrerebbe
  pertanto portare  a  compimento  la  riforma  degli  ammortizzatori
  sociali nella pesca  (CISOA).  L'auspicio  del  mondo  della  pesca
  sarebbe quello di portare a compimento e perfezionare tale  riforma
  riformulando quanto introdotto con l'art. 1, comma 217, della legge
  30 dicembre 2021, n. 234 nell'ottica  di  garantire  al  lavoratore
  della pesca sostenibile - quale protagonista della blue  economy  e
  delle politiche alimentari  della  Nazione  -  una  tutela  equa  e
  stabile. 
 
A tale proposito il Cipom potra' assicurare le necessarie  azioni  di
impulso tese a velocizzare i suddetti processi. 
 
2.9.8 Il "Piano Mattei" nel mondo del mare 
In  generale  e  nell'ottica  appena  ricordata,   appare   opportuno
sviluppare le azioni gia' individuate dal Governo con: (i) azioni  di
approfondimento conoscitivo sulla presenza e le caratteristiche delle
comunita' straniere  in  Italia;  e  (ii)  azioni  di  sostegno  alle
politiche  per  l'immigrazione   legale   e   per   la   cooperazione
internazionale con Paesi terzi. 
Pertanto, nello specifico ambito del lavoro marittimo,  dette  azioni
potranno essere implementate anche mediante lo sviluppo  di  percorsi
di formazione professionale  del  personale  straniero  presente  sul
territorio  per  favorire  il  loro  indirizzo  verso  quei   settori
economici di rilevanza strategica, quale sono i diversi comparti  del
trasporto  marittimo,  della  pesca  e  del  contesto  portuale,  che
maggiormente risentono della forte crisi occupazionale. 
A gennaio 2023 e' stato annunciato il lancio del "Piano Mattei",  che
avrebbe previsto lo sviluppo di schemi di cooperazione  italiana  con
Stati del continente africano e che  potrebbe  vedere  la  definitiva
presentazione in occasione del Summit intergovernativo  Italia-Africa
previsto in ottobre 2023172 . 
La conduzione di iniziative volte all'orientamento professionale, sia
in ambito domestico che all'estero, tarate  sulle  necessita'  e  gli
ambiti specifici che saranno oggetto di potenziamento in ragione  del
previsto aumento dei flussi, e la creazione di percorsi formativi  ad
hoc per le figure  tecniche  che  saranno  coinvolte  all'interno  di
questo progetto (quindi oggetto di maggiore domanda  da  parte  delle
Compagnie di Navigazione), costituiranno la base da cui  partire  per
dare ulteriore solidita' ad una filiera, quella  marittima,  che  pur
qualificandosi come  accessoria  rispetto  alla  realizzazione  degli
obiettivi primari del Piano, risulta  funzionalmente  indispensabile,
come accade per le altre attivita' umane, per la  buona  riuscita  di
questo. 
 
2.10 GLI ECOSISTEMI E LE AREE MARINE PROTETTE 
 
2.10.1 La conservazione degli ecosistemi marini 
La dimensione ecosistemica della sostenibilita' ha assunto  crescente
centralita'  nelle  politiche  del  mare.  Tutti  gli  usi  del  mare
comportano,  infatti,  un  consumo  crescente  di  biodiversita'  con
perdita di valori, utili ed etici, per le attuali  e  per  le  future
generazioni. 
E' compito della politica individuare tutti gli  strumenti  necessari
per garantire un uso sostenibile del mare, che consenta,  alle  varie
scale, di conservare l'ambiente, minimizzare gli impatti,  permettere
gli usi indispensabili per la vita dell'uomo sul pianeta. 
L'Italia, per la sua geografia, per la sua lunga storia  di  uso  del
mare e delle coste, ha una  reale  dipendenza  economica,  sociale  e
culturale, dalla qualita' degli ecosistemi marini. 
Il tema della  conservazione  del  mare  non  e'  dunque  materia  di
esclusivo interesse naturalistico, o di tutela  della  biodiversita',
pur necessaria, ma e' centrale per la qualita' della  nostra  vita  e
per preservare, tra l'altro, tutti i servizi che il  mare  ci  rende,
con tutte le implicazioni economiche ed i riflessi sulla societa'. 
L'Italia e' fortemente impegnata nella conservazione del Mare Nostrum
che ospita una significativa percentuale della  biodiversita'  marina
mondiale, pur in una ridotta superficie. 
Cio' anche in funzione  delle  diverse  convenzioni  multilaterali  e
regionali cui l'Italia e' parte e da cui discendono impegni  connessi
alla  conservazione   e   ripristino   degli   ecosistemi   e   della
biodiversita' marini. Tra queste, a titolo  di  esempio,  oltre  alla
Convenzione sulla Biodiversita', la Convenzione di Barcellona per  il
mar Mediterraneo e il relativo  Piano  di  azione,  l'Unione  per  il
Mediterraneo (UpM), ACCOBAMS, RAMOGE, Pelagos. 
L'Italia ha altresi' aderito ad iniziative globali quali 30by30,  che
ha l'obiettivo, al pari della strategia europea di  proteggere  entro
il 2030 almeno il 30% dei mari e degli oceani del pianeta. 
Tale impegno coinvolge le Istituzioni e la societa'  civile,  con  un
attivo lavoro delle ONG e della societa' civile in generale. 
Moltissimo lavoro e' stato svolto dal Ministero dell'ambiente e della
sicurezza energetica (MASE) che, oltre ad implementare  le  politiche
nazionali  e  quelle  dell'UE,  partecipa  attivamente  a  tutte   le
attivita'  che   si   svolgono   nell'ambito   delle   organizzazioni
internazionali, nella conservazione degli  ecosistemi  marini,  nella
lotta e controllo dell'inquinamento, nelle misure di  contrasto  agli
effetti dei cambiamenti climatici. Analogamente, moltissime  sono  le
iniziative regionali per la difesa ed il monitoraggio degli  ambienti
marini, cui si aggiunge l'impegno delle associazioni. 
Il "Piano del mare" deve considerare il lavoro fin  qui  fatto  dallo
Stato e gli impegni futuri a fronte degli impatti attesi,  anche  dai
cambiamenti  climatici  e  dalla  acidificazione,  soprattutto  negli
ecosistemi piu' sensibili,  come  base  per  continuare  una  intensa
attivita'  di  salvaguardia  del  mare  come  pilastro  portante   di
qualsivoglia scelta politica, in  qualsiasi  settore.  L'ambiente  al
centro non deve essere un principio limite alle attivita', ma un modo
per garantire alle stesse continuita'  e  durabilita'.  Proteggere  e
salvare gli ecosistemi marini, nell'ambito  di  un  dinamico  sistema
economico,  con  attiva  partecipazione  delle   imprese,   significa
generare ricchezza e benessere. 
 
2.10.2 Aree marine protette 
L'Italia  vanta  la  piu'  estesa  rete  di  aree   marine   protette
(AA.MM.PP.)  nel  Mediterraneo:  n.  29  AA.MM.PP.,  n.  1  santuario
internazionale dei Mammiferi marini, n. 2 parchi marini archeologici,
n. 2 parchi con protezione a mare, ed  una  serie  numerosa  di  aree
marine protette previste dalla legge e non ancora istituite. 
La nostra Nazione deve mantenere questa leadership nella  istituzione
di AMP ed  aumentare  la  dimensione  degli  spazi  marini  protetti,
coerentemente con l'obiettivo di proteggere il 30% dei mari italiani,
adottata nell'ambito della strategia europea sulla biodiversita'. 
In  questa  articolata  materia,  con  particolare  riferimento  alle
AA.MM.PP., una serie di priorita' per il "Piano del  mare"  risultano
essere: 
- rinforzare la ricerca scientifica per l'identificazione delle  aree
  prioritarie per  la  biodiversita'  marina,  con  riferimenti  alle
  interazioni fondamentali, per la salute del mare, che avvengono tra
  mare e continente; 
- integrare gli obiettivi di protezione del mare con  gli  altri  usi
  all'interno del processo di pianificazione spaziale marittima; 
- rinforzare la  missione  delle  AMP  con  risorse  appropriate  per
  esercitare una gestione efficace, con visioni aperte ed innovative; 
- aggiornare la legge 6 dicembre 1991, n. 394 con  la  partecipazione
  dei portatori di interessi e delle comunita' interessate; 
- definire un coordinamento nazionale per la creazione  di  una  rete
  delle aree marine protette; 
- coinvolgere  le  AA.MM.PP.  nella  programmazione  2021-27  "Marine
  Strategy"; 
- ridefinire i regolamenti  per  la  gestione  in  direzione  di  una
  maggiore integrazione con i restanti usi del mare; 
- esemplificare i processi autorizzativi rilasciati dalle AAMMPP; 
- rendere omogenei, nel rispetto delle diversita', i  regolamenti  di
  gestione delle AAMMPP, in modo da ottenere un  indirizzo  nazionale
  omogeneo; 
- velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali  nelle
  competenze della  AMP,  espletando  correttamente  gli  adempimenti
  previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000"). 
- velocizzare le procedure di concessioni delle aree demaniali  nelle
  competenze della  AMP,  espletando  correttamente  gli  adempimenti
  previsti dalle direttive europee ("Rete Natura 2000"). 
 
A cio' vanno aggiunte priorita' condivise come quella  relativa  alla
definizione dei decreti attuativi della c.d. legge "Salvamare". 
Emerge chiaramente che gli strumenti del  Piano,  in  questa  materia
piu' che in altre, hanno necessita'  di  conoscenza  scientifica,  di
strumenti che consentano di fornire la "base ecologica" ad ogni altro
uso del mare. Naturalmente tutto cio' e' gia' applicato attraverso  i
vari strumenti di valutazione e monitoraggio, ma la  possibilita'  di
coordinare i vari istituti di ricerca con competenze  ecologiche  sul
mare, porterebbe ad una accelerazione  dei  processi  decisionali  su
base conoscitiva. 
CNR, ENEA, Universita', ISPRA, OGS,  Stazione  Zoologica  di  Napoli,
Societa' scientifiche, istituti di ricerca  riconosciuti,  dovrebbero
costruire una  rete  "con  il  coordinamento  dello  Stato"  con  gli
strumenti  piu'  avanzati  della  societa'  dell'informazione,  senza
perdere la  loro  identita',  come  piattaforma  di  riferimento  per
decisori ed imprese. 
Analogamente, tutta la didattica e  la  formazione  dovrebbero  porre
molta attenzione ad educare le  nuove  generazioni  e  renderle  piu'
sensibili alla difesa del mare, con una visione realistica  che  gia'
integri conservazione  ed  usi  del  mare.  Prendendo  coscienza  che
l'educazione ambientale e' uno dei primi strumenti di conservazione. 
La Direttiva quadro CE  sulla  Strategia  per  l'Ambiente  Marino  17
giugno 2008, n. 56 (MSFD), costituisce  lo  strumento  con  cui  l'UE
vorrebbe applicare l'approccio ecosistemico all'ambiente marino,  tra
i primi  strumenti  moderni  di  politica  ambientale,  figlio  della
Convenzione sulla Biodiversita', per una governance del sistema  mare
orientata a garantire la sostenibilita' degli usi del  mare  e  delle
attivita' antropiche che comunque insistono sull'ambiente marino. 
Nell'ambito del recepimento della Direttiva, il  MASE  ha  inaugurato
una  fase  di  confronto  attivo,  tra  amministrazioni  centrali   e
regionali, ricerca scientifica,  portatori  di  interessi:  un  segno
moderno per una politica del mare realmente integrata. 
Tali politiche, considerata la complessita' dei temi trattati e degli
obiettivi,  sono  soggette  a  continui  rinforzi  di  indirizzo   ed
applicazione, e le politiche dell'"European Green Deal"  indicano  la
volonta' di rinnovare l'impegno, anche in materia marina. 
In Italia la difesa degli ecosistemi marini, che  richiede  non  solo
monitoraggio e controllo pubblico, ma anche partecipazione  di  tutti
gli attori economici, trarra'  beneficio  dal  coordinamento  per  le
politiche del mare, grazie alla istituzionalizzazione del processo di
consultazione tra Ministeri nel Cipom, utilizzando  le  funzioni  del
Ministero per la Protezione civile e le Politiche del mare. 
Occorre un grande sforzo politico,  che  veda  tutti  coinvolti,  per
accelerare un processo diretto a realizzare una "blue economy made in
Italy", fatta di conservazione ed usi sostenibili. 
Le prospettive in questa direzione sono  molto  incoraggianti,  e  le
applicazioni  di  una  politica  di  coordinamento,  condivisione   e
digitalizzazione dei dati, di accelerazione delle procedure grazie ad
una  riduzione  sistematica  dei  veti  incrociati   per   competenze
settoriali, porteranno anche a superare una serie di ritardi. 
Le  politiche  ambientali  del  mare  devono   vedere   coinvolti   e
collaborativi  tutti  i  Ministeri  a  qualche  titolo   interessati,
trasformando, con uno sforzo collettivo e coordinato, la difesa degli
ecosistemi come opportunita' economica reale, con  concreti  benefici
sociali e di difesa della marittimita' dei  nostri  territori  e  dei
riflessi culturali conseguenti. 
Su questa materia c'e' consapevolezza da tempo, ma la possibilita' di
un  coordinamento  ed  un  confronto  a   livello   interministeriale
risultera'  essere  un  forte  acceleratore,  facilitando  anche  gli
adempimenti verso la piena  attuazione  delle  politiche  europee,  e
fornendo una  capacita'  piu'  autorevole  nel  dibattito  a  livello
dell'Unione europea. 
 
2.11 DIMENSIONE SUBACQUEA E RISORSE GEOLOGICHE DEI FONDALI 
 
2.11.1 L'ambiente subacqueo 
L'ambiente subacqueo, ovvero la porzione d'acqua che si estende dalla
superficie di mari, oceani, laghi e fiumi fino alle loro  profondita'
nonche' lo stesso fondale, costituisce  una  straordinaria  fonte  di
risorse e di opportunita', ma anche un  nuovo  terreno  d'incontro  e
competizione internazionale tra ambizioni e interessi diversi. 
I soli fondali marini si estendono su una  superficie  di  circa  361
milioni di km2 con una profondita' media di  circa  3.800  metri.  In
ragione della sua ampia biodiversita' (4/5 del  patrimonio  globale),
la dimensione subacquea costituisce una preziosa riserva alimentare e
ambientale  e  svolge  un'indispensabile  funzione   di   regolazione
climatica.  In  quest'ambiente  si   sviluppano   dei   microrganismi
responsabili   di   processi   di   rilevanza   globale,   come    la
re-mineralizzazione  della  materia  organica  che  si  deposita  sui
fondali  o  i  cicli  biogeochimici  planetari  del  carbonio  e  dei
principali nutrienti. 
Ad oggi, solo il 20% dei  fondali  marini  e'  mappato  con  tecniche
moderne e disponiamo di una cartografia  accurata  e  aggiornata  per
appena il 2%. Analogamente, i parametri  delle  variabili  geofisiche
del  fondale  marino  (correnti,  proprieta'  acustiche,  magnetismo,
gravita') sono ancora poco note per la difficolta' di  raccogliere  i
dati direttamente in situ, cosi' come risultano  poco  conosciute  la
loro evoluzione alle  crescenti  pressioni  indotte  dalle  attivita'
umane dirette e indirette, che rischiano  di  determinare  il  rapido
deterioramento degli habitat e la conseguente  estinzione  di  alcune
specie. 
D'altra parte, l'ambiente  subacqueo  sta  acquisendo  una  crescente
rilevanza per la presenza di  importanti  infrastrutture  di  valenza
strategica,  in  comparti  quali  quello   energetico   -   gasdotti,
oleodotti, elettrodotti - quello della comunicazione - cavi in  fibra
ottica  che  abilitano  il  99%   del   traffico   dati   globale   -
dell'estrattivo e dello stoccaggio di anidride carbonica. 
Anche in questo  caso,  il  Mediterraneo  costituisce  un  importante
crocevia d'infrastrutture critiche internazionali e nazionali.  Siano
esse gasdotti, dorsali di connettivita' internet o quelle del settore
estrattivo, la loro protezione e' divenuta oggi una delle  principali
funzioni militari della Nazione, in ragione della  loro  riconosciuta
rilevanza strategica. 
Un altro settore di crescente  interesse  e'  quello  del  turismo  e
dell'archeologia subacquea, che  promette  risultati  importanti  sul
piano economico e su  quello  dall'inestimabile  valore  scientifico,
storico, culturale e artistico. 
 
2.11.2 Individuazione e monitoraggio dei georischi marini 
Dal  punto  di  vista   geologico,   il   territorio   nazionale   e'
caratterizzato da una geodinamica attiva che  causa,  tanto  a  terra
quanto  a  mare  vulcanismo,   terremoti,   frane   sottomarine   con
possibilita' di generare maremoti come effetto secondario,  anche  se
spesso principale in termini di danno173 . Dal punto di  vista  della
dimensione subacquea, gli elementi  di  pericolosita'  geologica  che
principalmente interessano il territorio italiano, sono: 
- le faglie sismogenetiche il cui scuotimento puo'  causare  onde  di
  maremoto; 
- la  presenza  di  canyon  sottomarini  le  cui   testate   evolvono
  retrogressivamente  sino  ad  arrivare  ad  interessare  la   costa
  generando  frane  costiere  e  sottraendo  sedimento  al   bilancio
  litorale; 
- la presenza  di  falesie  il  cui  crollo  rappresenta  un  rischio
  puntuale ma non trascurabile specie in coste ad  alto  sfruttamento
  turistico; 
- frane in ambiente  marino  profondo,  potenzialmente  in  grado  di
  danneggiare infrastrutture strategiche come  cavi  di  trasmissione
  dati o condotte sottomarine. 
- frane in ambiente  marino  profondo,  potenzialmente  in  grado  di
  danneggiare infrastrutture strategiche come  cavi  di  trasmissione
  dati o condotte sottomarine. 
 
Nella consapevolezza dei potenziali danni ambientali e socioeconomici
legati ai sopracitati fattori di rischio, l'Italia si impegna, con un
approccio multidisciplinare e coordinato: 
- rispetto  alle  faglie  sismogenetiche,  alla   realizzazione   una
  mappatura di dettaglio e ad una modellazione degli  eventi  sismici
  potenzialmente correlati, delle onde di maremoto generabili,  degli
  effetti di amplificazione dovuti  alla  morfologia  dei  fondali  e
  della costa con definizione dei livelli di  rischio  in  base  alla
  presenza di infrastrutture ed abitati; 
- in merito  alle  testate  di  canyon,  a  monitorarne  l'evoluzione
  morfologica, per capire i tempi,  i  modi  e  le  dimensioni  delle
  instabilita'   che   avvengono   all'interno   delle   testate   e,
  possibilmente, individuare possibili segni premonitori di  fenomeni
  di grandi dimensioni;174 - in merito  alle  testate  di  canyon,  a
  monitorarne l'evoluzione morfologica, per capire i tempi, i modi  e
  le dimensioni delle instabilita' che  avvengono  all'interno  delle
  testate e, possibilmente, individuare possibili  segni  premonitori
  di fenomeni di grandi dimensioni; 
- a proseguire e finalizzare  lo  sforzo  conoscitivo  avviato  dalla
  comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175  ,  completando  la
  mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale
  di  Sicilia  e  il  margine   continentale   del   Tirreno   centro
  settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la  mappa  dei
  punti  di  criticita'  ritenuti  di  rilevanza  nazionale;176  -  a
  proseguire  e  finalizzare  lo  sforzo  conoscitivo  avviato  dalla
  comunita' scientifica nazionale fino ad oggi175  ,  completando  la
  mappatura dei fondali in aree non ancora investigate (es. il Canale
  di  Sicilia  e  il  margine   continentale   del   Tirreno   centro
  settentrionale), nonche' aggiornando e approfondendo la  mappa  dei
  punti di criticita' ritenuti di rilevanza nazionale; 
- a  sostenere  e  promuovere  lo  sviluppo  di  tecnologie  per   il
  monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere
  lo  sviluppo  di  tecnologie  per  il  monitoraggio   in   ambiente
  sottomarino. 
- a  sostenere  e  promuovere  lo  sviluppo  di  tecnologie  per   il
  monitoraggio in ambiente sottomarino.177 - a sostenere e promuovere
  lo  sviluppo  di  tecnologie  per  il  monitoraggio   in   ambiente
  sottomarino. 
 
In merito a quest'ultimo  punto,  con  particolare  riferimento  alle
strumentazioni per la rilevazione e il monitoraggio  delle  attivita'
sismiche e vulcaniche sottomarine, si e' registrato negli ultimi  due
decenni un sorprendente progresso tecnologico. In questo  ambito,  la
distribuzione di sensori oceanografici applicate sui  cavi  subacquei
per  telecomunicazione  rappresenta  una  soluzione  promettente  per
ottenere dati  estesi,  longitudinali  e  in  tempo  reale  che  sono
fondamentali per comprendere e gestire i  problemi  ambientali  posti
dai cambiamenti climatici, dall'innalzamento del  livello  del  mare,
nonche' dalle attivita' sismiche e  vulcaniche  nei  fondali  marini.
Sistemi di rilevamento basati su reti di sensori posti lungo  i  cavi
sottomarini sono gia' impiegati con successo al largo delle coste del
Giappone e dello stato della California per preallertare le autorita'
competenti  dell'imminente  verificarsi  di  terremoti  e   maremoti.
Inoltre, tali infrastrutture si sono rivelate determinanti anche  per
il monitoraggio dello stato di salute dei mari e degli oceani. 
In Italia, in particolare nel Mar Ionio occidentale,  e'  attiva  una
delle  strutture  regionali  dell'EMSO  («European  Multidisciplinary
Seafloor and Water Column Observatory»), a circa 20 km al largo della
costa della Sicilia orientale, a oltre 2.000 metri di profondita'. Si
tratta dell'osservatorio  multi-parametrico  sottomarino  "NEMO-SN1",
che garantisce la trasmissione in tempo  reale  dei  dati  registrati
grazie ad un cavo elettro-ottico che lo collega  ad  una  stazione  a
terra,  ospitata   presso   i   Laboratori   Nazionali   del   Sud178
dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare nel porto di Catania. Tale
cavo  elettro-ottico  garantisce  la  fornitura   di   energia   alla
strumentazione  ospitata  nell'osservatorio  permettendo   cosi'   di
acquisire lunghe serie di dati nel tempo.  I  dati  multi-parametrici
forniti  da  NEMO-SN1  sono  di  interesse  geofisico  (studio  della
variabilita' del campo magnetico  terrestre  e  delle  variazioni  di
gravita'   per   maree   terrestri),   oceanografico   e    climatico
(monitoraggio  delle  proprieta'  fisiche   dell'acqua),   ambientale
(monitoraggio  del  rumore  acustico  sottomarino  nelle   bande   di
interesse indicate dalla «Marine Strategy  Framework  Directive»  del
Parlamento Europeo,179 che identifica il  rumore  acustico  provocato
dall'uomo come un indicatore importante nella definizione del  "buono
stato ambientale" di un ecosistema marino), per  la  biologia  marina
(rilevamento e tracciamento  di  cetacei  ottenuta  dall'analisi  dei
segnali acustici misurati ad alta profondita'), per  il  monitoraggio
di geohazard  sia  per  tsunami  che  per  la  rilevazione  di  frane
sottomarine  (segnali  registrati  rispettivamente  da   sensore   di
pressione assoluta e dal sismometro), sismico (grazie alla  fruizione
di dati da un  sito  di  misura  in  mare  aperto  per  una  migliore
descrizione della sismicita'  sottomarina),  vulcanico180  (attivita'
dell'Etna rilevabile dai dati su sismometro, gravimetro,  idrofoni  e
sensori oceanografici). 
 
2.11.3 Sfruttamento delle risorse minerarie sottomarine 
Un altro degli elementi che sanciscono la  valenza  strategica  della
dimensione subacquea e' la presenza,  nei  fondali  marini  di  vasti
giacimenti minerari ricchi di  rame,  cobalto,  manganese,  nichel  e
terre rare (noduli, solfuri e croste polimetalliche),  tutte  materie
prime  fondamentali  alla  transizione  energetica  verso  le   fonti
rinnovabili. Tali risorse rappresentano un fattore irrinunciabile per
lo   sviluppo   di   innumerevoli   settori:   industriale,   medico,
tecnico-scientifico, militare. 
Molte di queste risorse,  tra  cui  i  noduli  polimetallici,  avendo
bisogno di  elevate  profondita'  e  lunghe  distanze  da  costa  per
formarsi in quantita' commercialmente interessante, sono  localizzate
oltre la giurisdizione nazionale, in quella  che  l'UNCLOS  definisce
l'Area, (in particolare, in alcune  regioni  nell'Oceano  Pacifico  e
nell'Oceano Indiano centrale). I  minerali  dell'Area  si  trovano  a
profondita' abissali e richiedono sforzi tecnologici  e  investimenti
economici notevoli per poter essere prelevati. L'UNCLOS ha  stabilito
che l'Area e  le  sue  risorse  costituiscono  il  patrimonio  comune
dell'umanita', la cui gestione e' affidata  all'International  Seabed
Authority181 (ISA). Membro del gruppo A del Consiglio  dell'ISA,  ove
siedono i Paesi maggiori  consumatori  e  importatori  delle  risorse
minerarie dei fondali marini (in  particolare  rame,  zinco,  nickel,
argento, molibdeno e manganese),182 l'Italia e' attualmente impegnata
nella finalizzazione  del  «Regolamento  per  lo  sfruttamento  delle
risorse minerali dell'Area» che  dovra'  disciplinare  nel  dettaglio
l'attivita' di estrazione mineraria dai  fondali  marini  al  di  la'
della giurisdizione nazionale. Ancora assente dal novero degli  Stati
detentori di concessioni  di  esplorazione,  propedeutici  al  futuro
sfruttamento, anche l'Italia dovra' valutare nel breve-medio  termine
l'opportunita' di dotarsi della  normativa  richiesta  dall'Autorita'
per partecipare  alle  attivita'  di  sfruttamento  e  di  creare  le
condizioni  affinche'  questa  sfida   tecnologica,   finanziaria   e
industriale possa essere condivisa dalle aziende italiane secondo  un
approccio precauzionale basato sul minimo  impatto  sugli  ecosistemi
marini. In tal senso, l'Italia intende: 
- promuovere e sostenere le attivita' di ricerca scientifica volte  a
  verificare tale impatto; 
- favorire e incentivare lo sviluppo di  tecnologie  sostenibili,  in
  grado di garantire lo sfruttamento  del  patrimonio  minerario  dei
  fondali nel pieno  rispetto  delle  norme  internazionali  e  nella
  massima tutela dell'ambiente sottomarino. 
- favorire e incentivare lo sviluppo di  tecnologie  sostenibili,  in
  grado di garantire lo sfruttamento  del  patrimonio  minerario  dei
  fondali nel pieno  rispetto  delle  norme  internazionali  e  nella
  massima tutela dell'ambiente sottomarino. 
 
In  tali  contesti,  il  Cipom  potra'   assicurare   il   necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 
 
2.11.4 Incremento delle attivita' subacquee 
L'interesse per i fondali  marini  e  per  le  ricchezze  che  questi
contengono va di pari passo con l'effettiva capacita'  di  accedervi.
E'  in  questo  contesto   che,   soprattutto   grazie   al   settore
dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando la proliferazione  di  sistemi
senza pilota ("unmanned"),  garantendo  considerevoli  miglioramenti,
tanto in termini di tutela  e  protezione  della  vita  umana  in  un
ambiente potenzialmente ostile, quanto in termini di efficacia  della
gestione delle attivita' manutentive delle  infrastrutture  subacquee
offshore. In un futuro prossimo, le profondita' dei mari assisteranno
ad un forte incremento delle attivita' di sistemi subacquei  di  ogni
genere - siano essi con equipaggio a bordo oppure di tipo autonomo  -
per la ricerca e l'utilizzazione di risorse energetiche e  minerarie,
per la posa di infrastrutture di comunicazione, per scopi scientifici
o  militari.  Gia'  nel  presente,  sussistono   situazioni,   ancora
localizzate, di potenziale  saturazione  degli  spazi  subacquei  con
conseguenti rischi di interferenze e anche di  collisione  con  mezzi
militari dotati  di  equipaggio.  Nondimeno,  i  recenti  episodi  di
sabotaggio di gasdotti e cavidotti (indipendentemente dalle modalita'
con le quali si sono  realizzate)  hanno  richiamato  l'attenzione  a
livello  internazionale  sulla  vulnerabilita'  delle  infrastrutture
subacquee,  soprattutto   se   situate   su   fondali   relativamente
accessibili, evidenziando altresi'  la  responsabilita'  degli  Stati
costieri sulla pertinente piattaforma continentale anche  per  quanto
attiene alla prevenzione, monitoraggio e riduzione  dell'inquinamento
dovuto a perdite dai dotti.183 L'interesse per i fondali marini e per
le ricchezze che questi contengono va di pari passo  con  l'effettiva
capacita' di accedervi. E' in questo contesto che, soprattutto grazie
al settore dell'Oil&Gas, si e' andata sviluppando  la  proliferazione
di  sistemi  senza  pilota  ("unmanned"),  garantendo   considerevoli
miglioramenti, tanto in termini di tutela  e  protezione  della  vita
umana in un ambiente potenzialmente  ostile,  quanto  in  termini  di
efficacia  della   gestione   delle   attivita'   manutentive   delle
infrastrutture  subacquee  offshore.  In  un  futuro   prossimo,   le
profondita' dei  mari  assisteranno  ad  un  forte  incremento  delle
attivita' di sistemi subacquei  di  ogni  genere  -  siano  essi  con
equipaggio a bordo oppure  di  tipo  autonomo  -  per  la  ricerca  e
l'utilizzazione di risorse energetiche e minerarie, per  la  posa  di
infrastrutture di comunicazione, per scopi  scientifici  o  militari.
Gia' nel presente,  sussistono  situazioni,  ancora  localizzate,  di
potenziale saturazione degli spazi subacquei con  conseguenti  rischi
di interferenze e anche di collisione con mezzi  militari  dotati  di
equipaggio. Nondimeno, i recenti episodi di sabotaggio di gasdotti  e
cavidotti (indipendentemente dalle modalita' con  le  quali  si  sono
realizzate) hanno richiamato l'attenzione  a  livello  internazionale
sulla vulnerabilita' delle infrastrutture subacquee,  soprattutto  se
situate su fondali relativamente accessibili,  evidenziando  altresi'
la responsabilita' degli Stati costieri sulla pertinente  piattaforma
continentale anche per quanto attiene alla prevenzione,  monitoraggio
e riduzione dell'inquinamento dovuto a perdite dai dotti. 
L'ambiente subacqueo e' pertanto una risorsa fragile e  preziosa  che
va tutelata e considerata anche dal punto di  vista  della  Difesa  e
della Sicurezza, investendo, gia'  da  oggi,  in  adeguate  strutture
operative e  tecnologie  per  assicurarne  il  controllo  e  operarvi
efficacemente. Emerge dunque la necessita' di impostare un  approccio
unitario, in termini di visione, di tutte  le  realta'  operanti  nel
settore subacqueo. Tale approccio  unitario  dovrebbe  parallelamente
tradursi  in  uno  snellimento   della   burocrazia,   che   rallenta
attualmente i singoli operatori nell'ottenimento delle autorizzazioni
per le loro iniziative, penalizzandoli in termini di competitivita'. 
In quest'ottica, l'Italia riconosce la peculiare rilevanza strategica
della dimensione subacquea e considera prioritari  due  obiettivi  da
conseguire nel breve-medio termine: 
- investire nella pertinente ricerca e sperimentazione; 
- regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente  tanto
  strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia
  naturali sia antropici. 
- regolamentare, preservare e mettere in sicurezza un ambiente  tanto
  strategico quanto vulnerabile ed esposto a innumerevoli rischi, sia
  naturali sia antropici. 
 
In  tali  contesti,  il  Cipom  potra'   assicurare   il   necessario
coordinamento anche delle posizioni da tenere in sede internazionale. 
 
2.11.5 Polo nazionale della subacquea 
A tal fine,  l'Italia  intende  istituire  il  Polo  Nazionale  della
Subacquea,  per  dotarsi   di   un   catalizzatore   e   acceleratore
tecnologico, aggregando tutte  le  realta'  pertinenti  (Istituzioni,
mondo accademico, della ricerca e industriale). Cio' al fine di: 
- abilitare e sostenere la ricerca e l'innovazione  per  acquisire  e
  consolidare un crescente vantaggio tecnologico; 
- conferire maggiore competitivita' alle nostre aziende e  sviluppare
  competenze e tecnologie sovrane; 
- garantire alla Nazione  la  capacita'  di  trarre  beneficio  dalla
  gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo. 
- garantire alla Nazione  la  capacita'  di  trarre  beneficio  dalla
  gestione sostenibile e sicura dell'ambiente subacqueo. 
 
2.11.6 Autorita' nazionale per il controllo delle attivita' subacquee 
La crescente antropizzazione della dimensione subacquea rende inoltre
necessario  regolamentare  e   controllare   l'accesso   agli   spazi
subacquei. 
Attualmente tale azione di controllo e' svolta dalle Marine  Militari
nei  confronti  del  solo  traffico  sottomarino  militare.   Vengono
demandate alla determinazione del Governo, su proposta del Cipom,  le
modalita'  e  le  azioni  di  controllo  sulle  altre  attivita'.  E'
naturalmente necessario  completare  il  processo  di  definizione  e
proclamazione degli spazi marittimi di giurisdizione italiana di  cui
si e' gia' detto (v. supra par. 2.1), ancorche' sia evidente  che  il
controllo debba estendersi al di  la'  di  esse,  in  conformita'  al
diritto internazionale. 
L'obiettivo  e'  quello  d'istituire  entro  il   2024   un'Autorita'
Nazionale  per  il  Controllo  delle  Attivita'  Subacquee  che,   in
relazione alla sua competenza trasversale, avra'  nel  Cipom  il  suo
naturale riferimento. 
Per operare con efficacia, tale organismo - raccordando e mettendo  a
sistema tutte le conoscenze tecnologiche  e  scientifiche  in  ambito
subacqueo, integrate con le piu' avanzate infrastrutture  di  dati  -
disporra'  della  completa  e  capillare   conoscenza   dell'ambiente
subacqueo, dal punto di vista idrografico, oceanografico,  geofisico,
con particolare enfasi sui siti naturali ed antropici che necessitano
di essere protetti. 
Infine, con particolare riferimento alle infrastrutture subacquee per
le comunicazioni digitali - nell'ottica della  promozione  del  ruolo
dell'Itala come hub strategico, al  centro  dell'articolata  rete  di
cavi che serve tale settore nell'ambito del Mediterraneo  -  l'Italia
intende  valorizzare  i  punti   di   approdo   nazionali   di   tali
infrastrutture, incentivando quelli gia' scalabili, sicuri  e  pronti
ad accogliere nuovi cavi, si' da prevenirne il rischio di  un'inutile
moltiplicazione. 
 
2.12 SISTEMA DELLE ISOLE MINORI 
Come gia' anticipato (v. supra par. 2.2.2),  il  territorio  insulare
italiano e' circa un sesto di quello nazionale e la  quasi  totalita'
e' rappresentata da Sicilia e Sardegna. Oltre a queste due,  l'Italia
conta una sessantina di isole marittime dislocate prevalentemente nel
Mar Tirreno, quaranta delle quali  sono  raggruppate  in  arcipelaghi
disposti intorno alle due isole maggiori184 . Nello  specifico,  sono
trentacinque i Comuni delle isole minori italiane185 , distribuiti in
sette Regioni (Campania, Lazio, Liguria, Puglia,  Sardegna,  Sicilia,
Toscana) rappresentativi di circa 220mila residenti in modo stabile e
di un numero, di gran lunga superiore,  di  turisti  quali  residenti
temporanei. La posizione nel mare ha  influito  in  maniera  diversa:
alcune erano ubicate lungo rotte commerciali importanti e,  per  tale
ragione, hanno registrato un'alternanza di insediamenti  umani  lungo
tutta la loro storia. Altre isole, invece, hanno sempre offerto  poco
ai  propri  abitanti  i  quali  hanno  vissuto  in   condizioni   non
favorevoli, sebbene negli ultimi  cinquant'anni,  la  vita  economica
delle isole minori e' stata radicalmente trasformata dall'avvento del
turismo. 
Le isole minori  italiane  condividono  caratteristiche  comuni  alle
altre  piccole  isole  del  mondo  (popolazione  ridotta,  diversita'
economica  limitata,  lontananza  dalla  terraferma,  difficolta'  di
accesso ai servizi fondamentali); in  Europa,  in  particolare,  esse
rappresentano una delle aree piu' vulnerabili non solo a causa  degli
effetti   dei   cambiamenti   climatici   che   colpiscono   l'intero
Mediterraneo  ma  anche  per  la  dipendenza  dalle   risorse   della
terraferma186 . 
Per le suddette ragioni, l'insularita' vive una condizione di disagio
continuo. Allo stesso tempo, le isole minori rappresentano  avamposti
determinanti per la difesa del  mare,  ragione  per  cui  si  ritiene
appropriato che debba aumentare l'attenzione dello Stato collocando i
territori insulari al centro della programmazione nazionale  in  tema
di sanita', scuola, turismo, ambiente,  energia,  demanio,  mobilita'
fra le isole, rifiuti e  soprattutto  il  trasporto  marittimo.  Alla
logistica marittima delle  isole  minori  sono  infatti  legati,  per
natura, temi fondamentali quali quelli della  salute,  della  scuola,
degli approvvigionamenti, della socialita' oltre, piu'  in  generale,
alle attivita' umane ed economiche. Al  mare  antistante  gli  ambiti
insulari sono poi strettamente correlati la fornitura  di  acqua,  il
tema dello smaltimento dei rifiuti e l'approvvigionamento energetico. 
Al riguardo, ai fini del supporto alle isole minori,  di  particolare
importanza e' ad esempio la creazione, con legge n. 160/2019, art. 1,
comma 553, presso la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  del
«Fondo  per  gli  investimenti  nelle  isole  minori»187  ,   nonche'
l'istituzione a opera della legge n. 178/2020188 del  «Fondo  per  il
finanziamento di iniziative  di  promozione  e  di  attrazione  degli
investimenti   nelle    isole    minori»    e    del    «Fondo    per
l'approvvigionamento  idrico  dei  comuni  delle  isole  minori   con
popolazione inferiore a 15.000 abitanti». 
Anche il PNRR ha recentemente previsto misure a  favore  delle  isole
minori. L'attenzione del PNRR alle isole minori che e'  apparsa  come
un segnale positivo, sebbene si basi su  un  paradigma  che  trascura
alcune misure, come il riordino amministrativo  o  il  riassetto  dei
servizi pubblici (scuola e sanita'), altrettanto prioritarie  per  le
isole minori189 . 
In generale,  puo'  dirsi  comunque  che  crescente  e'  l'attenzione
governativa sul punto: in attuazione dell'art. 119, comma  6,  Cost.,
la legge di bilancio 2023 ha infatti istituto uno specifico  fondo  -
nello stato di previsione del Ministero delle  Infrastrutture  e  dei
Trasporti  -  per  garantire  un  completo  ed  efficace  sistema  di
collegamenti aerei da e per la Sicilia e da e per  la  Sardegna190  .
Inoltre,  a  conferma  di  cio',  si  evidenzia  come  un   esplicito
riferimento a detta tematica si rinviene  altresi'  negli  ambiti  di
competenza propri del Ministro per gli affari regionali le autonomie,
come risultanti dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri
12 novembre 2022, recante la «Delega di funzioni in materia di affari
regionali e autonomie», nella quale rientrano (v. art.  1,  comma  1,
lettere t) e u) del predetto d.p.c.m.): cura  dei  problemi  inerenti
alle "piccole isole" e  loro  valorizzazione attraverso interventi di
natura territoriale,  economica,  sociale  e culturale,  comprese  le
azioni governative, anche  normative,  dirette anche agli  interventi
di cui all'art. 2, comma  41,  della  legge   24  dicembre  2007,  n.
244,   e   successive    modificazioni;    miglioramento      delle  
prestazioni   delle   amministrazioni pubbliche  e  il  potenziamento
delle capacita' di governance  degli  Enti  locali,  con  particolare
riferimento alle aree interne e alle "isole minori". 
Il miglioramento delle condizioni di vita sulle isole, in particolare
su quelle minori, e delle attivita' economiche passa anche attraverso
politiche ed iniziative che abbracciano  l'intera  "blue  economy"  e
vanno addirittura oltre per includere la necessita' di assicurare  un
maggiore livello  di  sicurezza,  anche  attraverso  la  cooperazione
nell'ambito della Unione europea oltre ad una  interoperativita'  dei
sistemi  di  sorveglianza  gia'  assicurata   dalle   autorita'   che
diuturnamente operano in mare, in  base  alle  rispettive  competenze
previste  dalla  normativa  vigente  (polizia  marittima,   soccorso,
sicurezza della navigazione, ecc.). Piu' nel dettaglio e nei seguenti
specifici settori puo' rilevarsi quanto segue. 
Nel settore sanitario,  permangono  cosi',  ad  oggi,  le  principali
problematiche connesse al profilo della sanita' sulle  piccole  isole
ossia le difficolta' nei collegamenti con la terraferma  (da  cui  la
sempre piu' ardua impresa di reperire personale medico disponibile  a
lavorare  sulle  isole)  e  nel  far  fronte   all'incremento   della
popolazione in particolari periodi dell'anno.  L'eterogeneita'  delle
isole minori italiane fa si'  che  siano  altrettanto  differenti  le
situazioni dei presidi sanitari. Pochissimi dei Comuni isolani  hanno
un pronto soccorso (la Maddalena, Pantelleria,  Lipari  e  Anacapri).
Solo l'Isola  dell'Elba  ha  un  DEA  (Dipartimento  di  Emergenza  e
Accettazione)   di   primo   livello   mentre,   Favignana   ha    un
poliambulatorio. Alcuni degli altri Comuni hanno una guardia medica. 
Per quanto sopra, e' necessario definire  un  modello  efficiente  di
assistenza  sanitaria  adattato  al  territorio  insulare.  Occorrono
presidi medici locali per superare la fragilita' e l'inefficienza  di
un sistema sanitario che importa i medici dalla  terraferma.  Occorre
altresi'  pensare  ad  implementare  un  "Piano  di  prevenzione   ed
intervento per le emergenze sanitarie in mare", stabilendo una  delle
due  isole  maggiori,  ad  esempio  la   Sicilia191   ,   per   ovvia
continuita'/contiguita' geografica, quale "hub  euromediterraneo  per
la telemedicina"192 , utile a gestire, da remoto, emergenze di salute
sulle navi (o in  localita'  o  aree  isolate  quali  le  piattaforme
petrolifere),  attraverso  l'impiego  dei  sistemi  satellitari   che
consentano la ricezione in mare aperto, e da qualunque area del globo
terrestre,  di  esami  clinici  (si  pensi  ad   esempio   a   quelli
cardiologici, radiologici, ecc.) e la rapida risposta  da  parte  del
medico competente con l'avvio di quel percorso rapido e  dedicato  al
fine di stabilizzare le condizioni  cliniche  acute  del  paziente  e
l'avvio immediato del suo trasporto in sicurezza, garantendo  in  tal
modo la tempestivita' e la  salvaguardia  della  salute  in  mare  ai
naviganti  (personale  di  bordo,  pescatori,  naufraghi,   personale
militare e di altre forze di polizia, turisti, personale  sanitario),
anche in prossimita' delle coste e nelle isole  minori,  identificate
quali aree isolate e disagiate per l'assenza o la carenza di  servizi
sanitari di urgenza/emergenza. Quanto precede, al fine di  garantire,
come sancito nell'art. 32 della Costituzione, il diritto alla  salute
e nella tutela della salute dell'individuo e della collettivita'  (si
potrebbe definirlo come un "Piano Mattei" per la salute in mare). 
Il settore scolastico, sia pur in quadro di generale calo demografico
dal quale discende talvolta la difficolta' di creare nuove classi  in
parte del territorio nazionale, non presenta  particolari  criticita'
per la scuola primaria  e  secondaria  di  primo  grado  sulle  isole
minori, mentre sono rare le scuole secondarie di secondo grado e cio'
comporta fatica a rendere il sistema scolastico  universale,  poiche'
le piccole isole non dispongono di scuole superiori. Per  i  docenti,
per la maggior parte di  coloro  che  provengono  dall'esterno  degli
ambiti insulari, e' appropriato sia riconosciuto un sistema  premiale
per incentivare quantita' e qualita' del ceto insegnante. 
Il settore giudiziario e' solo parzialmente disponibile  sulle  isole
minori piu' abitate ed assente  sulle  altre.  Occorre  definire  una
strategia con le  amministrazioni  interessate  per  cogliere  almeno
l'obiettivo minimo di consentire l'accesso ai  servizi  digitali  che
potrebbero ovviare, se non altro in parte, alle lontananze  derivanti
all'insularita' rispetto agli uffici giudiziari posti sul  continente
o sulle isole attigue. 
Il  trasporto  in  generale,  e  quello  marittimo  in   particolare,
rivestono una rilevanza fondamentale  per  garantire  i  rifornimenti
indispensabili alle isole minori italiane:  dalle  materie  prime  ai
prodotti  finiti  che,  oltre  ad  alimentare  l'economia   insulare,
assicurano  la  sussistenza  delle  stesse   comunita'   insulari   e
l'altrettanto fondamentale continuita' territoriale. 
Il   cabotaggio   marittimo   rappresenta,   pertanto,    il    primo
indispensabile anello della logistica per il  trasporto  di  beni  di
prima necessita', come i prodotti alimentari e sanitari,  nonche'  le
materie necessarie all'approvvigionamento energetico. Al riguardo, al
fine di migliorare la continuita' territoriale marittima e  agevolare
la condizione delle comunita' che vivono sulle isole italiane, appare
opportuno promuovere, nel rispetto delle rispettive competenze e  dei
principi unionali in materia, indirizzi strategici che favoriscano la
semplificazione  del  settore  dei  trasporti   marittimi   e   della
logistica,  in  modo  da  renderli  efficaci,   efficienti,   sicuri,
sostenibili ed economicamente accessibili. 
Al riguardo, il primo importante obiettivo e'  quello  di  promuovere
delle azioni che facilitino il diritto  costituzionalmente  garantito
alla  mobilita'  attraverso  modalita'  di  trasporto  sostenibili  e
accessibili.  In  tale  contesto,  e'  essenziale   implementare   le
condizioni minime di qualita' delle  modalita'  di  trasporto  dando,
altresi', impulso ai processi di digitalizzazione delle procedure con
l'impiego di nuove tecnologie che accelerino il controllo,  l'imbarco
e lo sbarco di passeggeri, mezzi e merci. Inoltre, in armonia  con  i
principi  di  sviluppo  sostenibile  e   tutela   dell'ambiente,   e'
necessario  incentivare  processi  che  favoriscono  il   progressivo
rinnovamento della flotta impiegata nei trasporti insulari  a  favore
di modalita' di trasporto green e sostenibili, prevedendo al contempo
misure premiali a favore  degli  operatori  che  impiegano  navi  con
sistemi di propulsione a combustibile alternativo. 
Le   gia'   menzionate   azioni   si   ritiene   appropriato    siano
preventivamente valutate in ambito Cipom per la  successiva  adozione
di misure condivise tra le amministrazioni competenti per materia. 
Occorre altresi' elaborare una nuova politica sui  porti  che  spesso
versano in condizioni sub-standard limitando addirittura la capacita'
di approdo dei servizi di collegamento ripensando al punto di approdo
come alla porta di entrata per il turista e il residente.  E'  quindi
prioritario investire sulle infrastrutture destinate  all'accoglienza
dei passeggeri all'interno dei porti minori. Detti scali minori, oggi
gestiti dagli Enti locali, salvo  che  per  le  funzioni  di  polizia
portuale  e  della  navigazione  in  capo  alle  autorita'  marittime
competenti, hanno  maggiore  difficolta'  ad  accedere  alle  risorse
necessarie per la manutenzione o il rinnovo  delle  infrastrutture  e
dei  relativi  arredi.  Tale  potenziamento   e'   fondamentale   per
migliorare l'esperienza di viaggio quale componente non  trascurabile
per poter assicurare, tra l'altro, un'offerta turistica di qualita' e
accrescere  il  grado   di   attrattivita'   dei   contesti   isolani
garantendone  al  contempo  il  potenziale  di  crescita  sicuramente
insito, per tradizioni e cultura, nelle stesse. 
Il  recupero  della  portualita'   esistente   e   la   creazione   o
implementazione della micro portualita' (che costituisce approdo  per
le iniziative di  nautica  da  diporto)  -  ad  esempio  mediante  la
costruzione di porti turistici e la  messa  in  sicurezza  dei  porti
commerciali per le isole minori,  anche  al  fine  di  migliorare  le
condizioni di imbarco e sbarco - e' un obiettivo possibile  ma  serve
una pianificazione che consenta di fissare  obiettivi  e  tempistiche
certe, coinvolgendo tutti le  parti  pubbliche  interessate,  essendo
tali  infrastrutture  un  importante  caposaldo  delle  attivita'   a
servizio della mobilita' turistica. 
In  tale  contesto  dovrebbe  altresi'  valutarsi  l'opportunita'  di
predisporre,  coinvolgendo  gli  Enti  locali,  una  mappatura  degli
approdi utilizzati ed utilizzabili  per  i  servizi  di  collegamento
marittimo, onde ponderare le misure di intervento e l'insistenza  del
traffico diportistico, spesso antagonista rispetto alla necessita' di
mantenere approdi sufficienti alla domanda di trasporto pubblico. 
Appare inoltre necessario definire  e  implementare  nuove  politiche
destinate  a  incentivare  l'avvio  alle   professioni   storicamente
insediate nei contesti sociali  delle  isole  minori,  in  primis  il
lavoro marittimo, da sempre  importante  anche  per  il  tradizionale
apporto alla marineria commerciale, quello della pesca e dei  diversi
comparti della industria turistica collegata al mare.  Per  mantenere
ed  incentivare  la  vocazione  professionale  verso  le   discipline
marittime, occorre pertanto semplificare  le  condizioni  di  accesso
alle professioni del mare. Occorre, e anche a tale proposito il Cipom
potra' assicurare il necessario coordinamento, assicurare la  diretta
e  congiunta  collaborazione  delle  Camere   di   Commercio,   delle
Associazioni  del  lavoro  artigianale,  della  Federalberghi,  delle
Universita', della scuola e degli istituti professionali e  di  tutte
le rappresentanze di interessi che possano agevolare l'individuazione
e la implementazione delle politiche  di  incentivazione  del  lavoro
autoctono. 
Tali obiettivi ben potrebbero essere raggiunti con  la  creazione  di
Centri regionali di  eccellenza  delle  professioni  tradizionalmente
radicate sulle isole, con particolare attenzione  alla  rivalutazione
dei percorsi scolastici e della formazione professionale. 
Va a tal proposito semplificata, pur  nel  rispetto  delle  normative
unionali e internazionali in materia, l'eccessiva  regolazione  delle
attivita' di formazione e di rilascio dei  certificati  professionali
del personale  navigante193  impiegato  nella  navigazione  di  corto
raggio  per  superare  un  evidente  barriera  anche  economica194  ,
poiche', tale condizione, rappresenta  di  fatto  una  delle  ragioni
principali della perdita della vocazione marittima  (tradizionalmente
alto nei contesti sociali delle isole minori). 
Nel  settore  della  pesca,  l'incremento   dell'acquacoltura   viene
segnalata come la soluzione per rispondere all'aumento della  domanda
mondiale di pescato ma al contempo occorre migliorare il livello  del
contrasto  alla  pesca  illecita.   Occorre   inoltre   valutare   la
possibilita' di prevedere un regime di sostegno -  attraverso  misure
premiali  per  i  pescatori  residenti  nelle  piccole  isole  -  per
consolidarne il presidio nella stagione non turistica. E' necessario,
sotto altro ma non secondario  profilo,  intensificare  il  controllo
dell'inquinamento da plastica ed idrocarburi dispersi in  mare  anche
attraverso la riconversione delle  imbarcazioni  da  pesca in  futuro
dotati di attrezzature preposte allo scopo.   Sempre  in  materia  di
tutela ambientale occorre creare un  quadro  regolatorio  comune  per
disciplinare  lo  scarico  in  mare  della  salamoia   prodotta   dai
dissalatori onde scongiurare impatti sulle acque balneabili  e  sulla
pesca particolarmente importanti negli ambiti insulari, ma non solo. 
Nel settore della cantieristica e' opportuna  la  valorizzazione  dei
cantieri locali, ove esistenti, e di quelli  costieri  come  sinergia
coste-isole, poiche' solo un'efficiente rete di assistenza la diporto
nautico rende i contesti isolani piu' attrattivi e fruibili. 
Nel settore del turismo deve essere superato, se del  caso  valutando
specifiche politiche di incentivazione, il paradigma isole-estate con
l'allargamento  dell'offerta  turistica  a  settori   diversi   dalla
balneazione e dal diporto nautico quali  quelli  culturali  (musei  e
scavi archeologici che si trovano nelle isole e di cui si  ha  scarsa
conoscenza), ovvero la enogastronomia di prossimita'. 
Nel settore energetico  la  problematica  dell'approvvigionamento  di
risorse energetiche, oltre che di quelle idriche (v. infra),  riveste
particolare importanza sebbene sia una tematica da affrontare a tutto
tondo con quelle riguardanti  rifiuti,  mobilita'  e  suolo195  .  Al
riguardo, grande rilevanza viene data sia dalle parti  pubbliche  sia
dai portatori di interesse al tema della transizione ecologica  delle
attivita' sulle isole a partire dal trasporto marittimo. Si condivide
in senso unanime la necessita' di  non  attivare  progetti  solo  nel
settore del fotovoltaico in  quanto  piu'  semplice  sotto  l'aspetto
autorizzativo, ma vanno valutate ed adeguatamente sostenute tutte  le
fonti alternative possibili sulle isole, in primis l'eolico. Infatti,
nonostante il notevole potenziale di soleggiamento e  ventosita',  le
installazioni di impianti da  fonti  rinnovabili  sono  molto  scarse
sulle isole minori ed i numeri  rimangono  i  piu'  bassi  a  livello
nazionale196 . Le ragioni alla base di uno sviluppo cosi' lento delle
fonti energetiche rinnovabili sulle isole minori sono  molteplici,  e
riguardano sia il fotovoltaico sia  l'eolico.  Vincoli  paesaggistici
troppo rigidi,  complesse  richieste  di  connessione,  procedure  di
autorizzazione intricate e spesso obsolete  sono  solo  alcune  delle
barriere non tecnologiche  che  impediscono  di  mettere  in  pratica
un'adeguata azione di transizione energetica in questi territori197 . 
In questo contesto, occorre  ribadire  la  necessita'  di  perseguire
quanto gia' da tempo posto al centro dell'azione del Governo,  ovvero
l'incremento  della  produzione  di  energia  da  fonti   rinnovabili
locali198 , l'adozione di un programma che  preveda  azioni  di:  (i)
adeguamento infrastrutturale  assieme  a  maggiori  servizi,  nonche'
interventi che tengano conto dei fabbisogni energetici  e  che  siano
volti   ad   un   progressivo   efficientamento   energetico;    (ii)
realizzazione di strutture  portuali-turistiche  adeguate  alle  piu'
recenti unita' nautiche; (iii) mobilita' marittima sostenibile  oltre
allo sviluppo  dell'economia  circolare  locale;  (iv)  impulso  alle
attivita'  di  innovazione  tecnologica  nei  porti  turistici   (v.)
semplificazione delle procedure di autorizzazione intricate e  spesso
obsolete. Devono,  inoltre,  essere  sia  valutate  le  ricadute  dei
cambiamenti climatici nelle isole sia  considerate  adeguatamente  le
fonti  energetiche  alternative,  anche  tenuto  conto  della   cifra
ineguagliabile del valore ambientale e paesaggistico dei contesti  in
cui tali scelte devono essere operate. In definitiva, dovranno essere
valutate politiche che - nel rispetto della  diversita'  dei  singoli
contesti - possano delineare  un  approccio  comune  sugli  obiettivi
fondamentali. 
Per quanto riguarda il settore idrico, si rileva  che  nelle  piccole
isole l'acqua potabile  e'  un  bene  limitato  e  le  soluzioni  per
accedervi sono ad alto impatto ambientale,  considerato  l'uso  delle
energie per trasportarlo o le possibili esternalita'  negative  degli
impianti di dissalazione. La scarsita' d'acqua  rappresenta,  dunque,
per molte di  queste  isole  un  problema  endemico,  ancora  lontano
dall'essere risolto. Sono 10 le  isole  minori  servite  da  condotte
sottomarine, dalla terraferma  o  da  isole  vicine  (Capri,  Ischia,
Procida,  Sant'Antioco,  San  Pietro,  la  Maddalena,  Isola  d'Elba,
Favignana, Marettimo, Levanzo), mentre le navi cisterna  sono  ancora
il metodo esclusivo di approvvigionamento di  acqua  potabile  per  7
isole (Ponza, Tremiti, Stromboli, Panarea, Filicudi, Alicudi, Salina)
e diventano cruciali per soddisfare  il  fabbisogno  anche  su  altre
isole nel periodo estivo in  cui,  a  causa  del  grande  aumento  di
popolazione,  si  deve  spesso  ricorrere  anche  a  razionamenti  di
acqua199 . Le navi cisterna sono molto dispendiose (quasi  tre  volte
il costo rispetto ad un impianto di dissalazione) e poco  sostenibili
in termini di emissioni  climalteranti,  se  si  considera  l'energia
necessaria per la movimentazione  di  esse200  .  In  ogni  caso  gli
interventi da promuovere devono essere quelli volti  ad  innovare  la
rete idrica esistente soprattutto alla luce delle ingenti perdite che
si registrano. Parallelamente dovrebbero procedere la realizzazione o
l'implementazione di impianti  di  depurazione  delle  acque  reflue,
verificandone la conformita' ai limiti normativi per quanto  concerne
gli scarichi (con le inevitabili ripercussioni sulla  qualita'  delle
acque costiere). Ad oggi, nessuna isola ha un impianto di depurazione
in grado di coprire il fabbisogno rispetto agli abitanti201 . 
Sul versante dell'innovazione tecnologica, le isole  -  ricordano  le
comunita' locali - sono il miglior laboratorio per lo sviluppo  della
tecnologia associata agli usi del mare e per la ricerca  marina.  Per
il loro ambiente di particolare pregio, per le loro peculiari risorse
idriche  e  marine  e  per  la  unicita'  della  loro  logistica  del
trasporto, le isole minori possono essere considerate  luoghi  ideali
ove realizzare progetti di  sostenibilita'  ambientale  autonoma  che
possono essere  replicati  per  adottare  nuove  tecnologie  e  nuovi
processi con tutti  i  soggetti  interessati.  In  effetti,  si  deve
attribuire alle isole una capacita' unica di  implementare  soluzioni
integrate per  la  gestione  delle  infrastrutture  e  delle  risorse
naturali, quali energie, trasporti e mobilita', rifiuti ed acqua  non
facilmente riscontrabile sulla terra ferma. In tal senso,  andrebbero
pertanto  adeguatamente  supportate  le  attivita'  afferenti   detto
settore. 
Dovra' infine essere prestata maggiore attenzione alla modalita'  del
trasporto  marittimo  che  non  potra'  sottrarsi  alla  sfida  della
decarbonizzazione,   assicurando   il   sostegno   alla   transizione
energetica  delle  navi  e  degli  impianti   portuali,   in   primis
realizzando le infrastrutture OPS che  devono  tuttavia  considerarsi
soltanto  se  le  stesse  possono  essere  alimentate   con   risorse
rinnovabili.  In  tale  ambito,  potrebbero  essere  valutate   altre
tipologie di trasporto - per esempio con idrovolanti -  per  favorire
anche  la  celerita'  dei  collegamenti  insulari.  Parimenti,   deve
ricordarsi l'importanza delle elisuperfici adeguate sia per  funzioni
civili, ma soprattutto sanitarie. 
Il  livello  dei  servizi  di  trasporto  marittimo   insulare   puo'
considerarsi  soddisfacente  sebbene  in  sede  di  audizioni   siano
comunque emerse la limitatezza dei servizi e la  qualita'  dei  mezzi
impiegati,  ma   dovra'   prestarsi   particolare   attenzione   alla
sostituzione delle unita' piu' datate202 . Negli  ultimi  decenni  il
trasporto marittimo veloce e  il  traporto  pubblico  locale  ("TPL")
hanno  assunto  sempre  maggiore  importanza,  divenendo   componenti
essenziali per le attivita' turistiche isolane,  circostanza  che  ne
suggerisce l'opportuna valorizzazione. 
In definitiva, puo' dirsi  che  le  isole  minori  rappresentano  una
species del piu' ampio genus "isole"  ed  hanno  proprie,  specifiche
peculiarita'. Peraltro, sono assai eterogenee fra loro  e,  per  tale
ragione,  necessitano  di  adeguati  e  mirati  interventi  volti   a
rimuovere gli svantaggi  connessi  alla  condizione  di  insularita'.
Alcune di esse sono infatti assai vicine alla terraferma mentre altre
sono molto lontane (Lampedusa, Linosa, Ustica). Ad accomunare la gran
parte di esse e' la dimensione, inferiore a 40 km²  per  tutte  salvo
che  per  l'Isola  d'Elba,  Sant'Antioco,  Pantelleria,  San  Pietro,
Asinara e Ischia. Ma cio' non equivale ad eguale densita'  abitativa.
Cio' si riflette anche sulla maggiore o minore presenza di  attivita'
produttive e sulla tipologia di esse su ciascuna isola.  Ne  consegue
che la necessita'  o  meno  nonche'  la  natura  degli  interventi  a
sostegno delle  attivita'  produttive  va  calibrata  e  adattata  al
singolo caso specifico. 
A tal fine, come messo in rilevo da  alcuni  studi  di  settore203  ,
potrebbe essere utile valutare l'ipotesi di rendere  Zone  Economiche
Speciali (ZES) tutte le isole, incluse quelle minori. Di  altrettanta
utilita', sulla falsariga di esperienze virtuose straniere,  potrebbe
essere la creazione di  agenzie  di  assistenza  tecnica  alle  isole
minori,  ed  in  particolare  alle  autorita'  locali  isolane,   per
sostenerle nella realizzazione di procedure complesse quali quelle ad
evidenza pubblica. Le  suddette  agenzie  potrebbero  coadiuvare  gli
uffici anche nella partecipazione a progetti nazionali o europei  per
i quali sono richieste specifiche  competenze,  spesso  non  presenti
negli organici degli Enti amministrativi insulari.  In  aggiunta,  le
stesse agenzie possono favorire lo sviluppo delle  isole  migliorando
l'offerta formativa turistica, nonche'  l'approccio  a  politiche  di
sviluppo sostenibile. 
Dal quadro di insieme sopra delineato emerge in definitiva l'idea  di
dover favorire un approccio maggiormente  integrato  al  tema  "isole
minori". Infatti,  anche  in  questo  ambito,  la  situazione  appare
frammentata: sono stati istituiti fondi a sostegno ma  con  dotazioni
aventi durata  breve,  si  riscontrano  -  di  recente  -  interventi
normativi mirati,  ma  ancora  non  in  grado  di  coprire  tutte  le
tematiche  connesse  alle  piccole  realta'  insulari.  In  sostanza,
l'attenzione verso le isole minori appare crescente, ma ancora frutto
di iniziative episodiche  e  frammentarie  che,  peraltro,  non  sono
ancora del tutto ispirate o guidate dal principio di insularita' come
re-introdotto nella Costituzione204 . 
In tal senso, ancora una volta, appare appropriato  possa  essere  il
Cipom la naturale sede per il coordinamento nazionale delle  suddette
azioni di carattere strategico,  senza  trascurare  quelle  possibili
iniziative finalizzate ad  assicurare,  almeno  sulle  isole  abitate
anche nei mesi invernali, gli  indispensabili  presidi  di  sicurezza
(vigili  del  fuoco,  gruppi  di  volontari  di  Protezione   civile,
elisuperfici, ecc.) anche dai rischi naturali. 
 
2.13 TURISMI DEL MARE 
Li abbiamo chiamati "Turismi  del  Mare",  poiche'  l'Italia  e'  una
"Nazione di Mare" ad altissima vocazione  turistica  e  marittima.  I
turismi  del  mare  in  Italia  ricoprono,  grazie  anche  alla   sua
centralita' nell'area mediterranea, un ruolo essenziale e  strategico
per riaffermare l'interesse nazionale. Bisogna considerare che  tutti
gli "utenti del mare" italiani, privati e pubblici,  interagisco  tra
di loro e anche con tutti coloro che indirettamente hanno a che  fare
con il mare o utilizzano la risorsa mare. 
La capacita' attrattiva del "Prodotto Mare - Made in Italy"  ci  deve
sempre  di  piu'  far  ambire   al   primo   posto   nello   scenario
euromediterraneo e internazionale. L'offerta  turistica  e  l'offerta
legata  alla  capacita'  imprenditoriale,   industriale,   culturale,
creativa e innovativa della nazione italiana sono gia' riconosciute a
livello mondiale e  per  questo  vanno  e  andranno  sempre  di  piu'
sostenute. 
Nell'economia del mare il "turismo del mare"  in  termini  di  valore
aggiunto e di imprese rappresenta il principale settore che se  visto
trasversalmente  -   mettendo   insieme   servizi   di   alloggio   e
ristorazione, attivita' sportive  e  ricreative,  buona  parte  della
filiera della cantieristica, movimentazioni passeggeri  e  una  parte
della filiera ittica che agisce sul sistema turistico, come  possiamo
vedere nelle tabelle sottostanti205 - prende quasi la  totalita'  del
sistema economico e imprenditoriale. 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
Parlando di turismo bisogna partire dalle ultime strategie  nazionali
del Ministero del Turismo nel Piano Strategico  Turismo  2023  -2027,
che indica 5 pilastri: 
- governance; 
- innovazione; 
- qualita' e inclusione; 
- formazione e carriere professionali; 
- sostenibilita'. 
e 4 obiettivi principali: 
- innovare, specializzare e integrare l'offerta nazionale; 
- accrescere la competitivita' del sistema turistico; 
- sviluppare un marketing efficace e innovativo; 
- realizzare una governance efficiente e partecipata nel processo  di
elaborazione e definizione del Piano e delle politiche turistiche. 
 
che rappresentano le  linee  guida  per  lo  sviluppo  sinergico  del
turismo dell'Italia e conseguentemente dei turismi del mare. 
 
2.13.1 Promozione e internazionalizzazione 
I turismi del mare hanno un forte ruolo relativamente alla promozione
del "sistema -mare" nazionale a livello interno e internazionale. 
Tutti  i  settori  che  lo  compongono  rappresentano  gli   elementi
necessari per la formulazione del "Destination  Management"  utile  a
rafforzare  e  promuovere  l'Italia   Marittima   come   destinazione
turistica, ma anche come  eccellenza  dei  prodotti  legati  al  mare
targati "Made in Italy". 
Dai sistemi imprenditoriali e associativi privati e  pubblici  emerge
l'esigenza di agire per promuovere e internazionalizzare per: 
- creare un brand Italia nei segmenti del Turismo mare e un'azione di
  marketing  comune  che  permetta  di  costruire  meglio  un'offerta
  turistica chiara, competitiva e riconoscibile; 
- agire su sistemi di  innovazione  e  digitalizzazione  al  fine  di
  costruire network di eccellenza per garantire un'offerta  turistica
  qualificata; 
- semplificare  e  velocizzare  la  crescita  dei  turismi  del  mare
  emergenti, favorirne la conoscenza e agire con normative snelle; 
- definire e armonizzare in termini fiscali ed  impositivi  le  norme
  inerenti per rendere competitive le imprese per collocarsi e essere
  vincenti nei mercati esteri; 
- sostenere  le  imprese  del  turismo  del  mare   con   azioni   di
  internazionalizzazione; 
- progettare, promuovere e sostenere un "brand  Isole  minori",  come
  attrattori  qualificanti  dell'offerta  turistica  nazionale  e  lo
  stesso deve valere per le Aree Marine Protette italiane e Oasi; 
- rafforzare  la  promozione,  ma  anche  salvaguardare  i  patrimoni
  sottomarini sia in termini  ambientali  e  archeologici,  favorendo
  l'incontro tra imprese e ricerca  per  la  costruzione  di  veri  e
  propri itinerari turistici; 
- rafforzare il raccordo tra imprese e ricerca per l'applicazione  di
  innovative tecnologie utili alla semplificazione sia per le imprese
  che per la fruizione internazionale dei turisti; 
- creare e promuovere circuiti e itinerari turistici dal, al e per il
  mare italiano, legati alla sua cultura, alla sua religiosita', alla
  sua  storia,  alla  sua  educazione,  alla  sua  sostenibilita'   e
  inclusivita', alla tradizione e sovranita' alimentare,  aprendo  ai
  nuovi turismi del mare; 
- portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un
  brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione. 
- portare il turismo Mare Italia, attraverso azioni specifiche, ad un
  brand unico ed esperienziale che identifichi la nostra nazione. 
 
2.13.2 Competivita' fiscale, burocratica e nei sistemi di controllo 
I turismi del mare necessitano di avere una  forte  attenzione  sulle
tematiche fiscali, in quanto soffrono fortemente della competitivita'
negli   investimenti,   nella    concorrenzialita',    nell'attivita'
burocratica e di sicurezza rispetto ai Paesi esteri. 
L'approccio  competitivo  deve  tener  conto  di  non   avere   norme
penalizzanti, come e' avvenuto ed avviene, sia in termini fiscali che
di controllo. Anche la sicurezza, attraverso modalita' comunicative e
preventive,  puo'  rappresentare  uno  dei  plus  di   competitivita'
nazionale. 
Per questo emerge la necessita' di porre attenzione su: 
- temi  specifici  come  Iva,  Tari  e  Imu  (specialmente   per   la
  portualita' turistica); 
- agevolazione e incentivazione all'utilizzo della bandiera  italiana
  sulle imbarcazioni e navi da diporto e non di penalizzazione; 
- agevolazioni   su    investimenti    legati    a    sostenibilita',
  digitalizzazione, innovazione e  sicurezza,  anche  in  termini  di
  normative piu' semplici e  veloci  al  fine  di  sburocratizzare  i
  processi e rendere piu' appetibile e  concorrenziale  il  "prodotto
  mare" nazionale; 
- il Registro Internazionale  che  ha  assicurato  la  competitivita'
  dell'Italia e la sua stabilizzazione  che  appare  il  fondamentale
  presupposto della politica per la "blue economy". 
- il Registro Internazionale  che  ha  assicurato  la  competitivita'
  dell'Italia e la sua stabilizzazione  che  appare  il  fondamentale
  presupposto della politica per la "blue economy". 
 
2.13.3 Il crocierismo 
L'Italia, per la sua inestimabile vocazione turistica e  la  naturale
esposizione geografica sul mar Mediterraneo, si  e'  affermata  negli
anni come Nazione leader nella crocieristica. In Europa,  in  periodo
pre-Covid, il settore generava  un  impatto  economico  di  quasi  50
miliardi di euro, con oltre 400.000 posti di  lavoro  e  il  25%  del
mercato concentrato in Italia206 . 
Il  traffico  crocieristico  2022,  come  evidenziato  nelle  tabelle
sottostanti  (Fonte:  Risposte  Turismo),  risulta  avere  trend   in
aumento: 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
Con l'uscita dalla pandemia e la rinascita del turismo  italiano,  si
stima che nel 2023 la crocieristica tornera' a movimentare circa 12,4
milioni di persone, che contribuiranno a generare valore  aggiunto  e
nuove opportunita' commerciali a bordo delle  navi,  nelle  localita'
delle destinazioni e in  tutta  la  filiera  dell'indotto  marittimo,
dell'accoglienza e dei trasporti. 
Destagionalizzazione del turismo  balneare,  marketing  territoriale,
sicurezza  del   passeggero   turista,   sono   tre   caratteristiche
fondamentali del crocierismo nazionale che contribuiscono  a  rendere
il "turismo che viene dal mare" una componente cruciale dell'economia
nazionale. 
 
2.13.4 Nautica da diporto 
Anche nell'ultimo biennio di instabilita' internazionale, l'industria
nautica si e' dimostrata capace di giocare un ruolo fondamentale  nel
sostegno alla crescita dell'Italia, confermandosi leader assoluto nel
segmento dei superyacht, con oltre la meta' del "global order  book",
prima esportatrice mondiale di  unita'  da  diporto,  con  il  record
storico dell'export di 3,4 miliardi di euro e leader nella produzione
di accessori e battelli pneumatici. 
Il 2022 chiude con un incremento a doppia cifra,  dopo  un  2021  nel
quale il contributo al PIL era cresciuto del  +31,4%,  generando  una
filiera di quasi 19.000 unita' locali di  produzione  per  un  valore
aggiunto di oltre 11 miliardi di euro e piu' di 187.742 occupati. Per
ogni addetto alla produzione, si attivano 9,2 posti di  lavoro;  ogni
euro investito  nella  produzione  ne  attiva  7,5  (dati  Fondazione
Symbola per Confindustria Nautica). 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
La barca e' anche un contenitore di "Made in Italy" e di prodotti  di
filiere territoriali: arredi, prodotti  di  design,  illuminotecnica,
tessili, cuoio e pelletteria ecc. per questo  il  settore  merita  di
essere inserito fra i comparti  produttivi  di  principale  interesse
nazionale. Non a caso  la  nautica  e'  stata  inserita  nel  recente
disegno di legge del Governo italiano sul "Made in Italy". 
E' auspicabile l'implementazione del supporto fornito da ICE,  sempre
secondo una logica di selezione degli obiettivi. 
A differenza di quanto avvenuto  per  l'Automotive,  l'industria  sta
autonomamente investendo  in  ricerca  tecnologica  finalizzata  alla
decarbonizzazione e va sostenuta in questo percorso che  interessa  i
carburanti alternativi al fossile, l'evoluzione delle forme di carena
finalizzate a ridurre i consumi, l'adozione di pitture antivegetative
a basso impatto ecc. 
E'  fondamentale  individuare   nel   principio   della   neutralita'
tecnologica  il  cardine  delle  politiche  di   contenimento   delle
emissioni di CO2 e, piu'  in  generale,  di  riduzione  dell'impronta
climatica, normando lo stoccaggio e l'impiego di idrogeno e  metanolo
per la propulsione e la produzione di energia a bordo. 
In ottica mediterranea, e' necessaria una politica omogenea tra Paesi
marittimi EU ed extra EU per evitare  sbilanciamenti  e  disequilibri
che vanno a danno degli operatori europei, in  particolare  italiani.
Infine, va rafforzata la  presenza  italiana  ai  tavoli  decisionali
europei e mondiali dove  portare  le  istanze  nazionali  per  ridare
centralita' al Mediterraneo. E' inoltre opportuno promuovere: 
- sistemi di controllo di efficienza  ed  efficacia  dei  processi  e
  di tracciamento dell'origine dei materiali; 
- certificazioni ambientali come la 14001; 
- certificazioni etiche come la SA8000; 
- la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0  e
  NIM (Naval Information modeling). 
- la gestione della commessa e dei processi in chiave Industry 4.0  e
  NIM (Naval Information modeling). 
 
2.13.5 Portualita' turistica 
I porti e gli approdi in Italia sono 285,  mentre  gli  accosti  e  i
punti di ormeggio sono oltre 2.000 per un  totale  di  160.000  posti
barca. 
Una grande rete italiana di "Hub  del  Mare",  che  necessita  di  un
processo rapido di  networking,  attivando  tecnologie  innovative  e
digitali, che si raggruppi anche  in  un  unico  brand  riconoscibile
della  portualita'   turistica   italiana,   prendendo   ad   esempio
funzionalita' esperienze gia' localmente e regionalmente avviate. Per
questo bisogna tener conto degli adeguamenti  strutturali,  continui,
al fine di garantire i piu' alti standard sia in termini di  qualita'
che di sostenibilita', anche con particolare  attenzione  alle  isole
minori. Al fine di promuove un forte  "Marchio  Italia"  di  qualita'
legato ai servizi, alla sostenibilita', inclusivita' ed anche ad alto
contenuto tecnologico. 
I concessionari portuali svolgono un'attivita' che non  si  esaurisce
nel proprio legittimo scopo lucrativo ma  che  trascende  l'interesse
del singolo marina, per sconfinare nella pubblica utilita', laddove: 
- attraverso la realizzazione e/o la gestione del  porto,  da'  luogo
  all'indiscutibile valorizzazione ed  apprezzamento  del  territorio
  demaniale ed in  particolare  arricchisce  anche  esteticamente  la
  costa in cui si insedia e le localita' limitrofe; 
- la presenza di una  struttura  dedicata  alla  nautica  da  diporto
  implica un innalzamento anche del prestigio delle localita' in  cui
  e' realizzata; 
- la realizzazione e la gestione della struttura portuale importa  un
  maggiore afflusso di  visitatori,  con  vantaggio  anche  economico
  della popolazione e delle istituzioni locali e statali; 
- il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte  le
  attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che  sono
  posti in grado di fruire delle  strutture  approntate  e/o  gestite
  dalla societa'. 
- il concessionario presta una serie di servizi, relativi a tutte  le
  attivita' portuali, indispensabili, in favore dei privati che  sono
  posti in grado di fruire delle  strutture  approntate  e/o  gestite
  dalla societa'. 
 
Le considerazioni emerse nel corso delle audizioni sono: 
I. Le concessioni portuali sono escluse dall'ambito  di  applicazione
della Direttiva Bolkestein207 .  Le  concessioni  portuali  e  quelle
delle altre strutture dedicate alla nautica da diporto  ex  d.p.r.  2
dicembre 1997, n. 509 non rientrano nel campo di  applicazione  della
c.d. Bolkestein, come confermato dalla stessa Direttiva e da numerosi
elementi normativi e giurisprudenziali. La disciplina di  riferimento
andra' comunque armonizzata con quelle che saranno le risultanze  del
Tavolo tecnico istituito  presso  la  Presidenza  del  Consiglio  dei
Ministri. Inoltre, la sentenza 13 Gennaio 2022, n. 229 del  Consiglio
di Stato, ha sancito l'inapplicabilita' della Direttiva Bolkestein  a
tutti i rapporti concessori sorti in data  anteriore  al  termine  di
trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56). 
II.   Procedura   e    selezione    dei    concessionari:    conferma
dell'applicabilita' dell'art. 37 del  codice  della  navigazione,  in
combinato disposto con l'art. 18  del  Regolamento  per  l'esecuzione
dello stesso codice (d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328) ovvero ai sensi
del d.p.r. 2 dicembre 1997, n. 509, ove applicabile. 
III. Indennizzi in favore del concessionario uscente e  durata  delle
concessioni demaniali, le proposte emerse sono: 
- modifica  dell'attuale   previsione   normativa   in   materia   di
  rivalutazione Istat dei canoni concessori; 
- definizione delle imprese turistiche; 
- introduzione di normativa che disciplini gli oneri economici e  non
  relativi ai dragaggi e movimentazioni delle sabbie; 
- migliore gestione dei rifiuti prodotti da nave e impianti  portuali
  con armonizzazione enti ed autorita' competenti 
- inapplicabilita' dell'articolo 109 r.d.  18  giugno  1931,  n.  773
  (Tulps) ai "Marina Resorts" in analogia di quanto  previsto  per  i
  porti turistici; 
- agire  sulla  competitivita'  fiscale  che  permetta   di   rendere
  concorrenziale la portualita' turistica italiana anche  in  termini
  di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari,  etc.)  rispetto
  agli altri Paesi. 
- agire  sulla  competitivita'  fiscale  che  permetta   di   rendere
  concorrenziale la portualita' turistica italiana anche  in  termini
  di imposizione fiscale (Iva agevolata, Imu , Tari,  etc.)  rispetto
  agli altri Paesi. 
 
Inoltre, emerge la necessita' di riqualificare le strutture  dedicate
alla nautica da diporto nel rispetto della sostenibilita' ambientale,
sociale ed  economica,  attraverso  la  possibilita'  di  accedere  a
risorse  agevolate  e  a  procedure  autorizzative  obbligatoriamente
semplificate, con applicazione di fiscalita' e normativa  armonizzata
e certa per tutta la durata del rapporto concessorio. 
Il sistema portuale  turistico  e'  un  sistema  d'offerta  complesso
inserito all'interno di un sovra sistema: porto, territorio, acque di
navigazione. Per questo le citta' di costa possono essere  esempi  di
"smart    cities"    sull'acqua    con    un     ritrovato     legame
uomo-tecnologia-natura e movimento. 
 
2.13.6 Il sistema balneare 
Il sistema balneare italiano e' in costante evoluzione, e' un sistema
complesso e dalla  forte  eterogeneita',  composto  per  lo  piu'  da
aziende piccole e piccolissime, che costituiscono  il  motore  vitale
della nostra economia turistica. 
I nostri imprenditori balneari si sono sempre piu'  impegnati,  negli
anni, in un'azione di adeguamento e, a volte, di anticipazione  delle
richieste e delle abitudini di fruizione della risorsa mare  a  scopo
ricreativo, per meglio poter competere a livello  europeo  e  globale
con le altre destinazioni turistiche. 
Per essere concorrenziali appare imprescindibile operare  secondo  un
concetto di turismo integrato, che  unisca  al  turismo  balneare  il
turismo architettonico/monumentale e quello  ambientale,  mettendo  a
reddito l'unicita' - in tal senso - della nostra Nazione. 
Nell'ambito  del  turismo  balneare,  sara'  sempre  piu'  necessario
coniugare  i  servizi  tradizionali,  come  l'uso  delle  spiagge,  i
parcheggi e il noleggio delle attrezzature,  con  la  ristorazione  e
l'intrattenimento, concentrandosi, altresi', sulla professionalita' e
sulla qualita' del servizio, che non puo' prescindere da una adeguata
formazione del  "personale  del  mare"  e  sulla  tutela  e  la  sana
valorizzazione delle nostre coste e delle nostre spiagge, con le loro
splendide risorse naturali. 
Tutto cio', insieme ad  un  indotto  di  qualita'  e  sempre  piu'  a
chilometro zero, che ha determinato negli ultimi  anni  recenti  -  e
deve continuare a farlo -  numeri  sempre  in  crescita  in  tema  di
occupazione e  di  PIL,  in  una  sintesi  virtuosa  con  il  settore
alberghiero, quello della nautica da diporto e della subacquea. 
Sul sistema balneare  un  aspetto  fondamentale  e'  costituito,  per
l'incidenza  economica  e  sociale,  dal  mondo   dei   concessionari
balneari. 
Per potere dare certezza del diritto e, dunque,  del  futuro  a  tale
categoria, e' necessario sciogliere la questione  delle  "concessioni
balneari", del loro termine di scadenza e della necessita' o meno  di
applicare  una  procedura  di   evidenza   pubblica   per   la   loro
attribuzione,  in  buona  sostanza  l'ambito  di  applicazione  della
Direttiva CE 123 del 2006 (c.d. "Direttiva Bolkestein"). 
In tale ottica si inserisce il Tavolo tecnico consultivo  in  materia
di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali, istituito nel
2023 presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che  attraverso
il sistema informativo del demanio marittimo (SID) sta  definendo  la
mappatura delle concessioni per la successiva definizione dei criteri
tecnici per verificare la scarsita' delle risorse naturali. 
Inoltre, si ritiene di osservare che alla luce delle ultime  pronunce
della Giurisprudenza Europea e Nazionale e' fondamentale in primis la
sentenza 13 gennaio 2022, n. 229  del  Consiglio  di  Stato,  che  ha
sancito l'inapplicabilita'  della  Direttiva  Bolkestein  a  tutti  i
rapporti  concessori  sorti  in  data   anteriore   al   termine   di
trasposizione della stessa (d.lgs. 15 marzo 2010, n. 56)  e  al  fine
della  corretta  applicazione  dell'ambito   della   c.d.   Direttiva
Bolkestein (Direttiva CE n.123 del 2006) la preventiva mappatura  del
demanio marittimo gia' prevista ai sensi della l. 5 agosto  2022,  n.
118. 
Il  processo  di  redazione  e  predisposizione  della  mappatura   e
l'esercizio delle deleghe previste sempre dalla l. n.  118  del  2022
dovranno essere accompagnate da un supporto amministrativo rivolto ai
Comuni costieri al fine di poter al meglio  affrontare  e  gestire  i
nuovi procedimenti di affidamento - laddove necessari  -  garantendo,
in  ogni  caso,  la  fruizione   dei   servizi   fino   alle   future
aggiudicazioni,  anche  a  mezzo  dell'istituto   della   concessione
provvisoria ai sensi e per gli effetti dell'art. 10 reg. cod. nav. 
Secondo quanto gia' previsto dalla l. n. 118 del 2022 si e'  rilevata
la necessita' di normare e chiarire gli aspetti riguardanti la tutela
degli  investimenti  non  ancora  ammortizzati  ed  effettuati  dagli
attuali  concessionari  demaniali  nonche'  salvaguardare  l'economia
nazionale, rappresentata da tanti operatori (soprattutto microimprese
a carattere familiare) e gli attuali livelli occupazionali. 
 
2.13.7 Turismo nautico 
L'attivita' di noleggio e locazione di  unita'  attiva  2.004  unita'
locali di produzione, circa 450 milioni di euro di valore aggiunto  e
3.527 occupati ed e' regolata dal codice  della  nautica  da  diporto
nell'alveo delle Convenzioni internazionali, del Diritto marittimo  e
del  codice  della   navigazione   (dati   Fondazione   Symbola   per
Confindustria nautica). 
Si  deve  distinguere  la   disciplina   dell'attivita'   da   quella
dell'impresa di noleggio e di locazione del diporto che,  come  anche
della portualita' turistica, deve  essere  considerata  a  tutti  gli
effetti come impresa (anche) della filiera turismo, ai fini: 
- delle attivita' di promozione all'estero e in Italia, 
- delle iniziative di sostegno alle imprese, 
- dell'individuazione dei codici ATECO 
- dell'individuazione  di   indicatori/descrittori,   rilevazioni   e
  analisi strutturate e sistematiche del settore 
- delle politiche di connessione dei luoghi di origine o partenza del
  turismo nautico con gli snodi dei trasporti 
- del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica,  soprattutto
  in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra. 
- del rapporto con altre realta' dell'offerta turistica,  soprattutto
  in un'ottica di integrazione con la costa e l'entroterra. 
 
Vanno poi considerate le modalita' di fruizione del mare, che sono un
fondamentale  tassello  della  competitivita'  del   nostro   sistema
coste-porti e, a cascata, di quella di cantieri, servizi,  turismo  e
sport. 
Al fine di  rendere  il  sistema  nautico  italiano  competitivo  con
Francia, Spagna, Croazia e  Grecia  (nonche'  Tunisia,  Montenegro  e
Turchia) e' pertanto necessario: 
- lo snellimento e l'armonizzazione delle  procedure,  attraverso  la
  definizione di Linee guida nazionali  per  le  procedure  doganali,
  d'immigrazione, sanitarie, di polizia; 
- dare piena applicazione al "Bollino blu" rilasciato a  seguito  dei
  controlli preventivi volontari  su  unita'  da  diporto  e  la  sua
  estensione alla regolarita' fiscale e contributiva  degli  armatori
  unita', al fine di ridurre l'eccesso di  controlli  in  mare  delle
  forze di polizia e ottimizzare le risorse; 
- implementare le modalita' di verifica delle unita' da  diporto  per
  via telematica. 
- implementare le modalita' di verifica delle unita' da  diporto  per
  via telematica. 
 
Il  Registro   Internazionale   ha   assicurato   la   competitivita'
dell'Italia  e  la  sua  stabilizzazione   appare   il   fondamentale
presupposto della politica per la "blue economy". Nel caso  specifico
delle  «Navi  destinate  esclusivamente  al  noleggio  per  finalita'
turistiche», di cui all'art. 3 della legge 8 luglio 2003, n. 172,  e'
necessario procedere  a  una  semplificazione  tecnico-normativa  per
mantenere un allineamento competitivo con le normative  del  Registro
maltese (UE) e quello UK (extra UE). 
 
2.13.8 Turismo sportivo 
Deve  essere  riconosciuto  il  ruolo  strategico  delle  Federazioni
sportive,  dello  sport  dilettantistico  e  del   diportismo   quale
strumento di educazione e formazione culturale ai temi del mare. 
E' suggerita una compiuta pianificazione della  "Giornata  del  Mare"
nelle  Scuole,  integrata  con  attivita'  sportive,  gia'  istituita
nell'ambito della riforma del codice della nautica  da  diporto,  che
valorizzi: 
- i valori del mare; 
- le opportunita' delle professioni del mare; 
- la tutela dell'ambiente marino; 
- la fruizione consapevole delle risorse naturali. 
 
Inoltre, bisogna incentivare tutti i turismi sportivi del  mare,  che
per  loro  natura  o  che   per   scelte   strategiche   premino   la
sostenibilita' e la salvaguardia del mare. 
Si rende necessaria una maggior attenzione  agli  sport  marini,  sia
quelli piu' affermati come la Vela, tra i piu' importanti  attrattori
turistici interni e internazionali, che gli  altri  settori  come  la
subacquea, la pesca subacquea in apnea, il  nuoto,  il  kayaking,  lo
snorkeling, il windsurfing & kite, il surf da onda e tanti altri  con
particolare attenzione alla formazione giovanile e  alle  concessioni
demaniali per quelle strutture che svolgono attivita' senza scopo  di
lucro. 
 
2.13.9 Turismo ambientale 
La tutela dell'integrita'  dell'ambiente  marino  e'  il  presupposto
delle attivita' legate alla fruizione, anche diportistica e sportiva,
delle coste ed e' essenziale il coinvolgimento dei fruitori del  mare
per  trasformare  gli  utenti,  a  cominciare  dai   diportisti,   in
sentinelle del mare. 
A 32 anni dalla legge 6 dicembre 1991, n. 394 e' sempre piu'  urgente
un aggiornamento della legge quadro sulle Aree Marine  Protette,  che
colmi alcune lacune normative, dia maggiore organicita' al sistema  e
recepisca le migliori novita' introdotte dai singoli  regolamenti  di
gestione in tema di fruibilita' e compatibilita' con  la  nautica  da
diporto. In quest'ottica dovra' essere  anche  considerata  una  piu'
puntuale regolamentazione della pesca sportiva e, in particolare,  di
quella subacquea in apnea in  modo  da  tutelarne  la  compatibilita'
ambientale e la sicurezza. 
L'utente deve distinguere fra le  aree  marine  protette  statali,  i
parchi nazionali terrestri - che, se istituiti in coincidenza con  le
aree di reperimento  delle  gia'  citate  AA.MM.PP.  (v.  supra  par.
2.10.2) possono estendere la loro perimetrazione a mare  -  i  parchi
sommersi,   che   custodiscono   beni    archeologici,    i    parchi
internazionali, in parte coincidenti con  aree  marine  protette,  ma
dipendenti da trattati  internazionali.  Ciascuno  con  un  suo  iter
istitutivo  e,  soprattutto,  un  sistema  di   regole,   talora   in
contraddizione con gli altri. 
Vanno quindi rafforzati gli strumenti di  verifica  delle  condizioni
istitutive,  implementati  programmi  di  monitoraggio  anche   della
capacita'  dei  comuni  laddove  agli  Enti  locali   e'   assicurato
l'affidamento in via primaria la gestione. 
 
2.13.10 Altri turismi legati al mare 
Tra gli altri turismi  bisogna  considerare,  tutte  le  attivita'  a
servizio del turista legato al turismo  mare  ed  anche  quelli  piu'
trasversali come la pesca-turismo. 
 
2.13.11 Formazione e lavoro 
Quanto alla formazione e agli aspetti giuslavoristici dalle audizioni
e' emersa la necessita' di implementare la funzione degli  ITS  e  la
cultura del mare nelle  scuole  inferiori  e  superiori  al  fine  di
promuovere il mare non solo come ecosistema ma anche  come  forma  di
sviluppo economico ed occupazionale. 
Il Sistema ITS deve rispondere alla sfida delle nuove professioni  di
Industria 4.0. 
Gli Istituti Tecnici  Superiori  devono  fare  squadra  per  favorire
l'occupazione dei giovani e rispondere alla richiesta  di  qualifiche
tecniche e tecnologiche sempre  piu'  specializzate  proveniente  dal
mondo del lavoro. Sono quelli  che  compongono  il  sistema  ITS  con
specializzazioni in settori diversi: dalle energie  rinnovabili  alla
meccanica, dalle  scienze  della  vita  alla  mobilita'  sostenibile,
dall'agroalimentare alla moda fino a beni e  attivita'  culturali.  A
unirli e' l'obiettivo comune  di  offrire  una  formazione  altamente
professionalizzante post diploma, parallela e  alternativa  a  quella
universitaria e resa unica da una forte integrazione fra  lezioni  in
aula e in laboratorio, tenute da docenti provenienti  dal  mondo  del
lavoro, e attivita' pratica sul "campo", attraverso  stage  aziendali
in Italia e all'estero dove i  giovani  possono  maturare  una  bella
esperienza di vita e realizzare un  importante  investimento  per  il
loro futuro professionale. 
Andrebbero sicuramente incentivati ITS come: ITS  BACT  -  Tecnologie
Innovative per i Beni e le Attivita' Culturali e Turistiche,  Tecnico
Superiore  per  il  Turismo  Crocieristico  Internazionale,   Tecnico
superiore  responsabile  delle  produzioni  e  delle   trasformazioni
agrarie, agro-alimentari e agro-industriali nell'ambito della  cucina
di bordo, Y&B il corso per diventare Tecnico con conoscenza di  tutto
il ciclo produttivo di un cantiere nautico, YA.S  per  specializzarsi
nella gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e apparati,
MYM per diventare esperto nella gestione delle  Marine  o  PTP  Super
Yacht Academy e tanti altri corsi. 
Tra le figure individuate  in  termini  di  competenze  richieste  ne
risultano alcune come: 
- carpentieri per la  lavorazione  di  legno,  vetroresina,  acciaio,
  alluminio,  saldatori  leghe  leggere,  operai   specializzati   in
  isolazione   e   coibentazione,    pitturazioni    e    stuccature,
  specializzati  in  allestimenti  e  meccanica   di   installazione,
  carpenteria di lega  leggera,  lucidatura  e  trattamento  metalli,
  addetti  impianti  di  tubazione  e  condizionamento,  condotte  di
  estrazione e aerazione,  elettrotecnici ,  meccanici  e  motoristi,
  tappezzieri specializzati nelle applicazioni marine, velai, addetti
  alle movimentazioni a terra (carrelli, muletti, ecc.) e i mezzi  di
  sollevamento (travel lift, sincro lift, bacini di carenaggio,  gru,
  scali di alaggio, ecc.), sommozzatori, service manager diporto  (in
  particolare per porti turistici), coordinatore servizi, marinai  di
  porto,    tecnico    agenzia    marittima,     piloti/ormeggiatori,
  autotrasportatori  per  imbarcazioni,  forniture   di   carburanti,
  addetti al monitoraggio dei bacini portuali,  tecnici  di  gestione
  ambientale, cuochi di bordo, hostess di bordo ecc.; 
- professioni  legate  al  diporto  sia  a  terra  che  a  bordo  con
  differenziazione  dalle  professioni  destinate  alla   navigazione
  mercantile e commerciale; 
- professioni  legate  al  diporto  sia  a  terra  che  a  bordo  con
  differenziazione  dalle  professioni  destinate  alla   navigazione
  mercantile e commerciale; 
 
E'   quindi   opportuno   che,   nell'ambito   dell'autonomia   della
programmazione dei  singoli  ITS,  siano  inseriti  specifici  moduli
afferenti alle competenze dei settori del  turismo  legato  al  mare,
anche al fine di valorizzare le specificita' dei territori. 
Non  meno  importante  e'  la  realizzazione  di  una   campagna   di
comunicazione in accordo tra Ministero del  Lavoro,  Ministero  delle
Infrastrutture e dei Trasporti e Ministro per le Politiche del  Mare,
per  avvicinare  la  domanda  e  l'offerta  di  lavoro  nel  settore,
mostrando  concretamente  ai  giovani  quali  e   quante   siano   le
opportunita' che il mare italiano offre loro. 
Quanto alla formazione e  agli  aspetti  giuslavoristici,  come  gia'
evidenziato (v. supra  par.  2.9.6)  dalle  audizioni  e'  emersa  la
necessita' di implementare la funzione degli ITS  e  la  cultura  del
mare nelle scuole inferiori e superiori, al  fine  di  promuovere  il
mare non solo  come  ecosistema  ma  anche  come  forma  di  sviluppo
economico ed occupazionale. 
 
2.14 CAMBIAMENTI CLIMATICI 
I recenti Rapporti dell'Intergovernmental  Panel  on  Climate  Change
(IPCC)208 hanno stimato che, dal periodo preindustriale  (periodo  di
riferimento 1850-1900), le attivita' umane hanno provocato un aumento
della  temperatura  media  superficiale   globale   di   circa   1°C,
attualmente in aumento di oltre 0,2°C per decennio. 
Le attuali  condizioni  di  riscaldamento  della  Terra  stanno  gia'
influenzando i sistemi naturali, la qualita' della vita e  la  salute
delle persone, lo sviluppo socio-economico a livello  globale  ed  in
ambito europeo. Gli impatti dei rischi "combinati" di riscaldamento e
precipitazioni sono diventati piu' frequenti e si  prevede  che  cio'
potra' comportare rischi crescenti per le regioni del Sud Europa. 
La Strategia  europea  di  adattamento  ai  cambiamenti  climatici209
evidenzia come sia fondamentale dotarsi delle conoscenze scientifiche
piu' avanzate per rispondere in modo adeguato  alle  sfide  poste  in
essere dai cambiamenti climatici, nonche' raccogliere  dati  relativi
ai danni, alle perdite  ed  ai  rischi  legati  al  clima,  cosi'  da
migliorare l'accuratezza della valutazione del rischio climatico. 
In Italia tale approccio ha trovato prima concreta applicazione nella
definizione della Strategia Nazionale di Adattamento  ai  Cambiamenti
Climatici (SNAC)210 , adottata nel 2015 dal Ministero dell'Ambiente e
della Tutela del Territorio e del Mare, oggi Ministero  dell'Ambiente
e della Sicurezza Energetica. Al fine di dare attuazione alla SNAC e'
stata, in seguito, avviata  l'elaborazione  del  Piano  Nazionale  di
Adattamento   ai   Cambiamenti   Climatici   (PNACC),   in   via   di
finalizzazione, che ha l'obiettivo di rappresentare uno strumento  di
indirizzo per  la  pianificazione  e  l'attuazione  delle  azioni  di
adattamento  piu'  efficaci   all'interno   della   Nazione   e   per
l'integrazione dei criteri di adattamento  nelle  procedure  e  negli
strumenti di pianificazione esistenti. 
Una risposta efficace agli impatti dei cambiamenti  climatici,  oltre
che basarsi sulle piu' moderne e avanzate conoscenze/tecnologie, deve
essere per lo piu' rapida e sistemica211 , ovvero  e'  necessario  in
tempi non lunghi  definire  strategie  e  piani  di  adattamento  che
coinvolgano tutti i livelli di  governance  e  tutti  i  settori.  La
tassonomia  indicata  nell'Adaptation  Support   Tool   (AST)   della
Commissione europea  suggerisce  le  diverse  fasi  per  arrivare  ad
attuare in maniera efficace un piano di adattamento, partendo da  una
valutazione degli impatti, delle vulnerabilita' e dei rischi, indotti
dai fenomeni meteo-climatici, sia attuali che futuri, procedendo  poi
all'identificazione  delle  opportune  azioni  di   adattamento   per
contrastare   i   rischi   e   ridurre   le    vulnerabilita'    fino
all'implementazione  di  tali  azioni  ed,  infine,  dando  avvio  al
monitoraggio delle medesime. 
Le misure di adattamento possono concretizzarsi in: a) misure di tipo
strutturale e tecnologico, basate su  interventi  fisici  e/o  misure
costruttive, utili a rendere i sistemi esposti piu'  resilienti  agli
eventi estremi, ovvero le cosiddette misure grey; b) azioni basate su
un approccio che utilizza la natura ed i molteplici  servizi  forniti
dagli ecosistemi per migliorare  la  resilienza  e  la  capacita'  di
adattamento, le cosiddette misure green; c) interventi che  includono
misure politiche, legali, sociali, gestionali  e  finanziarie,  utili
alla governance  e  ad  aumentare  la  consapevolezza  in  ordine  ai
problemi  legati  al  cambiamento   climatico,   ovvero   misure   di
adattamento  soft;  d)  misure  trasversali   o   ibride   risultanti
dall'integrazione delle tre precedenti. 
Con riguardo alle misure di mitigazione, con  il  Regolamento  UE  30
giugno 2021, n. 1119, denominato anche «Normativa europea sul clima»,
l'Unione europea si  e'  posta  l'obiettivo,  legalmente  vincolante,
della neutralita' climatica nell'Unione entro il 2050.  Le  emissioni
associate ai trasporti marittimi stanno assumendo un peso sempre piu'
rilevante a livello globale e le Organizzazioni internazionali, prima
fra  tutte  l'International  Maritime  Organization   (IMO),   stanno
lavorando per definire nuovi obiettivi di riduzione  delle  emissioni
prodotte dal settore  marittimo:  l'IMO  ha,  infatti,  adottato  nel
luglio 2023 la strategia sulla riduzione delle emissioni di gas serra
delle navi (2023 IMO GHG  Strategy),  che  rivede,  in  termini  piu'
ambiziosi, l'obiettivo di azzeramento delle emissioni nette di gas  a
effetto serra del trasporto marittimo internazionale entro il 2050. 
In tale prospettiva, e'  importante,  quindi,  prevedere  e  definire
misure, affinche' sia il trasporto marittimo, sia il sistema portuale
possano avviare un percorso di progressiva riduzione delle emissioni,
attraverso l'adozione di nuove tecnologie, l'utilizzo  di  carburanti
ad emissioni ridotte, la predisposizione  di  una  migliore  gestione
logistica,  l'ammodernamento  delle  infrastrutture  portuali  e   di
collegamento con gli altri sistemi di trasporto. 
 
2.14.1 Impatti e misure di adattamento 
Nell'ambito del presente Piano,  si  procede  ad  individuare  alcuni
settori o ambiti, ove si prevede  che  gli  impatti  dei  cambiamenti
climatici,  come  il  deterioramento  degli   ecosistemi   marini   e
l'innalzamento del livello del mare, possano  essere  da  freno  alla
crescita sostenibile delle zone marine, costiere e di mare aperto. 
Il sistema portuale-logistico risulta tra i settori piu'  vulnerabili
agli impatti dannosi provocati dai cambiamenti climatici. Gli  eventi
estremi legati al  clima,  che  si  registrano  con  sempre  maggiore
frequenza,  e  l'innalzamento  del  livello  del  mare  sono  dannosi
soprattutto per le reti e le infrastrutture di  trasporto  marittimo,
per quelle asservite alla comunicazione e  alla  logistica,  nonche',
naturalmente, per gli insediamenti urbani e produttivi presenti lungo
le coste. Pertanto, risulta opportuno promuovere ed attuare strategie
finalizzate   a   proteggere,   adattare   e    rendere    resilienti
infrastrutture e trasporti a  tali  fenomeni  legati  ai  cambiamenti
climatici, individuando tra le azioni possibili alcune misure  green,
volte ad implementare  interventi  verdi  che  aiutino  a  migliorare
l'integrazione  delle   infrastrutture   logistiche   nel   paesaggio
circostante; misure grey di tipo strutturale e tecnologico, basate su
interventi  di   progettazione,   manutenzione   e   gestione   delle
infrastrutture in termini di resilienza agli impatti dei  cambiamenti
climatici; misure soft, tese a garantire il coinvolgimento attivo  di
tutti gli stakeholders nei processi decisionali legati alle strategie
ed ai piani di adattamento. 
Anche le citta' e gli  insediamenti  costieri  potranno  trovarsi  ad
affrontare i gravi disagi dovuti  all'innalzamento  del  livello  del
mare ed agli eventi estremi associati alle mareggiate ed alle  ondate
di calore marine212 . 
Al riguardo, e' necessario, innanzitutto, disporre di banche dati  di
informazioni sull'ambiente marino costiero e urbano, che  considerino
sia  i  dati  di  vulnerabilita',  sia  quelli  ambientali,   nonche'
migliorare le previsioni a corto, medio e lungo termine degli  eventi
estremi e delle condizioni oceanografiche, che possono influenzare le
inondazioni e la  risalita  del  livello  del  mare.  E'  necessario,
inoltre,   studiare   ed   attuare   un   insieme    di    interventi
infrastrutturali,  che  comprenda  misure  di  disincentivazione   di
attivita' in aree ad alto rischio o di insediamenti in  zone  esposte
ad  alti  rischi  climatici  (crescita  del  livello  del  mare).  La
realizzazione di  interventi  istituzionali  a  livello  locale,  che
comprendano anche specifiche  disposizioni  normative  e  sistemi  di
finanziamento dedicati al  mantenimento  di  sistemi  socio-ecologici
costieri sani, accresce le capacita' di adattamento  nelle  citta'  e
negli  insediamenti  in  riva  al  mare.  L'implementazione  di   una
governance   multilivello   integrata   delle   zone   costiere,   la
pianificazione preventiva, l'adozione di cambiamenti  comportamentali
e l'attivazione di risorse finanziarie sono  idonei  a  fornire  alle
citta' e agli insediamenti una maggiore flessibilita' di  adattamento
ai cambiamenti climatici. 
Gli  effetti  dei  cambiamenti  climatici   stanno   gia'   incidendo
negativamente sugli ecosistemi marini del nostro Pianeta, costretti a
registrare  una  sensibile  alterazione  e  spesso  riduzione   della
biodiversita' (IPCC, 2022)213 . Gli impatti sugli ecosistemi marini e
costieri potranno aggravarsi dal  previsto  aumento  dell'intensita',
della frequenza e della durata delle ondate  di  calore214  , che  in
alcuni   casi   potranno   portare   al   collasso   degli   habitat.
L'innalzamento del livello del mare aumentera' il rischio di erosione
costiera e di inondazioni, minacciando la perdita  di  habitat  e  di
ecosistemi costieri specifici, e portera' ad un  peggioramento  della
salinizzazione delle acque sotterranee, compromettendo gli ecosistemi
costieri  e  l'approvvigionamento  idrico  dal  sottosuolo.   Occorre
mantenere  e  potenziare   le   capacita'   di   monitoraggio   della
biodiversita' marina, anche in termini di sistemi in situ, in modo da
ampliare le conoscenze relative  al  funzionamento  degli  ecosistemi
marini  e  pianificare  al  meglio  le  azioni  di   mitigazione   ed
adattamento degli impatti. 
Le politiche del mare devono contribuire al contrasto dei cambiamenti
climatici globali con misure proattive su scala locale,  partendo  da
azioni  di  riduzione  delle  attivita'  locali  ad  elevato  impatto
sull'ambiente,  al  fine  di   consentire   il   mantenimento   della
biodiversita' funzionale e dei servizi ecosistemici. La protezione  e
il recupero degli  ecosistemi  possono  rafforzarne la  resilienza  e
generare  opportunita'  per  garantire  il  ripristino  dei   servizi
ecosistemici con sostanziali benefici collaterali. 
Si rende necessario favorire la  protezione  e  il  ripristino  degli
ecosistemi, anche  attraverso  la  creazione  di  nuove  aree  marine
protette e/o l'estensione di quelle gia' esistenti. 
Anche il rischio di aumento  di  fenomeni  di  erosione  costiera  ed
inondazione e' conseguenza dell'innalzamento del  livello  del  mare,
delle variazioni  delle  condizioni  estreme  dello  stato  del  mare
(impattanti  su  ecosistemi   terrestri   e   costieri   alterati   o
eccessivamente  antropizzati)  e   della   diminuzione   di   apporti
sedimentari fluviali. 
Per  quanto   concerne   l'erosione   costiera   risulta   essenziale
consolidare approcci integrati di  monitoraggio  e  modellistica.  al
fine di migliorare la comprensione e supportare la gestione  corretta
delle coste, nonche' identificare ed elaborare piani di  adattamento,
che prevedano una serie di interventi e misure per la gestione  delle
coste, anche in termini di contrasto all'erosione costiera: a) misure
green (fascia inedificabile costiera, risanamento e  riqualificazione
fluviale e gestione dei sedimenti fluviali,  soluzioni  basate  sulla
natura, protezione, ripristino e gestione delle zone umide  costiere,
protezione  e  ripristino  delle  praterie  di  Posidonia   oceanica,
costruzione e rafforzamento delle dune); b) misure grey (ripascimento
delle  spiagge,  interventi  di  innalzamento   ed   estensione   del
territorio costiero, stabilizzazione e rafforzamento  delle  falesie,
opere rigide di difesa opere di difesa a scogliera, muri  paraonde  e
banchine, barriere contro l'inondazione marina); c) misure soft (aree
marine protette, adattamento attraverso piani e programmi di gestione
integrata delle zone costiere, arretramento pianificato,  sistemi  di
modellazione, monitoraggio e previsione,  informazione  e  formazione
dei cittadini sui cambiamenti climatici  e  sulle  loro  conseguenze,
sistemi di early warning). 
Anche la pesca, dipendendo dalla  produttivita'  degli  ecosistemi  e
dalla  consistenza  e  distribuzione  delle  risorse  sfruttate,   e'
soggetta direttamente ed indirettamente agli impatti dei  cambiamenti
climatici. Il riscaldamento degli oceani e'  attualmente  considerato
una delle principali forzanti che causano cambiamenti nella struttura
delle comunita' marine, influenzando le specie marine in  termini  di
distribuzione, di tassi di  crescita,  di  periodo  riproduttivo,  di
taglia di maturita', di reclutamento e di mortalita'. Alterazioni dei
cicli   biogeochimici   marino-costiero,   indotte   da   alterazioni
fisico-chimiche della  struttura  e  della  dinamica  dell'ecosistema
marino (legate  ai  cambiamenti  climatici),  possono  modificare  la
produzione primaria e impattare sugli  ecosistemi  rilevanti  per  la
pesca e l'acquacoltura. La disponibilita' di  risorse  alieutiche  e'
estremamente  sensibile  alle  alterazioni  indotte  dai  cambiamenti
climatici sulle strutture e sulla dinamica degli  ecosistemi  marini.
Sempre a causa del riscaldamento degli  oceani  e  dei  mari  si  sta
determinando uno spostamento  geografico  delle  specie  marine  piu'
sensibili  alla  temperatura,  con  crescente  diffusione  di  specie
aliene. 
L'acquacoltura e' anch'essa considerata tra i settori socio-economici
piu' vulnerabili ai cambiamenti  climatici,  sebbene  la  valutazione
degli impatti sia resa complessa dalla diversificazione  dei  sistemi
produttivi,  delle   tecnologie   adottate,   delle   specie,   della
localizzazione geografica, delle caratteristiche ambientali del sito,
nonche'  dalla  possibile  combinazione  di  piu'  fattori  d'impatto
(socio-economici, demografici, tecnologici e di governance). 
Gli effetti che i cambiamenti climatici possono avere sullo  sviluppo
del settore sono: (i) riduzione o  aumento  delle  performance  delle
specie  allevate;  (ii)  cambiamenti  nel  ciclo  riproduttivo  delle
specie, con conseguente riduzione del reclutamento naturale  e  della
disponibilita' di seme; (iii) condizioni  di  stress,  insorgenza  di
malattie, eventi di mortalita' per le  condizioni  ambientali  mutate
e/o sfavorevoli; (iv) episodi di contaminazione legata alla  qualita'
delle acque; (v) danni alle infrastrutture  e  perdita  di  materiale
biologico in relazione ad eventi meteo-marini estremi. 
Sia per la pesca e sia per  l'acquacoltura  e'  necessario  acquisire
conoscenze piu' puntuali e dettagliate sugli effetti dei  cambiamenti
climatici sulle diverse specie pescate e  su  quelle  di  allevamento
(biologia, ecologia, genetica e  patologia),  anche  attraverso  test
sperimentali,  sviluppo   di   osservatori   ben   distribuiti,   che
coinvolgano gli  operatori  ed  applichino  modelli  previsionali  ed
indicatori  specifici.  In  particolare,  per  l'acquacoltura   sara'
necessario valutare  la  possibilita'  di  selezionare  specie/strain
tolleranti alle condizioni indotte  dai  cambiamenti  climatici.  Per
entrambi i settori si dovranno sviluppare  metodi  di  analisi  della
vulnerabilita' dei diversi sistemi produttivi. Inoltre, e' necessario
implementare  i  sistemi  di  monitoraggio  e  di  previsione   anche
attraverso l'utilizzo di dati satellitari, modelli numerici e sistemi
di raccolta dati  relativi  alle  caratteristiche  fisico-chimiche  e
biologiche dei corpi idrici e del mare, anche con  il  coinvolgimento
degli operatori. 
E' necessario  promuovere  pratiche  di  gestione  sostenibile  degli
ecosistemi  marini  e,  in   particolare,   la   divulgazione   delle
informazioni sugli impatti dei cambiamenti climatici, promuovendo  la
consapevolezza pubblica in ordine alla  necessita'  di  adattare  gli
stili di vita dei settori della  popolazione  maggiormente  sensibili
alle conseguenze dei cambiamenti climatici sugli  ecosistemi  marini,
con particolare riguardo alla pesca e all'acquacoltura. 
L'aumento  dell'incidenza  degli  eventi   estremi   meteo-climatici,
l'innalzamento del livello del mare e i fenomeni di erosione costiera
produrranno impatti di rilievo anche sul patrimonio culturale  marino
e costiero e sulla sua stessa conservazione. 
Al riguardo, si rendono necessari interventi per  definire  programmi
ed azioni di monitoraggio dei parametri microclimatici necessari  per
poter valutare il degrado di materiali e  sistemi  caratterizzanti  i
beni culturali, incluso i fenomeni costieri (ad esempio,  aumento  di
temperatura del mare, erosione). Si potranno effettuare studi  mirati
sui diversi sistemi attivi e passivi o combinati che  possono  essere
impiegati per la stabilizzazione delle condizioni  microclimatiche  e
di qualita' dell'aria,  al  fine  di  sviluppare  le  piu'  opportune
strategie di adattamento. 
La presenza turistica in Italia e' generata per la maggior parte  dal
turismo balneare, sebbene la  situazione  possa  essere  destinata  a
mutare a causa degli impatti dei cambiamenti  climatici  sul  settore
turistico,    particolarmente    sensibile    alle    caratteristiche
meteorologiche e di  comfort  climatico,  soprattutto  nel  caso  del
turismo balneare. 
Gli impatti principali dei cambiamenti climatici sul turismo balneare
in Italia sono connessi alla  possibile  perdita  di  attrattiva  del
clima  mediterraneo  che  rischia  di   diventare   "troppo   caldo",
all'erosione delle coste e ad  eventi  meteo-climatici  estremi,  che
possono mettere a rischio le  infrastrutture  turistiche  balneari  e
non. 
Ne conseguono effetti diretti, che riguarderanno un cambiamento delle
mete turistiche  verso  le  zone  alle  piu'  alte  latitudini  e  lo
spostamento  temporale  della  stagione  turistica,  con  un  aumento
dell'afflusso  vacanziero  sulle  coste  italiane   nei   mesi   piu'
temperati; ma anche effetti indiretti, per cui la pressione antropica
potra' aumentare  la  vulnerabilita'  agli  impatti  dei  cambiamenti
climatici delle coste italiane, riducendo la capacita' di  resilienza
naturale degli ambienti costieri. 
Gli impatti indiretti attesi  riguardano  l'aggravarsi  dei  fenomeni
erosivi  e  la  conseguente  scomparsa  di   aree   costiere   e   di
infrastrutture   rilevanti   per   le   attivita'   turistiche,    la
desertificazione/diminuzione  delle  risorse  idriche  (con   maggior
rischio di incendi), la crescente  competizione  tra  usi  energetici
alternativi (con conseguenti maggiori costi per i servizi turistici),
l'esplosione demografica di organismi, quali alghe e meduse, che  mal
si conciliano con il turismo, e l'incremento dell'incidenza di eventi
estremi. 
Si  dovranno  individuare  azioni   di   adattamento   destinate   ad
incentivare la prevenzione dei rischi  per  la  salute  dei  turisti,
dovuti al  verificarsi  di  eventi  estremi  o  di  altre  situazioni
negative, che possano compromettere la destinazione turistica,  cosi'
come  a  favorire  la  destagionalizzazione  ed  a  promuovere  buone
pratiche di risparmio  e  gestione  ottimale  della  risorsa  idrica.
Appare auspicabile, al riguardo,  incentivare  il  ruolo  delle  aree
marine protette nella promozione dell'offerta turistica e delle nuove
tipologie  di  turismo  (ad  esempio,   l'ittiturismo,   il   turismo
subacqueo). 
 
2.14.2 Misure di mitigazione 
Il trasporto marittimo puo' assumere un ruolo centrale  per  l'Italia
nella sfida alla  decarbonizzazione  e  alla  sostenibilita',  grazie
anche al progressivo orientamento verso modalita'  piu'  sostenibili,
in particolare, promuovendo il crescente utilizzo della via marittima
rispetto a quella stradale. 
Come gia' sopra richiamato, il sistema portuale-logistico  e'  tra  i
piu' vulnerabili  agli  impatti  dei  cambiamenti  climatici  ed  e',
quindi, necessario procedere rapidamente all'adozione di  misure  che
consentano di perseguire contestualmente la riduzione delle emissioni
di gas serra e, al tempo stesso, di  adattare  queste  infrastrutture
alle nuove condizioni climatiche. Tali misure consentono, inoltre, di
ridurre l'impatto sulla qualita' dell'aria nelle citta', in cui  sono
presenti anche infrastrutture portuali, che rappresentano sovente una
delle principali fonti emissive di inquinanti atmosferici. 
Il mare, inoltre, dovra'  svolgere  un  ruolo  centrale  anche  nella
produzione di energie rinnovabili,  come  emerge  dai  lavori  svolti
nell'ambito dell'aggiornamento  del  Piano  nazionale  integrato  per
l'energia e il clima e dalla relazione del Ministro  dell'Ambiente  e
della Sicurezza Energetica,  allegata  al  Documento  di  economia  e
finanza   2023,   oltre   che   dalla    Strategia    nazionale    di
decarbonizzazione dell'economia italiana, adottata nel 2021. 
Secondo gli scenari elaborati in  questi  ambiti,  l'elettrificazione
degli usi finali dell'energia riveste  un  ruolo  chiave  nell'ambito
della decarbonizzazione, ma cio' solo a condizione che sia fortemente
incentivata la produzione di elettricita' da  fonti  rinnovabili.  La
produzione  eolica  offshore  rappresentera',  pertanto,  un  fattore
determinante affinche' cio'  avvenga,  sebbene  si  debbano  prendere
verosimilmente in considerazione  anche  altre  forme  di  produzione
elettrica rinnovabile, prima fra tutte quella fotovoltaica flottante,
ma anche quella derivante da onde e maree. 
E' fondamentale che l'adozione di  tali  politiche,  si  realizzi  in
tempi  ragionevolmente   brevi,   sempre   garantendo   comunque   la
salvaguardia  degli  ecosistemi  e  la  sinergia  con  le  misure  di
adattamento. 
Anche in questo caso, potrebbe rivelarsi opportuno che  le  politiche
di coordinamento e programmazione necessarie per  mettere  a  sistema
tutte le suddette misure, soprattutto laddove  richiedano  interventi
trasversali tra piu' amministrazioni, possano trovare un giusto punto
di riferimento nel Cipom. 
 
2.15 COOPERAZIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE 
La politica del mare non puo' prescindere dalle politiche europee  ed
internazionali  alla  cui  formazione  ed  implementazione   l'Italia
partecipa attivamente con il proprio contributo,  sia  di  conoscenza
sia finanziario. In questo  modo  la  Nazione  assicura  il  supporto
necessario  e  contribuisce  fattivamente  a  quanto  previsto  dalla
politica di coesione215 . Tale politica coinvolge diversi livelli  di
governo  (centrali  e  locali),  attribuendo  un  ruolo  formale   (e
fondamentale) al  "Partenariato  Economico  e  Sociale",  finanziando
programmi, singoli progetti  e  programmi  a  titolarita'  regionale,
locale e  centrale.  Il  suo  scopo  principale  e'  incrementare  le
opportunita' di sviluppo economico e sociale al  fine  di  ridurre  i
divari e le disparita' tra territori,  agendo  in  particolare  nelle
aree meno sviluppate e a  supporto  delle  comunita'  e  persone  con
maggiori necessita'. 
 
2.15.1 Politica di coesione dell'unione europea 2021-2027 
Per il periodo 2021-2027, la politica di coesione dell'Unione europea
si  compone  di  due  obiettivi,  volti  a  rafforzare  la   coesione
economica, sociale e territoriale. Il primo riguarda gli Investimenti
a favore dell'Occupazione e della Crescita ("IOC"), che  nel  periodo
di riferimento ricevera' il sostegno finanziario dal Fondo europeo di
sviluppo regionale ("FESR"), dal Fondo sociale europeo Plus ("FSE+"),
dal Fondo di coesione ("FC") (destinato  agli  Stati  membri  con  un
reddito nazionale lordo (RNL) pro capite inferiore al 90% della media
dell'UE-27 e di cui, quindi, non beneficia  l'Italia)  e  infine  dal
Fondo per la giusta transizione ("JTF"). Il secondo,  consiste  nella
Cooperazione Territoriale Europea ("CTE")216 , comunemente conosciuta
come Interreg, finanziata dal Fondo  europeo  di  sviluppo  regionale
("FESR") e dagli strumenti di finanziamento esterno dell'Unione  come
lo strumento di assistenza preadesione (IPA III) e  lo  strumento  di
vicinato, cooperazione allo sviluppo  e  cooperazione  internazionale
(NDICI). 
Entrambe gli obiettivi costituiscono riferimenti  essenziali  per  il
settore marittimo e  operano  in  sinergia  con  le  finalita'  degli
interventi  attivati  a  livello  nazionale  e   complementari   alla
programmazione comunitaria, finanziati con le risorse  del  Fondo  di
Rotazione di cui alla legge n. 183/1987,  nonche'  ulteriori  risorse
nazionali del  Fondo  Sviluppo  e  Coesione.  Ai  Fondi  europei  che
sostengono la politica di coesione 2021-2027  si  aggiunge  il  Fondo
Europeo per gli Affari Marittimi, la Pesca e l'Acquacoltura (FEAMPA). 
Complessivamente e nel periodo considerato,  per  cio'  che  riguarda
l'Italia, si e' prevista  la  partecipazione  a  19  programmi  della
CTE217 , i quali rientrano nella realizzazione degli 86  programmi218
previsti dalla politica di coesione dell'UE,  cofinanziati  a  valere
sui Fondi strutturali219 . Oltre alla quota di finanziamento del FESR
e al  co-finanziamento  nazionale,  detti  progetti  includono  anche
quelle  dello  European  Neighbourhood  Instrument  ("ENI")  e  dello
Instrument  for  Pre-accession  Assistance  ("IPA").   La   dotazione
complessiva dei nuovi programmi 2021-2027 e' superiore ai 3  miliardi
di euro (per tutte le nazioni coinvolte)  ed  impiega  fondi  FESR  e
nazionali per circa 1.2 miliardi, in sostanziale continuita' con  gli
importi disponibili per  il  periodo  2014-2020.  Nel  2022  si  sono
concluse le attivita' di programmazione del ciclo 2021-2027220 . 
L'Italia   ha   ottenuto   il   rafforzamento   della    cooperazione
mediterranea, sostenuto il valore della concentrazione  geografica  e
tematica  in  tutti  i  programmi,  cosi'  come   l'opportunita'   di
utilizzare al  meglio  la  maggiore  flessibilita'  tra  programmi  e
strumenti contenuti nelle nuove  proposte  regolamentari.  E'  stato,
inoltre, affermato il principio della  necessita'  di  collegare  gli
ampliamenti delle aree dei programmi a fronte di un maggiore  impegno
finanziario da parte dei Paesi. 
In Italia, e'  il  Ministro  per  gli  Affari  Europei,  il  Sud,  le
Politiche di Coesione e il Piano Nazionale di Ripresa  e  Resilienza,
competente per le attivita' del coordinamento e della  programmazione
delle politiche di coesione e di sviluppo territoriale che in  ambito
Macro-strategie (EUSAIR ed EUSALP) e  iniziativa  strategica  WestMED
esercita tale funzione in stretto coordinamento con il MAECI. In  tal
senso,  nel  quadro  delle  sue  attivita',  e'  coinvolto  in  varie
strategie: tematiche, territoriali, misure speciali  di  sostegno  in
particolare nel Mezzogiorno, macroregionali  e  di  bacino  marittimo
dell'Unione  europea.  Queste  ultime  riguardano   specifiche   aree
geografiche  europee  di  diversi  Stati  membri  che  richiedono  un
approccio condiviso e azioni coordinate e/o armonizzate a livello  di
piu' Stati e/o regioni per affrontare sfide e problematiche comuni. 
Sempre nell'ambito della politica  di  coesione  dell'Unione  europea
2021-2027, l'Italia partecipa all'EUSAIR (European Strategy  for  the
Adriatic and Ionian Region), la piu' rilevante per il Cipom delle due
strategie macroregionali (EUSAIR  e  EUSALP),  in  quanto  incentrata
fortemente sul Mare (Adriatico), nonche' all'  Iniziativa  di  bacino
marittimo  per  lo  sviluppo  sostenibile   dell'economia   blu   nel
Mediterraneo occidentale ("Iniziativa WestMED"). 
Piu' nel dettaglio, per cio' che concerne l'EUSAIR, si tratta di  una
iniziativa  lanciata  nel  2014  che  coinvolge  dieci   Paesi221   .
L'obiettivo della strategia e' promuovere una prosperita' economica e
sociale  sostenibile  nella  regione,  mediante  la  crescita  e   la
creazione  di  posti  di  lavoro  e  il   miglioramento   della   sua
attrattivita', competitivita' e connettivita', preservando  al  tempo
stesso l'ambiente e  assicurandosi  che  gli  ecosistemi  costieri  e
marini restino sani  ed  equilibrati.  Al  momento,  e'  in  fase  di
revisione per adeguare le priorita'  d'intervento  alle  nuove  sfide
europee del "Green deal" e della digitalizzazione. 
Per quanto  riguarda  invece  l'iniziativa  WestMED,  si  tratta  del
risultato diretto della dichiarazione  ministeriale  euromediterranea
sull'economia blu, approvata dall'Unione per il  Mediterraneo  il  17
novembre 2015. Tale dichiarazione ha sollecitato i Paesi partecipanti
ad esplorare il  valore  aggiunto  e  la  fattibilita'  di  strategie
marittime appropriate a livello subregionale, prendendo come punto di
riferimento l'esperienza del dialogo  "5+5"  che  coinvolge  Algeria,
Francia,  Italia,  Libia,  Malta,  Mauritania,  Marocco,  Portogallo,
Spagna  e  Tunisia.  I  tre  obiettivi  strategici  comprendono:   la
creazione di uno spazio marittimo piu' sicuro e protetto, un'economia
blu intelligente e resiliente e una migliore governance del mare. 
Ogni strategia coinvolge un insieme ampio ed eterogeneo di  attori  e
presenta dispositivi governativi peculiari.  La  Commissione  europea
riveste un ruolo di primo piano nel  coordinamento  strategico  delle
principali tappe della strategia. In ciascuno Stato  partecipante,  i
coordinatori  nazionali  sono  responsabili  per   il   coordinamento
generale e per il sostegno all'attuazione delle strategie. 
Sia la strategia EUSAIR sia l'iniziativa WestMED si sono evolute  nel
tempo,  passando  da  un  approccio   principalmente   basato   sulla
cooperazione  tra  governi  nazionali  a  un  approccio  sempre  piu'
orientato   alla   governance   multilivello,   capace   di   fornire
un'opportunita' di orientamento tematico a sostegno dell'integrazione
dei fondi su obiettivi  di  medio-lungo  termine.  Nella  definizione
della nuova politica di coesione 2021-2027, e' stata  evidenziata  la
sfida posta dal processo di "embedding"222 delle priorita' sia  della
strategia EUSAIR sia  dell'iniziativa  WestMED  nei  programmi  della
coesione. Rispetto ad altri programmi, i Programmi  Interreg  offrono
specifiche potenzialita' di costruzione di partenariati  multilivello
di carattere transnazionale  e  transfrontaliero  per  l'adozione  di
approcci comuni ed armonizzati. 
Dalla  tabella  che  segue,   puo'   essere   apprezzata   a   titolo
esemplificativo  la  corrispondenza  tra  alcune  azioni  prioritarie
identificate nel quadro  della  Strategia  EUSAIR  e  dell'iniziativa
WestMED e ambiti  di  intervento  dei  programmi  della  cooperazione
territoriale europea, ed principali ambiti che la  legge  assegna  al
Cipom: 
 
              Parte di provvedimento in formato grafico
 
Da questa analisi,  non  necessariamente  esaustiva,  puo'  scaturire
l'impegno del Governo a coltivare, in modo fattivo ed  efficiente,  i
programmi unionali ed internazionali di cooperazione. 
 
2.15.2 Le ulteriori politiche per la  crescita  e  la  competitivita'
dell'area mediterranea 
L'Italia, per la sua posizione geografica e  le  sue  tradizioni,  e'
anche chiamata  a  promuovere  l'intesa  multilaterale  con  i  Paesi
dell'area mediterranea. In questa  ottica,  occorrerebbe  definire  e
sviluppare una strategia che promuova  alcune  politiche  comuni  nei
diversi campi dell'economia del mare  riaffermando  i  valori  legati
agli interessi nazionali in modo armonico  e  congiunto,  chiaramente
nel  rispetto  del  diritto  internazionale  e   pattizio   e   degli
ordinamenti degli Stati aderenti. 
In questo contesto  potrebbe  valutarsi  di  dare  ulteriore  impulso
all'Unione per il Mediterraneo ("UpM")223 , e cioe'  l'organizzazione
intergovernativa fondata nel 2008 in occasione del Vertice di  Parigi
per il Mediterraneo, realizzato al fine di rafforzare il Partenariato
euromediterraneo ("PEM") istituito nel 1995 sotto il nome di Processo
di Barcellona. 
Come e' noto, l'Unione ha  tra  i  suoi  obiettivi  anche  quello  di
promuovere  la  stabilita'  e  l'integrazione  in  tutta  la  regione
mediterranea,  fungendo  da  forum  di   discussione   di   questioni
strategiche  regionali  basato   sui   principi   di   comproprieta',
codecisione  e  responsabilita'  condivisa  tra  le  due  sponde  del
Mediterraneo. Il suo obiettivo  principale  e'  quello  di  aumentare
l'integrazione Nord-Sud e Sud-Nord nella regione mediterranea al fine
di sostenere lo sviluppo socioeconomico dei diversi  Paesi  dell'area
mediterranea e garantire la stabilita' nella  regione,  favorendo  lo
sviluppo umano e promuovendo quello sostenibile224 . 
Anche  in  questo  contesto,  quindi,  il  Cipom  potrebbe  utilmente
rappresentare un  fattore  coagulante  degli  interessi  della  "blue
economy"  diffusi,  e  accelerante  nel  processo  di  sintesi  delle
iniziative governative per l'area mediterranea. 
 
2.16 SICUREZZA 
La "sicurezza" nel contesto del "Piano del mare" comprende,  data  la
molteplicita' delle tematiche coinvolte, un'inevitabile pluralita' di
accezioni. Esse spaziano da quella che e' nota come safety e riguarda
appunto la "sicurezza" di navi e imbarcazioni, quanto a dotazioni  ed
equipaggiamento, formazione degli equipaggi,  organizzazione  per  la
ricerca ed il soccorso in mare, fino alla security, ovvero le  azioni
preventive e le attivita' di contrasto attivo di  atti  illeciti  via
mare, fino alla sicurezza  di  proiezione.  La  security  assume  una
connotazione piu' marcatamente militare quanto piu' ci  si  allontana
dalle acque territoriali. Costituiscono, accezioni intermedie, quelle
della sicurezza dei  terminali  portuali  (c.d.  "Port  Security")  e
quella  derivante  dai  "comparti  di  specialita'"  delle  Forze  di
polizia, tutti caratterizzati dal prefisso "sicurezza",  ivi  inclusa
la "sicurezza del mare"225 . Quest'ultima, a similitudine degli altri
comparti di specialita', e' espressione della pubblica sicurezza  con
valenza eminentemente  territoriale,  riferibile  anche  agli  ambiti
marittimi nei quali lo  Stato  esercita  la  propria  sovranita'.  Si
aggiunge, inoltre, la sicurezza cibernetica e la "maritime security",
intesa come il contrasto alle attivita' illecite  che  precludono  il
libero uso del mare. Oggi, la dimensione marittima e' sempre piu'  al
centro di contese e controversie  internazionali  e  interne  per  il
guadagno di un vantaggio strategico ed economico in  una  determinata
area. 
 
2.16.1 Il quadro geopolitico e geostrategico 
La complessita' degli scenari e l'ambiguita' nell'interpretazione dei
fenomeni  alimentano  un  quadro  geopolitico  e   geostrategico   di
difficile prevedibilita', caratterizzato da una continua  evoluzione.
Sempre   piu'   frequentemente,   manifestazioni   locali    mostrano
ripercussioni  globali,  rivelando  come  le  differenti  trame   che
compongono il manto della sicurezza siano  fittamente  intessute  tra
loro. In  altri  termini,  tale  portato  alimenta  il  fenomeno  che
potremmo  definire  "globalizzazione  dei  fenomeni  di   insicurezza
locale", legando strettamente la sicurezza dell'Italia a  quella  del
"Mediterraneo allargato" fino all'Indo Pacifico. 
Non solo: il frequente ricorso a strumenti di "guerra  ibrida"  sfuma
la linea di confine tra rivalita' e scontro,  ampliando  l'estensione
della "zona grigia" destinata al  confronto,  portando  la  sicurezza
domestica e quella internazionale a convergere  gradualmente  in  uno
spazio  di  manovra  attraversato  trasversalmente  da  una  continua
competizione     nei     domini     tanto      operativo,      quanto
economico-finanziario, informativo e  cibernetico,  con  preoccupanti
prospettive di estensione al dominio spaziale e al dominio marittimo,
incluso l'ambito subacqueo, quale vera e propria nuova dimensione  di
crescita, sviluppo e confronto. 
Il complesso quadro  fin  qui  descritto  caratterizza  lo  stato  di
«competizione duratura», ovvero di tensione internazionale permanente
e  latente,  per   perseguire,   anche   attraverso   l'adozione   di
comportamenti particolarmente assertivi, obiettivi specifici indicati
nelle varie agende nazionali di politica estera. Cio' accade anche in
mare,  a  causa  dei  fenomeni  della  territorializzazione   e   del
"lawfare", cioe' di un uso strumentale, a  volte  spregiudicato,  del
diritto internazionale e  del  diritto  internazionale  marittimo  in
particolare. 
Questi fenomeni mirano all'appropriazione  degli  spazi  marittimi  e
all'accesso esclusivo delle risorse che in  essi  risiedono.  I  loro
effetti sono particolarmente sensibili nel bacino  del  Mediterraneo,
meno di un quinto della cui superficie e' rimasta scevra  da  dispute
da parte dei 21 stati costieri che vi si affacciano. 
A  questo  proposito  va  sottolineato  che  negli  ultimi  anni   la
competizione  fra  i  Paesi  affacciati  sul  Mediterraneo   per   la
definizione  di  proprie   Zone   economiche   esclusive   (ZEE)   ha
"territorializzato" il mare di casa (v. supra par. 2.1).  Dall'ideale
del  mare  libero  e  sicuro  alla  realta'  delle  acque  contese  e
contestate  il  salto  di  qualita'  e'  considerevole.   Siamo   una
generazione indietro rispetto agli altri "Paesi medioceanici" perche'
ci siamo rappresentati il Mediterraneo come dovrebbe essere invece di
studiare come sia. Recuperare il terreno perduto, anche in termini di
percezione e comunicazione pubblica, e' urgente. Il varo della  legge
che promuove la definizione di una nostra ZEE (v. supra  par.  2.1.4)
offre l'occasione per rivendicare e proteggere l'area  marittima  che
riteniamo essere di nostra responsabilita', sulla  base  del  diritto
internazionale. 
 
2.16.2 L'approccio alle sfide 
La sorveglianza e il controllo delle acque d'interesse nazionale - in
un'accezione piu' ampia - necessitano di una risposta multilivello  -
inter-agenzia e interministeriale - in grado di coprire un'ampia area
geografica  che  includa   sia   le   aree   marittime   di   diretta
responsabilita' - incluse la ZEE e la Zona contigua  (v.  supra  par.
2.1) -  sia  le  aree  oltre  la  giurisdizione  nazionale  lungo  le
principali rotte commerciali. 
Negli spazi marittimi di giurisdizione e, in proiezione, oltre i loro
limiti,  l'Italia  persegue  la  difesa  e  sicurezza  marittima  sia
nell'ambito del sistema di alleanze euroatlantiche sia  direttamente,
svolgendo un'attivita' di deterrenza, prevenzione  e  contrasto  alle
attivita' illecite in mare. Essa svolge inoltre una mirata  attivita'
di  presenza  e  sorveglianza  nelle  aree  di   maggiore   interesse
nazionale, in prossimita' di quelle ove  si  sviluppano  delle  crisi
regionali e lungo le linee di approvvigionamento strategico. 
Assume carattere prioritario preservare la liberta'  di  navigazione,
in particolare nei  punti  di  "strozzatura",  c.d.  "choke  points".
Rilevano tra questi lo Stretto di Sicilia e i Mari Adriatico e Jonio,
caratterizzati dalla straordinaria valenza commerciale e  securitaria
delle rotte e dei dotti che vi scorrono. 
Nel  merito,  lo  Stretto  di  Sicilia  offre  la   possibilita'   di
controllare la rotta  transoceanica  Est-Ovest  fra  Indo-Pacifico  e
Atlantico. Lungo l'asse Sud-Nord vi scorrono una  parte  sempre  piu'
importante dei flussi energetici, oltre ai flussi migratori che hanno
origine nel Sahel e nell'Africa profonda,  orientale  e  occidentale,
nonche' ai traffici illeciti  di  sostanze  stupefacenti  e  distinte
forme di contrabbando gestiti da organizzazioni  criminali,  anche  a
carattere internazionale. 
Anche i Mari  Adriatico  e  Jonio  rivestono  un  primario  interesse
strategico euroatlantico e sono teatro di  diverse  iniziative  sotto
egida nazionale - quale l'"Adrion" - o di altri Paesi,  quali  quella
dei Tre Mari226 . Adriatico e Jonio completano infatti  una  cerniera
lungo l'asse Nord-Sud che corre dall'Artico al  Mar  Nero  e  al  Mar
Mediterraneo,   attraversando   il   Mar    Baltico    e    sfociando
nell'Indopacifico. 
Tale azione costituisce un  fattore  abilitante  per  l'attivita'  di
tutti gli operatori del cluster marittimo nazionale e internazionale,
perche' ne rappresenta il pre-requisito: un mare poco  sicuro  e'  un
mare piu' costoso. 
Infatti, in assenza della liberta' di navigazione e  dell'uso  sicuro
del mare, il nostro sistema di import-export rischierebbe  lo  stallo
offrendo un vantaggio competitivo ad  altre  rotte  e  porti  lontani
dalla principale direttrice commerciale/mercantile mediterranea227 . 
L'area del "Mediterraneo allargato",  in  cui  si  proietta  l'azione
della difesa, costituisce un settore di elevata rilevanza  strategica
ed economica. 
Nel corso dei precedenti decenni, si e' assistito  a  un  progressivo
ampliamento dei suoi confini  concettuali,  funzionale  ad  includere
cause e origini dei principali fenomeni convergenti nella sfera degli
interessi  strategici  nazionali.  Nel  quadro  di  questi  interessi
rientrano la liberta' di navigazione,  il  commercio  e  il  connesso
sistema di trasporti, le sopra  menzionate  risorse  energetiche,  il
posizionamento  diplomatico,  economico,  industriale,   la   ricerca
scientifica, la difesa dei  connazionali  all'estero,  la  promozione
ampia e trasversale della marittimita'. 
Il concetto di  "Mediterraneo  allargato",  come  gia'  definito,  e'
pertanto in continuo divenire e non  e'  ancorato  a  rigidi  vincoli
geografici. 
La  presenza  di  importanti  fattori  di  criticita'  (radicati   in
particolare nei sottosistemi meridionale  e  orientale),  nonche'  la
coesistenza di interessi  spesso  divergenti  di  attori  interni  ed
esterni all'area (quali Russia e Cina) sono elementi  che  continuano
ad alimentare la complessita' e la mutevolezza dello scenario. 
La crescente rilevanza  di  dimensioni  d'azione  non-fisiche  (quali
cyberspazio o dominio  informativo),  la  citata  interdipendenza  di
fondo  dei  fenomeni  regionali  e  la  necessaria  condivisione   di
interessi nei beni pubblici globali (i c.d. "global commons") rendono
dunque opportuno individuare  un  orizzonte  strategico  maggiormente
elastico. 
Inoltre, gli eventi che  hanno  interessato  infrastrutture  critiche
sottomarine implicano un urgente approfondimento delle  gia'  attuali
tematiche inerenti le capacita' esprimibili nell'ambiente  subacqueo.
Si pensi che gia' oggi la quasi totalita' dei dati trasmessi  per  le
comunicazioni digitali  viaggia  su  cavi  sottomarini.  Allo  stesso
tempo, oltre l'80% dei fondali di mari e oceani risulta  inesplorato.
In tale ambiente, pero', la rapida innovazione  tecnologica  avvenuta
negli ultimi tempi ha  consentito  di  compiere  passi  straordinari,
rendendo  di  fatto  sempre  maggiore  -   ed   a   basso   costo   -
l'accessibilita' alle alte profondita'  e  ai  fondali  marini.  Cio'
schiude la disponibilita' di nuove risorse  (energetiche,  minerarie,
ittiche) a disposizione delle comunita'. Contestualmente, la  diffusa
accessibilita' incrementa anche le minacce e  i  rischi  che  possono
concretizzarsi  nell'ambiente  subacqueo  e   in   particolare   alle
infrastrutture di  sensibilita'  strategica.  Questa  configurazione,
insieme  alla   prospettiva   di   un   prossimo   incremento   della
"abitabilita'" degli abissi e dei fondali, rende di fatto  l'ambiente
marino sotto la superficie una vera e propria dimensione  fisica,  la
quinta dopo terra, aria, acqua e spazio. Di conseguenza e' necessario
predisporre un'organizzazione che permetta  di  regolarizzare  sia  a
livello nazionale che a  livello  internazionale  le  interazioni  in
questa dimensione,  in  particolare  in  termini  di  governance,  di
sfruttamento e di tutela. 
In sintesi, e' necessario proteggere il complesso sistema  produttivo
e di trasporto marittimo composto dalle linee di  comunicazione,  dai
porti, dagli interporti, dai  centri  nodali  di  smistamento  e  dal
retroterra  della  catena   logistica,   dalla   flotta   mercantile,
crocieristica e peschereccia,  nonche'  dagli  oleodotti  e  gasdotti
sottomarini, dalle navi e  piattaforme  petrolifere  offshore  e  dai
parchi eolici  marini.  Temi,  questi,  che  in  passato  sono  stati
trattati  esclusivamente  per  i  loro  risvolti  economici   e   che
richiedono d'essere invece ricondotti in un'unica visione  strategica
d'insieme. 
In particolare, dovra' essere  mantenuta  una  forte  attenzione  sul
mantenimento  del  controllo  di  alcuni  asset  strategici,  come  i
principali porti, utilizzando tutta  la  strumentazione  giuridica  e
finanziaria disponibile per evitare che eventuali investimenti esteri
possano limitare l'autonomia strategica della nostra  Nazione.  Negli
ultimi anni vi e'  stato,  infatti,  un  esplicito  interessamento  a
questi  scali  da  parte  straniera.  Questioni  che  abbiamo  finora
trattato come locali e unicamente commerciali, mentre ne e'  evidente
il grado strategico. Lo scalo di Taranto e' ideale da  e  verso  Suez
(come tale individuato dalla Cina oltre vent'anni  fa,  nel  contesto
delle "vie marittime della seta"), quello di Trieste, non solo  quale
emporio   mitteleuropeo   ma    come    perno    delle    connessioni
infrastrutturali, militari e civili, fra Adriatico e Baltico. 
La sorveglianza e il  controllo  degli  spazi  marittimi  d'interesse
nazionale - nell'accezione piu' ampia ed estesa a tutte le dimensioni
- necessitano  dunque  di  un'azione  multilivello,  inter-agenzia  e
interministeriale, che deve sfociare nel coordinamento  di  tutte  le
risorse militari e civili nazionali, con un approccio integrato con i
nostri  alleati  e  partner.  Quest'azione  deve   essere,   inoltre,
concettualmente  declinata  ovunque  risiedano  i  nostri   interessi
nazionali. Si tratta di un'area  estremamente  ampia,  che  supera  i
confini delle acque di giurisdizione nazionale e si estende oltre  il
"Mediterraneo allargato". 
Su questa base allargata (medio-oceanica) poggia l'interesse italiano
per le vastita' marine. L'Italia non e' una grande potenza mondiale e
non ha una diretta proiezione negli oceani Atlantico e Indo-Pacifico.
Ma la sua sicurezza nel mare di casa -  il  Mediterraneo  classico  -
dipende dalla sicurezza nell'Oceano mondo. 
Necessariamente, mentre negli spazi piu' prossimi  l'Italia  esercita
prevalentemente le proprie responsabilita' in  maniera  diretta,  per
garantire la sicurezza marittima di quelli piu' distanti  essa  tende
progressivamente a ricorrere ad accordi e alleanze internazionali. 
Cio' richiede: 
- l'impiego sinergico di tutti gli  strumenti  del  potere  nazionale
  (Politico, Diplomatico, Informativo,  Militare  ed  Economico)  per
  l'affermazione e la tutela degli interessi sul mare; 
- la condivisione delle informazioni necessarie a mitigare  i  rischi
  identificati; 
- il coordinamento degli indirizzi  strategici  delle  politiche  del
  mare; 
- la condivisione delle informazioni relative ai traffici marittimi; 
- il raccordo operativo tra le varie amministrazioni  competenti,  ai
  fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare. 
- il raccordo operativo tra le varie amministrazioni  competenti,  ai
  fini di porre in essere un'azione unitaria dello Stato sul mare. 
 
Risulta  pertanto  indispensabile  mitigare  i  fattori  di   rischio
indentificati, nonche' monitorare il traffico  e  le  minacce  a  cui
questo si dovesse trovare esposto - ad altissime profondita' ed anche
ben oltre i confini nazionali - tra cui  potremmo  annoverare,  senza
esclusione di altre fattispecie: 
- il crimine marittimo e la  pirateria,  incluse  attivita'  come  il
  contrabbando, il traffico di sostanze stupefacenti  e  di  persone,
  gestite da organizzazioni anche a carattere internazionale: sistemi
  sempre piu'  complessi  e  interconnessi  offrono  opportunita'  di
  interferenze e azioni malevole. Nei prossimi decenni  i  conflitti,
  il degrado economico e i cambiamenti climatici potrebbero aumentare
  i livelli di instabilita', il numero di stati falliti o scarsamente
  governati, generando condizioni sempre piu' favorevoli  al  crimine
  marittimo e alla pirateria. L'Italia continuera'  ad  impegnarsi  -
  insieme con alleati e partner - per rafforzare le proprie capacita'
  e  il  quadro  normativo  per  il   contrasto   alla   criminalita'
  organizzata  e  alla  pirateria.  Occorrera'  sviluppare  quindi  a
  livello inter-agenzia e interministeriale un processo di  revisione
  continua delle linee guida per il coordinamento e il  contrasto  di
  tali minacce; 
- la pesca  indiscriminata,  nota  anche  come  pesca  illegale,  non
  dichiarata e  non  regolamentata  (IUU,  Illegal,  Unreported,  and
  Unregulated Fishing), rappresenta una seria minaccia per le risorse
  ittiche e gli ecosistemi marini. Questa pratica dannosa implica  lo
  sfruttamento del  mare  al  di  fuori  dei  confini  legali  e  dei
  regolamenti stabiliti dalle autorita'  competenti.  L'Italia,  come
  molti altri Paesi, si impegna attivamente nella  lotta  alla  pesca
  indiscriminata  e  nella  promozione  di  pratiche  sostenibili   e
  responsabili. La gestione e la conservazione delle risorse  ittiche
  sono cruciali per garantire la sostenibilita' a lungo termine degli
  stock e preservare gli ecosistemi marini. Per contrastare la  pesca
  indiscriminata, l'Italia adotta diverse misure a livello  nazionale
  e  internazionale,  nel  rispetto  degli   accordi   internazionali
  sottoscritti   e   della   partecipazione    alle    organizzazioni
  internazionali di riferimento. L'obiettivo principale e'  garantire
  la sostenibilita' delle risorse ittiche preservando gli  ecosistemi
  marini per le generazioni future. 
- lo sfruttamento indiscriminato e incontrollato dei  fondali  marini
  che, oltre che  portare  all'appropriazione  esclusiva  di  risorse
  naturali,  potrebbe  arrecare   indirettamente   danni   gravissimi
  all'ambiente anche nelle aree limitrofe. 
- il terrorismo: le  sempre  piu'  diffuse  aree  di  instabilita'  e
  conflitto,   cosi'   come   le   diverse   piattaforme    digitali,
  continueranno a  fornire  una  base  per  l'attivita'  terroristica
  (indipendente o  riconducibile  ad  organismi  statali)  attraverso
  attacchi  a  navi  o  infrastrutture   strategiche   offshore.   Le
  metodologie di attacco potrebbero nel  tempo  evolvere,  includendo
  l'impiego di tecnologie emergenti che hanno anche aperto  l'accesso
  agli spazi subacquei ad un numero sempre maggiore di attori a costi
  sempre piu' contenuti. Assistiamo a una nuova corsa  agli  "abissi"
  e, alla luce degli attuali scenari, e' necessario agire in anticipo
  per predisporre  adeguate  condizioni  di  tutela  degli  interessi
  nazionali che insistono in tale dimensione. Sara' quindi necessario
  disporre di un ampio ventaglio di capacita' dispiegabili  anche  ad
  altissime profondita', in grado sia di garantire il controllo e  la
  tutela della dimensione subacquea, ivi comprese  le  infrastrutture
  che vi risiedono,  sia  un'adeguata  capacita'  di  monitoraggio  e
  intervento.   Ancora   una   volta   un   approccio   condiviso   e
  collaborativo, sia nel contesto nazionale  sia  internazionale,  e'
  alla base delle soluzioni di prevenzione e contrasto; 
- gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento  tecnologico  sta
  rendendo  le  infrastrutture   critiche   nazionali   sempre   piu'
  vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi  che
  piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard,  regolamenti  e
  linee guida appropriate in  questi  settori.  In  questo  campo  e'
  fondamentale condividere la responsabilita' della  tutela  e  della
  protezione  tra  istituzioni  ed  industria  nell'ottica   sia   di
  sviluppare  nuovi  sistemi  di  protezione,  sia  di  aumentare  la
  resilienza del sistema nazionale. 
- gli attacchi cibernetici: il tasso di cambiamento  tecnologico  sta
  rendendo  le  infrastrutture   critiche   nazionali   sempre   piu'
  vulnerabili agli attacchi informatici. L'Italia e' tra i Paesi  che
  piu' si sta impegnando per lo sviluppo di standard,  regolamenti  e
  linee guida appropriate in  questi  settori.  In  questo  campo  e'
  fondamentale condividere la responsabilita' della  tutela  e  della
  protezione  tra  istituzioni  ed  industria  nell'ottica   sia   di
  sviluppare  nuovi  sistemi  di  protezione,  sia  di  aumentare  la
  resilienza del sistema nazionale. 
 
Tutto cio' e' perseguibile  attraverso  un  quadro  aggiornato  della
situazione  marittima,   da   condividere   a   livello   interforze,
interagenzia  e  interministeriale,   a   beneficio   di   tutte   le
amministrazioni e nel rispetto delle loro  diverse  competenze.  Tale
dispositivo avra' il suo naturale riferimento nel Cipom. Le modalita'
di implementazione del Dispositivo interministeriale sono  decise  in
ambito di Governo. 
Le sfide che nel nostro tempo provengono dal mare e dai suoi  fondali
richiedono  un  approccio  collegiale  integrato  e   sinergico   che
coinvolga tutti gli attori,  istituzionali  e  non,  con  funzioni  e
competenze attinenti alla marittimita'. 
La sicurezza marittima puo' dunque essere garantita  solo  attraverso
un'azione coordinata, condivisa e integrata in una visione d'insieme,
fra tutte le strutture  civili  e  militari  che  vi  partecipano,  a
livello locale come a quello nazionale, unitamente  allo  sviluppo  e
alla  valorizzazione  di  un  patrimonio   tecnologico   avanzato   e
all'avanguardia, nel  cui  ambito  e'  indispensabile  garantire  una
cornice  di  sicurezza  abilitante  per  le  attivita'  del   cluster
marittimo. 
 
3. CONCLUSIONI 
Cio' che e' emerso con forza nella redazione del Piano  del  mare  e'
l'esigenza   di   esprimere   una   visione   armoniosa,    alta    e
onnicomprensiva, per  fare  di  questo  documento  uno  strumento  di
programmazione unitario e  coordinato  sulle  strategie  da  adottare
nelle politiche del mare. 
L'Italia intende guardare al mare oltre l'orizzonte con occhi nuovi e
con un diverso approccio che  non  sia  soltanto  economicistico,  ma
anche con una chiara  strategia  di  sicurezza,  in  un  Mediterraneo
baricentro tra  interessi  di  diverse  Potenze  e,  quindi,  in  una
posizione esposta e da tutelare. Ecco  perche'  si  rende  necessario
superare la visione essenzialmente commerciale che l'Italia ha finora
avuto della geopolitica marittima. 
E' ormai  urgente  adottare  dei  provvedimenti  che  incentivino  la
competitivita' delle nostre imprese, delle nostre  associazioni,  dei
nostri territori, con particolare attenzione alle isole  minori;  dei
provvedimenti che tutelino il nostro patrimonio marino, accompagnando
la  transizione  dalla  "crescita  blu"  ad  una  economia  del  mare
sostenibile;228 dei provvedimenti  che  rendano  piu'  efficiente  ed
efficace l'azione complessiva dello Stato sul  mare,  in  termini  di
sicurezza nazionale, sul rispetto dei  vincoli  internazionali  e  di
tutela della territorialita' delle acque. 
In particolare, si rende necessario sviluppare azioni coerenti con le
direttrici che possano anche: 
- snellire la  burocrazia,  semplificando  i  rapporti  tra  imprese,
  territori e PA, riducendo il numero  di  passaggi  e  i  tempi  per
  compierli,  attraverso  la  messa  a  sistema  degli  interlocutori
  istituzionali;  imprenditori   marittimi   e   istituzioni   devono
  raccordarsi agevolmente semplificando il  livello  regolatorio,  di
  intese,   nulla   osta   e   altri   atti   di   assenso   comunque
  denominati, nella stesura delle normative attuative di  settore  da
  parte  dei  dicasteri  competenti   attraverso   l'attivazione   di
  conferenze di servizi semplificate; 
- adottare normative chiare e politiche fiscali  certe,  al  fine  di
  rendere piu' competitive le filiere del mare; 
- internazionalizzare, promuovere e comunicare  l'economia  del  mare
  "Made in Italy"; 
- digitalizzare l'intero settore marittimo, per conferirgli  maggiore
  competitivita' e appetibilita' a livello internazionale, colmando i
  gap di interconnessione nazionale attraverso l'adozione di un'unica
  banca dati in  cui  gli  attori  pubblici  e  privati  possano  far
  convergere ed attingere l'informazione,  partendo  dagli  strumenti
  per la pianificazione spaziale, per semplificare e  velocizzare  le
  procedure autorizzative; tale strumento potrebbe essere gestito dal
  Cipom (o dal Ministero della  Protezione  Civile  e  del  Mare)  ed
  essere  messo  a  disposizione  di  tutte  le  pertinenti   realta'
  pubbliche e private; 
- rafforzare quantitativamente e qualitativamente  la  rappresentanza
  della  marittimita'  italiana  nell'Unione  Europea  e  nelle  sedi
  internazionali preposte; 
- allineare la normativa del settore marittimo a  quella  gia'  assai
  attenta dell'Unione Europea, evitando d'adottare delle  norme  piu'
  restrittive solo per l'Italia, norme che avrebbero il solo  effetto
  di penalizzare la nostra competitivita'; 
- inquadrare in maniera trasversale  il  tema  della  formazione  del
  personale marittimo e del mantenimento delle  relative  qualifiche,
  cui e'  necessario  guardare,  anche  in  questo  caso,  con  occhi
  orientati alla semplificazione e alla competitivita'; 
- attuare delle politiche ambientali orientate  alla  sostenibilita',
  nelle dimensioni ecologica, economica,  sociale  e  giuridica,  che
  coinvolgano nel processo le attivita' produttive; 
- favorire e sostenere network  e  cluster  nazionali  di  tutti  gli
  utenti del mare, partendo da quelli istituzionalmente  riconosciuti
  a livello nazionale ed  europeo,  anche  attraverso  nuovi  sistemi
  tecnologici  innovativi,  che  possano  rafforzare  e  maggiormente
  qualificare l'offerta marittima italiana sia  a  livello  nazionale
  che internazionale; 
- facilitare  le  sinergie  tra  istituzioni,   territori,   imprese,
  associazioni, autorita' civili, autorita' militari e cittadini  che
  operano sul e per il mare; 
- affrontare in maniera innovativa la  questione  del  dragaggio  dei
  porti e dei loro accessi; si  tratta  di  un  aspetto  estremamente
  delicato, che rischia di penalizzare  i  nostri  sorgitori  e,  con
  essi,  i  nostri  imprenditori  marittimi;  un  tema,  questo,  che
  abbraccia interessi trasversali e richiede un  approccio  parimenti
  trasversale, consapevole ma agile; 
- incentivare la transizione energetica, attraverso  un'azione  dello
  Stato consapevole e determinata; 
- sostenere l'innovazione  tecnologica,  mettendo  insieme  il  mondo
  delle imprese e il mondo della ricerca,  che  e'  alla  base  della
  competitivita' delle nostre imprese marittime; 
- migliorare l'efficienza e l'efficacia dell'azione complessiva dello
  Stato sul mare; 
- promuovere, a cominciare dalla scuola primaria, una  nuova  cultura
  del mare, attraverso  l'approccio  multidisciplinare  (letteratura,
  mito, storia, antropologia, economia, archeologia, scienza,  arte),
  finalizzato ad approfondire la conoscenza di  questo  straordinario
  elemento  della  natura  per  migliorarne  la  salvaguardia  e   la
  valorizzazione. 
 
In sintesi, e' necessario addivenire  a  un  punto  d'equilibrio  tra
esigenze apparentemente contrastanti. 
La disciplina delle attivita'  marittime  deve  essere  permeata:  da
unicita' di visione, perche' e' unico  il  patrimonio  del  mare;  da
trasversalita', perche' nello scrivere una norma e'  fondamentale  la
consapevolezza degli effetti che inevitabilmente  si  riverberano  su
piu'  ambiti,  una  consapevolezza  marittima,   che   richiede   una
formazione   e   una   preparazione   specifiche;   da    omogeneita'
d'applicazione, perche' gli operatori  economici  hanno  esigenza  di
confrontarsi con procedure agili, consolidate e prevedibili, pur  nel
rispetto  della  tutela  di   peculiarita'   locali   meritevoli   di
attenzione. 
Serve adottare un approccio corale, per orientare  le  politiche  del
mare  in  maniera  armoniosa,  per   sprigionare   le   straordinarie
potenzialita'  marittime  dell'Italia,  per  sostenere  lo   sviluppo
d'iniziative tese a valorizzare il patrimonio delle  opportunita'  di
cui disponiamo. 
Questo sforzo implica anche la diffusione della cultura marittima, il
recupero  e  la  valorizzazione  delle  nostre   antiche   tradizioni
marinare, l'accento sulla comunicazione  e  sulla  promozione  di  un
pensiero strategico. Per essere efficace, questa trasformazione  deve
poggiare  su  una  solida  base  culturale   e   sulla   piu'   ampia
partecipazione non solo dei soggetti strettamente interessati, ma  di
tutti i cittadini. 
 
4. APPENDICE 
Il  presente  "Piano  del  mare"  nazionale  e'  il  risultato  della
sinergica  azione  di  coordinamento,  programmazione  ed   indirizzo
strategico svolta dal Comitato interministeriale per le politiche del
mare (Cipom), istituito con il decreto-legge  11  novembre  2022,  n.
173, convertito in legge, con modificazioni, dall'art.  1,  comma  1,
legge 16 dicembre 2022, n. 204, e  presieduto  dal  Ministro  per  la
Protezione civile e le Politiche del mare  e  composto  dai  seguenti
Ministri: 
  ♦ Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale; 
  ♦ Ministro della difesa; 
  ♦ Ministro dell'economia e delle finanze; 
  ♦ Ministro delle imprese e del made in italy; 
  ♦ Ministro dell'agricoltura, della sovranita'  alimentare  e  delle
    foreste; 
  ♦ Ministro dell'ambiente e della sicurezza energetica; 
  ♦ Ministro delle infrastrutture e dei trasporti; 
  ♦ Ministro della cultura; 
  ♦ Ministro del turismo; 
  ♦ Ministro per gli affari regionali e le autonomie; 
  ♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione
    e il PNRR. 
  ♦ Ministro per gli affari europei, il Sud, le politiche di coesione
    e il PNRR. 
 
Il presente "Piano" e' stato redatto con il supporto della  Struttura
di  missione  per  le  politiche  del  mare  e  il   contributo   dei
sottoelencati dieci esperti, nominati dal Ministro per la  Protezione
civile e le Politiche del mare ai sensi  dell'art.  9,  comma  2  del
d.lgs. n. 303 del 1999: 
  ♦ ACAMPORA Dott. Giovanni - Presidente ASSONAUTICA; 
  ♦ CARACCIOLO Prof. Lucio - Professore di relazioni internazionali e
    studi strategici, direttore della rivista "Limes"; 
  ♦ CATAUDELLA  Prof.  Stefano  -  Professore  emerito  di   ecologia
    applicata nell'Universita' di "Tor Vergata"; 
  ♦ CORDARO Avv. Salvatore - Avvocato cassazionista - gia'  assessore
    della Regione siciliana al Territorio e all'ambiente; 
  ♦ NONES Prof. Michele - Gia' consigliere  PCM  e  ministeriale  per
    questioni di sicurezza; Vicepresidente IAI; 
  ♦ PISANI  Dott.  Vincenzo  -  Fondazione  Leonardo  Civilta'  delle
    Macchine; 
  ♦ RIBUFFO Amm. Pierpaolo - Ammiraglio  di  Divisione  -  Comandante
    Interregionale Marittimo Nord; 
  ♦ ROSSI Avv. Alberto - Segretario generale ASSARMATORI; 
  ♦ SISTO Dott. Luca - Direttore generale CONFITARMA; 
  ♦ TELLARINI  Prof.ssa  Greta  -  Professoressa  di  diritto   della
    navigazione e dei trasporti. 
  ♦ TELLARINI  Prof.ssa  Greta  -  Professoressa  di  diritto   della
    navigazione e dei trasporti. 
 
Hanno altresi' contribuito al "Piano", nella qualita' di  Consiglieri
del Ministro: 
 
  ♦ Prof.  Claudio  GAMBINO,  professore   associato   di   geografia
    nell'Universita' Kore di Enna; 
  ♦ Avv.   Giacomo   GARGANO,   professore   associato   di   diritto
    amministrativo nell'Universita' Kore di Enna; 
  ♦ Capitano Luigi LANERA; 
  ♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di  diritto
    della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma. 
  ♦ Avv. Elda TURCO BULGHERINI, gia' professore ordinario di  diritto
    della navigazione nell'Universita' Tor Vergata di Roma. 
 
   Portatori di interesse o stakeholder: 
    

• AGCI - AGRITAL        • CONFETRA                • LEGAPESCA COOP

                        • COLDIRETTI - IMPRESA
• AGRIPESCA - UCI       PESCA                     • LEGA NAVALE

• AERO                  • CONFARCA                • LEONARDO S.P.A.

• AIAD                  • CONFCOMMERCIO           • MAREVIVO

• AIDNI                 • CONFINDUSTRIA           • OGS TRIESTE

                                                  • OP TONNIERI DEL
• AIDIM                 • CONFINDUSTRIA NAUTICA   TIRRENO

                                                  • OSSERVATORIO
                                                  NAZIONALE PER LA
• AIPAS                 • CONFTRASPORTO           TUTELA DEL MARE

                                                  • OSSERVATORIO
• ALL•PESCA             • CONFITARMA              NAZIONALE PESCA

• ALIS                  • CONFSAL PESCA           • PESCAGRI - CIA

                        • CONFIMPRESE DEMANIALI
• ANCI                  ITALIA                    • SAIPEM

                        • CONFARTIGIANATO
• ANASPED               IMPRESE BALNEARI          • SNAM

• ANEV                  • CONFESERCENTI           • RINA

                        • CONSORZIO               • TIM S.P.A.
• ANCIM                 MEDITERRANEO              (SPARKLE)

                        • CONFTURISMO -
• ANIM                  CONFCOMMERCIO             • TERNA

                                                  • SEGRETARIATO
                                                  UNIONE PER IL
• ANCIP                 • DCGCMCC                 MEDITERRANEO

• ALLEANZE COOP•
ITALIANE PESCA          • DRASS                   • SIB ITALIA

                                                  • SIB
• AMI                   • ELETTRICITA' FUTURA     CONFCOMMERCIO

• AMA                   • ENI                     • UE COOP

                                                  • UGL
• ANAPI                 • ELETTRONICA S.P.A.      AGROALIMENTARE

• ANGOPI                • FEDERCOOPESCA           • UILA PESCA

• ANTEP                 • FAITA FEDERCAMPING      • UIL TRASPORTI

• ANTA                  • FAI CISL                • UGL MARE

                        • FEDAGRIPESCA -
• ASSITERMINAL          CONFCOOPERATIVE           • UNASCA

                        • FEDERAGENTI -
• API                   ASSAGENTI                 • UNEM

                                                  • UNCI -
• ARCHEOCLUB ITALIA     • FEDEPILOTI              AGROALIMENTARE

• ARCI PESCA FISA       • FEDERALBERGHI           • UNIPORT - FISE

• ARPACAL               • FEDERBALNEARI           • UNICOOP PESCA

• ASSOCAD               • FEDESPEDI - ANTEP       • USCLAC - UNCDIM

                                                  • WEST MED -
• ASSOARPA              • FEDERIMORCHIATORI       NATIONAL HUB

• ASSONAVE              • FEDER OP.IT             • WWF

• ASSAGENTI             • FEDERLOGISTICA

• ASSARMATORI           • FEDERTERZIARIO

• ASSORIMORCHIATORI     • FEDERAZIONE DEL MARE

• ASSOPORTI             • FEDERMARE

• ASSOCIAZIONE
MARINERIE D'ITALIA      • FEDERPESCA

• ASSOCIAZIONE PESCA
AGRI CIA                • FEDERTURISMO

• ASSOBALNEARI          • FINCANTIERI S.P.A.

• ASSOCOSTIERI          • FIBA CONFESERCENTI

• ASSOITTICA            • FIPIA

• ASSOGASLIQUIDI-
FEDERCHIMICA            • FILT-CGIL

• ASSOLOGISTICA         • FIPO

• ASSONAT               • FIPSAS CONI

• ASSONAUTICA           • FIT-CISL

• ASSORISORSE           • FLAI CGIL

• ASSOMARINAS           • GREENPEACE

                        • IMPRESA PESCA - ASS.
• ASSOTURISMO           PESCA ED ACQUACOLTURA

                        • INTERNATIONAL
• ASSOITTICA            PROPELLER CLUBS

                        • ISTITUTO ITALIANO DI
• BE.WA.RE.             NAVIGAZIONE

• CLIA                  • INTERMARINE S.P.A.

• BIG - CLUSTER         • ITS ACADEMY
TECNOLOGICO NAZIONALE   FONDAZIONE CABOTO

                        • LEGACOOP -
• CNA                   AGROALIMENTARE

• CNSD                  • LEGAMBIENTE                                
    
   Amministrazioni pubbliche ed Enti pubblici: 
• Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali 
• Ministero dell'Interno 
• Ministero dell'Istruzione e del Merito 
• Comitato Offshore 
• Dipartimento per le Politiche di coesione 
• CONI 
• ANPAL 
• INAIL 
• INPS 
 
   Enti di ricerca: 
• Centro Resilienza Coste 
• CESMAR 
• Comitato Sicurezza delle Attivita' Off-shore 
• CNR 
• CONSIMA 
• ENEA 
• EURISPES - Osservatorio Isole Minori 
• ISPRA 
• Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale 
• NOEL - UNIVERSITA' MEDITERRANEA 
• OGS TRIESTE 
• Universita' La Sapienza - Cattedra di  Geologia  Marina  (Prof.  F.
CHIOCCI) 
• Universita' Roma 3 
• INGV 
• INGV 
 
Il flusso di lavoro prodromico all'approvazione del primo "Piano  del
mare" italiano e' iniziato il 29 marzo 2023 con la prima riunione del
Cipom nella quale il Presidente, il Ministro per la Protezione civile
e le Politiche del mare Senatore Nello  Musumeci,  ha  illustrato  il
metodo di  lavoro  che  le  articolazioni  amministrative  dipendenti
avrebbero seguito per raggiungere detto importante  primo  obiettivo,
evidenziando  come  lo  stesso  sarebbe  stato  il   piu'   inclusivo
possibile,  dando  voce  a  tutti  i  portatori  d'interessi  e  alle
amministrazioni facenti parte del Cipom. 
A tal fine, dopo questo primo incontro, la Struttura di Missione  per
le Politiche del Mare ha organizzato dieci  audizioni  tematiche  con
tutti gli stakeholder in ambito marittimo, al fine di acquisire dagli
stessi tutte le criticita'  rappresentate,  nonche'  le  informazioni
necessarie per  realizzare  un  Piano  completo  che  consentisse  di
elaborare possibili soluzioni rispetto alle citate criticita' per  un
rilancio complessivo della blue economy nazionale. 
Nello specifico, le  audizioni  hanno  riguardato  le  seguenti  aree
tematiche, con la  partecipazione  riepilogata  nella  Tabella  1  di
seguito riportata: 
♦ 26 aprile 2023 ("Porti e logistica"); 
♦ 28 aprile 2023 ("Rotte marittime e spedizioni"); 
♦  3  maggio  2023  ("Ecosistemi,  biodiversita'  e  risorse   marine
viventi"); 
♦  10  maggio  2023  ("Risorse  energetiche,  immersioni  e  geologia
marina"); 
♦ 17 maggio 2023 ("Beni culturali, turismo/crociera,  sport,  demanio
marittimo"); 
♦ 23 maggio 2023 ("Sicurezza; promozione  e  proiezione  del  sistema
marittimo nazionale a livello internazionale"); 
♦ 29 maggio 2023 ("Lavoro e formazione"); 
♦ 29 maggio 2023 ("Isole minori"); 
♦ 5 giugno 2023 ("Lavoro e formazione. - Settore della pesca"); 
♦ 7 giugno 2023 ("Approfondimenti). 
 
In data 5  luglio  2023,  sono  stati  convocati,  per  un  ulteriore
confronto sul redigendo Piano, i Vertici della Marina Militare, della
Guardia di Finanza e del Corpo delle Capitanerie  di  porto,  nonche'
delle Agenzie del Demanio e delle Dogane. 
Le audizioni per il  "Piano  del  mare"  hanno  richiesto  un'intensa
attivita' di gestione e coordinamento da  parte  della  Struttura  di
Missione per le Politiche del mare che ha organizzato e svolto,  alla
presenza dei dieci esperti designati, un totale di n.  83  audizioni,
ascoltando oltre n. 190 stakeholder e raccogliendo n. 139  contributi
presentati dai diversi portatori d'interesse. 
 
Si evince un'elevata percentuale di  partecipazione  alle  audizioni,
sintomo di un forte  interesse  alle  tematiche  della  blue  economy
nazionale, sia da parte dei portatori di interesse che da parte delle
Pubbliche Amministrazioni, raggiungendo, in  vari  casi,  livelli  di
partecipazione molto vicini al 100%. 
Terminate le audizioni degli stakeholder, si e' proceduto a elaborare
la prima bozza di Piano del mare. 
Il 28 giugno 2023 e' stata convocata la seconda seduta del  Cipom  al
fine di illustrare, alle diverse Amministrazioni  facenti  parte  del
Comitato,  l'andamento  dei  lavori  di  redazione  del  Piano  e  la
necessita' di un continuo coinvolgimento delle stesse  per  eventuali
osservazioni e ampliamento delle aree tematiche trattate dal Piano. 
Il presente "Piano del mare" e' stato approvato all'unanimita' il  31
luglio 2023, nel corso della terza seduta del Cipom. 
 
--------------------------------------- 
 
1 Vds. Comunicazione Commissione  Europea  17  Maggio  2021,  n.  240
Final. 
 
2 Vds. Comunicazione Commissione Europea n. 240 del 2021 Final. 
 
3 Vds. Italian Maritime Economy, Rapporto SRM, 2021. 
 
4 Vds. Undersea Telecommunication  Cables:  Technology  Overview  and
Issues for Congress, Congressional Research  Service,  September  13,
2022. 
 
5 Il trasporto via mare contribuisce sole per il 3% alle emissioni di
gas                                                             serra
https://ec.europa.eu/research-and-innovation/en/horizon-magazine/emis
sions-free-sailing-full-steam-ahead-ocean-going-shipping 
 
6 Vds. «The EU Blue Economy Report 2023». 
 
7 Vds. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare»,  Centro  Studi
Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare. 
 
8 Elaborazione SRM Assoporti e UNEM 2022 (presentazione  rapporto  4°
«MED & ITALIAN ENERGY REPORT» di SRM  e  dell'ESL@Energy  Center  del
politecnico di Torino, 1 dic. 2022). 
 
9 Ibidem; greggio e' inteso come petrolio e GNL. 
 
10  Il  "Mediterraneo  allargato"  e'  un  concetto   geopolitico   e
geostrategico  identificabile  con  la  Regione  che   include   aree
immediatamente contigue al Mediterraneo  "in  senso  stretto",  e  si
allarga ad oriente verso il Mar Nero, il Medio Oriente  e  -  tramite
Suez - il Mar Rosso, il Golfo Persico, il  Corno  d'Africa,  l'Oceano
Indiano e a occidente - attraverso Gibilterra -  verso  il  Golfo  di
Guinea (fonte: Ministero  della  Difesa,  Strategia  di  Sicurezza  e
Difesa per il Mediterraneo, ed. 2022). 
 
11  Recante  il  «Testo  unico  delle  disposizioni  concernenti   la
disciplina  dell'immigrazione  e   norme   sulla   condizione   dello
straniero», poi modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, meglio
nota come legge "Bossi-Fini". 
 
12 Recante il «Codice dei beni culturali e del paesaggio». 
 
13 Recante l'«Istituzione di una zona economica  esclusiva  oltre  il
limite esterno del mare territoriale». 
 
14 Mentre la ZEE deve essere proclamata per  divenire  effettiva,  la
piattaforma continentale, costituendo secondo l'art. 76, paragrafo 1,
dell'UNCLOS,  un  prolungamento  naturale  del   territorio   emerso,
appartiene allo Stato costiero ab  initio  ed  ipso  jure.  Ai  sensi
dell'art. 77, paragrafo 3, della stessa Convenzione, «I diritti dello
Stato  costiero  sulla   piattaforma   continentale   non   dipendono
dall'occupazione  effettiva  o  fittizia  o  da  qualsiasi  specifica
proclamazione». 
 
15 Recante norme sulla  «Ricerca  e  coltivazione  degli  idrocarburi
liquidi  e  gassosi  nel  mare  territoriale  e   nella   piattaforma
continentale e modificazioni alla l. 11 gennaio  1957,  n.  6,  sulla
ricerca  e  coltivazione  degli  idrocarburi  liquidi   e   gassosi»,
ulteriormente modificata dalla legge 2  dicembre  1994,  n.  689,  di
ratifica ed esecuzione dell'UNCLOS, che sostituisce la definizione di
Piattaforma Continentale con quella dell'art 76 della UNCLOS. 
 
16 Conformemente a quanto previsto all'art. 125 della Convenzione  di
Montego Bay, godono del diritto di passaggio  inoffensivo  anche  gli
Stati privi di litorale. 
 
17 Vds. Convenzione delle  Nazioni  Unite  sul  diritto  del  Mare  -
Montego Bay (UNCLOS) 1982, art. 19. 
 
18 In questa ottica si colloca la politica di vicinato  della  UE  di
cui  all'articolo  8  del  TUE,  ovvero  di  una  rete  di   rapporti
collaborativi con Paesi in grado di assurgere  al  ruolo  di  partner
impegnandosi su programmi e progetti che includono una componente  di
sviluppo economico e un forte impegno al miglioramento  della  catena
logistica,  come  effettivamente  sta  accadendo  in   alcuni   Paesi
dell'area  Middle  East  and  North  Africa,   quale   -   a   titolo
esemplificativo ma  non  esclusivo  -  il  Marocco.  Trattasi,  nella
sostanza, di una politica bilaterale tra l'Unione europea e  ciascuno
Stato partner, che prevede iniziative di cooperazione  regionale:  il
partenariato orientale (c.d. "PO") e  l'Unione  per  il  Mediterraneo
(UpM), etc. 
 
19 In particolare, i  servizi  di  collegamento  marittimo  Ro-Ro/Pax
attivi nelle due isole maggiori hanno movimentato piu' di 30  milioni
di tonnellate di merce e oltre 6 milioni di passeggeri. 
 
20 Vds. Direttiva UE n. 959 del 2023 del  Parlamento  europeo  e  del
Consiglio recante modifica della Direttiva CE 13 ottobre 2003, n. 87,
che istituisce un sistema per lo scambio di quote  di  emissioni  dei
gas a effetto serra nell'Unione. 
 
21 Piu' approfonditamente sulle isole minori italiane nell'ottica del
presente Piano del mare si rinvia infra al par. 2.12. 
 
22 Risulta quindi evidente il legame indissolubile tra insularita'  e
trasporto marittimo insulare. 
 
23 Nel 2019 sono stati  oltre  26  milioni  i  passeggeri  che  hanno
utilizzato il trasporto marittimo locale. 
 
24 Il raddoppio del  Canale  di  Suez  (completato  nel  2015)  e  il
progetto "Belt and Road Initiative",  promosso  dalla  Cina  fin  dal
2013, rendono l'area nel cui centro e' situato l'Italia un  luogo  di
interesse logistico prioritario. 
 
25 Cfr. «Drewry Maritime Research, Container Forecast - Q1 2022». 
 
26 Cfr. «Rapporto Shipping Industry  Italia  -  Il  contributo  della
Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021. 
 
27 Nel Sud sono presenti le maggiori strutture portuali per i servizi
marittimi di "transhipment" (Gioia Tauro, Taranto e Cagliari). 
 
28 Cosi' come precisato anche dall'articolo 21 del Regolamento UE  11
dicembre 2013, n. 1315. 
 
29 Che istituisce un quadro normativo per la  fornitura  dei  servizi
portuali e norme comuni in materia  di  trasparenza  finanziaria  dei
porti. 
 
30 Quali i cc.dd. "Ecobonus" e "Marebonus". 
 
31  Cfr.,  ex  multis,  «Rapporto  Shipping  Industry  Italia  -   Il
contributo della Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma
2021, pag. 16. 
 
32 Cfr. «Ports Infographics Maritime Economy 2023». 
 
33 I piu' diffusi afferiscono al trasporto dei prodotti siderurgici e
delle rinfuse liquide, in  particolar  modo  per  quanto  riguarda  i
settori petrolifero e chimico a servizio dell'industria nazionale. 
 
34 Trattasi del Regolamento  (CE)  che  concerne  l'applicazione  del
principio della libera prestazione dei servizi ai trasporti marittimi
fra Stati membri ("cabotaggio marittimo"). 
 
35 Cfr., ex multis,  Paper  Cassa  Depositi  e  Prestiti  dal  titolo
«Crocieristica e Covid-19: Alcuni fatti  stilizzati»,  2020,  nonche'
vedasi il Report CLIA «State of the cruise industry outlook», 2022. 
 
36 Completano il podio dello scorso anno  Civitavecchia  e  Marsiglia
(entrambe in  significativa  crescita  passeggeri  sul  2021).  Nelle
successive posizioni ci sono Marsiglia, Palma de Mallorca, con Napoli
e Genova a contendersi il quinto posto. 
 
37 Cfr., ex multis, «Il traffico crocieristico in Italia nel  2022  e
le previsioni per il 2023», Risposte al Turismo,  speciale  crociere,
edizione 2023. 
 
38  Cio'  scongiurando,  tuttavia,   lo   sfruttamento   di   approdi
eventualmente situati in aree private presenti all'interno di  alcune
realta' portuali nazionali le quali, al contrario, dovrebbero  essere
oggetto di demanializzazione. 
 
39 L'entrata in  funzione  del  nuovo  regime  per  i  controlli  dei
passeggeri e dei marittimi di Paesi terzi in  partenza  o  in  arrivo
dai/nei porti Schengen in attuazione del Regolamento UE  30  novembre
2017, n. 2226  avra'  un  impatto  sulle  compagnie  di  traghetti  e
crociere nelle tratte con Paesi terzi.  Tale  normativa  introduce  a
livello europeo due  sistemi:  (i)  il  sistema  di  controllo  degli
ingressi e delle uscite,  c.d.  "EES"  (Entry-Exit  System),  che  si
applichera' a tutti i  viaggiatori  di  Paesi  terzi  che  desiderano
entrare nell'area Schengen per un breve periodo  (massimo  90  giorni
ogni 180); (ii)  il  sistema  di  informazione  e  autorizzazione  ai
viaggi, c.d. "ETIAS" (European Travel Information  and  Authorisation
System) che, invece, si applichera' solo ai cittadini di Paesi  terzi
esenti dall'obbligo di visto. 
 
40  In  questo  senso,  occorre  altresi'  un   impegno   a   livello
internazionale per  fare  in  modo  che  almeno  i  passeggeri  delle
compagnie crocieristiche che si imbarcano  in  un  porto  Schengen  e
sbarcano nuovamente nello stesso porto od in un altro, sempre in area
Schengen, siano esentati da tali controlli. 
 
41 Che ricomprende nel proprio alveo merce pallettizzata,  in  balle,
in fusti, in casse,  oppure  grandi  macchinari  fuori  sagoma  (c.d.
"project cargo"). 
 
42 Cfr. Statistiche della Banca d'Italia relative alla «Indagine  sui
trasporti     internazionali     di     merci»,     giugno      2023:
https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/indagine-trasporti-internaz
ionali/2023-indagine-trasporti-internazionali/Statistiche ITM 0806202
3.pdf. 
 
43 Per quanto riguarda le rinfuse liquide imbarcate  e  sbarcate  nei
porti italiani, il 2022  ha  registrato  169.016.474  tonnellate.  In
crescita quindi del 3,2% rispetto ai 163.796.753 del 2021 (anche  se,
nel 2019, il totale registrato era pari a 182.808.394 tonnellate). Le
rinfuse solide, invece, nei dodici  mesi  terminati  il  31  dicembre
scorso erano state 61.071.582 tonnellate, il 7,3% in piu' rispetto ai
56.937.187  di  tonnellate  del  2021  (nonche'  ai   59.661.023   di
tonnellate registrate nel 2019). Per contro, ancora al di  sotto  del
periodo pre-Covid sono le altre merci varie (ovvero i traffici  break
bulk) che nel 2019 valevano 23.368.829  tonnellate,  nel  2021  erano
state 20.360.044 tonnellate e l'anno scorso 19.664.663 tonnellate. 
 
44 Vds. Comunicazione della Commissione europea (2004) 43,  rubricata
«Orientamenti comunitari in materia di aiuti di  Stato  ai  trasporti
marittimi». 
 
45 Trattasi, in particolare: (a) del credito d'imposta corrispondente
all'Irpef  dovuta  sulle  retribuzioni   corrisposte   al   personale
imbarcato a bordo di navi iscritte nel Registro internazionale  (Cfr.
articolo 4, comma  1);  (b)  della  riduzione  dell'80%  del  reddito
derivante dall'utilizzazione delle predette navi  (Cfr.  articolo  4,
comma 2); (c) dell'esonero dal versamento di contributi previdenziali
e assistenziali per il personale imbarcato  (Cfr.  articolo  6);  (d)
della riduzione dell'aliquota dell'imposta sulle assicurazioni  (Cfr.
articolo 9-quater). 
 
46 Inoltre, il settore del trasporto marittimo beneficia  del  regime
opzionale della c.d. "Tonnage Tax" di cui agli articoli  155-161  del
T.U.I.R (d.p.r. 22 dicembre 1986, n. 917). 
 
47 Cfr. regio decreto del 30 marzo 1942, n. 327 e s.m.i.. 
 
48 Cfr. d.p.r. 15 febbraio 1952, n. 328 e s.m.i.. 
 
49  Un  esempio  sono  le  attivita'  di  collaudo   degli   apparati
radioelettrici di bordo delle navi italiane effettuate all'estero  da
parte degli ispettori ministeriali al solo fine del  rilascio  e  del
rinnovo della licenza radio. 
 
50 Comprese le carte,  i  libri,  il  certificato  di  iscrizione,  i
diversi giornali di bordo come il giornale nautico,  il  giornale  di
carico, il giornale radio telegrafico e  tutti  gli  altri  documenti
previsti  dal  codice  della   navigazione,   nonche'   il   registro
dell'orario di lavoro. 
 
51 Anche normando la questione irrisolta della  corresponsione  degli
anticipi  di  denaro  a  bordo  delle  navi  impiegate  sulle  tratte
internazionali. 
 
52 Cfr. Circolare IMO «List of certificates and documents required to
be carried on board ships, 2022». 
 
53 In questo modo all'Amministrazione  resterebbe  la  certificazione
della "Flag State Inspection", assumendo cosi' un ruolo  di  verifica
ispettiva postuma - cosi' come  avviene  nelle  ispezioni  alle  navi
battenti bandiera straniera che  scalano  i  porti  nazionali  -  con
verifiche a 360° su tutta  la  certificazione  statutaria  e  con  il
controllo  indiretto  sulle  attivita'  certificative  degli   stessi
Organismi. 
 
54 Vds. proposta presentata in data 1 giugno 2023. 
 
55  Integrando  nel  quadro  delle  ispezioni  delle  navi  anche  la
Convenzione IMO  «Ballast  Water  Management»  e  la  Convenzione  di
Nairobi «Wreck Removal» (rispettivamente sulla gestione  delle  acque
di zavorra e sulla rimozione dei relitti). 
 
56 Inerenti ai criteri di ponderazione (weighting points) applicati a
determinate tipologie di navi e il  fattore  di  ponderazione  basato
sulla ratifica delle convenzioni internazionali da parte dello  Stato
di bandiera. 
 
57 Cio' comporterebbe che le navi che rientrano nelle  categorie  D-E
verrebbero considerate come navi potenzialmente  piu'  rischiose  dal
punto di vita della Maritime Safety. 
 
58 Questa misura mirerebbe ad incoraggiare il rilascio di certificati
elettronici da parte degli Stati di bandiera o  delle  organizzazioni
riconosciute che agiscono per loro conto. Le navi  che  utilizzeranno
certificati elettronici sarebbero quindi  considerate  navi  a  minor
rischio e quindi  potenzialmente  esposte  ad  un  numero  minore  di
ispezioni Port State control. 
 
59 Tra cui l'obbligo per l'Amministrazione di ciascuno  Stato  membro
di «fare affidamento su risorse adeguate, commisurate alle dimensioni
e al tipo della propria flotta»  e  di  «assicurare  la  supervisione
delle attivita' degli ispettori dello Stato  di  bandiera,  ispettori
statali   e   organizzazioni   riconosciute»    ("Ros",    Recognised
Organisations). 
 
60 Gli Stati membri sono tenuti a rendere consultabile un  elenco  di
informazioni relative alle navi battenti la loro bandiera (elenco  di
cui  all'articolo  6),  in  un  formato  elettronico  compatibile   e
interoperabile  con  le  banche  dati   sulla   sicurezza   marittima
dell'Unione. 
 
61 Conferendo  alla  Commissione  e  all'EMSA  maggiore  controllo  e
specificando ulteriormente i requisiti  per  i  sistemi  di  gestione
della qualita' e per le valutazioni annuali delle prestazioni. 
 
62 Inoltre, la Direttiva stabilisce che le  sanzioni  penali  saranno
introdotte dalla proposta di Direttiva europea  del  2023  sui  Reati
Ambientali, attualmente in fase di  negoziazione  interistituzionale,
che  prevedra'  sanzioni  penali  per  i  reati  piu'  gravi   contro
l'ambiente, come gli scarichi illeciti provenienti dalle  navi  e  il
riciclaggio improprio di componenti inquinanti delle navi, al fine di
garantire un solido sistema di enforcement e sanzioni. 
 
63 La proposta ha l'effetto, tra l'altro, di estendere  il  campo  di
applicazione ai pescherecci, compresi quelli di lunghezza inferiore a
15 metri; fornire orientamenti in relazione  agli  incidenti  che  si
verificano, coinvolgendo  le  navi  in  porto  e  coprendo  cosi'  la
sicurezza dei portuali e dei lavoratori portuali (articolo 5.6). 
 
64 La Direttiva sul trasporto combinato  promuove  il  passaggio  dal
trasporto merci su strada a modi di trasporto a basse emissioni  come
le vie navigabili interne, il trasporto marittimo a  corto  raggio  e
ferroviario. 
 
65 La Strategia europea per una Mobilita' intelligente e  sostenibile
(COM/2020/789)  fissa  dei  target  specifici   di   incremento   del
trasferimento modale verso lo short sea shipping del 25  %  entro  il
2030 e del 50% entro il 2050. 
 
66 Ai sensi del Regolamento UE  1257  del  2023,  la  Commissione  si
impegna a riesaminare il presente Regolamento al piu' tardi, entro  i
diciotto mesi  precedenti  alla  data  di  entrata  in  vigore  della
Convenzione di Hong Kong. 
 
67  Vds.  «Hong  Kong  International  Convention  for  the  Safe  and
Environmentally Sound Recycling of Ships» (HKC), 2009. 
 
68 Ad oggi,  detto  progetto  e'  virato  verso  una  prospettiva  di
cooperazione industriale e di "cluster" con  l'aggiunta  di  elementi
che  potrebbero  rivelarsi  cruciali  nello  sviluppo  delle  filiere
UE-Mediterraneo  e  con  un  impatto  notevole  sulle  direttrici  di
traffico marittimo sia con riferimento ai traffici passeggeri sia per
i traffici merci. Il programma pluriennale 2021-2027 per il  vicinato
meridionale definisce, infatti, seppur preliminarmente, le  priorita'
e gli obiettivi della cooperazione regionale  unionale,  cfr.  Studio
«Il mare  che  verra'.  Analisi  strategica  sulle  opportunita'  del
Mediterraneo.   Lo   sviluppo   industriale,   il    reshoring,    la
ricostruzione,  la  ripresa  del  mercato  turistico  e  le  ricadute
possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'» (pp.  15  e
ss.). 
 
69 Vds. «Ports Infographics Maritime Economy 2023»  secondo  cui,  in
termini di commercio internazionale, circa il  70%  delle  merci  che
sono movimentate in valore  avviene  via  mare  e  dal  Mediterraneo,
scenario competitivo dei nostri  porti,  passa  il  27%  delle  rotte
strategiche mondiali. 
 
70  Vds.  Piano  Strategico  Nazionale  della  Portualita'  e   della
Logistica, pubblicato nel 2015, nel quale  viene  precisato  come  si
debba prendere atto del fatto che - anche  lato  terra  -  le  scelte
industriali e logistiche degli operatori di settore contribuiscono in
misura non trascurabile a determinare i traffici portuali e  di  cio'
deve tenersi conto compiutamente nella definizione  delle  previsioni
di domanda (cfr. p. 153 del Piano). 
 
71  Cfr.  «Piano  Strategico  Nazionale  della  Portualita'  e  della
Logistica», pp. 177-185. 
 
72  Cfr.  Studio  «Il  mare  che  verra'.  Analisi  strategica  sulle
opportunita' del Mediterraneo. Lo sviluppo industriale, il reshoring,
la ricostruzione, la ripresa del  mercato  turistico  e  le  ricadute
possibili sull'interscambio via mare e sulla portualita'», p. 22. 
 
73 In tal senso,  giova  rilevare  che  anche  il  «Piano  Strategico
Nazionale per la Portualita' e la Logistica», approvato con  d.p.c.m.
26 agosto 2015, all'obiettivo n. 6, individua come prioritaria  detta
necessita' da attuare attraverso la piattaforma logistica  nazionale.
La direttiva del Ministero delle Infrastrutture e  dei  Trasporti  n.
137 del 20 marzo 2018 ha indicato le «Linee guida  per  omogeneizzare
ed organizzare i sistemi Port Community System (PCS)»  attraverso  la
Piattaforma Logistica Nazionale poi concretamente attuata. 
 
74 Quattro dei nove  Corridoi  TEN-T  interessano  l'Italia:  (a)  il
Corridoio Mediterraneo che attraversa il Nord Italia da Ovest ad Est,
congiungendo Torino, Milano,  Verona,  Venezia,  Trieste,  Bologna  e
Ravenna; (b) il Corridoio Reno  Alpi  che  passa  per  i  valichi  di
Domodossola e Chiasso e giunge al porto di Genova; (c)  il  Corridoio
Baltico Adriatico che collega l'Austria e la Slovenia  ai  porti  del
Nord Adriatico di Trieste, Venezia e  Ravenna,  passando  per  Udine,
Padova e Bologna; (d) il Corridoio Scandinavo-Mediterraneo che  parte
dal valico del Brennero e collega Trento, Verona,  Bologna,  Firenze,
Livorno e Roma con i principali centri urbani del  sud  come  Napoli,
Bari, Catanzaro, Messina e Palermo. 
 
75 In questo senso, infatti, si colloca il Regolamento UE 11 dicembre
2013, n. 1315 che ha definito  la  rete  di  trasporto  trans-europea
TENT-T e che prevede la creazione  di  una  rete  articolata  su  due
livelli per lo  sviluppo  della  rete  internazionale:  (i)  la  c.d.
"Comprehensive Network", ovvero una rete globale da realizzarsi entro
il 2050 che mira  a  garantire  la  piena  copertura  del  territorio
dell'Unione europea e l'accessibilita' a tutte le  regioni;  (ii)  la
c.d. "Core Network", ovvero una rete centrale a livello unionale  (da
realizzarsi entro il 2030) che comprende le parti di rete globale che
rivestono  la  piu'  alta   importanza   strategica   ai   fini   del
conseguimento degli obiettivi per lo sviluppo della rete transeuropea
dei trasporti. La sua realizzazione si  basa  su  un  «approccio  per
corridoi». 
 
76 I porti italiani nelle TEN-T si distribuiscono sulla rete centrale
(core), che comprende: Ancona, Augusta, Bari, Cagliari, Genova, Gioia
Tauro,  La  Spezia,  Livorno,  Napoli,  Palermo,  Ravenna,   Taranto,
Trieste, Venezia; la rete complessiva ("comprehensive") a  sua  volta
comprende i porti di: Brindisi, Carloforte, Chioggia,  Civitavecchia,
Fiumicino,  Gaeta,  Gela,  Golfo  Aranci,  La  Maddalena,  Marina  di
Carrara, Messina, Milazzo, Monfalcone, Olbia, Palau, Piombino,  Porto
Levante, Porto Torres, Porto- ferraio, Portovesme,  Reggio  Calabria,
Salerno, Savona Vado,  Siracusa  e  Trapani.  A  questi,  il  MIT  ha
proposto che siano aggiunti altri 5 porti. Nell'ambito rete dei porti
marittimi  di  interesse  nazionale  gli  scali   ammontano   a   58,
distribuiti nelle 16 Autorita' di Sistema Portuale. 
 
77 Cfr. «Iniziativa di studio sulla portualita'  italiana  -  Secondo
Rapporto» - 2016 pp. 43-46. 
 
78 Trattasi dello strumento dell'UE per gli  investimenti  strategici
nelle infrastrutture di trasporto. Si veda, al riguardo, la lista dei
progetti TEN-T che riceveranno finanziamenti europei, per  un  totale
di 6.2 miliardi di euro, a seguito dell'ultimo bando CEF, relativi  -
inter alia - allo sviluppo di infrastrutture per la navigazione e  il
corto raggio ed il c.d. "Cold-Ironing". Detti progetti -  selezionati
dalla  Commissione  europea  che  ne  sosterra'   oltre   l'80%   del
finanziamento - riguardano,  tra  le  altre,  i  porti  marittimi  di
Irlanda,   Grecia,    Spagna,    Lettonia,    Olanda    e    Polonia:
https://cinea.ec.europa.eu/news-events/news/transport-infrastructure-
european-commission-accelerates-shift-sustainable-and-smart-mobility-
ten-t-2023-06-22 en. 
 
79 Rappresentato, cioe', dalla superficie su  cui  insiste  l'insieme
dei servizi e delle  attivita'  economiche  che  -  a  seconda  dello
sviluppo dell'offerta logistica e dei  livelli  di  accessibilita'  -
gravitano sul porto. 
 
80 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare  in
una prospettiva di sviluppo  del  Paese  e  di  autonomia  strategica
europea», Maggio 2022, pag. 78, in cui viene precisato che - a fronte
di un numero  elevato  di  porti,  pur  notevolmente  differenti  per
dimensione  e  capacita'  di  traffico  -  risultano  esservi  alcune
incongruenze nei dati medi di numero  e  lunghezza  degli  accosti  e
superficie delle banchine per porto,  come  pure  nei  dati  medi  di
lunghezza dell'accosto e superficie delle banchine per accosto. Viene
infatti riportato che «[.] Adottando come riferimenti i  valori  medi
nazionali, si rilevano diverse  combinazioni,  almeno  apparentemente
contraddittorie; cosi', una  portualita'  regionale  puo'  avere  una
dotazione media  di  accosti  elevata  e  una  lunghezza  ancor  piu'
elevata, ma bassa  nella  superficie  di  banchine;  all'opposto,  si
rilevano pochi accosti e lunghezze ridotte,  ma  ampie  superfici  di
banchine. [.]». 
 
81  Cfr.,   ex   multis,   T.   Nooteboom,   J.P.   Rodrigue,   «Port
regionalization:  towards  a  new  phase  in  port  development»,  in
«Maritime policy and management» n. 3, 2005  -  stessi  autori,  «The
terminaliation  of   supply   chains:   reassessing   port-hinterland
logitical reletionships», in «Maritime policy and management», n.  2,
2009, nonche' lo studio relativo alla  «Iniziativa  di  studio  sulla
portualita' italiana» - Dipartimento  per  la  programmazione  ed  il
coordinamento della politica Economica della Presidenza del Consiglio
dei Ministri, 2014 (p. 47 e ss.). 
 
82  Il  tutto,   ad   esempio,   implementando   anche   servizi   di
"navettamento" ferroviario. 
 
83 Cfr. «Progetto Mare - La competitivita' dell'economia del mare  in
una prospettiva di sviluppo  del  Paese  e  di  autonomia  strategica
europea», Maggio 2022, pp. 152-153. 
 
84 Il tutto, ad esempio, in linea con  quanto  previsto  anche  nelle
c.d. "Azioni" 1 e 2 di cui al Piano Strategico  della  Portualita'  e
della Logistica aventi  ad  oggetto,  segnatamente,  «Misure  per  la
semplificazione e a velocizzazione  delle  procedure,  dei  controlli
degli interventi su porti  di  interesse  nazionale»  e  «Misure  per
l'efficientamento   dei   servizi   portuali   e   l'aumento    della
competitivita' degli operatori». 
 
85 Investimento 4 operata con Decreto  interministeriale  3  dicembre
2021, n. 492 del «Interventi infrastrutturali per le Zone  Economiche
Speciali (ZES)». 
 
86 Il tutto, peraltro, in linea sia  con  la  normativa  sia  con  la
giurisprudenza di riferimento, nella misura in cui la  pluralita'  di
operatori per l'erogazione del servizio e' ritenuta  compatibile  con
il mercato interno e, da un punto di vista organizzativo, fa si'  che
il servizio in esame possa essere svolto anche  da  imprese  iscritte
nel registro ex art. 68 cod. nav. in possesso  di  idonei  requisiti.
Tale orientamento - che va di pari passo anche con  quanto  contenuto
nel Regolamento UE 15 febbraio 2017, n. 352 nella misura in  cui  non
e' esclusa la possibilita' di affidare a piu' operatori  il  servizio
di ritiro rifiuti prodotti dalle navi - va nel senso  di  dare  piena
liberta' al mercato sul presupposto che la  selezione  dell'operatore
del servizio e' rimessa al soggetto che usufruira' del servizio  e  a
carico  del  quale  sono  posti  i  relativi  costi,  in  un   regime
concorrenziale. 
 
87 Come evidenziato  nell'ambito  di  numerose  analisi  condotte  in
ambito  nazionale  ed  internazionale,  da  ultimo  l'approfondimento
condotto  da  RAM  S.p.A.  a  maggio  2023  dedicato  a   «Il   ruolo
dell'innovazione tecnologica digitale per la blue economy  e  per  la
portualita' italiana». 
 
88 Cfr. «XI Rapporto Nazionale sull'Economia del Mare»  Centro  Studi
Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare, 2023. 
 
89 Cfr. Regolamento UE 2019 del Parlamento europeo e del Consiglio 20
giugno 2019, n. 1239 che «istituisce un sistema di interfaccia  unica
marittima europea e che abroga la direttiva 2010/65/CE». 
 
90 Cfr. Paper R.A.M. - Logistica,  Infrastrutture,  Trasporti  S.p.A.
dal titolo «Il ruolo dell'innovazione  tecnologica  digitale  per  la
blue economy e per la portualita' italiana» - maggio 2023, pp. 25 ss. 
 
91 Cfr. ex multis «Iniziativa di studio sulla portualita' italiana» -
Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica
Economica della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  2014  (pag.
55), nonche' «Progetto Mare -  La  competitivita'  dell'economia  del
mare in  una  prospettiva  di  sviluppo  del  Paese  e  di  autonomia
strategica europea», Maggio 2022, pag. 206. 
 
92 Inoltre, l'applicazione di tale procedura potrebbe  fornire  anche
la  possibilita'  di  appositi  servizi  di   c.d.   "tracking"   che
conseguentemente avrebbero un impatto positivo sia sulla sicurezza  e
sul monitoraggio delle merci presenti nelle aree portuali  sia  sulla
"velocizzazione" delle connesse operazioni portuali. 
 
93 Cfr. Articolo 56-ter, Sezione 15, rubricato «Aiuti  a  favore  dei
porti marittimi», di cui  al  Regolamento  UE  della  Commissione  14
giugno 2017, n. 1084 «che modifica il regolamento  (UE)  n.  651/2014
per  quanto  riguarda  gli  aiuti  alle  infrastrutture  portuali   e
aeroportuali [.]». Il tutto tenendo conto del principio  secondo  cui
le infrastrutture portuali sovvenzionate sono  messe  a  disposizione
degli utenti interessati su base paritaria e non discriminatoria alle
condizioni di mercato. 
 
94 Cfr. ex multis  il  parere  del  Consiglio  Superiore  dei  Lavori
Pubblici ("CSLP") n. 44 del 2017 che ha chiarito che: (a) l'obiettivo
del PRP sia quello di tutelare la concorrenza; (b) il PRP rappresenta
una garanzia per gli investimenti e crea affidamento per il  soggetto
concessionario. 
 
95 In sostanza, quindi, ai sensi di quanto previsto anche dall'art. 5
della legge n. 84 del 1994, i PRP sono strumenti  di  autolimitazione
dell'AdSP nell'attivita' di assentimento delle concessioni demaniali. 
 
96 Cfr. ex multis anche quanto contenuto nella delibera  n.  130  del
2017 dell'Autorita' di Regolazione dei Trasporti avente ad oggetto la
conclusione  del  procedimento  di  verifica  delle   condizioni   di
regolazione / accesso alle infrastrutture presso un importante  scalo
nazionale. 
 
97 In applicazione di quanto previsto dal d.l. 31 maggio 2021, n.  77
(in G.U., 31 maggio 2021, n.  129),  convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 29 luglio 2021, n. 108, recante la «Governance del  Piano
nazionale di rilancio e resilienza e prime  misure  di  rafforzamento
delle strutture amministrative e di accelerazione e snellimento delle
procedure», all'articolo 6-bis, ha disposto che il  MIT  di  concerto
con il MASE e MIC debba approvare il  Piano  nazionale  dei  dragaggi
sostenibili, anche sulla base della programmazione delle AdSP e delle
Regioni con particolare riferimento ai programmi finanziati dal PNC e
di ulteriori risorse europee, nazionali, regionali e  delle  medesime
AdSP. 
 
98 Circostanza questa gia' evidenziata anche all'interno dello Studio
dal titolo: «Iniziativa  di  studio  sulla  portualita'  italiana»  -
Dipartimento per la programmazione ed il coordinamento della politica
Economica della Presidenza del Consiglio  dei  Ministri,  2014  (pag.
82). 
 
99 Sul punto, infatti, si osservi  che  la  dotazione  degli  accosti
dotati di binari collegati e  non  collegati  alla  rete  ferroviaria
risulta molto concentrata in poche AdSP e quasi tutte  nel  Nord.  Le
AdSP  meglio  dotate  di  accosti  collegati  alla  rete  ferroviaria
risultano essere quelle del Mar Ligure Occidentale (15,2%),  del  Mar
Adriatico Settentrionale (44,7%) ed  Orientale  (10,2%).  In  termini
incidenza  degli  accosti  dotati  di  binari  collegati  alla   rete
ferroviaria su quelli totali  si  rileva  nell'AdSP  del  Mar  Ligure
Orientale (62,5%), dell'Adriatico Settentrionale (52,9%)  e  Centrale
(83,3%) e del Mare dello Stretto (50%). Trattasi pertanto di dati che
evidenziano la ridotta capacita' di sviluppare  traffici  intermodali
su ferrovia nella generalita' delle AdSP, pur  con  alcune  rilevanti
eccezioni reperibili in quelle del Nord. Al tempo stesso, tuttavia, i
dati sugli accosti dotati di  binari,  ma  non  collegati  alla  rete
ferroviaria,   potrebbero   rappresentare   delle   opportunita'   di
investimento per provvedere al  loro  allaccio  (in  tal  senso  cfr.
«Progetto Mare - La competitivita'  dell'economia  del  mare  in  una
prospettiva di sviluppo del Paese e di autonomia strategica europea»,
maggio 2022, pag. 91). 
 
100 Il differenziale del  costo  "portuale"  associato  al  trasporto
ferroviario delle merci da/per il  porto  rispetto  alla  concorrente
modalita' del trasporto su strada e', nella grande  sostanza,  quello
relativo all'espletamento del  servizio  di  manovra  ferroviaria  da
parte delle  societa'  concessionarie.  Tale  costo  disincentiva  lo
sviluppo del trasporto ferroviario delle merci  in  ambito  portuale,
incidendo  significativamente  nella  componente  dei   costi   fissi
dell'attivita'  di  impresa  del  singolo  operatore   di   trasporto
multimodale e, di conseguenza, non agevola l'incremento  della  quota
ferroviaria del traffico portuale. 
 
101 Ci si riferisce, in particolare, alla Decisione della Commissione
europea 3 marzo 2022, n. 1427 final in merito al regime di  aiuto  di
Stato  adottato  dalla  Regione  Friuli-Venezia   Giulia   volto   ad
incoraggiare il  passaggio  del  traffico  merci  dalla  strada  alla
ferrovia  o  al  trasporto   per   vie   navigabili   nella   Regione
Friuli-Venezia Giulia. La Commissione europea ha  ritenuto  che  tale
regime di aiuto di Stato fosse vantaggioso sia per l'ambiente sia per
il trasferimento modale da soluzioni di trasporto  esclusivamente  su
strada a soluzioni di trasporto meno inquinanti. 
 
102 Posto che, a seguito  delle  previsioni  contenute  nel  d.l.  17
maggio 2022, n. 50  e  nella  successiva  legge  di  conversione,  ha
modificato la precedente disciplina normativa nel senso di consentire
anche alle Autorita' di Sistema Portuale l'utilizzo delle CER per  il
soddisfacimento delle esigenze  energivore  in  ambito  portuale.  La
norma, peraltro, prescrive espressamente (art. 9,  comma  2)  che  le
comunita'  energetiche  rinnovabili  portuali  siano   istituite   in
coerenza con il documento di pianificazione energetica e  ambientale,
di cui all'articolo 4- bis, legge n. 84 del 1994, ai sensi del  quale
le  AdSP  devono  perseguire  adeguati  obiettivi,  con   particolare
riferimento alla riduzione delle  emissioni  di  CO2,  definendo  nel
documento  gli  indirizzi  strategici  per  la   implementazione   di
specifiche misure al fine di migliorare l'efficienza energetica e  di
promuovere l'uso delle energie rinnovabili in ambito portuale. 
 
103 Cfr. Regolamento UE 1084 del 2017, articolo 56-ter. 
 
104 Vds. «Le  Comunita'  Energetiche  Portuali»  -  Diritto  Pubblico
Europeo - Rassegna on-line - Fascicolo I, 2023, Prof. Avv. U. Patroni
Griffi. 
 
105 Il tutto, al netto di una preliminare definizione  degli  aspetti
energetici, finanziari e giuridici (Cfr., ex multis, M.  Caroli,  «Le
Comunita'  Energetiche:  da   fenomeno   emergente   a   modello   di
transizione», in M L. De Vidovich,  L.  Tricarico  e  M.  Zulaniello,
«Community energy map, Una ricognizione  delle  prime  esperienze  di
comunita' energetiche rinnovabili» p. 13). 
 
106 Il cui progetto, gia' previsto anche nell'alveo della Missione  3
del PNRR avente ad  oggetto  le  «Infrastrutture  per  una  mobilita'
sostenibile»,   ha   l'obiettivo   di   finanziare   interventi   per
l'efficientamento energetico, la riduzione delle emissioni di  CO2  e
di  altre  emissioni  inquinanti  nei   porti   per   promuovere   la
sostenibilita' ambientale delle attivita' portuali, anche a beneficio
delle aree urbane circostanti. 
 
107 Vds. definizione IMO, secondo cui «[.] A green shipping  corridor
is a shipping route on which zero-carbon emissions  ships  and  other
emissions reduction programmes are deployed, and emissions reductions
are measured and enabled  through  public  and  private  actions  and
policies [.]». Vedasi altresi'  i  contenuti  della  «Green  Shipping
Conference                      2023»                       dell'IMO:
https://www.imo.org/en/About/Events/Pages/Green-Shipping-conference.a
spx. 
 
108 Entro il 2025, infatti, dovrebbero essere  istituiti  i  primi  6
"Green Corridors" ed entro il 2030 potrebbe  raggiungersi  la  soglia
delle 200 navi cargo a zero emissioni.  Il  tutto,  contestualizzando
tale dato, corrisponderebbe a circa il 5% dell'intera flotta oceanica
mondiale a zero emissioni. 
 
109 Di cui al d.lgs. 8 novembre 2021, n. 197. 
 
110 La cui vigenza in tutti gli Stati membri e' divenuta effettiva  a
partire dal 24 marzo 2019. 
 
111  Discorso  di  apertura  della  Presidente  von  der  Leyen   per
l'inaugurazione dell'anno accademico dell'Universita' degli Studi  di
Palermo, 23 febbraio 2023. 
 
112 Nel  2021  l'approvvigionamento  energetico  nazionale  e'  stato
costituito come segue: 40,9% gas naturale; 32,9% petrolio e  prodotti
petroliferi;  19,5%  rinnovabili  e  bioliquidi;  3,6%   combustibili
solidi; 2,4% energia elettrica; 0,8 %  rifiuti  non  rinnovabili.  Si
conferma,  inoltre,   la   dipendenza   dell'Italia   da   fonti   di
approvvigionamento estere: nel 2021 la produzione nazionale di  fonti
energetiche  e'  diminuita  complessivamente  del  3,4%   mentre   le
importazioni  nette  di  energia  sono  aumentate  dell'8,3%.   (cfr.
Ministero della  Transizione  Ecologica,  «La  situazione  energetica
nazionale nel 2021», luglio 2022). 
 
113 Al momento l'Italia ha  tre  impianti  di  rigassificazione,  uno
sulla terra ferma, in Liguria (Panigaglia), e due in mare, di  fronte
le coste della Toscana  (Livorno)  e  del  Veneto  (Porto  Viro).  Il
Governo ha deciso di  potenziare  la  capacita'  di  rigassificazione
italiana aggiungendo altri due impianti, a Ravenna e a Piombino. 
 
114 Nel 2022, a Taranto, e'  stato  inaugurato  Beleolico,  il  primo
parco eolico marino del Mediterraneo, costituito da  10  turbine  per
una potenza complessiva di circa 30 MW ed una conseguente  produzione
stimata di oltre 58.000 MWh/anno, pari al  fabbisogno  energetico  di
60.000 persone. 
Tale parco e' stato assemblato nel porto di Taranto e poi  installato
in mare nei  pressi  del  Molo  Polisettoriale.  Un  accordo  tra  la
societa' che gestisce l'impianto e l'AdSP MI consente a  quest'ultima
di approvvigionarsi parzialmente dell'energia prodotta per le proprie
esigenze di consumo. In particolare, l'impianto fornira'  energia  al
porto di Taranto (almeno il 10%) e punta anche a fornire,  attraverso
l'elettrolisi,  idrogeno  verde  all'acciaieria  ex   Ilva   e   alla
raffineria Eni. 
Altri  tre  progetti  "storici",  invece,  sono  ancora  in  fase  di
negoziazione con le realta'  locali  (Sulcis,  Canale  di  Sicilia  e
Rimini). 
 
115 Con la Comunicazione COM  19  novembre  2020,  n.  741  final  la
Commissione europea ha pubblicato  una  strategia  per  sfruttare  le
energie rinnovabili offshore al fine  di  sostituire  i  combustibili
fossili e creare opportunita' industriali e posti di lavoro verdi.  A
tal riguardo,  secondo  la  Commissione  europea,  l'industria  delle
energie rinnovabili del mare dovra' aumentare di 25  volte  entro  il
2050 per sostenere gli obiettivi del Green Deal in  maniera  che  sia
compatibile  con  gli  obiettivi  della  strategia  dell'UE  per   la
biodiversita' e, al tempo stesso, in equilibrio con  altre  attivita'
come la pesca e l'acquacoltura. Al settore energetico offshore  viene
riconosciuto dalla UE un ruolo potenziale fondamentale in un'economia
moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva.  Il
piano per l'obiettivo climatico 2030 della UE ha illustrato perche' e
come le emissioni di gas a effetto serra dovrebbero essere ridotte di
almeno il 55% entro il 2030 rispetto  ai  livelli  del  1990  e,  per
questo, la strategia  della  Commissione  europea  per  sfruttare  le
energie rinnovabili offshore dichiara che sara' necessario accrescere
il settore dell'eolico offshore «. che secondo le  stime  richiedera'
meno del 3% dello spazio marittimo europeo  e  puo'  pertanto  essere
compatibile  con  gli  obiettivi  della   strategia   dell'UE   sulla
biodiversita'». Il Mar Mediterraneo «. presenta un elevato potenziale
di energia eolica  offshore  (per  lo  piu'  galleggiante),  un  buon
potenziale di energia del moto ondoso e un potenziale localizzato  di
energia delle maree». 
In merito a quanto precede, la strategia  sulle  energie  rinnovabili
offshore  afferma  inoltre  che  «Tra  le  tecnologie  delle  energie
rinnovabili quelle offshore  presentano  il  maggiore  potenziale  di
espansione. Sulla  base  dei  12  GW  di  capacita'  eolica  offshore
attualmente  installata,  la   Commissione   ritiene   realistico   e
realizzabile l'obiettivo di disporre entro il 2030 di  una  capacita'
installata di almeno 60 GW di energia eolica offshore e di  almeno  1
GW di energia oceanica, in modo da raggiungere rispettivamente 300 GW
e 40 GW di capacita' installata entro il 2050.». 
 
116 Ne e' un esempio il parco eolico flottante a  largo  delle  coste
siciliane,  il  cui  progetto  prevede   la   realizzazione   di   74
aerogeneratori da 15 MW ciascuno a 50 km  da  Mazara  del  Vallo.  La
potenza complessiva e' di 1.100 MW a una distanza minima di circa  50
km  dalla  costa  siciliana.  Un  ulteriore  progetto   riguarda   la
realizzazione di un impianto eolico offshore  al  largo  di  Marsala,
costituito da 21 turbine da 12 MW ciascuna, per una capacita'  totale
di circa 250 MW. Sempre in  Sicilia,  nell'estate  2022,  sono  stati
depositati  altri  due  progetti  per  due  parchi  eolici  offshore,
rispettivamente a Trapani e Porto Empedocle. 
 
117 Il posizionamento delle pale eoliche in mare aperto  permette  di
intercettare la risorsa eolica laddove e' piu' abbondante e,  quindi,
di massimizzare la produzione di energia, ridurre l'uso del suolo  (1
progetto in  mare  sostituisce  circa  20  progetti  su  terraferma),
limitare l'uso del terreno alle opere di connessione (di solito  gia'
in zone industriali), minimizzare, data l'assenza di  una  fondazione
fissa,  l'impatto  ambientale  durante  tutte   le   fasi   di   vita
dell'impianto, ma anche quello visivo tipico degli impianti a terra e
le interferenze con le attivita' costiere, di navigazione e di pesca. 
La struttura degli  impianti  galleggianti,  rispetto  alla  versione
bottom fixed e terrestre, ha  una  serie  di  componenti  strutturali
innovativi tra cui il floater: una base  galleggiante  con  strutture
che raggiungono gli 80/100 m per lato e  dal  peso  di  4000  t.  Per
produrre in serie manufatti  di  tali  dimensioni  e'  richiesta  una
specifica competenza progettuale e tecnologica, oltre ad una  diffusa
capacita' produttiva e finanziaria (ad esempio, per la produzione  di
30 piattaforme galleggianti all'anno sono necessari  oltre  120  mila
ton. di acciaio lavorato). 
 
118 PNRR, Investimento 1.3: Promozione impianti  innovativi  (incluso
offshore). 
 
119 Il sistema ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter) e' inserito
all'interno di uno scafo galleggiante, il cui utilizzo ottimale e' in
mare aperto, anche in array.  I  primi  impianti  pilota  sono  stati
installati al largo di Ravenna e dell'isola di Pantelleria. Il REWEC3
(Resonant Wave Energy Converter - release 3) si inserisce all'interno
delle dighe  portuali,  trasformandole  in  infrastrutture  'attive',
capaci cioe' di produrre energia  elettrica  dalle  onde,  per  porti
Green. I primi impianti pilota sono stati realizzati all'interno  dei
porti di Civitavecchia e di  Salerno.  A  Salerno  e'  in  corso  una
sperimentazione. 
 
120  Secondo  uno  studio  del  2020  del  «Global  Maritime  Forum»,
organizzazione internazionale  no-profit  impegnata  a  disegnare  il
futuro del commercio marittimo  mondiale  globale  per  uno  sviluppo
economico sostenibile,  «La  portata  degli  investimenti  cumulativi
necessari tra il 2030 e il 2050 per raggiungere l'obiettivo  dell'IMO
[.]    e'     di     circa     1-1,4     trilioni     di     dollari»
(https://www.globalmaritimeforum.org/news/the-scale-of-investment-nee
ded-to-decarbonize-international-shipping).  Gran  parte  di   queste
risorse e' legata agli investimenti nelle infrastrutture terrestri  e
negli impianti di produzione di combustibili  a  basse  emissioni  di
carbonio, compresi lo stoccaggio, il bunkeraggio ed il trasporto;  si
stima che il 10-15% di questi costi sia connesso direttamente con  le
navi. Si tratta comunque di valutazioni  in  continua  evoluzione  ed
aggiornamento,  altri  studi  stimano  due  o  tre  volte  superiore,
rispetto  alla  cifra  individuata   dal   Global   Maritime   Forum,
l'ammontare delle risorse da mettere  in  campo  per  la  transizione
energetica del settore marittimo. 
 
121 In tale contesto, sarebbe  auspicabile  valutare  una  estensione
della possibilita' di usufruire di incentivi fiscali anche  per  quei
volumi di bioGNL destinati alla navigazione internazionale, oltre che
nelle acque interne, massimizzando la penetrazione delle  rinnovabili
nel settore marittimo. 
 
122 Le regole IMO si applicano in modo  uniforme  all'intero  settore
mondiale del trasporto e consentono di  evitare  l'alterazione  della
concorrenza internazionale tra gli operatori, garantendo un  ambiente
equo  e  regolato.   Le   misure   introdotte   dall'IMO   hanno   la
caratteristica  di  fissare  gli  obiettivi  lasciando   liberi   gli
operatori di scegliere le  soluzioni  tecniche  atte  a  conseguirli.
Questa  "neutralita'  tecnologica"  costituisce   un   valore   molto
importante perche' consente  lo  sviluppo  di  varie  soluzioni  che,
testate e validate sul piano operativo,  vengono  poi  affidate  alla
scelta dal mercato. 
 
123 Avendo come riferimento il 2008, la suddetta strategia  prevedeva
per il  2030  la  riduzione  di  almeno  il  40%  dell'intensita'  di
carbonio, per il 2050 la riduzione di almeno il  70%  dell'intensita'
di carbonio e del 50% del valore  assoluto  delle  emissioni  di  gas
serra,  con  l'obiettivo  dichiarato  di  «emissioni  zero  il  prima
possibile, entro la fine di questo secolo». Il  7  luglio  2023,  gli
Stati membri dell'IMO, riuniti presso il Comitato per  la  protezione
dell'ambiente marino (MEPC 80), hanno adottato la Strategia IMO  2023
relativa alla riduzione delle emissioni di gas serra delle navi,  con
obiettivi rafforzati per affrontare le emissioni nocive. La strategia
riveduta dell'IMO sui  gas  a  effetto  serra  include  una  maggiore
ambizione comune di raggiungere l'azzeramento delle  emissioni  nette
di gas a effetto serra del trasporto marittimo  internazionale  entro
il  2050,  un  impegno  a  garantire   l'adozione   di   combustibili
alternativi a zero o quasi zero  emissioni  entro  il  2030,  nonche'
punti di controllo indicativi relativi alla strategia per il  2030  e
il 2040. 
 
124 Anche a livello internazionale, con la pubblicazione di  studi  e
analisi  sempre  piu'  completi  e  approfonditi,  si  sta  prendendo
coscienza di come il CII, voluto dall'IMO, rischi  non  solo  di  non
raggiungere l'ambizioso  traguardo  di  una  riduzione  dell'impronta
carbonica del trasporto marittimo, ma anzi di  essere  in  tal  senso
controproducente. 
 
125 Da ultimo il rapporto  «Decarbonizzazare  i  trasporti.  Evidenze
scientifiche e proposte di policy», a cura  della  struttura  per  la
transizione ecologica della  mobilita'  e  delle  infrastrutture  del
MIMS, aprile 2022. 
 
126 «The aviation and maritime sectors and the EU-ETS: challenges and
impacts»                                                       (2021)
https://www.europarl.europa.eu/RegData/etudes/STUD/2021/690886/IPOL_S
TU(2021)690886 EN.pdf 
 
127 Parere della Commissione TRAN del Parlamento europeo, adottato il
14                            maggio                             2022
https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TRAN-AD-704649_EN.pdf 
 
128 Vds. Article 20 FuelEU Maritime Regulation: «Member States should
shall endeavour to ensure that the  revenues  generated  from  FuelEU
penalties, or the equivalent in financial value  of  those  revenues,
are used to support the rapid deployment and use of renewable and low
carbon fuels in the maritime sector, by stimulating the production of
greater quantities of renewable and low carbon fuels for the maritime
sector,  facilitating  the  construction  of  appropriate   bunkering
facilities or electric connection ports in ports, and supporting  the
development,  testing  and  deployment   of   the   most   innovative
technologies  in  the   fleet   to   achieve   significant   emission
reductions». 
 
129 Durante la sosta il lavoro di  trasporto  e'  nullo,  perche'  e'
nulla la distanza percorsa; tuttavia, allo  stesso  momento  la  nave
continua a bruciare combustibile per alimentare i  servizi  di  bordo
necessari alla propria agibilita' e sicurezza. Questa fase  di  sosta
penalizza fortemente il calcolo del  CII  e  due  navi  assolutamente
simili - o addirittura la stessa nave in condizioni operative diverse
- possono ottenere dei valori del CII molto diversi tra loro. 
 
130 Al contrario, soprattutto  il  bio-diesel  potrebbe  essere  allo
stato attuale l'unica via percorribile per iniziare immediatamente ad
abbattere l'impronta di  carbonio  di  una  larghissima  parte  delle
flotta esistente, in attesa che  per  i  fuel  alternativi  emergenti
siano   resi   disponibili   adeguati   livelli   di   produzione   e
distribuzione, tenendo anche conto che i tempi di sostituzione  delle
flotte saranno necessariamente pluridecennali, per ragioni  tecniche,
economiche e di capacita' produttiva della cantieristica mondiale. 
 
131 I primi fuel distillati come l'MDO o residuali come  l'HFO,  sono
largamente preponderanti ma le navi alimentate con  l'LNG  (Liquefied
Natural Gas) stanno crescendo in numero ed in dimensione. 
 
132 Attualmente sono presenti ed operativi sul  territorio  nazionale
due  depositi  di  GNL  (Oristano  e  Ravenna)  e  tre  terminali  di
rigassificazione (Rovigo, Livorno,  Panigaglia),  questi  ultimi  non
sono ancora in grado di fornire servizi di  bunkeraggio  ma  sono  in
corso progetti in fase avanzata di adeguamento di tali infrastrutture
per poter garantire servizi  di  small  scale  e  di  reloading,  per
soddisfare la domanda dei mezzi navali alimentati a GNL. 
 
133 Rispetto all'utilizzo di un  combustibile  tradizionale,  tenendo
conto del contenuto energetico dei diversi fuel, il calcolo porta  ad
una diminuzione dell'ordine del 25%  della  CO2  emessa,  consentendo
alla nave di rispettare piu' facilmente  le  sempre  piu'  stringenti
normative in materia di emissioni  di  CO2.  Da  un  punto  di  vista
ambientale, l'utilizzo di gas liquefatti come GNL e GPL  consente  di
traguardare importanti riduzioni delle emissioni  di  altre  sostanze
inquinanti, con riduzioni fino al 90% delle emissioni di PM,  NOx  ed
SOx. L'impronta carbonica dei prodotti risulta ancor  piu'  rilevante
se si considera che  la  futura  disponibilita'  di  prodotti  bio  e
rinnovabili  (bioGPL,   bioGNL,   dimetiletere   rinnovabile)   sara'
direttamente   implementabile   sia   nell'infrastruttura   logistica
(stoccaggio e distribuzione) sia negli apparecchi utilizzatori, senza
necessita' di apportare alcun tipo di adeguamento  significativo.  Lo
sviluppo delle filiere bio e  rinnovabili,  inoltre,  consentira'  di
attivare  importanti  sinergie  industriali  in  ottica  di  economia
circolare, valorizzando  ancor  piu'  il  comparto  marittimo  in  un
approccio di sistema integrato. 
 
134 L'edizione 2022 dello studio  «Maritime  Forecast  to  2050»  del
Det-Norske-Veritas  riporta  che  il  numero  di  navi  in   servizio
alimentato a GNL e' pari a  923  unita',  equivalenti  al  5,39%  del
tonnellaggio mondiale. 
 
135 La  riduzione  di  velocita',  con  una  conseguente  amplificata
riduzione dei consumi, e' uno dei pochi parametri attraverso  cui  in
molti casi si puo' agire per diminuire l'impronta di carbonio di  una
nave. Occorre osservare che la  riduzione  di  velocita'  implica,  a
parita' di domanda di trasporto, l'inserimento sulla linea  di  altra
capacita' di carico, ossia di altre navi. In questo modo  si  rischia
che, per rendere compliant alla norma la singola nave, se  ne  riduca
la velocita' in una misura  tale  che  sia  necessario  inserire  una
seconda unita' nella stessa linea, con un risultato positivo  per  la
singola nave ma negativo per l'ambiente. 
 
136 Da un lato, sia il  bio-gas  sia  il  bio-diesel  possono  essere
bruciati nei motori esistenti miscelandoli (drop-in) al gas  naturale
liquefatto  o  al  diesel  tradizionali.  Dall'altro,  prelevando  il
carbonio dall'atmosfera e non dal sottosuolo  questi  fuel  risultano
carbon-neutral  ed  in  qualche  caso  addirittura   carbon-negative;
pertanto, addizionando ad esempio il  30%  di  bio-diesel  al  diesel
fossile  si  potrebbe  ottenere   una   riduzione   anche   del   30%
dell'impronta di carbonio della nave, utilizzando processi produttivi
che utilizzino energie rinnovabili. 
 
137 I biocarburanti si differenziano in via generale in tre categorie
distinte: (a) di prima generazione - quelli che vengono prodotti  con
l'utilizzo   di   materie    prime    e    destinati,    solitamente,
all'alimentazione umana o animale. Esistono giustificate perplessita'
rispetto all'utilizzo di queste biomasse ai fini della produzione  di
biofuels  perche'  potrebbero  distruggere  le   filiere   alimentari
soprattutto dei Paesi poveri ed in via di sviluppo;  (b)  di  seconda
generazione - derivano da biomasse non in competizione con  il  ciclo
agroalimentare, quindi non destinate  all'alimentazione  dell'uomo  e
degli  animali,  ossia  provenienti  da  colture  di  suoli  aridi  e
semiaridi e prodotti con tecniche che non comportano  sottrazione  di
terreno agricolo alla produzione alimentare o cambi  di  destinazione
agricola;  (c)  di  terza  generazione  (biocarburanti  avanzati)   -
prodotti  dagli  scarti  industriali,  rifiuti   organici,   biomasse
lignocellulosiche, sottoprodotti agricoli, scarti  industriali.  Tali
sono ad esempio i biocombustibili  gassosi  come  biometano  prodotto
dalla filiera della digestione anaerobica di rifiuti organici. 
 
138 HSFO (High Sulphur Fuel Oil) e VLSFO (Very Low Sulphur Fuel  Oil)
sono prodotti residuali della distillazione del petrolio, mentre  MGO
(Marine Gas Oil) ed MDO (Marine Diesel Oil) sono prodotti distillati. 
 
139 Si pensi al ruolo degli agri-hub  nei  progetti  ENI  avviati  in
Africa. 
 
140 FAME (Fatty Acid Methyk Ester) deriva da lipidi come oli vegetali
(ad esempio olio di palma, olio  di  soia,  olio  di  colza),  grassi
animali (ad esempio  olio  di  sego)  e  olio  da  cucina  usato;  ha
un'impronta di un carbonio well-to-wake che e' circa il 50%  rispetto
a quella dell'MGO (38-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ. 
 
141  HVO  (Hydrotreated  Vegetable  Oil)  e'  prodotto  dalla  stessa
biomassa di FAME ma puo' essere prodotto anche da colture residuali e
rifiuti industriali e agricoli; a seconda della  biomassa  utilizzata
puo' avere un'impronta di carbonio well-to-wake inferiore al  10%  di
quella dell'MGO (8-48 gCO2e/MJ contro 85-87 gCO2e/MJ. 
 
142 Interim guidance on the use biofuels under regulations 26, 27 and
28 of MARPOL Annex VI (DCS and CII) (IMO MEPC.1/Circ.905). 
 
143 Come sottolineato nei precedenti paragrafi, i regolamenti europei
FuelEU Maritime e AFIR, entrambi  in  fase  finale  di  approvazione,
stabiliscono  obblighi  di  utilizzo  per  le   navi   passeggeri   e
porta-container e di  dotazione  infrastrutturale  nei  grandi  porti
europei della rete TEN-T del cold ironing. 
 
144 Per arrivare all'idrogeno verde occorre che  l'energia  elettrica
necessaria per l'elettrolisi dell'acqua, tramite la quale si  ottiene
l'idrogeno,  sia  prodotta  senza  alcuna   emissione   di   anidride
carbonica,  quindi  attraverso  parchi  eolici  o  solari,   impianti
idroelettrici  o  di  sfruttamento  delle  maree,  quindi  attraverso
energie rinnovabili, oppure attraverso l'energia nucleare. 
 
145 Come sottolineato in vari documenti  della  Commissione  europea,
«la vendita all'asta delle quote (ETS) genera entrate  considerevoli»
che gli Stati membri sono tenuti  ad  impiegare  nell'azione  per  il
clima,   nella   trasformazione   energetica    e    nell'innovazione
tecnologica. 
 
146 In Italia, la disciplina nazionale delle aste  per  le  quote  di
emissione CO2 e' attualmente  contenuta  nel  decreto  legislativo  9
giugno 2020, n. 473, di recepimento della Direttiva UE 14 marzo 2018,
n. 410 che modifica la Direttiva ETS. Tale disciplina  sara'  oggetto
di revisione a seguito dell'atto di recepimento nel  diritto  interno
delle modifiche introdotte dalla nuova Direttiva  n.  959  del  2023.
L'articolo 4, comma 1 del d.lgs. 9 giugno 2020, n. 47  disciplina  il
Comitato nazionale  ETS  quale  Autorita'  nazionale  competente  per
l'attuazione delle disposizioni della Direttiva  ETS.  Ai  sensi  del
medesimo articolo, il  Comitato  e'  composto  da  dieci  membri  con
diritto di voto, di cui tre del Ministero dell'Ambiente (compreso  il
Presidente del Comitato), tre del Ministero dello Sviluppo Economico,
uno del Ministero della Giustizia con diritto di voto  esclusivamente
sulle questioni inerenti l'attivita' sanzionatoria, tre del Ministero
dei  Trasporti  e  delle  Infrastrutture  (di  cui  due  appartenenti
all'Ente nazionale per l'aviazione civile (ENAC)) con diritto di voto
esclusivamente sulle questioni inerenti al trasporto aereo. 
 
147 Regolamento UE n. 1380 del 2013 
 
148 Artt. 38 e ss. 44 TFUE 
 
149 Tra queste, a titolo di esempio si segnalano: normativa  relativa
alle  visite  mediche  dei  marittimi,  sproporzione  delle   tabelle
medicinali di bordo, irreperibilita' di medicinali  e  delle  bombole
ossigeno medicale di bordo. 
 
150 La disciplina lavoristica del  settore  vede  la  coesistenza  di
normative internazionali ed europee, in aggiunta al complesso  quadro
normativo  italiano.  In  ambito  internazionale,   caposaldo   della
disciplina del lavoro marittimo e' la Maritime Labour Convention  del
2006, la quale presenta un quadro normativo di base applicabile nella
quasi totalita' dei contesti marittimi  nazionali.  Nella  disciplina
internazionale si inserisce  una  normativa  nazionale  speciale  del
lavoro  marittimo   estremamente   regolata,   affidata   a   diverse
Amministrazioni facenti capo a differenti dicasteri, ed in molti casi
non piu' adeguata alle dinamiche legate all'attivita' di  navigazione
moderna e alla relativa gestione del rapporto di lavoro. 
 
151  Si  fa  riferimento,  in  particolare,  (i)  alle  procedure  di
convalida degli imbarchi e sbarchi  dei  marittimi,  delle  carte  di
bordo, dei registri dell'orario di lavoro,  ancora  obbligatoriamente
cartacee, (ii) alle procedure di arruolamento del personale marittimo
(artt. 328 e 329 cod. nav.), con la quale, sulla base della  positiva
esperienza maturata nel periodo pandemico, si propone di unificare in
un'unica   disposizione,   equiparandole,   la   procedura   per   la
stipulazione delle convenzioni di arruolamento in Italia e quella per
la stipulazione delle convenzioni di arruolamento all'estero, facendo
sempre salva la  specialita'  del  contratto  di  arruolamento  e  la
solennita' della forma prevista  dalle  vigenti  disposizioni,  (iii)
alle procedure di impiego dei marittimi su mezzi dello  stesso  tipo,
appartenenti al medesimo armatore, adibiti  al  servizio  nell'ambito
dei porti e delle rade o a servizi pubblici di  linea  o  privati  di
carattere locale e nazionale, anche rientranti sotto la competenza di
autorita' marittime diverse. 
 
152 La specialita' della  materia  emerge  con  particolare  evidenza
dalla questione relativa all'incremento  del  contributo  addizionale
NASpI, dovuto nei casi di rinnovo del contratto  di  lavoro  a  tempo
determinato, la cui  attribuzione  e'  finalizzata  a  disincentivare
l'abuso della forma del contratto a termine. Da piu' parti si segnala
la necessita' che venga chiarita al piu' presto l'inapplicabilita' ai
contratti di arruolamento di cui all'art. 325 cod.  nav.  proprio  in
virtu' della specialita' della materia e posto  che  il  rapporto  di
lavoro   marittimo   risulta   strutturalmente   caratterizzato    da
discontinuita', secondo una logica di avvicendamento tra  imbarchi  e
sbarchi sull'unita' navale. 
 
153 Cfr. «Rapporto Shipping Industry Italia  -  Il  contributo  della
Shipping Industry al sistema Paese» - Studio Nomisma 2021. 
 
154 Si fa  riferimento,  ad  esempio,  a  direttori  e  ufficiali  di
macchina, ufficiali elettrotecnici, elettricisti,  operai  meccanici,
carpentieri,  ottonai,  tankisti,  cuochi  equipaggio,   etc.   Nella
stagione  estiva  emerge  anche  una  forte  carenza   di   personale
alberghiero. 
 
155 Si fa riferimento, nello specifico, all'allegato  al  d.p.r.  231
del 2006 che disciplina i requisiti di accesso alle  professioni  del
mare nonche' alla legge 4 agosto 1955, n. 727e al  d.p.r.  14  luglio
1957, n. 1065 che disciplinano l'accesso alla professione  del  cuoco
di bordo. 
 
156  E'  il  noto  Regolamento  recante  le  norme  degli  uffici  di
collocamento della gente di mare. 
 
157 Misure meritoriamente  introdotte  dal  recente  decreto-legge  4
maggio 2023, n. 48, convertito,  con  modificazioni,  dalla  legge  3
luglio 2023, n.  85  che  all'art.  36 comma  1-bis implementa alcune
importanti forme di sostegno finanziario alla formazione iniziale del
personale marittimo. In particolare, il presente  disposto  normativo
ha previsto che al fine di incrementare la  sicurezza  del  trasporto
marittimo e' istituito, nello stato di previsione del Ministero delle
infrastrutture e dei trasporti, un  fondo  con  una  dotazione  di  1
milione di euro per l'anno 2023 e di 2 milioni di euro  per  ciascuno
degli anni dal 2024 al 2026, destinato all'erogazione  di  contributi
alle imprese armatoriali per la  formazione  iniziale  del  personale
impiegato  sulle  navi,  con  particolare  riferimento  alle   figure
professionali mancanti di sezioni  di  coperta,  macchine,  cucina  e
camera. 
 
158 La recente legge n. 85 del 2023, di conversione del  d.l.  n.  48
del 2023 "Lavoro", ha istituito un fondo di un milione di euro per il
2023 e due milioni per ciascuno degli anni dal 2024 al 2026 destinato
all'erogazione  di  contributi  alle  imprese  armatoriali   per   la
formazione iniziale del personale, con particolare  riferimento  alle
figure professionali mancanti di sezioni di coperta, macchine, cucina
e camera. 
 
159 Nell'ambito della riconosciuta specialita' del lavoro  marittimo,
ed in considerazione della natura complessa ed estremamente tecnica e
faticosa che caratterizza l'attivita' lavorativa condotta a bordo del
mezzo navale, il Piano del mare riconosce l'opportunita' di valutarne
l'inserimento all'interno dell'elenco dei lavori usuranti. 
 
160 La convenzione STCW dell'IMO  e'  una  delle  quattro  principali
convenzioni marittime  su  scala  mondiale.  Le  altre  tre  sono  la
Convenzione internazionale per la salvaguardia della  vita  umana  in
mare  (SOLAS),  la  Convenzione  internazionale   sulla   prevenzione
dell'inquinamento  marino  (MARPOL)  e  la  Convenzione  sul   lavoro
marittimo (MLC). Nel gennaio  del  2006  e'  iniziata  una  revisione
generale  della  Convenzione  STCW,  culminata  nella conferenza  dei
Contraenti della Convenzione STCW, (Manila, 2010)  nella  quale  sono
stati  approvati,  tra  gli  altri,  una  serie  di  emendamenti  che
aggiornano, anche alla luce delle nuove tecnologie, gli  standard  di
competenza     richiesti      e introducono      nuovi      requisiti
per l'addestramento e la certificazione. 
 
161 L'art. 8 rubricato «Viaggi costieri» del d.lgs. n. 71 del 2015 al
comma 1 dispone che: 
- «[.] Le disposizioni del presente decreto  si  applicano  anche  ai
lavoratori marittimi che prestano servizio a bordo di  navi  battenti
bandiera italiana, adibite alla navigazione costiera»; e al comma 2: 
-  «[.]  Con   provvedimenti   dell'autorita'   competente   di   cui
all'articolo 3, comma 1, possono essere determinate disposizioni piu'
favorevoli, che soddisfano  le  disposizioni  della  sez.  A/1-3  del
codice STCW, in materia di istruzione e formazione per  i  lavoratori
marittimi che prestano la propria opera a  bordo  di  unita'  adibite
esclusivamente a viaggi costieri. [.]». 
 
162 Sul punto si osserva che nel 2018, a  seguito  di  una  procedura
d'infrazione aperta nei confronti dell'Italia dalla  Commissione  nel
2017  su  specifici  rilievi  posti  dall'EMSA  che  riguardavano  la
corretta  attuazione  della  direttiva  2008/106/CE  del   Parlamento
europeo e del Consiglio del 19 novembre 2008, il Ministero ha  dovuto
integrare il percorso professionale per la navigazione costiera per i
marittimi in possesso delle abilitazioni di coperta (soprattutto  gli
ufficiali) impiegati su unita' con stazza uguale o superiore a 500 GT
(vds. Decreto ministeriale del MIT del 22 novembre 2018 allegato). 
 
163 In coerenza con gli obiettivi stessi posti dal PNRR, il quale  ha
definito come prioritaria la formazione continua e competitiva  delle
professionalita' impiegate nei  settori  maggiormente  coinvolti  dal
profondo processo di evoluzione tecnologica oggi in corso. Da  questo
punto di vista, l'esperienza nell'utilizzo dello strumento del  Fondo
Nuove Competenze ha dimostrato il valore del modello. 
 
164 Introdotti nel nostro ordinamento con d.p.c.m. 25  gennaio  2008,
gli  ITS  hanno  rappresentato  la  prima  esperienza  in  Italia  di
un'offerta   formativa   post-secondaria   e    non    universitaria,
professionalizzante, simile a  diversi  modelli  consolidati  e  gia'
presenti in altri Paesi UE, quali le Fachhochschule  ("scuola tecnica
superiore") tedesche o il Brevet  Technicien  Superieur ("licenza  di
tecnico superiore") francese. Questa tipologia di istituto, in ambito
europeo, e'  accomunata  dalle  caratteristiche  di:  1.  cercare  di
favorire l'inserimento diretto nel mondo del  lavoro;  2.  rispondere
alla richiesta delle aziende di personale  con  formazione  terziaria
non  universitaria,  dotato  di  esperienza  pratica;  3.  essere  il
naturale proseguimento di un precedente percorso formativo svolto  in
alternanza scuola-lavoro; 4. permettere anche la formazione  continua
di professionisti gia' impiegati. 
 
165 Detto elemento, basato su un approccio alla formazione  anche  di
tipo esperienziale a bordo  delle  navi,  ha  dimostrato  la  propria
efficacia sia nel consolidamento delle  competenze  tecniche  oggetto
dell'erogazione della formazione,  sia  dal  punto  di  vista,  forse
ancora  piu'  rilevante,  dell'attrattivita'  delle  opportunita'  di
carriera nel settore marittimo in fase di orientamento  professionale
degli studenti che si affacciano al mondo del lavoro. 
 
166 ITS come: ITS BACT -  Tecnologie  Innovative  per  i  Beni  e  le
Attivita' Culturali e Turistiche, Tecnico Superiore  per  il  Turismo
Crocieristico Internazionale, Tecnico  superiore  responsabile  delle
produzioni  e  delle  trasformazioni   agrarie,   agro-alimentari   e
agro-industriali nell'ambito della cucina di bordo. 
 
167 Y&B il corso per diventare Tecnico con  conoscenza  di  tutto  il
ciclo produttivo di un cantiere nautico, YAS per specializzarsi nella
gestione dell'imbarcazione generale, negli impianti e  apparati,  MYM
per diventare esperto nella gestione delle Marine o PTP  Super  Yacht
Academy. 
 
168 Cfr. C.C.N.L. dei Lavoratori dei porti. 
 
169 Vale a dire l'indennita' di mancato avviamento. 
 
170 Marinaio autorizzato alla pesca, Meccanico  motorista,  Meccanico
navale di 2^ classe, Motorista  abilitato,  Capobarca  per  la  pesca
costiera. 
 
171 Cfr. art. 3, d.lgs. (CpS) 12 agosto 1947, n. 869, recante  «Nuove
disposizioni sulle integrazioni salariali». 
 
172 Il Piano si svilupperebbe secondo due  obiettivi  cardine,  quali
sono il necessario consolidamento dei  processi  di  diversificazione
delle forniture energetiche, nell'ottica  di  un'eliminazione  totale
della dipendenza italiana dal  Gas  di  provenienza  russa  entro  il
periodo 2024/2025, e la qualificazione dell'Italia in Europa come hub
energetico di riferimento per il Mediterraneo. 
 
173 Dal  punto  di  vista  delle  conoscenze  sui  georischi  marini,
l'Italia e' particolarmente avanzata. In quest'ambito, si segnala  il
progetto  MAGIC  («MArine  Geohazard  along  the  Italian   Coasts»),
condotto dal Dipartimento di Protezione Civile negli anni  2007-2013,
finalizzato alla mappatura dei lineamenti di pericolosita'  dei  mari
italiani. Tale iniziativa, che ha coinvolto l'intera comunita'  degli
istituti di ricerca operanti nel campo della geologia marina, con  un
budget superiore ai 7 milioni di euro, ha rilevato  come  nei  nostri
mari i lineamenti di pericolosita' siano estremamente  frequenti.  In
particolare, sono stati individuati oltre 200 "Punti di  Criticita'",
successivamente classificati e gerarchizzati in collaborazione con il
Dipartimento di Protezione Civile, selezionando 18 testate di canyon,
8 frane, 3 lineamenti tettonici, 3 apparti vulcanici  e  3  aree  con
fuoriuscita di fluidi in cui  le  condizioni  di  pericolosita'  sono
state ritenute particolarmente gravi. I risultati della mappatura non
solo  hanno  evidenziato  la   rilevanza   del   fenomeno   ma   gia'
costituiscono  uno  strumento  operativo  per   l'individuazione   di
lineamenti responsabili di  eventi  futuri  e  di  definizione  della
situazione ex ante per la comprensione dei cambiamenti intervenuti. 
 
174 Tale monitoraggio e' possibile, ad  esempio,  attraverso  rilievi
batimetrici ripetuti nel tempo  integrati  dall'analisi  di  immagini
satellitari ad alta risoluzione. 
 
175 Si fa riferimento, ad  esempio,  al  progetto  MAGIC,  menzionato
nella nota 174. 
 
176 A titolo di esempio si puo' citare il porto di Gioia  Tauro,  uno
dei piu' grandi porti per container  del  Mediterraneo  e  principale
entry point per soccorsi via  nave  in  caso  di  evento  sismico  in
Calabria, il cui ingresso e' situato in prossimita' (poche decine  di
metri) della testata del Canyon sottomarino. 
 
177 La messa a punto di strumentazioni per il  monitoraggio  di  aree
critiche (ad es. strutture portuali soggette a cedimenti  o  versanti
potenzialmente suscettibili di  instabilita'  gravitativa,  come  nel
caso della Sciara del Fuoco  a  Stromboli)  e'  fondamentale  per  a)
individuare eventi di instabilita' sottomarina  in  concomitanza  con
eventi  sismici  rilevati  dalla  rete  sismica   e/o   di   eruzioni
vulcaniche,  al  fine  di  definirne  la  signature;  b)  individuare
possibili segnali precursori di eventi di instabilita' specie  se  ad
alto potenziale tsunami-genico; c) analizzare e  registrare  processi
erosivo/deposizionale attivi a fondo mare, eventualmente correlandoli
ad eventi meteomarini o di piena fluviale di elevata intensita'. 
 
178 I Laboratori  Nazionali  del  Sud  (LNS)  sono  uno  dei  quattro
laboratori dell'Istituto Nazionale di Fisica  Nucleare,  con  sede  a
Catania. Svolgono diverse attivita' legate alla fisica e alla  fisica
delle particelle. Per l'Astrofisica Particellare  e'  in  costruzione
una grande infrastruttura di  ricerca  sottomarina  (KM3NeT)  per  la
rivelazione di neutrini presso una sede dei LNS situata  a  Portopalo
di Capo Passero (SI). KM3NeT e' il piu' grande telescopio sottomarino
mai   realizzato.   L'osservatorio   sottomarino   consentira'   agli
scienziati di identificare le sorgenti dei neutrini di  alta  energia
provenienti da eventi catastrofici nell'universo, e  di  studiare  le
proprieta' fondamentali di queste particelle, le piu' elusive che  si
conoscano perche' interagiscono pochissimo con la materia e,  proprio
per questo,  per  osservarle  sono  necessari  rivelatori  di  grandi
dimensioni. 
Ai LNS sono inoltre  operativi  una  sala  di  irraggiamento  per  la
proton-terapia  (CATANA),  un  laboratorio  per  i   beni   culturali
(LANDIS), un laboratorio per la  radioattivita'  ambientale  e  altri
laboratori  per  attivita'  multidisciplinari  (fotonica,   biologia,
chimica, ecc.). 
 
179 Vds. Direttiva CE n. 56 del 2008. 
 
180 La posizione dell'osservatorio e' strategica  anche  per  la  sua
vicinanza al vulcano Etna. L'interpretazione delle misure  geofisiche
prese  a  mare  alla  profondita'  di  2000   metri,   congiuntamente
all'analisi dei dati rilevati  dalle  stazioni  geofisiche  a  terra,
contribuiscono a migliorare la conoscenza del vulcano. 
 
181 Istituita nel 1994 in base alla Convenzione delle  Nazioni  Unite
sul diritto del mare (UNCLOS), l'International Seabed Authority, ISA)
si occupa di amministrare, per conto degli Stati membri,  le  risorse
minerarie dei fondali marini dell'Area,  nonche'  di  assicurare  che
l'ambiente marino sia protetto nello svolgimento di queste  attivita'
e infine che la  ricerca  scientifica  marina  e  la  conoscenza  dei
fondali vengano promosse. 
 
182 Inoltre, l'Italia ha  contribuito  ai  lavori  della  commissione
tecnico legale in  tutte  le  fasi  piu'  rilevanti  delle  attivita'
dell'ISA,  da  quelle  organizzative  del  suo  funzionamento,   alla
redazione dei regolamenti di esplorazione sino alla preparazione  del
codice  di  sfruttamento.  Esperti  italiani  provenienti  a  diverse
discipline sono, infatti, stati eletti membri della  Commissione  sin
dal 1997. 
 
183 In questo contesto, si ricorda la disciplina  internazionale  che
regola la posa dei cavi sottomarini, in particolare la Convenzione di
Montego Bay del 1982 sul diritto del mare, che  distingue  le  regole
esistenti per il mare territoriale da una parte, e la Zona  economica
esclusiva  e  il  mare  internazionale  dall'altra.   Per   il   mare
territoriale (fino a 12 miglia dalla linea di base) la posa  di  cavi
sottomarini  cosi'  come  il  collegamento  con   le   infrastrutture
terrestri  puo'  avvenire  solo   con   il   consenso   dello   Stato
territoriale, che ne disciplina anche il percorso della posa  nonche'
le modalita' di protezione. Nella zona economica  esclusiva  (fino  a
200 miglia nautiche dalla linea di  base)  vige  il  principio  della
liberta'  della  posa  dei  cavi  sottomarini.   Sebbene   lo   Stato
territoriale possa richiedere di approvarne il  tracciato  (affinche'
non interferisca con le attivita' di pesca o  sfruttamento  minerario
del sottosuolo), non ha facolta' di porre un divieto sulla  posa  dei
cavi nei confronti di altri Stati. In alto mare, infine,  si  afferma
il principio di totale liberta' di posa dei cavi sottomarini. 
 
184 Il territorio insulare italiano  e'  pari  a  circa  49.798  km²,
mentre il territorio nazionale totale ricopre una superficie di circa
301.278 km², vds. EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici  e
Sociali, Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 
 
185 Il calcolo ricomprende anche le isole dell'arcipelago spezzino  e
l'Asinara,  sostanzialmente   disabitate   o,   comunque,   con   una
popolazione inferiore a 50 unita'. Queste isole sono  dette  "minori"
in quanto hanno tutte una superficie inferiore  ai  1.000  km².  Esse
occupano un'area complessiva di oltre 800 km², di  cui  224  sono  di
pertinenza  dell'Isola  d'Elba  -  la  piu'  grande  -   seguita   da
Sant'Antioco (115,6 km²) e Pantelleria (84,5  km²);  solo  altre  tre
sono al di sopra dei 40 km² (San Pietro, Asinara, Ischia)  mentre  le
restanti sono piu' piccole. Non tutte le isole minori  sono  abitate;
lo sono poco meno di 30 per un totale di abitanti inferiore a 200mila
unita' (poco piu'  dello  0,3%  della  popolazione  italiana).  Fatta
eccezione per Ischia (oltre 62mila abitanti) e l'Isola d'Elba (31mila
abitanti circa), tutte le altre isole minori  hanno  una  popolazione
inferiore ai 15mila abitanti. Possono cosi' individuarsi 2 gruppi: il
primo, che comprende quelle con un numero  di  abitanti  superiore  a
10mila, e' composto da Capri, Sant'Antioco, le Isole Eolie  nel  loro
insieme, la  Maddalena  e  Procida;  il  secondo,  piu'  consistente,
raggruppa le isole con  meno  di  10mila  abitanti:  Pantelleria,  le
Pelagie, San Pietro, le Egadi, Ponza, Salina,  il  Giglio  e  Ustica.
Infine, ci sono realta' che hanno meno di 1.000 abitanti  (Ventotene,
le Tremiti e Capraia). Ivi, 4. 
 
186 Ivi, 5. 
 
187  Il  Fondo  e'  destinato  a  finanziare  progetti  di   sviluppo
infrastrutturale o  di  riqualificazione  del  territorio  di  Comuni
ricompresi nell'ambito delle isole  minori,  cosi'  come  individuate
dalla legge n. 448 del 2001. 
 
188 Legge recante «Bilancio di  previsione  dello  Stato  per  l'anno
finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023». 
 
189 In questi termini A. Gallia -  S.  Malatesta,  «Le  isole  minori
italiane nelle  missioni  del  PNRR.  Una  visione  sul  futuro»,  in
Documenti   geografici,   2022,   161    e    ss,    DOI:    10.19246
https://www.documentigeografici.it/index.php/docugeo/article/view/349 
 
190 V. art. 1 c. 494 l. 197 del 2022 (bilancio per l'anno 2023) ed il
successivo comma 495 che prevede: «Il fondo di cui al  comma  494  e'
destinato  al  finanziamento  di  interventi  per  la  mobilita'  dei
cittadini residenti nel territorio della Sicilia e della Sardegna». 
 
191 In tal modo,  nell'ottica  di  una  internazionalizzazione  della
telemedicina, la Sicilia  diventerebbe  una  sorta  di  cerniera  tra
l'Europa, il Continente africano ed il Medio Oriente. Dallo  sviluppo
della Telemedicina con  il  suo  impiego  nelle  emergenze  sanitarie
attraverso il sistema satellitare e' naturale  ricavarne  un  modello
validato, snello ed appropriato esportabile e condivisibile con altre
realta' sanitarie quali quelle dei Paesi del Nord  Africa,  ma  anche
del bacino del Mediterraneo e del Medio Oriente  dove  le  criticita'
sanitarie sono strettamente correlate al loro contesto sociale,  allo
stato di poverta' o di  carenza  scolastica,  oltre  ai  problemi  di
natura politica ed ai conflitti etnico-religiosi.  In  tal  modo,  la
Sicilia diventerebbe un collante di promozione culturale, sanitaria e
sociale,  quindi  di  sviluppo  sociale  di  nazioni  in   stato   di
precarieta' economica e sociale. 
 
192 L'innovazione tecnologica in sanita' pubblica con la creazione  e
l'implementazione della telemedicina e  del  monitoraggio  da  remoto
nelle aree disagiate, sulle imbarcazioni,  nei  porti  favorisce  nel
cittadino la cultura della  sicurezza  delle  cure,  ne  migliora  la
fiducia  nei  confronti  del  SSN  ed  e'  elemento  di  garanzia   e
motivazione per implementare la scelta di viaggi culturali, ma  anche
per il turismo sportivo, ecc. e, di riflesso  per  la  conoscenza  ed
interesse per il mare, per le aree protette e  per  la  tutela  delle
stesse. Molti  cittadini  oggi,  soprattutto  di  fasce  d'eta'  piu'
elevate o affette da patologie croniche e' costretto a  scegliere  le
mete turistiche  soprattutto  in  correlazione  ai  servizi  sanitari
presenti sul luogo. 
 
193 Vds.  in  tale  contesto  il  d.lgs.  n.  71  del  2015,  recante
«Attuazione della direttiva 2012/35/UE,  che  modifica  la  direttiva
2008/106/CE, concernente i requisiti minimi di formazione della gente
di mare» che gia'  prevede  la  possibilita'  di  agevolare  percorsi
semplificati - nell'ambito delle norme  stabilite  dalle  convenzioni
internazionali - per i marittimi che svolgono  il  proprio  lavoro  a
bordo delle navi impegnate nei viaggi costieri. 
 
194 Il costo della formazione e  della  certificazione  professionale
del personale marittimo e' un tema attuale, in parte  affrontato  dal
Governo con il decreto-legge 4 maggio  2023,  n.  48  (d.l.  Lavoro),
recante misure urgenti per l'inclusione sociale e l'accesso al  mondo
del lavoro poi convertito con modificazioni con legge 3 luglio  2023,
n. 85. 
 
195 In  questo  senso  anche  il  «Rapporto  dell'Osservatorio  isole
sostenibili,  Le  sfide  della  transizione  ecologica  nelle   isole
minori», edizione 2023. 
 
196 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 
 
197 Ibidem. 
 
198 Vds. il Libro Bianco sull'Energia - Ancim, Nov 2019. 
 
199 Dati Osservatorio isole sostenibili, Le sfide per le isole minori
e le buone pratiche dal mondo, edizione 2022. 
 
200 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 
 
201 Ibidem. 
 
202 Le linee marittime interessate a questi servizi, classificati  di
"corto raggio", riguardano - per lo piu' - servizi marittimi regolari
connotati da  obblighi  di  servizio  pubblico  e,  in  alcuni  casi,
disciplinati da contratti di  servizio  pubblico.  L'eta'  media  dei
mezzi Ro-Pax si attesta ad oltre  i  35  anni,  mentre  quella  delle
unita' veloci e' superiore ai 25 anni. In termini di stazza lorda, su
un totale di circa 225.000 TSL, l'89% circa e' costituito  da  unita'
Ro-Pax e il restante 11% da unita' veloci. 
 
203 Fonte EURISPES - Istituto di Studi politici, Economici e Sociali,
Osservatorio permanente sull'Insularita', 2023. 
 
204 Ibidem. 
 
205 Fonte «XI Rapporto  Nazionale  sull'Economia  del  Mare»,  Centro
Studi Tagliacarne - Unioncamere - OsserMare. 
 
206 Deloitte &Touche, Universita' di Genova e Universita' di Amburgo. 
 
207 Direttiva CE del Parlamento Europeo e del consiglio  12  dicembre
2006, n. 123. 
 
208 IPCC, 2021: Climate Change  2021:  The  Physical  Science  Basis.
Contribution of Working Group I to the Sixth Assessment Report of the
Intergovernmental Panel on Climate Change  [Masson-Delmotte,  V.,  P.
Zhai, A. Pirani, S.L. Connors, C. Pean, S. Berger, N. Caud, Y.  Chen,
L. Goldfarb, M.I. Gomis, M. Huang, K.  Leitzell,  E.  Lonnoy,  J.B.R.
Matthews, T.K. Maycock, T. Waterfield, O. Yelekçi, R. Yu, and B. Zhou
(eds.)]. Cambridge University Press, Cambridge,  United  Kingdom  and
New York, NY, USA, 2391 pp.  doi:10.1017/9781009157896.  IPCC,  2022:
Climate  Change  2022:   Impacts,   Adaptation   and   Vulnerability.
Contribution of Working Group II to the Sixth  Assessment  Report  of
the Intergovernmental Panel on Climate Change  [H.-O.  Pörtner,  D.C.
Roberts, M. Tignor, E.S. Poloczanska, K. Mintenbeck, A.  Alegria,  M.
Craig, S. Langsdorf, S. Löschke, V. Möller, A. Okem, B. Rama (eds.)].
Cambridge University Press. Cambridge University Press, Cambridge, UK
and New York, NY, USA, 3056 pp., doi:10.1017/9781009325844. 
 
209  Comunicazione  della  Commissione  al  Parlamento  europeo,   al
Consiglio, al Comitato Economico e  Sociale  Europeo  e  al  Comitato
delle Regioni «Plasmare un'Europa resiliente ai cambiamenti climatici
-  La  nuova  strategia  dell'UE  di   adattamento   ai   cambiamenti
climatici». Bruxelles, 24.2.2021 COM(2021) 82 final. 
 
210
https://www.mase.gov.it/sites/default/files/archivio/allegati/clima/s
trategia adattamentoCC.pdf. La Strategia, con i tre rapporti  che  la
supportano,  rappresenta  un  primo   quadro   di   riferimento   per
l'adattamento nazionale e fornisce obiettivi, principi ed un  set  di
azioni settoriali ed intersettoriali di adattamento. 
 
211                                                              Cfr.
https://climate-adapt.eea.europa.eu/en/knowledge/tools/adaptation-sup
port-tool. 
 
212 Eventi di mareggiate e acqua alta eccezionale a Venezia descritti
in Il clima in Italia nel 2022, Report SNPA 36/2023. 
 
213 Cfr. IPCC FAQ 5.1: How is life in the  sea  affected  by  climate
change' https://www.ipcc.ch/srocc/about/faq/final-faq-chapter-5 
 
214 Vds. Il clima in Italia nel  2022,  Report  SNPA  36/2023:  stime
aggiornate della temperatura dei mari italiani. 
 
215 Trae fondamento sia dal Trattato  sul  funzionamento  dell'Unione
europea (art. 174) sia dalla Costituzione italiana (art. 3, comma  2,
e art. 119, comma 5) che richiedono interventi specifici per favorire
uno sviluppo armonico e una rimozione  degli  squilibri  economici  e
sociali. La politica di coesione e' promossa e sostenuta dall'UE  con
i  Fondi  strutturali  che  finanziano  programmi  con  una  gestione
condivisa tra Stato membro e Commissione. 
 
216 La finalita' degli interventi  CTE  consiste  nel  promuovere  la
collaborazione tra i territori dei diversi Stati membri  mediante  lo
sviluppo di azioni congiunte, scambi di esperienze e  costruzione  di
reti tra attori nazionali, regionali e locali  per  contribuire  allo
sviluppo economico, sociale e territoriale. 
 
217 I quali comprendono: Interreg Area Alpina, Interreg  ESPON  2030,
Interreg EURO MEDITERRANEO  (EURO  MED),  Interreg  Europa,  Interreg
Europa  centrale,   Interreg   Francia-Italia   (ALCOTRA),   Interreg
Grecia-Italia, Interreg IPA  ADRION,  Interreg  IPA  South  ADRIATIC,
Interreg Interact, Interreg Italia-Austria, Interreg  Italia-Croazia,
Interreg Italia-Francia (Marittimo), Interreg Italia-Malta,  Interreg
Italia-Slovenia, Interreg Italia-Svizzera, Interreg NEXT  Bacino  del
Mediterraneo (NEXT MED), Interreg  NEXT  Italia  Tunisia  e  Interreg
URBACT IV. 
 
218 Circa 86 programmi: 64 Transfrontalieri di cui:  49  sui  confini
interni dell'UE, 10 sui confini con i Paesi in pre-adesione (Interreg
IPA)  e  5  sui  confini   esterni   all'UE   (Interreg   Next);   13
Transnazionali  a  sostegno  di  ampie  aree   di   cooperazione;   4
interregionali  per  il  sostegno  all'efficacia  della  politica  di
coesione (Interreg Europe; ESPON; URBACT; INTERACT); 5 dedicati  alle
regioni d'oltremare https://interreg.eu/about-interreg/ 
 
219 Sono 67 programmi, declinati in 38 regionali, 10 nazionali  e  19
CTE questi ultimi interamente dedicati alla "blue economy". 
 
220 Fonte: Relazione Annuale sulla CTE 2022, consultabile al seguente
indirizzo:
https://www.agenziacoesione.gov.it/news_istituzionali/relazione-annua
le-sulla-partecipazione-italiana-ai-programmi-cte-eni-ipa-ii-anno-202
2/ 
 
221 Quattro Stati membri (Italia, Slovenia, Grecia,  Croazia)  e  sei
Paesi  non-UE  (Albania,   Serbia,   Bosnia-Erzegovina,   Montenegro,
Macedonia del Nord e Repubblica di San Marino). 
 
222 Processo di incorporazione  delle  priorita'  identificate  dalle
strategie nei Programmi della coesione, mainstream e di  cooperazione
territoriale  europea.  Sebbene  questo  processo  sarebbe  orientato
prevalentemente ai Programmi mainstream, anche in considerazione  del
loro volume finanziario, oggi la cooperazione territoriale riveste un
ruolo importante in questo sistema nella programmazione 2021-2027. 
 
223 L'UpM riunisce i Paesi  dell'Unione  europea  e  15  Paesi  delle
sponde   meridionali   e   orientali   del   Mediterraneo:   Algeria,
Bosnia-Erzegovina, Egitto, Israele,  Giordania,  Libano,  Mauritania,
Monaco, Montenegro, Marocco, Autorita' palestinese, Siria, Tunisia  e
Turchia. La Libia,  invece,  ne  fa  parte  come  Stato  osservatore.
L'Unione ha lo scopo di promuovere la stabilita' e l'integrazione  in
tutta la regione mediterranea,  al  fine  di  sostenere  lo  sviluppo
socioeconomico dei diversi Paesi  e  garantire  la  stabilita'  nella
regione. A tal fine, individua e svolge  attivita'  di  assistenza  a
progetti di interesse  regionale,  ai  quali  conferisce  il  proprio
supporto. Questi progetti ed iniziative si concentrano su sei settori
di attivita', come prescritto dagli Stati membri  dell'UpM:  sviluppo
imprenditoriale, alta formazione e ricerca, affari sociali e  civili,
energia e azioni per il clima, trasporti e sviluppo urbano,  acqua  e
ambiente. 
 
224 L'UpM prevede un doppio Segretario  generale:  uno  nominato  dai
Paesi della sponda Sud ed uno nominato da quelli della  sponda  Nord.
L'UE,  attraverso   la   Commissione   europea,   partecipa   all'UpM
costituendo una traccia e un indirizzo per l'evoluzione della  stessa
Unione. 
 
225 Vds. d.lgs. 16 agosto 2016, n. 177, art. 2, comma 1, lett. c) 1). 
 
226 L'iniziativa dei Tre Mari - Baltico-Nero-Adriatico - e'  promossa
dalla Polonia con l'avallo statunitense, con la Romania in Mar Nero e
la  Croazia  in  Adriatico  che  agiscono  da  perni.   Un'iniziativa
pervasivamente duale, civile e  militare,  che  abbraccia  i  settori
dell'approvvigionamento energetico, delle infrastrutture autostradali
e ferroviarie e quello dello sviluppo della portualita', coi progetti
europei del corridoio Gdynia/Danzica-Trieste e del progetto nazionale
di alta velocita' Trieste-Ancona. 
 
227 Episodi come quello dell'incagliamento della nave  portacontainer
Ever Given nel Canale di Suez ne  hanno  mostrato  con  chiarezza  la
vulnerabilita' e  le  conseguenze  critiche  sull'intero  sistema  di
logistica e approvvigionamenti mondiale. 
 
228 Comunicazione della Commissione Europea 17 maggio  2021,  n.  240
final.